418 resultados para anfiteatro, archeologia, restauro
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Con port. propia a dos tintas: Archeologia graeca sive veterum graecorum ... per Joannem Petterum.
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Atti dell'Accademia romana di Archeologia, 1829,iv.21-48.
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"Letto nell' Acc. rom. di archeologia il giorno 3o. novembre 1826."
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L’obiettivo della presente tesi è evidenziare l’importanza dell’approccio critico alla valutazione della vulnerabilità sismica di edifici in muratura e misti Il contributo della tesi sottolinea i diversi risultati ottenuti nella modellazione di tre edifici esistenti ed uno ipotetico usando due diversi programmi basati sul modello del telaio equivalente. La modellazione delle diverse ipotesi di vincolamento ed estensione delle zone rigide ha richiesto la formulazione di quattro modelli di calcolo in Aedes PCM ed un modello in 3muri. I dati ottenuti sono stati confrontati, inoltre, con l’analisi semplificata speditiva per la valutazione della vulnerabilità a scala territoriale prevista nelle “Linee Guida per la valutazione e riduzione del rischio sismico del Patrimonio Culturale”. Si può notare che i valori ottenuti sono piuttosto diversi e che la variabilità aumenta nel caso di edifici non regolari, inoltre le evidenze legate ai danni realmente rilevati sugli edifici mostrano un profondo iato tra la previsione di danno ottenuta tramite calcolatore e le lesioni rilevate; questo costituisce un campanello d’allarme nei confronti di un approccio acritico nei confronti del mero dato numerico ed un richiamo all’importanza del processo conoscitivo. I casi di studio analizzati sono stati scelti in funzione delle caratteristiche seguenti: il primo è una struttura semplice e simmetrica nelle due direzioni che ha avuto la funzione di permettere di testare in modo controllato le ipotesi di base. Gli altri sono edifici reali: il Padiglione Morselli è un edificio in muratura a pianta a forma di C, regolare in pianta ed in elevazione solamente per quanto concerne la direzione y: questo ha permesso di raffrontare il diverso comportamento dei modelli di calcolo nelle sue direzioni; il liceo Marconi è un edificio misto in cui elementi in conglomerato cementizio armato affiancano le pareti portanti in muratura, che presenta un piano di copertura piuttosto irregolare; il Corpo 4 dell’Ospedale di Castelfranco Emilia è un edificio in muratura, a pianta regolare che presenta le medesime irregolarità nel piano sommitale del precedente. I dati ottenuti hanno dimostrato un buon accordo per la quantificazione dell’indice di sicurezza per i modelli regolari e semplici con uno scarto di circa il 30% mentre il delta si incrementa per le strutture irregolari, in particolare quando le pareti portanti in muratura vengono sostituite da elementi puntuali nei piani di copertura arrivando a valori massimi del 60%. I confronti sono stati estesi per le tre strutture anche alla modellazione proposta dalle Linee Guida per la valutazione dell’indice di sicurezza sismica a scala territoriale LV1 mostrando differenze nell’ordine del 30% per il Padiglione Morselli e del 50% per il Liceo Marconi; il metodo semplificato risulta correttamente cautelativo. È, quindi, possibile affermare che tanto più gli edifici si mostrano regolari in riferimento a masse e rigidezze, tanto più la modellazione a telaio equivalente restituisce valori in accordo tra i programmi e di più immediata comprensione. Questa evidenza può essere estesa ad altri casi reali divenendo un vero e proprio criterio operativo che consiglia la suddivisione degli edifici esistenti in muratura, solitamente molto complessi poiché frutto di successive stratificazioni, in parti più semplici, ricorrendo alle informazioni acquisite attraverso il percorso della conoscenza che diviene in questo modo uno strumento utile e vitale. La complessità dell’edificato storico deve necessariamente essere approcciata in una maniera più semplice identificando sub unità regolari per percorso dei carichi, epoca e tecnologia costruttiva e comportamento strutturale dimostrato nel corso del tempo che siano più semplici da studiare. Una chiara comprensione del comportamento delle strutture permette di agire mediante interventi puntuali e meno invasivi, rispettosi dell’esistente riconducendo, ancora una volta, l’intervento di consolidamento ai principi propri del restauro che includono i principi di minimo intervento, di riconoscibilità dello stesso, di rispetto dei materiali esistenti e l’uso di nuovi compatibili con i precedenti. Il percorso della conoscenza diviene in questo modo la chiave per liberare la complessità degli edifici storici esistenti trasformando un mero tecnicismo in una concreta operazione culturale . Il presente percorso di dottorato è stato svolto in collaborazione tra l’Università di Parma, DICATeA e lo Studio di Ingegneria Melegari mediante un percorso di Apprendistato in Alta Formazione e Ricerca.
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In the midst of growing preservationist awareness, regarding methods of architectural intervention of buildings with a recognized heritage value, there are numerous approaches on how the original heritage value can be protected. However, can these intervention projects be differentiated? Is it possible to identify how they differ (if in fact they do) from an architectural project not related to preservation? Although there are numerous theoretical studies regarding methods utilized in architectonical projects, there appear to be a lack of studies focused on an architectural intervention exclusively focused on areas or edifications that have a recognized heritage value, thereby requiring a reflection on which methodological procedures in an architectonical project serve the purpose of the preservation of the historical aspects. This discussion is of even greater importance because, at the national level, some recent discussions on this type of architectural design seem arbitrary and lack methodological rigor. Therefore, this research attempts to focus equally on the theoretical-methodological practices of preservation as well as the architectural project methods. In an attempt to address these aspects, the focus of this research centers on the case studies of the intervention projects of the maritime passenger terminal of Natal (Terminal Marítimo de Passageriros de Natal), the old government hall (Palacio do Governo - EDTAM) and the old central hotel (Hotel Central) which are situated in the area known as the historic downtown of the city of Natal, within the federal heritage protection polygon. The analyses of these is intended to identify what methodological procedures were recorded in the final product (in the graphical representation of the architectural design and other documents) delivered to IPHAN / RN, the body responsible for review and approval of these architectural projects, noting whether such procedures appear, in some way, in the final product, and if an understanding of the complexity of preservation is evident. The analyses of these projects corroborate the hypothesis that there are unique characteristics, which must be addressed in the intervention project for preservation when compared to new project design. The main characteristic to be addressed is related to the very nature of the project. It is inherent in the dialectical relationship between the need to preserve (the identified heritage values) and the need to modernize (making adaptations to contemporary life). This relationship, denominated in this dissertation as "radical restraint", must, or at least should, guide the actions in the project as well as the technical analyses of the preservationist organization. However, this radical restriction appears more evident in the guidelines put forth by legislators than in the decisions of designers. These legislators require the presentation of documents, aimed at identifying and contextualizing intervention (Ordinance No. 420 of December 22, 2010), that grant (or should grant) assistance in the decision making process. It was evident in the analyses of these documents that there existed a disconnect between the documents produced and the decisions made in the project. This fact can be seen in the total absence of dialogue about theoretical-methodological preservationist principles, which, in our view, is an essential element of the methodological procedures of the intervention project needed to guide the legislative and project design discussions.
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Arquitetura em cidades “sempre novas”: modernismo, projeto e patrimônio. Com essa chamada, a 4ª edição do encontro DOCOMOMO Norte-Nordeste, realizado na Universidade Federal do Rio Grande do Norte, em Natal, no período de 29 de maio a 02 de junho de 2012, reuniu um conjunto de trabalhos, mesas e conferências para pensar o processo de renovação arquitetônica e urbana de nossas cidades partindo da questão central de que o gosto pelo novo, pela novidade, torna rapidamente obsoleto aquilo que, quando surgiu, também era novo, moderno. O encontro contemplou uma diversidade de enfoques distribuída em três eixos temáticos:1) A arquitetura moderna como projeto; 2) experiências de conservação e transformação; e 3)narrativas historiográficas, na observação da especificidade da arquitetura, do urbanismo e do paisagismo no Brasil. Este livro, se organiza segundo cinco abordagens que estão subjacentes aos três eixos temáticos acima mencionados: a) trajetórias profissionais; b) a presença modernista em cidades brasileiras; c) a documentação, conservação, projeto e restauro; d) reflexões sobre a produção modernista e, finalmente, e) a tecnologia e desempenho. Para cada abordagem, foram selecionados alguns trabalhos representativos apresentados na ocasião. Espera-se contribuir, com esse livro, para o debate sobre a aparente – ou, para muitos, real – contradição entre a necessidade de renovação constante de nosso ambiente construído – afinal, a arquitetura e a cidade são por natureza dinâmicas – e a necessidade de preservação, particularmente do legado modernista inscrito em nossa paisagem urbana, ameaçado de extinção pelo descaso, pelo abandono ou pela transformação descabida.
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Arquitetura em cidades “sempre novas”: modernismo, projeto e patrimônio. Com essa chamada, a 4ª edição do encontro DOCOMOMO Norte-Nordeste, realizado na Universidade Federal do Rio Grande do Norte, em Natal, no período de 29 de maio a 02 de junho de 2012, reuniu um conjunto de trabalhos, mesas e conferências para pensar o processo de renovação arquitetônica e urbana de nossas cidades partindo da questão central de que o gosto pelo novo, pela novidade, torna rapidamente obsoleto aquilo que, quando surgiu, também era novo, moderno. O encontro contemplou uma diversidade de enfoques distribuída em três eixos temáticos:1) A arquitetura moderna como projeto; 2) experiências de conservação e transformação; e 3)narrativas historiográficas, na observação da especificidade da arquitetura, do urbanismo e do paisagismo no Brasil. Este livro, se organiza segundo cinco abordagens que estão subjacentes aos três eixos temáticos acima mencionados: a) trajetórias profissionais; b) a presença modernista em cidades brasileiras; c) a documentação, conservação, projeto e restauro; d) reflexões sobre a produção modernista e, finalmente, e) a tecnologia e desempenho. Para cada abordagem, foram selecionados alguns trabalhos representativos apresentados na ocasião. Espera-se contribuir, com esse livro, para o debate sobre a aparente – ou, para muitos, real – contradição entre a necessidade de renovação constante de nosso ambiente construído – afinal, a arquitetura e a cidade são por natureza dinâmicas – e a necessidade de preservação, particularmente do legado modernista inscrito em nossa paisagem urbana, ameaçado de extinção pelo descaso, pelo abandono ou pela transformação descabida.
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Historical archaeology, in its narrow temporal sense -as an archaeology of the emergence and subsequent evolution of the Modern world- is steadily taking pace in Spanish academia. This paper aims at provoking a more robust debate through understanding how Spanish historical archaeology is placed in the international scene and some of its more relevant particularities. In so doing, the paper also stresses the strong links that have united historical and prehistorical archaeology since its inception, both in relation to the ontological, epistemological and methodological definition of the first as to the influence of socio-political issues in the latter. Such reflection is partly a situated reflection from prehistory as one of the paper’s authors has been a prehistorian for most of her professional life.
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El presente trabajo se centra en el estudio del papel que juega el control visual del espacio en las prácticas sociales de las comunidades prehistóricas. Este trabajo se articula a partir de un estudio de caso, el término municipal de Calviá, situado en el sureste de la isla de Mallorca, para analizar las diferentes formas de monumentalidad arquitectónica y cómo estas se constituyen cómo un punto de referencia social dentro del paisaje. Partiendo de una amplia horquilla temporal, que abarcaría el Bronce Naviforme (1550-850 AC), el período Talayótico (850-550 AC) y el Postalayótico (550-123 AC), se propone analizar los cambios y pervivencias en la construcción del paisaje, a través de estrategias de visibilidad, percepción y movimiento alrededor de los monumentos arquitectónicos. A través de la perspectiva de la Arqueología del Paisaje y mediante el uso de Sistemas de Información Geográfica (SIG) se propone un análisis de tendencias a largo plazo en la configuración social de un paisaje.
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A partir del hallazgo de un tipo particular de envases: ungüentarios y perfumarios en una nueva tumba en el territorio de Arados/Amrit, observamos cómo se incrementa la presencia de estos envases en tumbas de incineración e inhumación durante el primer milenio antes de Cristo en la cuenca mediterránea. Hemos elaborado una serie de análisis y discusiones sobre su distribución, cronología, significado y uso social, tratando de establecer una periodización de sus usos y una contextualización cultural y social dentro del ritual funerario y del uso de determinadas materias primas empleadas para su elaboración.
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La reafirmación del modelo político-administrativo ciudadano tras la fase arcaica colonial abre una nueva etapa de prosperidad en la antigua fundación tiria. El esplendor de Gadir en el s. V a.C. se refleja en los textos clásicos y en los hallazgos arqueológicos y, sin embargo, nuestros conocimientos sobre el desarrollo histórico de la ciudad de época púnica son muy limitados. El horizonte arcaico comienza a esclarecerse tras los hallazgos del Teatro Cómico que han sacado a la luz los restos de la fundación tiria y, sin embargo, la ciudad posterior continúa siendo una gran incógnita. ¿A qué lugar se traslada la población una vez que se abandona el asentamiento primitivo? ¿Quiénes son los individuos enterrados en los excepcionales sarcófagos antropoides? ¿Qué relación jerárquica existe entre el asentamiento insular y los situados en tierra firme? ¿Qué papel jugó la industria y comercialización de las salazones? Los interrogantes planteados son múltiples y no hacen más que evidenciar la incapacidad del paradigma tradicional para explicar el desarrollo histórico de la Gadir postcolonial y la necesidad de buscar nuevos modelos interpretativos.
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El interés del humanista italiano Alessandro Geraldini (1455-1524) por los monumenta antiquitatis (y especialmente por las inscripciones romanas) se pone de manifiesto en su Itinerarium ad regiones sub aequinoctiali plaga constitutas, compuesto al final de su vida. Analizamos aquí la información anticuaria contenida en su obra; señalamos por primera vez las fuentes epigráficas utilizadas como hipotexto en su Itinerarium, identificamos la síloge epigráfica de donde conoció dichos textos y, finalmente, valoramos su participación efectiva en los estudios epigráficos llevados a cabo durante su larga permanencia en España (ante 1475-1519).
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El periplo de Hannón, frente a las propuestas que lo interpretan como una obra literaria, creemos que recoge un periplo auténtico, que sólo alcanzó cabo Juby y algunas de las Islas Canarias. Las refundaciones cartaginesas fueron todas en la Mauretania fértil, en los 7 primeros días de la expedición. Desde el islote de Kérne, en la expedición primó una primera exploración de evaluación, indicativo de que se trataba de apenas 2 o 3 barcos, con una tripulación limitada, que evitaban enfrentamientos con la población local. Los intérpretes Lixítai parecen conocer todos los puntos explorados, el río Chrétes, los etíopes del Alto Atlas costero, el gran golfo caluroso que finalizaba en el Hespérou Kéras, el volcán Theôn Óchema, o las gentes salvajes que denominaban Goríllai. Probablemente la mayor sorpresa fuese encontrar un volcán activo, emitiendo lava, que pudo ser la razón última para redactar este periplo. La falta de agua, alimentos y caza como razón para finalizar la expedición exploratoria sólo es comprensible en un trayecto corto que alcanzó hasta el inicio del desierto del Sahara. Otro tanto sucede con la ausencia de ríos importantes al Sur del río Chrétes, una clara prueba de que no se alcanzaron latitudes ecuatoriales y que los barcos se fueron alejando de la costa norteafricana.
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El presente articulo intenta determinar las razones por las que el santuario de Sant Miquel de Llíria, uno de los más importantes de la actual provincia de Valencia, se consagró al arcàngel guerrero. Se estudia para ello la historia de su culto en Occidente, haciendo hincapié en aspectos como su relación con los lugares elevados y la frecuente proximidad de sus santuarios con aquellos dedicados a la Virgen. Atenderemos también a aspectos fundamentales del contexto histórico, como los movimientos de renovación espiritual medievales, la influencia del médico y teólogo Arnau de Vilanova en la Valencia de principios del siglo XIV y las profecías escatológicas vinculadas a la llegada del Anticristo.