1000 resultados para tessuto osseo corticale femore trazione collagene caratteristiche meccaniche


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Che si parli di tempi passati o del presente, la parola Lambrusco ha sempre avuto la capacità di suscitare notevole curiosità in chi vi si imbatteva. Si voglia perché esso rappresenta uno dei vini italiani con i più alti volumi di produzione, o perché per anni è stato (ed è tuttora) tra i maggiormente esportati in tutto il mondo, o ancora perché si tratta di un vino rosso con le bollicine, attributo tanto originale quanto unico. Questa tesi si propone di presentare sommariamente il vitigno Lambrusco Grasparossa descrivendone gli aspetti storici ma soprattutto quelli territoriali e agronomici, in riferimento ad un’azienda specifica a conduzione famigliare situata nell’areale di Castelvetro di Modena; si farà riferimento dunque alla Denominazione Lambrusco Grasparossa di Castelvetro. L’obiettivo sperimentale della tesi è quello di studiare, attraverso opportune analisi chimico-fisiche ed indagini organolettiche, la differenza tra un Lambrusco Grasparossa che ha subito un processo di microfiltrazione tangenziale in fase di pre-imbottigliamento ed uno che invece è stato imbottigliato senza la filtrazione, in seguito ad una lunga fase di stabilizzazione a freddo. In particolar modo si è cercato di valutare le differenze chimico-fisiche in termini di fenoli totali, profilo del colore e stabilità, oltre alle differenze organolettiche, evidenziate grazie a degustazioni svolte da tecnici professionisti. L’interesse verso questo tipo di indagine è scaturito dalla volontà di comprendere fino a che punto i due campioni potessero differire l’uno dall’altro e valutare, eventualmente, di eliminare l’utilizzo della filtrazione sterile prima dell’imbottigliamento per questo tipo di vino. Tutto ciò potrebbe snellire il processo di vinificazione al fine di: ridurre lo stress sul vino, alleggerire la lavorazione, accorciare i tempi di lavorazione, portare ad un minor consumo di acqua ed energia e ridurre i costi.

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A partire dagli anni Novanta del secolo scorso, il nostro rapporto con il videoclip è diventato pressoché quotidiano, oggi possiamo scegliere in ogni momento quali videoclip guardare grazie a siti come Youtube o Vimeo, ai social media, o a piattaforme come Spotify. Il videoclip da semplice sequenza di immagini che accompagnavano le parole e le melodie di una canzone, è diventato un genere dotato di piena dignità creativa e artistica, caratterizzato da fasi preparatorie spesso molto complesse e dall’utilizzo di tecnologie sofisticate e personale altamente qualificato che non lo rendono secondario a nessuno dei prodotti dell’universo cinematografico. Scopo di questa tesi è infatti dimostrare che il mondo del videoclip non è abitato da registi e operatori minori, ma popolato in gran parte da professionisti di grande spessore artistico che ambiscono a realizzare prodotti di importante valore creativo. Infatti, il presente lavoro intende, da un lato, rendere esplicita l’identità del videoclip, della sua morfologia, del suo linguaggio e dei suoi modelli, dall’altro far emergere il tema dell’autorialità del videoclip, nell’ottica, appunto, di nobilitarlo e rendere evidente che si tratti di un prodotto cinematografico non secondario ad altre tipologie di lavoro nel campo della pellicola.

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Background. Il recupero funzionale precoce dopo intervento di wedge resection polmonare non è studiato in maniera approfondita, in particolare, sono carenti i dati relativi al recupero postoperatorio precoce dei pazienti sottoposti a tele procedura chirurgica in seguito a metastasi polmonari per tumore osseo primitivo. Obiettivo. Lo scopo di questo studio osservazionale è quello di descrivere il percorso fisioterapico dopo intervento di wedge resection polmonare, evidenziando il possibile recupero funzionale nel breve termine e ricercandone i possibili fattori prognostici. Metodi. Per valutare il recupero funzionale si è utilizzato il 1 minute sit to stand test (1MSTS), che è stato somministrato in sesta giornata postoperatoria. Per descrivere l’andamento del recupero il test è stato somministrato in fase preoperatoria e in tutte le giornate postoperatorie. Sono state condotte analisi di univariata per valutare l’associazione delle variabili demografiche, anamnestiche e cliniche con l’outcome primario. Risultati. Sono stati reclutati 13 pazienti, per un totale di 17 osservazioni poiché alcuni pazienti hanno ripetuto l’operazione. Nella sesta giornata il 41,2% dei pazienti aveva eseguito lo stesso o un numero maggiore di verticalizzazioni del 1MSTS fatte nella fase preoperatoria. Nella sesta giornata postoperatoria il 100% dei pazienti era riuscito ad eseguire il 1MSTS almeno una volta dopo l’intervento. All’outcome primario risultavano associarsi con una significatività statistica il livello di autonomia, misurato con la TESS, (p=0,01) e il 1MSTS (p=0,001) misurati nella fase preoperatoria. Conclusioni. Il recupero funzionale postoperatorio è possibile fin dalle prime giornate postoperatorie per i pazienti sottoposti a wedge resection. Il livello di autonomia e il numero di verticalizzazioni del 1MSTS eseguite in fase preoperatoria sono possibili fattori prognostici del recupero funzionale postoperatorio.

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Ad oggi, l’attuale gold standard per il trattamento di amputazioni transfemorali è rappresentato dall’utilizzo di protesi con invaso (socket). Tuttavia, si rileva un elevato grado di insoddisfazione in questo tipo di protesi, dovuto a numerose complicazioni. Per questo sono state sviluppate le protesi osteointegrate. Queste protesi hanno numerosi vantaggi rispetto alla tipologia socket ma presentano anch’esse dei problemi, in particolare complicazioni meccaniche, di mobilizzazione e di infezione. Per questo, lo scopo di questo elaborato di tesi è stato quello di sviluppare ed ottimizzare un metodo per caratterizzare il comportamento biomeccanico di una protesi osteointegrata per amputati transfemorali, tramite Digital Image Correlation (DIC). In particolare, sono state valutate le condizioni e i metodi sperimentali utili a simulare una reale situazione fisiologica di distribuzione delle deformazioni sulla superficie dell’osso una volta impiantata la protesi. Per le analisi è stato utilizzato un provino di femore in composito nel quale è stata impiantata una protesi osteointegrata. È stata effettuata un’ottimizzazione dei parametri della DIC per consentire una misura precisa e affidabile. In seguito, sono state svolte due tipologie di test di presso-flessione sul provino per valutare la ripetibilità dell’esperimento e l’intensità delle deformazioni superficiali al variare del carico in range fisiologico. Il metodo sviluppato è risultato ripetibile, con un errore al di sotto della soglia stabilita. All’aumentare del carico è stato possibile osservare un aumento lineare delle deformazioni, oltre che un’espansione dell’area sottoposta a deformazioni più elevate. I valori di deformazioni ottenuti rientrano nei range fisiologici e sono confrontabili con quelli ottenuti in letteratura. L’applicazione del metodo sviluppato a provini di femore provenienti da donatore umano permetterà la generalizzazione dei risultati ottenuti in questo studio.

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Lo sviluppo di fibrosi epatica si associa caratteristicamente a un eccesso di produzione e reticolazione della matrice extracellulare del tessuto, che causa un progressivo aumento del modulo elastico e della viscosità dell’organo – che a loro volta determinano ipertensione portale e insufficienza funzionale. Modelli avanzati che riproducano in vitro il microambiente epatico sono cruciali per lo studio della patogenesi del fenomeno e per la valutazione di adeguate terapie future. Un esempio chiaro di questa strategia viene presentato in un recente lavoro di ricerca, nel quale Cacopardo et al. propongono una strategia basata sull’utilizzo di tipi differenti di idrogel, con proprietà elastiche e viscosità variabili, per studiare la meccano-dinamica in un ambiente di coltura tridimensionale. Idrogel di carichi di cellule sono dunque stati differenzialmente reticolati mediante transglutaminasi microbica, utilizzando un metodo citocompatibile originale che consenta l’esposizione delle cellule a un ambiente con proprietà meccaniche che variano nel tempo. Per la coltura dei costrutti 3D è stato inoltre utilizzato un bioreattore che si è dimostrato utile anche per monitorare nel tempo le proprietà meccaniche dei costrutti cellulari. I risultati hanno mostrato che una maggiore “solidità” della matrice è coerente con l’aumento dello stress cellulare. Il metodo proposto si è dimostrato quindi in grado di imitare efficacemente il microambiente meccanico associato alla fibrosi epatica e in evoluzione nel tempo e, di conseguenza, potrebbe fornire nuove informazioni sui processi fisiopatologici correlati e suggerire più efficaci strategie terapeutiche.

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I campi elettrici pulsati (PEF) rappresentano una tecnologia emergente che di anno in anno va acquisendo una popolarità sempre maggiore nel campo della trasformazione e conservazione degli alimenti. Tuttavia, l’applicazione di questa tecnica nel settore dei prodotti ittici è ad oggi ancora scarsamente utilizzata. L’obiettivo di questo studio è stato quello di valutare l’effetto dell’applicazione dei campi elettrici pulsati come pretrattamento ad una leggera salagione sulla shelf-life di filetti di branzino confezionati in atmosfera protettiva (MAP). I filetti sono stati sottoposti a campi elettrici pulsati ad intensità di 0.6 kV/cm e successivamente immersi in una salamoia al 5% di NaCl per 24 ore. Dopodiché, i filetti pretrattati sono stati confezionati e stoccati a 4°C per 8 giorni, durante i quali sono state eseguite le determinazioni analitiche volte a valutare lo sviluppo microbico e le principali caratteristiche qualitative. I risultati hanno dimostrato che l’utilizzo dei PEF come pretrattamento alla salagione può incrementare significativamente la concentrazione di sale nei filetti, probabilmente grazie ad una distribuzione più omogenea di NaCl nel tessuto muscolare. In aggiunta, sono state riscontrate alcune differenze significative nella riduzione del peso dei filetti in seguito al trattamento PEF, il quale è risultato inferiore nei filetti trattati, fenomeno che potrebbe essere riconducibile alla capacità dei campi elettrici pulsati di aumentare la capacità di ritenzione idrica (WHC). Inoltre, al di là di un leggerissimo aumento dell’indice di ossidazione lipidica nei filetti sottoposti ai PEF nei tempi immediatamente successivi al trattamento, non sono state riscontrate altre differenze significative nei restanti parametri considerati. Pertanto, il pretrattamento con PEF risulta promettente per rendere più efficiente il successivo processo di salagione, senza influire negativamente sulla shelf-life del prodotto finale confezionato.

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Ogni anno si registrano aumenti nel numero di persone colpite da malattie cardiovascolari e, in particolare, dall’infarto del miocardio. L’insorgenza di questa patologia è accompagnata dalla perdita della componente cellulare che costituisce il tessuto cardiaco e dalla formazione di una cicatrice che, avendo limitate proprietà conduttive, ostacola il normale funzionamento del cuore. Le attuali terapie permettono la cura del solo tessuto danneggiato, ma non della conduzione elettrica. Pertanto, l’ingegneria tissutale si pone l’obiettivo di ristabilire questo collegamento elettrico attraverso l’utilizzo di scaffold realizzati a partire da specifici biomateriali. In questo elaborato si vuole porre l’attenzione sulla fabbricazione di cerotti cardiaci conduttivi a base di polianilina (PANI), mettendone in evidenza le criticità e i buoni risultati raggiunti dai test in laboratorio.

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Nel mondo dell’industria, la produzione senza sprechi costituisce fonte di vantaggio competitivo. Per questo, molte aziende cercano di efficientare i propri processi attraverso gli strumenti della Lean Manufacturing. L’obiettivo di questa tesi è proprio quello di trovare una soluzione per la minimizzazione degli sprechi all’interno del contesto aziendale in cui sono stato inserito come tirocinante. In primis, si cercherà di descrivere in modo dettagliato l’azienda pressa la quale si è svolta l’attività di tirocinio. Successivamente verrà illustrato lo stato AS-IS dell’azienda insieme alle problematiche che sta fronteggiando in questo momento. Dopo la descrizione del problema all’interno del contesto aziendale, si analizzeranno i dati presi direttamente sul campo di lavoro. A seguire, dopo l’approvazione da parte del top management della soluzione migliorativa trovata, avverrà la descrizione dello stato TO-BE. In conclusione, verranno messi a confronto i dati dello stato AS-IS con quelli del TO-BE per costruire il dato aggregato dell’attività svolta in azienda. Questo riassume brevemente il lavoro di tesi svolto in azienda, che ha permesso di ridurre di qualche punto percentuale i fermi macchina e di efficientare il sistema produttivo.

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Il miele è un prodotto alimentare da sempre conosciuto e, in virtù delle note proprietà salutistiche e degli innumerevoli utilizzi ai quali si presta è sempre più spesso oggetto di studi. Nello specifico, questo elaborato di tesi si focalizza sul miele di Manuka della Nuova Zelanda, un prodotto unico nel suo genere, ma ancora poco conosciuto in Italia. Questa unicità è essenzialmente attribuibile alla composizione chimica peculiare, per il quale è noto come “superfood”, vantando numerose attività interessanti legate a composti minori bioattivi tra cui: capacità antimicrobica, antibiotica, antiossidante, cicatrizzante. Queste proprietà lo hanno reso oggetto di un gran numero di brevetti e ciò ha contribuito ad aumentare “la corsa al miele di Manuka”, con aumento del prezzo sul mercato e, di conseguenza, gli immancabili fenomeni di frode e adulterazione. La messa a punto di metodologie analitico-strumentali affidabili basate sull’identificazione di traccianti di autenticità approvati dal Ministero delle Industrie Primarie della Nuova Zelanda può offrire maggiori garanzie in tal senso; si rendono comunque necessari ulteriori studi per determinare l’efficacia e la sicurezza del miele di Manuka, oltre che per identificare con precisione i meccanismi responsabili delle sue attività biologiche.

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L'elaborato illustra le basi teoriche di funzionamento di un motore endotermico ad accensione comandata e gli interventi fatti sui suoi parametri caratteristici per aumentarne le prestazioni, con riferimento ai motori impiegati nelle competizioni sportive.

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Negli ultimi tempi, i compositi FRCM (Fiber Reinforced Cementitious Matrix) sono largamente utilizzati per il rinforzo di costruzioni murarie esistenti, tuttavia rimangono dubbi riguardo la loro durabilità e le loro prestazioni meccaniche in condizioni ambientali avverse. L'obiettivo del presente lavoro di tesi è stato quello di analizzare il comportamento meccanico e l'aderenza di due diversi compositi FRCM applicati su supporto murario, sottoposti a prove di distacco condotte a temperatura. A tal proposito, le prove sono state eseguite all'interno di una camera climatica mediante la quale è stato possibile procedere al condizionamento termico dei campioni: le temperature indagate sono comprese nell'intervallo da 23 a 140°C. Dai risultati ottenuti è stato possibile notare come, all'aumentare della temperatura, il comportamento meccanico del generico composito cambiasse, presentando tensioni di picco via via inferiori e un progressivo cambiamento della modalità di rottura. Infatti, mentre i campioni testati a temperatura ambiente hanno mostrato un comportamento fragile con rottura del tessuto esterno al rinforzo, i campioni testati a temperature superiori hanno manifestato un comportamento meno fragile, caratterizzato dallo scorrimento del tessuto presente all'interno della malta.

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La presenza di imponenti ruderi antichi a Palazzo Pignano era già conosciuta nel 1600, mentre per affrontare in modo scientifico il ritrovamento si dovette aspettare fino al 1963, con i radicali restauri all’interno della pieve protoromanica di San Martino: sotto la pieve fu rinvenuto un edificio rotondo a pianta centrale, e nella zona retrostante alla Pieve verso est furono scoperti, fra il 1969 e 1972, i resti della grandiosa Villa che oggi trattiamo. Vi fu una stasi nelle ricerche tra il 1972 e il 1977, quando fu eseguita una serie di sondaggi per definire le dimensioni e le caratteristiche del complesso abitativo. Nel 1988 uno scavo stratigrafico lungo il lato sud della Chiesa ha permesso di individuare una vasca battesimale a immersione. Tra gli anni 1999 e 2001 una campagna di rilievi e prospezioni con magnetometro Fluxgate ha permesso di precisare le varie fasi di vita della Villa: una ristrutturazione importante nella prima metà del V sec. d.C.; e poi l’insediamento nella zona della villa già in abbandono di capanne e sepolture, databili genericamente in un momento altomedioevale.

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Résumé L'accident vasculaire cérébral sensoriel pur est un des syndromes lacunaires, dû à l'occlusion de petits vaisseaux cérébraux, souvent dans le cadre d'une lésion intéressant le noyau ventro-caudal du thalamus. Il produit un hémisyndrome sensitif pur, et parfois un syndrome douloureux se développe à distance de l'événement aigu. Afin d'étudier la récupération fonctionnelle dans le cortex somatosensoriel (SI) après une telle lésion dans le thalamus, un modèle de lésion excitotoxique a été développé dans le système somatosensoriel de la souris adulte, caractérisé par la présence de formations cytoarchitectoniques dans SI appelées "tonneaux". Chacun de ces tonneaux correspond à la représentation corticale d'une vibrisse du museau. L'activité métabolique a été mesurée dans SI à différents intervalles après la lésion, à l'aide de déoxyglucose marqué radioactivement. Dans les deux premiers jours suivant celle-ci, l'activité métabolique diminue de manière importante dans toutes les couches corticales, avec une atteinte plus marquée dans la couche IV, principale projection des axones thalamo-corticaux. Une récupération de l'activité métabolique se produit ensuite, d'autant plus marquée que le délai après la lésion est grand. Cette récupération s'observe dans toutes les couches coticales, les couches I et Vb récupérant plus rapidement que les couches II, III, IV, Va et VI. Cinq semaines après la lésion, l'absence des vibrisses correspondant à la partie déafférentée de SI diminue l'activité métabolique corticale de 32% et démontre l'activation par la périphérie de cette partie de l'écorce, malgré la perte des axones thalamo-corticaux provenant du noyau ventro-caudal. Des expériences de traçage rétrograde ont montré une augmentation des projections intracorticales sur la partie déafférentée de l'écorce, en particulier de longue distance, ainsi que des projections interhémisphériques, mais n'ont pas permis de mettre en évidence de nouvelle projection thalamique, indiquant une origine corticale à la récupération fonctionnelle observée. Abstract To study the degree and time course of the functional recovery in the somatosensory cortex (SI) after an excitotoxic lesion in the adult mouse thalamus, metabolic activity was determined in SI at various times points post lesion. Immediately after the lesion, metabolic activity in the thalamically deafferented part of SI was at its lowest value but increased progressively at subsequent time points. This was seen in all cortical layers, however, layers I and Vb recover more rapidly than layers II, III, IV, Va and VI. Removal of the mystacial whiskers corresponding to the deafferented area, 5 weeks after cortical recovery, produced a subsequent 32% drop in metabolic activity, demonstrating peripheral sensory activation of this part of the cortex. Tracing experiments revealed that the deafferented cortex did not receive a novel thalamic input, but cortico-cortical and contralateral barrel cortex projections to this area were reinforced. We conclude that the cortical functional recovery after a thalamic lesion is, at least partially, due to modified cortico-cortical and callosal projections to the deafferented cortical area.

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L'hétérotopie sous-corticale en bandes ou double-cortex est une malformation cérébrale causée par une interruption de la migration des neurones du néocortex pendant sa formation. La souris HeCo est un modèle murin de cette affection, caractérisée par un amas de neurones corticaux dans la substance blanche sous-corticale. Les signes cliniques de cette maladie sont le plus souvent une épilepsie réfractaire, un retard développemental et mental. Chez l'homme, l'hétérotopie se trouve en partie en profondeur du cortex somatotopique moteur et sensitif et semble participer à leurs fonctions. L'IRM fonctionnelle a montré lors d'une tâche motrice (taper des doigts), l'activation en plus du cortex moteur controlatéral du cortex hétérotopique sous-jacent. La pathogenèse des malformations corticales est toujours mal comprise, c'est pourquoi il est important d'avoir plusieurs modèles animaux. Jusqu'il a peu, il n'existait que le rat TISH, découvert en 1997, dont la génétique n'est pas connue à ce jour. La souris HeCo est un nouveau modèle animal de malformation corticale dont le gène muté impliquant une protéine associée aux microtubules a été découvert récemment. Elle partage avec les cas humains un seuil épileptique abaissé et un certain retard développemental. Objectif : Déterminer si le cortex hétérotopique de la souris HeCo est activé lors d'une tâche sensitive (exploration de l'environnement à l'aide des vibrisses du museau). Méthode : Chez la souris, les vibrisses sont des organes sensitifs essentiels dans l'exploration de l'environnement. Pour déterminer si le cortex hétérotopique est actif lors d'une tâche sensitive, on utilisera donc un exercice de découverte d'une cage enrichie en stimulus. Afin de visualiser les régions du cerveau actives, on utilisera plusieurs méthodes: l'autoradiographie ([14C]2- deoxyglucose, 2-DG) et l'immunohistochimie c-Fos. Le 2-DG est un analogue du glucose qui se fixe dans les régions cérébrales métaboliquement actives, ici impliquées dans la sensibilité. Il est injecté dans le péritoine de la souris à jeun avant l'exploration. Le contrôle négatif se fera en coupant les vibrisses d'un côté avant la tâche sensitive. A la fin de la tâche, on prélève des coupes du cerveau pour mesurer l'autoradioactivité. L'immunohistochimie c-Fos est réalisée sur les cerveaux de souris ayant effectué la même tâche sensitive et détecte une protéine d'activation neuronale. Afin de détecter une activation de l'hétérotopie à plus long terme, on utilisera la cytochrome oxydase, une enzyme qui met en évidence les régions contenant beaucoup de mitochondries, donc métaboliquement très actives. Résultats : La cytochrome oxydase a marqué de façon égale le cortex homotopique de la souris HeCo et le cortex des souris contrôle. Par ailleurs, chez le mutant, elle a montré un faible marquage dans la partie médiale de l'hétérotopie et des zones de marquage plus intenses dans sa partie latérale. L'autoradiographie 2-DG a montré un pattern classique d'activation du cortex homotopique du côté stimulé, avec une intensité plus marquée dans la couche IV. Du même côté, l'hétérotopie latérale montre une intensité similaire à celui de la couche IV. Du côté non stimulé, on note une intensité faible, tant dans le cortex homotopique que dans le cortex hétérotopique. L'immunohistochimie c-Fos a montré une nette différence entre l'hémisphère stimulé et l'hémisphère non stimulé dans la couche IV comme dans l'hétérotopie. Il existe, tant du côté stimulé que du côté non stimulé, un gradient dans l'hétérotopie, le marquage latéral étant du même ordre que dans la couche IV alors qu'il est moins intense médialement. Conclusion : l'hétérotopie corticale latérale, située en particulier sous le cortex somatosensoriel, semble traiter l'information périphérique controlatérale dans le même ordre que le cortex homotopique.

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Abstract (English)General backgroundMultisensory stimuli are easier to recognize, can improve learning and a processed faster compared to unisensory ones. As such, the ability an organism has to extract and synthesize relevant sensory inputs across multiple sensory modalities shapes his perception of and interaction with the environment. A major question in the scientific field is how the brain extracts and fuses relevant information to create a unified perceptual representation (but also how it segregates unrelated information). This fusion between the senses has been termed "multisensory integration", a notion that derives from seminal animal single-cell studies performed in the superior colliculus, a subcortical structure shown to create a multisensory output differing from the sum of its unisensory inputs. At the cortical level, integration of multisensory information is traditionally deferred to higher classical associative cortical regions within the frontal, temporal and parietal lobes, after extensive processing within the sensory-specific and segregated pathways. However, many anatomical, electrophysiological and neuroimaging findings now speak for multisensory convergence and interactions as a distributed process beginning much earlier than previously appreciated and within the initial stages of sensory processing.The work presented in this thesis is aimed at studying the neural basis and mechanisms of how the human brain combines sensory information between the senses of hearing and touch. Early latency non-linear auditory-somatosensory neural response interactions have been repeatedly observed in humans and non-human primates. Whether these early, low-level interactions are directly influencing behavioral outcomes remains an open question as they have been observed under diverse experimental circumstances such as anesthesia, passive stimulation, as well as speeded reaction time tasks. Under laboratory settings, it has been demonstrated that simple reaction times to auditory-somatosensory stimuli are facilitated over their unisensory counterparts both when delivered to the same spatial location or not, suggesting that audi- tory-somatosensory integration must occur in cerebral regions with large-scale spatial representations. However experiments that required the spatial processing of the stimuli have observed effects limited to spatially aligned conditions or varying depending on which body part was stimulated. Whether those divergences stem from task requirements and/or the need for spatial processing has not been firmly established.Hypotheses and experimental resultsIn a first study, we hypothesized that auditory-somatosensory early non-linear multisensory neural response interactions are relevant to behavior. Performing a median split according to reaction time of a subset of behavioral and electroencephalographic data, we found that the earliest non-linear multisensory interactions measured within the EEG signal (i.e. between 40-83ms post-stimulus onset) were specific to fast reaction times indicating a direct correlation of early neural response interactions and behavior.In a second study, we hypothesized that the relevance of spatial information for task performance has an impact on behavioral measures of auditory-somatosensory integration. Across two psychophysical experiments we show that facilitated detection occurs even when attending to spatial information, with no modulation according to spatial alignment of the stimuli. On the other hand, discrimination performance with probes, quantified using sensitivity (d'), is impaired following multisensory trials in general and significantly more so following misaligned multisensory trials.In a third study, we hypothesized that behavioral improvements might vary depending which body part is stimulated. Preliminary results suggest a possible dissociation between behavioral improvements andERPs. RTs to multisensory stimuli were modulated by space only in the case when somatosensory stimuli were delivered to the neck whereas multisensory ERPs were modulated by spatial alignment for both types of somatosensory stimuli.ConclusionThis thesis provides insight into the functional role played by early, low-level multisensory interac-tions. Combining psychophysics and electrical neuroimaging techniques we demonstrate the behavioral re-levance of early and low-level interactions in the normal human system. Moreover, we show that these early interactions are hermetic to top-down influences on spatial processing suggesting their occurrence within cerebral regions having access to large-scale spatial representations. We finally highlight specific interactions between auditory space and somatosensory stimulation on different body parts. Gaining an in-depth understanding of how multisensory integration normally operates is of central importance as it will ultimately permit us to consider how the impaired brain could benefit from rehabilitation with multisensory stimula-Abstract (French)Background théoriqueDes stimuli multisensoriels sont plus faciles à reconnaître, peuvent améliorer l'apprentissage et sont traités plus rapidement comparé à des stimuli unisensoriels. Ainsi, la capacité qu'un organisme possède à extraire et à synthétiser avec ses différentes modalités sensorielles des inputs sensoriels pertinents, façonne sa perception et son interaction avec l'environnement. Une question majeure dans le domaine scientifique est comment le cerveau parvient à extraire et à fusionner des stimuli pour créer une représentation percep- tuelle cohérente (mais aussi comment il isole les stimuli sans rapport). Cette fusion entre les sens est appelée "intégration multisensorielle", une notion qui provient de travaux effectués dans le colliculus supérieur chez l'animal, une structure sous-corticale possédant des neurones produisant une sortie multisensorielle différant de la somme des entrées unisensorielles. Traditionnellement, l'intégration d'informations multisen- sorielles au niveau cortical est considérée comme se produisant tardivement dans les aires associatives supérieures dans les lobes frontaux, temporaux et pariétaux, suite à un traitement extensif au sein de régions unisensorielles primaires. Cependant, plusieurs découvertes anatomiques, électrophysiologiques et de neuroimageries remettent en question ce postulat, suggérant l'existence d'une convergence et d'interactions multisensorielles précoces.Les travaux présentés dans cette thèse sont destinés à mieux comprendre les bases neuronales et les mécanismes impliqués dans la combinaison d'informations sensorielles entre les sens de l'audition et du toucher chez l'homme. Des interactions neuronales non-linéaires précoces audio-somatosensorielles ont été observées à maintes reprises chez l'homme et le singe dans des circonstances aussi variées que sous anes- thésie, avec stimulation passive, et lors de tâches nécessitant un comportement (une détection simple de stimuli, par exemple). Ainsi, le rôle fonctionnel joué par ces interactions à une étape du traitement de l'information si précoce demeure une question ouverte. Il a également été démontré que les temps de réaction en réponse à des stimuli audio-somatosensoriels sont facilités par rapport à leurs homologues unisensoriels indépendamment de leur position spatiale. Ce résultat suggère que l'intégration audio- somatosensorielle se produit dans des régions cérébrales possédant des représentations spatiales à large échelle. Cependant, des expériences qui ont exigé un traitement spatial des stimuli ont produits des effets limités à des conditions où les stimuli multisensoriels étaient, alignés dans l'espace ou encore comme pouvant varier selon la partie de corps stimulée. Il n'a pas été établi à ce jour si ces divergences pourraient être dues aux contraintes liées à la tâche et/ou à la nécessité d'un traitement de l'information spatiale.Hypothèse et résultats expérimentauxDans une première étude, nous avons émis l'hypothèse que les interactions audio- somatosensorielles précoces sont pertinentes pour le comportement. En effectuant un partage des temps de réaction par rapport à la médiane d'un sous-ensemble de données comportementales et électroencépha- lographiques, nous avons constaté que les interactions multisensorielles qui se produisent à des latences précoces (entre 40-83ms) sont spécifique aux temps de réaction rapides indiquant une corrélation directe entre ces interactions neuronales précoces et le comportement.Dans une deuxième étude, nous avons émis l'hypothèse que si l'information spatiale devient perti-nente pour la tâche, elle pourrait exercer une influence sur des mesures comportementales de l'intégration audio-somatosensorielles. Dans deux expériences psychophysiques, nous montrons que même si les participants prêtent attention à l'information spatiale, une facilitation de la détection se produit et ce toujours indépendamment de la configuration spatiale des stimuli. Cependant, la performance de discrimination, quantifiée à l'aide d'un index de sensibilité (d') est altérée suite aux essais multisensoriels en général et de manière plus significative pour les essais multisensoriels non-alignés dans l'espace.Dans une troisième étude, nous avons émis l'hypothèse que des améliorations comportementales pourraient différer selon la partie du corps qui est stimulée (la main vs. la nuque). Des résultats préliminaires suggèrent une dissociation possible entre une facilitation comportementale et les potentiels évoqués. Les temps de réactions étaient influencés par la configuration spatiale uniquement dans le cas ou les stimuli somatosensoriels étaient sur la nuque alors que les potentiels évoqués étaient modulés par l'alignement spatial pour les deux types de stimuli somatosensorielles.ConclusionCette thèse apporte des éléments nouveaux concernant le rôle fonctionnel joué par les interactions multisensorielles précoces de bas niveau. En combinant la psychophysique et la neuroimagerie électrique, nous démontrons la pertinence comportementale des ces interactions dans le système humain normal. Par ailleurs, nous montrons que ces interactions précoces sont hermétiques aux influences dites «top-down» sur le traitement spatial suggérant leur occurrence dans des régions cérébrales ayant accès à des représentations spatiales de grande échelle. Nous soulignons enfin des interactions spécifiques entre l'espace auditif et la stimulation somatosensorielle sur différentes parties du corps. Approfondir la connaissance concernant les bases neuronales et les mécanismes impliqués dans l'intégration multisensorielle dans le système normale est d'une importance centrale car elle permettra d'examiner et de mieux comprendre comment le cerveau déficient pourrait bénéficier d'une réhabilitation avec la stimulation multisensorielle.