420 resultados para Regionale ingestione ibrido laminare


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Nell'ambito della Diagnostica per Immagini, l'imaging ibrido sta assumendo un ruolo fondamentale in molte applicazioni cliniche, tra cui oncologia, neurologia e cardiologia. La possibilità di integrare informazioni complementari, funzionali e morfologiche, in un'unica immagine, permette di valutare con estrema accuratezza varie tipologie di malattie, diminuendo i tempi di acquisizione e i disagi per i pazienti. La risonanza magnetica, in sostituzione alla TAC nel sistema integrato PET/TC, introduce notevoli vantaggi quali l'acquisizione simultanea dei dati, l'ottimo contrasto dei tessuti molli, l'assenza di radiazioni ionizzanti e la correzione degli artefatti da movimento; ciò migliora l'accuratezza delle immagini e, di conseguenza, il processo diagnostico. Nonostante sia un interessante strumento di diagnostica e l'apice dello sviluppo tecnologico in imaging nucleare, vi sono alcune problematiche che ne impediscono la diffusa adozione, tra cui le interferenze reciproche tra le due modalità, i costi elevati e ancora una ridotta pubblicazione di articoli al riguardo.

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Il fine della presente tesi è quello di definire parametri di riferimento progettuali e di controllo sul funzionamento degli abbattitori ad umido e degli abbattitori degli ossidi di azoto dalle emissioni industriali, utili ad una valutazione preventiva del progetto di impianto ed alla gestione dello stesso, da proporre come rappresentativi dello stato dell’arte per questi abbattitori. E’ innanzitutto effettuata una breve disamina sui composti inorganici quali inquinanti atmosferici: da quali fonti deriva la loro presenza in aria, quali sono gli effetti sull’ambiente, quantificazione delle emissioni antropiche per questa categoria di inquinanti e quali obiettivi di riduzione si pone la Regione Emilia Romagna. Viene quindi affrontata una breve sintesi della legislazione nazionale e regionale necessaria a comprendere dove si innesta la necessità di definire questi parametri di riferimento, con il confronto di disposizioni normative vigenti sull’argomento a livello nazionale e delle regioni Lombardia ed Emilia Romagna per giungere infine ad una proposta aggiornata. Si passa poi ad una descrizione accurata degli abbattitori ad umido e, di seguito, degli abbattitori degli ossidi di azoto, fornendo il discrimine tra le diverse tipologie presenti sul mercato e concretamente utilizzate in campo; inoltre grazie allo studio di due impianti presenti nel territorio di Modena viene fornita una comprensione più approfondita dei parametri tecnici di progettazione e funzionamento. L’analisi ha interessato: - parametri tecnici costruttivi; - parametri di funzionamento; - efficienza di abbattimento. La proposta conclusiva rappresenta la sintesi di confronto tecnico con esperti costruttori/installatori di impianti di depurazione dell’aria, di una dettagliata analisi conoscitiva delle caratteristiche e delle rese di abbattimento di impianti autorizzati, installati e controllati, presenti nel territorio della regione Emilia Romagna.

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Il mio elaborato ha come scopo quello di creare un quadro della situazione regionale dal punto di vista delle start-up eco-innovative. Per fare questo ho utilizzato un sito/piattaforma internet contenente il registro delle start-up innovative in Italia. A partire da tale supporto ho analizzato 700 start-up situate nella regione Emilia-Romagna. Tra queste, ho individuato 78 start-up eco-innovative. Lo studio vuole comprendere le tendenze e la diffusione di tali start-up, studiandone, nell' ordine, la distribuzione geografica, l’inizio delle attività, il codice Ateco, la tecnologia OECD di riferimento. Con questo studio si arriverà poi in definitiva a capire quanto l’ambito della Green Economy sia diffuso in Emilia-Romagna.

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Con il presente elaborato, si vuole fornire un contributo alla conoscenza sul riutilizzo degli scarti derivanti dall’estrazione e lavorazione nelle cave di marmo, per aggiungere un’ulteriore tassello per arriva ad un’economia circolare anche in questo settore. Viene descritta la realtà del comprensorio apuo-versiliese, le cave e le tecnologie utilizzate per l’estrazione e le lavorazioni. Successivamente, viene presentata la regolamentazione europea e regionale sulla gestione e lo smaltimento dei rifiuti di cava, definiti rifiuti speciali. È stata presentata una breve sintesi delle regolamentazioni europee e regionali riguardanti l’attività estrattiva, con particolare riguardo alla problematica del trattamento dei rifiuti speciali dal punto di vista legislativo. Attraverso il caso della Cooperativa Apuana Vagli, si prende in esame uno studio reale dove analizzare le problematiche legate allo smaltimento dei rifiuti generati dall’attività estrattiva. Il materiale prodotto dai tagli dei blocchi in cava è stato campionato e sottoposto ad analisi granulometriche di laboratorio. Dai risultati è stato possibile ottenere le proprietà fisiche del materiale analizzato, grazie alle quali sono stati ipotizzati i possibili riutilizzi.

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L’analisi chimica delle acque di dieci pozzi, di una località posta a N del fiume Po, (44°54’51.10” N; 11°36’42.49”E), ha mostrato la presenza di acque clorurato sodiche, che si suppone derivino da miscelazione (complessa) tra acque di origine marina (acqua di strato) e un’acqua dolce madre (acqua teorica, end member). Si è tentato di calcolare teoricamente la composizione dell’end member, che è risultata un’acqua bicarbonato sodica, e si è proposta la possibile giacitura delle facies idrochimiche riscontrate all’interno dello schema idrostratigrafico regionale Emiliano-Romagnolo. È emerso che le acque analizzate sono presenti ad una profondità anormalmente ridotta, rispetto alle giaciture degli end members di miscelazione: le acque saline di Ambrogio e Diamantina e l’acqua dolce teorica. Considerando la distribuzione geografica delle acque clorurato sodiche nella regione Emilia-Romagna ed il chiaro rapporto che queste hanno con la verticale degli alti strutturali appenninici sepolti si propone una origine influenzata dalla tettonica per la risalita delle acque studiate.

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Im Fokus der Studie stehen die Äbtissinnen der ältesten und sozial exklusivsten geistlichen Frauengemeinschaften des Unterelsasses: die Frauenstifte Andlau, St. Stephan in Straßburg sowie Hohenburg und Niedermünster auf dem Odilienberg. Unter Rückgriff auf prosopopgraphische und netzwerkanalytische Methoden wird untersucht, welchen Einfluss die soziale und regionale Herkunft sowie das Geschlecht auf die Handlungsmöglichkeiten der Äbtissinnen hatten. Es zeigt sich, dass das System von Über- und Unterordnung, von Einflussnahme und Mitbestimmung komplexen Aushandlungsprozessen unterlag, in denen die männlichen Angehörigen der Kanonissen stets eine zentrale Rolle spielten. Den Kanonikern der Stifte gelang es im Laufe des Mittelalters, immer größere Mitspracherechte zu erlangen. Während sie die Autorität der Äbtissin im späten Mittelalter grundsätzlich anerkannten, lässt sich für die Reformationszeit ein mentalitätsgeschichtlicher Wandel greifen: Der Äbtissin wurde das Recht abgesprochen, das Stift selbständig zu verwalten und Herrschaft über die Stiftsherren auszuüben. Die Studie bietet darüber hinaus einen prosopographischen Anhang sowie einen Überblick über die Geschichte der einzelnen Stifte.

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Die vorliegende Bachelorarbeit befasst sich mit den Themen Usability digitaler Bibliotheksangebote, Nutzerorientierung und Zielgruppendefinition von Öffentlichen Bibliotheken. Die Bearbeiterin untersucht die Website der Stadtbibliothek Wolfsburg. Die Zielgruppen der Stadtbibliothek werden unter Berücksichtigung der demografischen Struktur der Region definiert. Ebenso werden die Entstehungsgeschichte der Stadt beschrieben und wirtschaftliche Einflüsse aufgezeigt. Eine regionale Besonderheit ist die Abhängigkeit der Stadt Wolfsburg zum Volkswagen-Konzern, welche sich einmal mehr durch aktuelle Ereignisse wie den „Abgasskandal bei Volkswagen“ aus dem Jahr 2015 zeigt. Diese regionalspezifischen Aspekte haben insgesamt eine große Relevanz für die zielgruppenorientierte und nutzerfreundliche Gestaltung der Bibliothekswebsite. Allgemein gültige Usability-Standards werden hier an individuelle Faktoren angepasst. Unter Berücksichtigung der Zielgruppendefinition und mithilfe einer Kombination der Usability-Methoden Personas-Verfahren, der Recherchedokumentation im Stil eines Thinking-Aloud-Protokolls und dem Abgleich mit ausgewählten Usability-Kriterien aus dem BibEval-Kriterienkatalog der HTW Chur untersucht die Bearbeiterin den Internetauftritt der Stadtbibliothek Wolfsburg im Praxisteil dieser Bachelorarbeit. Eine zusammenfassende Auswertung zeigt Stärken und Schwächen der Website auf und nennt darüber hinaus Verbesserungspotenziale. Diese Arbeit ist interessant für Bibliothekare, die sich mit der Usability und Nutzerorientierung von digitalen Inhalten nach den spezifischen Zielgruppen einer Institution und ihrem Umfeld auseinander setzen möchten.

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We present an application of the Hall-Findlay mammaplasty skin pattern for skin-sparing mastectomy (SSM). This is a simplified vertical reduction mammaplasty. Vertical reduction mammaplasty is the procedure advised for patients with moderator or large ptotic breasts, who wish to have a simultaneous contra-lateral breast reduction/mastopexy at the time of SSM for cancer or prophylactic mastectomy. It is particularly suitable for breast reconstruction with autologous tissue in the form of free transverse rectus abdominis myocutaneous (TRAM), deep inferior epigastric artery perforator (DIEP) and extended latissimus dorsi (ELD) flaps.

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Introduction. Cystadenofibromas of the Fallopian tube are very rare benign tumors of the female genital tract. These tumours are usually asymptomatic and are found incidentally. Case report. We describe a Fallopian serous cystadenofibroma in a 50 year-old woman operated for uterine leiomyoma. The histopathologic finding revealed a cystic lesion connected to the salpinx. The cyst was composed of connective stroma lined by epithelial cuboidal cells, without pleomorfism or detectable mitoses. Pseudopapillary structures were observed in the lumen of the cyst. The patient is well on follow-up. Conclusion. The origin of serous cystadenofibroma of the Fallopian tube is not clear. The tumor is considered an embryologic remnant rather than a proliferating neoplastic process. These tumours seem to have a benign course and a malignant potential has not been described.

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Introduction. Intravascular papillary endothelial hyperplasia (Masson's hemangioma or Masson’s tumor) is a benign vascular disease with an exuberant endothelial proliferation in normal blood vessels. Although relatively uncommon, its correct diagnosis is important because it can clinically be like both benign lesions and malignant neoplasms. We present a case of intravascular proliferative endothelial hyperplasia simulating a tendon cyst both clinically and on ultrasound. Case report. A 74-year old Caucasian female presented with a 4-month history of soreness and swelling in the fourth finger of the right hand. Ultrasound showed an oval mass with fluid content, referred to a tendon cyst. A wide surgical excision was subsequently performed. The final histological diagnosis was Masson’s tumor. Discussion. The pathogenesis of intravascular papillary endothelial hyperplasia is still unclear but the exuberant endothelial cell proliferation might be stimulated by an autocrine loop of endothelial basic fibroblast growth factor (bFGF) secretion. There are three types of papillary endothelial hyperplasia: primary, or intravascular; secondary, or mixed; and extravascular. The main differential diagnosis is against pyogenic granuloma, Kaposi sarcoma, hemangioma, and angiosarcoma. Conclusions. Masson's tumor can be like both benign lesions and malignant neoplasms clinically and on ultrasound. For this reason, the right diagnosis can be made only by histology, which reveals a papillary growth composed of hyperplastic endothelial cells supported by delicate fibrous stalks entirely confined within the vascular lumen.

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he term "carcinoma of unknown primary" (CUP) defines a malignant condition in which a metastatic cancer is documented in absence of a detectable primary site. It occurs in about 2÷6 % of cancer patients, according to various literature reports. The primary tumor site results indefinable because of several either single or associated factors, even remaining occult at autopsy in 15÷25% of CUP patients. The metastatic spread pattern of CUP is quite unlike that expected for analogous known primary malignancy. For instance, the unknown prostate cancer often metastasizes to the lungs and liver while the its known analogous usually spreads to the bone. Whether certain genetic abnormalities might play a role in determining a CUP condition, it remains undefined. Most CUP are adenocarcinoma, squamous cell carcinoma, either undifferentiated or differentiated carcinoma, whereas less frequently may be sarcoma, melanoma or neuroendocrine tumor. As CUP diagnostic management is concerned, two opposite approach modalities may be adopted, one, named "shotgun modality", consisting in a multiplicity of examinations aimed at achieving the identification of the primary tumor and the other, a nihilistic modality, by adopting tout court a palliative therapy of the metastatic disease. A reasonable intermediate diagnostic strategy consists in undertaking some procedures with a specific target and low cost/benefit ratio. Selected imaging studies, serum tumor markers, immunohistochemical analyses and genetic- molecular examinations on biopsy material allow sometimes to reach the detection of primary malignancies that might be responsive to a potential treatments. Nevertheless, in spite of recent sophisticated -laboratory and imaging progress, CUP remains a strong challenge in clinical oncology.

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Incisional hernia is one of the most common complications of laparotomy. Its repair with prosthesis has enabled a considerable improvement in the outcome, significantly reducing recurrences. This study analyses the results of open hernioplasty with mesh performed as a Day Surgery procedure in 42 patients between November 2008 and October 2010. The results were good, with low postoperative morbidity and recurrences (2.4%).

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The authors describe the case of a patient with two particularly rare contiguous tumors, myofibroblastoma and osteosarcoma, in the same breast. Rare does not mean untreatable, and the chance of recovery is no less than with more common tumors. However, rare tumors do present a significant problem for pathologists due to diagnostic difficulties, and so an exact prognosis is not always possible.

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Il contenuto di questo volume non vuole rappresentare un testo didattico per lo studio in generale della vulcanologia in quanto in esso si tratta unicamente quell’a-spetto della disciplina che riguarda il vulcanismo esplosivo. In tal senso l’autore ritiene che questo testo possa essere utile per gli studenti di Scienze Geologiche che, vivendo nelle aree vulcaniche italiane di età quaternaria ed anche attive, possano, da laureati, svolgere attività professionali mirate alla individuazione e definizione di Pericolosità, Vulnerabilità e Rischio Vulcanico. Trattare gli argomenti che seguono non è stato facile e forse si poteva, in alcuni casi, renderli più semplici, ma talvolta la semplicità non sempre è sinonimo di precisione; inoltre, per descrivere certi aspetti non quantitativi si è costretti ad utilizzare un linguaggio quanto più possibile “ad hoc”. L’autore ha svolto la propria attività di ricerca in aree vulcaniche, sia in Italia che all’estero. Le ricerche in Italia sono state da sempre concentrate nelle aree di vulcanismo attivo in cui l’attività del vulcanologo è finalizzata fondamentalmente alla definizione della Pericolosità Vulcanica supporto indispensabile per la definizione dell’aree a Rischio Vulcanico, intendendo per Rischio il prodotto della Pericolosità per il Danno in termini, questo, di numero di vite umane ovvero di valore monetario dei beni a rischio nell’area vulcanica attiva. Le ricerche svolte dall’autore in Africa Orientale (Etiopia e Somalia) e nello Yemen hanno contribuito ad assimilare i concetti di vulcanologia regionale, rappresentata dall’ampia diffusione del vulcanismo di plateau, variabile per spessore dai 1500 ai 3000 metri, fra i quali si inseriscono, nella depressione dell’Afar, catene vulcaniche inquadrabili, dal punto di vista geodinamico, come “oceaniche” alcune delle quali attive e che si sviluppano per decine/centinaia di chilometri. Nelle aree vulcaniche italiane le difficoltà che sorgono durante il rilevamento risiedono nella scarsa continuità di affioramenti, talvolta incompleti per la descrizione delle variazioni di facies piroclastiche, non disgiunta dalla fitta vegetazione ovvero ur banizzazione specialmente nelle aree di vulcanismo attivo. Il rilevamento vulcanologico richiede competenze e l’adozione di scale adatte a poter cartografare le variazioni di facies piroclastiche che, a differenza dalle assise sedimentarie, in un’area vulcanica possono essere diffuse arealmente soltanto per alcune centinaia di metri. I metodi di studio delle rocce piroclastiche sono del tutto simili a quelli che si usano per le rocce clastiche, cioè dall’analisi delle strutture e delle tessiture alla litologica fino a quella meccanica; su questi clasti inoltre le determinazioni della densità, della mineralogia e della geochimica (Elementi in tracce e Terre Rare), ottenute sulla frazione vetrosa, rappresentano parametri talvolta identificativi di un’area vulcanica sorgente. Non esistono testi nei quali venga descritto come si debba operare nelle aree vulcaniche per le quali l’unica certezza unificante è rappresentata dall’evidenza che, nelle sequenze stratigrafiche, il termine al top rappresenta quello più relativamente recente mentre quello alla base indica il termine relativo più vecchio. Quanto viene riportato in questo testo nasce dall’esperienza che è stata acquisita nel tempo attraverso una costante azione di rilevamento che rappresenta l’uni- ca sorgente di informazione che un vulcanologo deve ricavare attraverso un attento esame dei depositi vulcanici (dalla litologia alla mineralogia, alla tessitura, etc.) la cui distribuzione, talvolta, può assumere un carattere interegionale in Italia nell’ambito dell’Olocene. Soltanto l’esperienza acquisita con il rilevamento produce, in un’area di vulcanismo attivo, risultati positivi per la definizione della Pericolosità, sapendo però che le aree vulcaniche italiane presentano caratteristiche ampiamente differenti e di conseguenza il modo di operare non può essere sempre lo stesso. Un esempio? Immaginate di eseguire un rilevamento vulcanico prima al Somma-Vesuvio e poi nei Campi Flegrei: sono mondi completamente differenti. L’autore desidera ribadire che questo testo si basa sulla esperienza acquisita sia come geologo sia come docente di Vulcanologia; pertanto il libro potrà forse risultare più o meno bilanciato, in forza dell’argomento trattato, in quanto durante l’attività di ricerca l’autore, come tutti, ha affrontato alcuni argomenti più di altri. Questo approccio può essere considerato valido per chiunque voglia scrivere un libro in maniera autonoma e originale, non limitandosi, come molte volte avviene, a tradurre in italiano un libro su tematiche analoghe diffuso, ad esempio, nel mondo anglosassone.Diversamente, si sarebbe potuto concepire un libro come un collage di capitoli scritti da vari autori, che magari avevano esperienza più specifica nei singoli argomenti, ma in tal senso si sarebbe snaturato lo spirito con cui si è impostato il progetto. L’autore, infine, ha fatto ricorso al contributo di altri autorevoli colleghi solo per temi importantissimi, ma in qualche modo complementari rispetto al corpus costitutivo del Vulcanismo Esplosivo.

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In the Weser valley NW Hameln early diagenetic carbonate cementation is present in the upper Elsterian to Drenthe sediments. Examination of the calcite cement indicated a multiphase formation. Cementation occured mainly in vadose environment above ground-water table. This process generated predominantly brown calcite cement with a crystal size of <5 to 20pm. Next to meniscus-cement this fine-crystalline calcite forms further cements typical for vadose zone. In one layer of the „Mittelterrasse'-sediments, deposited in the late Elsterian age, a calcite cement is present, which may already have formed in the Holstein Interglacial. Cementation started in the upper-most layers of the „Mittelterrasse'-sediments in a late phase of „Mittelterrasse“-accumulation in this area. The so formed consolidated layers were deformed by the Drentheglacier. After ice melting cementation continued in at least 3 phases, creating nonluminiscent phreatic, orange to red luminiscent vadose and nonluminiscent vadose calcite cement.