410 resultados para Biopsia de linfonodo sentinela
Resumo:
Le caratteristiche istologiche, immunologiche e fisiologiche della cute in età pediatrica sono responsabili di quadri dermatologici differenti nel bambino rispetto all’adulto, per cui la dermatologia pediatrica sta acquisendo sempre maggiore importanza come branca specifica nell’ambito sia della dermatologia generale che della pediatria. Il problema cruciale che si incontra nel management delle dermatosi pediatriche è legato alle difficoltà diagnostiche incontrate, che comportano spesso la necessità di eseguire una biopsia cutanea. Mentre gli studi epidemiologici relativi alla frequenza delle patologie dermatologiche pediatriche siano ampiamente riportati in letteratura, i dati e le revisioni relative alla chirurgia pediatrica dermatologica, nell’ambito dei servizi di Dermatologia Pediatrica, sono ridotti. Nell’arco dei tre anni di dottorato, la mia attività è stata finalizzata a valutare la possibilità di organizzare un servizio ambulatoriale per i prelievi bioptici in età pediatrica, con il solo ausilio di anestetici topici e locali. Durante i tre anni di Dottorato di Ricerca sono stati eseguiti 296 prelievi. Le biopsie eseguite sono state suddivise in 3 gruppi: biopsie diagnostiche su patologie dermatologiche (108 pz, 36%), biopsie su neoformazioni cutanee (174 pz, 59 %) e biopsie su lesioni follicolari ( 14 pz, 5%). Di ciascun gruppo sono state valutate le patologie riscontrate, l’età, il sesso, l’impiego di anestetico topico associato ad anestetico locale. In 180 (61%) pazienti dopo la biopsia si è proceduto all’applicazione di punti di sutura. Si sono valutati inoltre i vantaggi e gli svantaggi di tale attività ambulatoriale rispetto ai prelievi eseguiti avvalendosi di una sedazione profonda.
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Obiettivi: Valutare la prevalenza dei diversi genotipi di HPV in pazienti con diagnosi di CIN2/3 nella Regione Emilia-Romagna, la persistenza genotipo-specifica di HPV e l’espressione degli oncogeni virali E6/E7 nel follow-up post-trattamento come fattori di rischio di recidiva/persistenza o progressione di malattia; verificare l’applicabilità di nuovi test diagnostici biomolecolari nello screening del cervicocarcinoma. Metodi: Sono state incluse pazienti con citologia di screening anormale, sottoposte a trattamento escissionale (T0) per diagnosi di CIN2/3 su biopsia mirata. Al T0 e durante il follow-up a 6, 12, 18 e 24 mesi, oltre al Pap test e alla colposcopia, sono state effettuate la ricerca e la genotipizzazione dell'HPV DNA di 28 genotipi. In caso di positività al DNA dei 5 genotipi 16, 18, 31, 33 e/o 45, si è proceduto alla ricerca dell'HPV mRNA di E6/E7. Risultati preliminari: Il 95.8% delle 168 pazienti selezionate è risultato HPV DNA positivo al T0. Nel 60.9% dei casi le infezioni erano singole (prevalentemente da HPV 16 e 31), nel 39.1% erano multiple. L'HPV 16 è stato il genotipo maggiormente rilevato (57%). Il 94.3% (117/124) delle pazienti positive per i 5 genotipi di HPV DNA sono risultate mRNA positive. Abbiamo avuto un drop-out di 38/168 pazienti. A 18 mesi (95% delle pazienti) la persistenza dell'HPV DNA di qualsiasi genotipo era del 46%, quella dell'HPV DNA dei 5 genotipi era del 39%, con espressione di mRNA nel 21%. Abbiamo avuto recidiva di malattia (CIN2+) nel 10.8% (14/130) a 18 mesi. Il pap test era negativo in 4/14 casi, l'HPV DNA test era positivo in tutti i casi, l'mRNA test in 11/12 casi. Conclusioni: L'HR-HPV DNA test è più sensibile della citologia, l'mRNA test è più specifico nell'individuare una recidiva. I dati definitivi saranno disponibili al termine del follow-up programmato.
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Nella presente tesi indaghiamo la potenzialità di LCM e Reverse Phase Protein microarray negli studi clinici. Si analizza la possibilità di creare una bio banca con line cellular primarie, al fine di conseguire drug test di sensibilità prima di decidere il trattamento da somministrare ai singoli pazienti. Sono stati ottenuti profili proteomici da biopsie pre e post terapia. I risultati dimostrano che questa piattaforma mostra il meccanismo di resistenza acquisito durante la terapia biologica. Questo ci ha portato ad analizzare una possibile stratificazione per pazienti con mCRC . I dati hanno rivelato distinti pathway di attivazione tra metastasi resecabile e non resecabili. I risultati mostrano inoltre due potenziali bersagli farmacologici. Ma la valutazione dell'intero tumore tramite singole biopsie sembra essere un problema a causa dell’eterogeneità intratumorale a livello genomico. Abbiamo indagato questo problema a livello dell'architettura del segnale in campioni di mCRC e ccRCC . I risultati indicano una somiglianza complessiva nei profili proteomici all'interno dello stesso tumore. Considerando che una singola biopsia è rappresentativa di un intera lesione , abbiamo studiato la possibilità di creare linee di cellule primarie, per valutare il profilo molecolare di ogni paziente. Fino ad oggi non c'era un protocollo per creare linee cellulari immortalizzate senza alcuna variazione genetica . abbiamo cosiderato, però, l'approccio innovativo delle CRCs. Ad oggi , non è ancora chiaro se tali cellule mimino il profilo dei tessuti oppure I passaggi in vitro modifichino i loro pathways . Sulla base di un modello di topo , i nostri dati mostrano un profilo di proteomica simile tra le linee di cellule e tessuti di topo LCM. In conclusione, i nostri dati dimostrano l'utilità della piattaforma LCM / RPPA nella sperimentazione clinica e la possibilità di creare una bio - banca di linee cellulari primarie, per migliorare la decisione del trattamento.
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Il carcinoma a cellule basali (BCC) costituisce l'80 peercento dei tumori cutanei non-melanoma, rappresentando dunque il tumore maligno della cute più frequente nella popolazione generale. Tuttavia, non esistono ad oggi studi epidemiologici ampi ed approfonditi condotti su scala nazionale su questo tipo di neoplasia, poichè i tumori cutanei non-melanoma sono esclusi dal registro statistico dei tumori. A tale scopo presso la Dermatologia dell'Università di Bologna sono stati raccolti di tutti i casi di carcinoma basocellulare osservati dal 1 gennaio 1990 sino al 31 dicembre 2014, e sono stati rielaborati statisticamente. Il criterio di inclusione adottato è stato la positività per BCC all’esame istologico, sia in caso di biopsia semplice, sia in caso di asportazione radicale. Il progetto è stato svolto presso l’ambulatorio di chirurgia oncologica della nostra UO, così come il follow-up dei pazienti nei casi di recidività multiple o di comparsa di nuovi tumori cutanei. Ad oggi, tale neoplasia è risultata essere quella di più frequente osservazione nella Unità Operativa di Dermatologia dell’Università di Bologna. Non solo, la nostra casistica rimane quella più numerosa fino ad ora riportata in tutta Italia negli ultimi 24 anni.
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I dati riportati in letteratura relativi alla struttura degli organi linfoidi dei Cetacei sono scarsi, talvolta discordanti e riferiti solo ad alcune specie. Per questo motivo è stato condotto il presente studio che ha utilizzato il tursiope (Tursiops truncatus) come specie di riferimento. In particolare, in tre soggetti di tursiope è stata analizzata, mediante l’ausilio di specifici software di analisi dell’immagine, la struttura dei seguenti organi linfoidi: timo, milza e linfonodi. Il timo, analogamente a quanto si osserva negli altri Mammiferi, si presenta come organo lobulato. In ciascun lobulo è possibile individuare due zone: la corticale e la midollare. A differenza di quanto si osserva nell’Uomo, è interessante sottolineare come nella midollare di ciascun lobulo non sia mai stata osservata la componente fibrillare. E’ possibile ipotizzare che tale differenza sia dovuta ad eventi connessi con l’organogenesi del timo. Nel tursiope il rapporto cortico/midollare non mostra differenze rispetto a quanto si osserva in altri Mammiferi. La milza del tursiope mostra caratteristiche strutturali simili a quelle osservate in altri Mammiferi. Nel tursiope, rispetto ad altri Mammiferi (Equidi, Ruminanti, Suidi e Carnivori), la quantità di polpa bianca, sul totale della polpa splenica, appare decisamente inferiore (5% vs 30%). Dal momento che le dimensioni della milza non sono particolarmente evidenti, anche la polpa rossa, se rapportata alle dimensioni dell’animale, non si presenta abbondante come in altre specie. Tale dato indica come la milza del tursiope, analogamente a quanto si osserva nell’Uomo e nei Roditori, non svolge alcuna funzione di deposito del sangue. I linfonodi di tursiope sono, tra gli organi linfoidi esaminati, quelli che mostrano le maggiori differenze strutturali rispetto a quelli di numerosi altri Mammiferi (eccezion fatta per il maiale). I noduli linfatici ed il tessuto internodulare sono, infatti, posti sia nella parte superficiale che in quella profonda del linfonodo. Tale aspetto non consente di identificare la zona paracorticale e di definire una precisa delimitazione topografica tra corticale e midollare. Il rapporto tra noduli linfatici e tessuto internodulare indica come nel linfonodo di tursiope sia più diffuso il tessuto internodulare che, a differenza del nodulo linfatico (area B-competente), contiene anche territori T-competenti.
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Este folleto se encuentra dirigido al personal clínico con formación académica en anatomía, fisiología y procedimientos del útero y capacitado para practicar procedimientos transvaginales intrauterinos, tales como el legrado uterino instrumental, la aspiración eléctrica, la inserción del DIU, la histeroscopia y la biopsia de endometrio
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Concentrações séricas basais da proteína amiloide sérica A (SAA) estão significativamente aumentadas em pacientes com câncer e alguns autores sugerem uma relação causal. Trabalho anterior do grupo mostrou que a SAA induz a proliferação de duas linhagens de glioblastoma humano e afeta os processos de invasividade in vitro, sustentando um papel pró-tumoral para esta proteína. Com base nesse trabalho, investigamos a abrangência dos efeitos de SAA para outro tipo de célula tumoral e para isso escolhemos um painel de linhagens de melanoma humano e uma linhagem primária obtida a partir de aspirado de linfonodo de paciente com melanoma, por nós isolada. Observamos que apesar da célula precursora de melanomas, isto é, melanócito, não produzir SAA, todas as linhagens de melanoma produziram a proteína e expressaram alguns dos seus receptores. Além disso, quando estas células foram estimuladas com SAA houve uma inibição da proliferação em tempos curtos de exposição (48 horas) e efeitos citotóxicos após um tempo maior (7 dias). A SAA também afetou processos de invasividade e a produção das citocinas IL-6, IL-8 e TNF-α. Aos avaliarmos o efeito da SAA na interação das células de melanoma com células do sistema imune, vimos que a SAA ativou uma resposta imune anti-tumoral aumentando a expressão de moléculas co-estumolatórias, como CD69 e HLA-DR, e sua função citotóxica. Ainda, vimos que a produção de TNF-α, IFN-γ, IL-10, IL-1β e IL-8 estimuladas por SAA podem contribuir com os efeitos desta. De forma geral estes resultados nos levam a crer que a SAA tem atividade anti-tumoral em melanomas. Finalizando, com base na importância do desenvolvimento da resistência às terapias atuais para o melanoma, observamos que em células resistentes ao PLX4032, um inibidor de BRAF, os efeitos imunomodulatórios induzidos pela SAA estão abolidos, possivelmente identificando um novo componente da resistência.
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Trabalho Final do Curso de Mestrado Integrado em Medicina, Faculdade de Medicina, Universidade de Lisboa, 2014
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Trabalho Final do Curso de Mestrado Integrado em Medicina, Faculdade de Medicina, Universidade de Lisboa, 2014
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Dissertação para obtenção do grau de Mestre no Instituto Superior de Ciências da Saúde Egas Moniz
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"El estado de Illinois requiere que su doctor le provea este folleto si usted tiene que hacerse una biopsia del seno o ha sido diagnosticada con ca ncer del seno."--P. 3.
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The patient safety is a major concern in health services for its global dimension, as evidenced by the fragility of care processes that predispose an occurrence of adverse events. These events in a neonatal intensive care unit are considered serious and hazardous to lives of newborns. The present study aimed to identify and analyze adverse events in a neonatal intensive care unit based in Trigger Tool. It is an epidemiological, cross-sectional , exploratory, retrospective study with quantitative, descriptive and analytical approach, performed in 2015 at a school hospital. The sample was not probabilistic, involving 116 newborns who met the eligibility criteria. Data collection was performed by retrospective review of medical records, using a specific kind of "trigger" instrument, composed of sentinel events in neonatology, adapted from the American model used by the Vermont-Oxford Network. Data were analyzed using descriptive and inferential statistics. The chi-square test for linear trend was used to assess the associations between the variables of interest. The research received a favorable agreement from Ethics Committee of the Federal University of Rio Grande do Norte, under number 1055533, and Presentation Certificate for Ethics Assessment 43894515.6.0000.5537. The results show among investigated newborns, 110 experienced at least one adverse event during their stay, with a total of 391 medical records analyzed and rate of 3.37 events per patient. Prevailed the preterm newborns with low birth weight, from mother who had hypertensive diseases during pregnancy and urinary tract infection. The average hospitalization time was 25 days, associated with hospital-acquired infections events (p = 0.01). Among the identified adverse events stood out the events related to thermoregulation disorders (39.0%), with prevalence of hypothermia (26.0%), followed by health care-related infections (16.4%) and blood glucose disorders, hypoglycemia (9.00%) and hyperglycemia (6.64%). Most of these incidents were classified in categories E and F, which represents that there was damage small proportion. Due to these damages come from the care practice with newborn, 78% were classified as avoidable. There was statistically significant association between the variable birth weight with infections (p = 0.006) as well as peri/intraventricular bleeding (p = 0.02), hypoglycemia (p = 0.021), hyperglycemia (p = 0.001), hyperthermia (p = 0.39) and death (p=0,02). Gestational age was associated with seizures (p = 0.002), hyperglycemia (p=0.017) e hyperthermia (p=0.027). The security institution culture was reported by the health workers as intermediate, even though the number of adverse events found in only one unit of service indicates that there is much to be done. Thus the high rate of adverse events identified in the neonatal intensive care unit reinforces the necessity to elaborate specific preventive strategies for this risk environment.
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The patient safety is a major concern in health services for its global dimension, as evidenced by the fragility of care processes that predispose an occurrence of adverse events. These events in a neonatal intensive care unit are considered serious and hazardous to lives of newborns. The present study aimed to identify and analyze adverse events in a neonatal intensive care unit based in Trigger Tool. It is an epidemiological, cross-sectional , exploratory, retrospective study with quantitative, descriptive and analytical approach, performed in 2015 at a school hospital. The sample was not probabilistic, involving 116 newborns who met the eligibility criteria. Data collection was performed by retrospective review of medical records, using a specific kind of "trigger" instrument, composed of sentinel events in neonatology, adapted from the American model used by the Vermont-Oxford Network. Data were analyzed using descriptive and inferential statistics. The chi-square test for linear trend was used to assess the associations between the variables of interest. The research received a favorable agreement from Ethics Committee of the Federal University of Rio Grande do Norte, under number 1055533, and Presentation Certificate for Ethics Assessment 43894515.6.0000.5537. The results show among investigated newborns, 110 experienced at least one adverse event during their stay, with a total of 391 medical records analyzed and rate of 3.37 events per patient. Prevailed the preterm newborns with low birth weight, from mother who had hypertensive diseases during pregnancy and urinary tract infection. The average hospitalization time was 25 days, associated with hospital-acquired infections events (p = 0.01). Among the identified adverse events stood out the events related to thermoregulation disorders (39.0%), with prevalence of hypothermia (26.0%), followed by health care-related infections (16.4%) and blood glucose disorders, hypoglycemia (9.00%) and hyperglycemia (6.64%). Most of these incidents were classified in categories E and F, which represents that there was damage small proportion. Due to these damages come from the care practice with newborn, 78% were classified as avoidable. There was statistically significant association between the variable birth weight with infections (p = 0.006) as well as peri/intraventricular bleeding (p = 0.02), hypoglycemia (p = 0.021), hyperglycemia (p = 0.001), hyperthermia (p = 0.39) and death (p=0,02). Gestational age was associated with seizures (p = 0.002), hyperglycemia (p=0.017) e hyperthermia (p=0.027). The security institution culture was reported by the health workers as intermediate, even though the number of adverse events found in only one unit of service indicates that there is much to be done. Thus the high rate of adverse events identified in the neonatal intensive care unit reinforces the necessity to elaborate specific preventive strategies for this risk environment.
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El impacto que tienen los defectos congénitos sobre la salud de las personas afectadas, sus familias y sobre la sociedad en su conjunto es muy considerable. En España se estima que existe una prevalencia de anomalías cromosómicas hasta 2010 de 1,49% de los recién nacidos vivos. El Síndrome de Down (SD) es la tercera causa de defecto congénito y la primera de cromosomopatía, con una prevalencia de 23 por cada 10000 nacidos vivos. La importante morbilidad asociada en los individuos con síndrome de Down se acompaña de un alto coste económico, estimándose en 329750,63 euros por cada nuevo caso, constituyendo un cargo a lo largo de la vida de 1316 millones de euros. Por todo ello, la detección de esta alteración es la indicación más frecuente de diagnóstico prenatal invasivo. Las pruebas invasivas, como amniocentesis, biopsia de vellosidades coriales y cordocentesis, se asocian con un aumento del 1% del riesgo de aborto y, por tanto, sólo se realizan cuando se considera que hay una probabilidad elevada de que el feto tenga un defecto cromosómico, siendo por tanto fundamental una buena selección del grupo de gestantes de alto riesgo...
Resumo:
Os ecossistemas marinhos estão continuamente a ser sobrecarregados com contaminantes derivados de atividades humanas resultando numa dimunuição dos recursos marinhos. A exposição crónica a contaminantes, como metais pesados e poluentes orgânicos persistentes (POPs), pode afetar negativamente o ambiente marinho e, eventualmente, também os seres humanos. Grandes predadores pelágicos, como tubarões, são particularmente afetados pela poluição, principalmente através de processos de bioacumulação e biomagnificação. A fim de resolver o problema acima mencionado, são necessários estudos de avaliação de risco ambiental para prever os padrões de contaminação e evitar efeitos adversos que muitas vezes só são visíveis quando é tarde demais para tomar ações preventivas. Análises de concentração de químicos fornecem-nos informações sobre o nível de contaminação no ambiente; no entanto, podem não ser suficientes para entender como os organismos estão a ser afetados e há uma necessidade de relacionar essas quantificações com parâmetros biológicos. A avaliação de parâmetros bioquímicos, como a atividade enzimática, pode fornecer uma visão mais sensível e precisa sobre os níveis de contaminação. Tubarões como Prionace glauca são predadores de topo e portanto extremamente importantes nos ecossistemas marinhos. A sua grande distribuição, juntamente com o fácil acesso a amostras, fornecidas por barcos de pesca comercial, tornou-as um alvo favorável para utilização em ensaios toxicológicos. Este estudo teve como objetivo avaliar o potencial de P. glauca como uma espécie sentinela para pesquisas de monitorização de poluição, através do desenvolvimento e da aplicação de biomarcadores apropriados. As amostras de tecidos foram recolhidas de vinte tintureiras na costa de Portugal, a bordo de um barco comercial de pesca de espadarte. Níveis de POPs, assim como parâmetros bioquímicos relacionados com destoxificação, stress oxidativo e funções neuronais, foram medidos. A caracterização prévia da atividade das colinesterases no músculo e cérebro de P. glauca foi feita, já que não havia dados disponíveis sobre esta matéria. Esta caracterização foi essencial devido à existência de três classes de ChE conhecidas em peixes, acetilcolinesterase (AChE), butirilcolinesterase (BChE) e propionilcolinesterase (PChE), todas bastante suscetíveis a agentes anticolinérgicos, e outros contaminantes, tornando-as biomarcadores relevantes em estudos de monitorização de poluição. Os resultados obtidos indicaram que o cérebro de P. glauca aparenta possuir ChEs atípicas, revelando propriedades mistas de AChE e BChE e, que o músculo aparentemente possui maioritariamente AChE. A exposição in vitro a chloropyrifos-oxon provocou inibição de ChE das tintureiras em ambos os tecidos, com o cérebro sendo o tecido mais sensível e, por isso, o mais adequado para a detecção de compostos anticolinérgicos no ambiente. Este estudo indica que a actividade de ChE em tintureiras tem potencial para ser usada como um biomarcador sensível e fiável em programas de biomonitorização marinha. O fígado apresentou níveis mais elevados de POP, quando comparado com músculo. Foram encontradas correlações positivas e negativas entre os parâmetros de contaminação e de stresse oxidativo. Este estudo destaca a importância da caracterização de Che antes de a usar como um biomarcador em estudos ecotoxicológicos, e demonstra o grande potencial de P. glauca como espécie modelo e como sentinela de poluição marinha, através do uso de biomarcadores adequados.