876 resultados para fictional narrative
Resumo:
A partire da una ricognizione storica sull’ultimo impero coloniale portoghese, la tesi intende analizzare come il mito dell’impero abbia contribuito a definire l’identità nazionale del Portogallo e il suo patrimonio culturale e letterario. Il mito viene indagato in particolar modo nella sua componente linguistica e discorsiva, come modalità peculiare di costruire “costellazioni” di immagini. In questo contesto la letteratura assume una rilevanza specifica, poiché le sue risorse formali le permettono di contrapporre alla fissità del mito una potente articolazione in grado di scardinare gli automatismi legati ad una translatio imperii volta a reiterare l’immaginazione del centro. L’analisi di un corpus letterario afferente a quella che potremmo chiamare la letteratura “dei retornados”, che si concentra soprattutto sulla definizione della focalizzazione narrativa e sulla rielaborazione delle figure narrative, intende ricercare le diverse forme di assumere criticamente il canone imperiale e di oltrepassarlo.
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Il presente lavoro è dedicato allo studio della geografia immaginaria creata dallo scrittore indiano di lingua inglese R.K. Narayan (1906-2001), allo scopo non solo di indagare la relazione che si stabilisce tra spazio, personaggi e racconto, ma anche di rilevare l’interazione tra il mondo narrativo e le rappresentazioni dominanti dello spazio indiano elaborate nel contesto coloniale e postcoloniale. Dopo un primo capitolo di carattere teorico-metodologico (che interroga le principali riflessioni seguite allo "spatial turn" che ha interessato le scienze umane nel corso del Novecento, i concetti fondamentali formulati nell’ambito della teoria dei "fictional worlds", e i più recenti approcci al rapporto tra spazio e letteratura), la ricerca si articola in due ulteriori sezioni, che si rivolgono ai quattordici romanzi dell’autore attraverso una pratica interpretativa di ispirazione geocritica e “spazializzata”. Nel secondo capitolo, che concerne la dimensione “verticale” che si estende dal cronotopo dei romanzi a quello dell’autore e dei lettori, si procede al rilevamento, all’interno del mondo narrativo, di tre macro-paesaggi, successivamente messi a confronto con le rappresentazioni endogene e esogene dello spazio extratestuale; da questo confronto, la cittadina di Malgudi emerge come proposta autoriale di riorganizzazione sociale e urbana dal carattere innovativo e dallo statuto eterotopico, sia in rapporto alla tradizione letteraria dalla quale origina, sia rispetto alle circostanze ambientali dell’India meridionale in cui essa è finzionalmente collocata. Seguendo una dinamica “orizzontale”, il terzo capitolo esamina infine il rapporto tra lo spazio frazionato di Malgudi, i luoghi praticati dai suoi abitanti e la relazione che questi instaurano con il territorio transfrontaliero e con la figura del forestiero; inoltre, al fine di stabilire la misura in cui la natura dello spazio narrativo influisce sulla forma del racconto, si osservano le coincidenze tra il tema dell’incompiutezza che pervade le vicende dei personaggi e la forma aperta dei finali romanzeschi.
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L’ucronia (Alternate History) è un fenomeno letterario ormai popolare e molto studiato, ma non lo sono altrettanto lo sue origini e i suoi rapporti con la storia “fatta con i se” (Counterfactual History), che risale a Erodoto e a Tito Livio. Solo nell’Ottocento alcuni autori, per vie largamente autonome, fecero della storia alternativa un genere di fiction: Louis Geoffroy con Napoléon apocryphe (1836), storia «della conquista del mondo e della monarchia universale», e Charles Renouvier con Uchronie. L’utopie dans l’histoire (1876), storia «della civiltà europea quale avrebbe potuto essere» se il cristianesimo fosse stato fermato nel II secolo. Questi testi intrattengono relazioni complesse con la letteratura dell’epoca di genere sia realistico, sia fantastico, ma altresì con fenomeni di altra natura: la storiografia, nelle sue forme e nel suo statuto epistemico, e ancor più il senso del possibile - o la filosofia della storia - derivato dall’esperienza della rivoluzione e dal confronto con le teorie utopistiche e di riforma sociale. Altri testi, prodotti in Inghilterra e negli Stati Uniti nello stesso periodo, esplorano le possibilità narrative e speculative del genere: tra questi P.s’ Correspondence di Nathaniel Hawthorne (1845), The Battle of Dorking di George Chesney (1871) e Hands Off di Edward Hale (1881); fino a una raccolta del 1931, If It Had Happened Otherwise, che anticipò molte forme e temi delle ucronie successive. Queste opere sono esaminate sia nel contesto storico e letterario in cui furono prodotte, sia con gli strumenti dell’analisi testuale. Una particolare attenzione è dedicata alle strategie di lettura prescritte dai testi, che subordinano i significati al confronto mentale tra gli eventi narrati e la serie dei fatti autentici. Le teorie sui counterfactuals prodotte in altri campi disciplinari, come la storia e la psicologia, arricchiscono la comprensione dei testi e dei loro rapporti con fenomeni extra-letterari.
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Die BBC-Serie SHERLOCK war 2011 eine der meistexportierten Fernsehproduktionen Großbritanniens und wurde weltweit in viele Sprachen übersetzt. Eine der Herausforderungen bei der Übersetzung stellen die Schrifteinblendungen der Serie (kurz: Inserts) dar. Die Inserts versprachlichen die Gedanken des Protagonisten, bilden schriftliche und digitale Kommunikation ab und zeichnen sich dabei durch ihre visuelle Auffälligkeit und teilweise als einzige Träger sprachlicher Kommunikation aus, womit sie zum wichtigen ästhetischen und narrativen Mittel in der Serie werden. Interessanterweise sind in der Übersetztung alle stilistischen Eigenschaften der Original-Inserts erhalten. In dieser Arbeit wird einerseits untersucht, wie Schrifteinblendungen im Film theoretisch beschrieben werden können, und andererseits, was sie in der Praxis so übersetzt werden können, wie es in der deutschen Version von Sherlock geschah. Zur theoretischen Beschreibung werden zunächst die Schrifteinblendungen in Sherlock Untertitelungsnormen anhand relevanter grundlegender semiotischer Dimensionen gegenübergestellt. Weiterhin wird das Verhältnis zwischen Schrifteinblendungen und Filmbild erkundet. Dazu wird geprüft, wie gut verschiedene Beschreibungsansätze zu Text-Bild-Verhältnissen aus der Sprachwissenschaft, Comicforschung, Übersetzungswissenschaft und Typografie die Einblendungen in Sherlock erklären können. Im praktischen Teil wird die Übersetzung der Einblendungen beleuchtet. Der Übersetzungsprozess bei der deutschen Version wird auf Grundlage eines Experteninterviews mit dem Synchronautor der Serie rekonstruiert, der auch für die Formulierung der Inserts zuständig war. Abschließend werden spezifische Übersetzungsprobleme der Inserts aus der zweiten Staffel von SHERLOCK diskutiert. Es zeigt sich, dass Untertitelungsnormen zur Beschreibung von Inserts nicht geeignet sind, da sie in Dimensionen wie Position, grafische Gestaltung, Animation, Soundeffekte, aber auch Timing stark eingeschränkt sind. Dies lässt sich durch das historisch geprägte Verständnis von Untertiteln erklären, die als möglichst wenig störendes Beiwerk zum fertigen Filmbild und -ablauf (notgedrungen) hinzugefügt werden, wohingegen für die Inserts in SHERLOCK teilweise sogar ein zentraler Platz in der Bild- und Szenenkomposition bereits bei den Dreharbeiten vorgesehen wurde. In Bezug auf Text-Bild-Verhältnisse zeigen sich die größten Parallelen zu Ansätzen aus der Comicforschung, da auch dort schriftliche Texte im Bild eingebettet sind anstatt andersherum. Allerdings sind auch diese Ansätze zur Beschreibung von Bewegung und Ton unzureichend. Die Erkundung der Erklärungsreichweite weiterer vielversprechender Konzepte, wie Interface und Usability, bleibt ein Ziel für künftige Studien. Aus dem Experteninterview lässt sich schließen, dass die Übersetzung von Inserts ein neues, noch unstandardisiertes Verfahren ist, in dem idiosynkratische praktische Lösungen zur sprachübergreifenden Kommunikation zwischen verschiedenen Prozessbeteiligten zum Einsatz kommen. Bei hochqualitative Produktionen zeigt ist auch für die ersetzende Insertübersetzung der Einsatz von Grafikern unerlässlich, zumindest für die Erstellung neuer Inserts als Übersetzungen von gefilmtem Text (Display). Hierbei sind die theoretisch möglichen Synergien zwischen Sprach- und Bildexperten noch nicht voll ausgeschöpft. Zudem zeigt sich Optimierungspotential mit Blick auf die Bereitstellung von sorgfältiger Dokumentation zur ausgangssprachlichen Version. Diese wäre als Referenzmaterial für die Übersetzung insbesondere auch für Zwecke der internationalen Qualitätssicherung relevant. Die übersetzten Inserts in der deutschen Version weisen insgesamt eine sehr hohe Qualität auf. Übersetzungsprobleme ergeben sich für das genretypische Element der Codes, die wegen ihrer Kompaktheit und multiplen Bezügen zum Film eine Herausforderung darstellen. Neben weiteren bekannten Übersetzungsproblemen wie intertextuellen Bezügen und Realia stellt sich immer wieder die Frage, wieviel der im Original dargestellten Insert- und Displaytexte übersetzt werden müssen. Aus Gründen der visuellen Konsistenz wurden neue Inserts zur Übersetzung von Displays notwendig. Außerdem stellt sich die Frage insbesondere bei Fülltexten. Sie dienen der Repräsentation von Text und der Erweiterung der Grenzen der fiktiv dargestellten Welt, sind allerdings mit hohem Übersetzungsaufwand bei minimaler Bedeutung für die Handlung verbunden.
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Acute hemorrhagic edema of young children is an uncommon but likely underestimated cutaneous leukocytoclastic vasculitis. The condition typically affects infants 6-24 months of age with a history of recent respiratory illness with or without course of antibiotics. The diagnosis is made in children, mostly nontoxic in appearance, presenting with nonpruritic, large, round, red to purpuric plaques predominantly over the cheeks, ears, and extremities, with relative sparing of the trunk, often with a target-like appearance, and edema of the distal extremities, ears, and face that is mostly non-pitting, indurative, and tender. In boys, the lesions sometimes involve the scrotum and, more rarely, the penis. Fever, typically of low grade, is often present. Involvement of body systems other than skin is uncommon, and spontaneous recovery usually occurs within 6-21 days without sequelae. In this condition, laboratory tests are non-contributory: total blood cell count is often normal, although leukocytosis and thrombocytosis are sometimes found, clotting studies are normal, erythrocyte sedimentation rate and C-reactive protein test are normal or slightly elevated, complement level is normal, autoantibodies are absent, and urinalysis is usually normal. Experienced physicians rapidly consider the possible diagnosis of acute hemorrhagic edema when presented with a nontoxic young child having large targetoid purpuric lesions and indurative swelling, which is non-pitting in character, and make the diagnosis either on the basis of clinical findings alone or supported by a skin biopsy study.