439 resultados para Squacquerone funzionale, batteri lattici, microincapsulazione (HPH)


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CysK, uno degli isoenzimi di O-acetilserina sulfidrilasi (OASS) presenti in piante e batteri, è un enzima studiato da molto tempo ed il suo ruolo fisiologico nella sintesi della cisteina è stato ben definito. Recentemente sono state scoperte altre funzioni apparentemente non collegate alla sua funzione enzimatica (moonlighting). Una di queste è l’attivazione di una tossina ad attività tRNAsica, CdiA-CT, coinvolta nel sistema di inibizione della crescita da contatto (CDI) di ceppi patogeni di E. coli. In questo progetto abbiamo studiato il ruolo di CysK nel sistema CDI e la formazione di complessi con due differenti partner proteici: CdiA-CT e CysE (serina acetiltransferasi, l’enzima che catalizza la reazione precedente nella biosintesi della cisteina). I due complessi hanno le stesse caratteristiche spettrofluorimetriche e affinità molto simili, ma la cinetica di raggiungimento dell’equilibrio per il complesso tossina:CysK è più lenta che per il complesso CysE:CysK (cisteina sintasi). In entrambi i casi la formazione veloce di un complesso d’incontro è seguita da un riarrangiamento conformazionale che porta alla formazione di un complesso ad alta affinità. L’efficienza di formazione del complesso cisteina sintasi è circa 200 volte maggiore rispetto al complesso CysK:tossina. Una differenza importante, oltre alla cinetica di formazione dei complessi, è la stechiometria di legame. Infatti mentre CysE riesce a legare solo uno dei due siti attivi del dimero di CysK, nel complesso con CdiA-CT entrambi i siti attivi dell’enzima risultano essere occupati. Le cellule isogeniche esprimono un peptide inibitore della tossina (CdiI), e sono quindi resistenti all’azione tRNAsica. Tuttavia, siccome CdiI non altera la formazione del complesso CdiA-CT:CysK, CdiA-CT può esercitare comunque un ruolo nel metabolismo della cisteina e quindi nella fitness dei batteri isogenici, attraverso il legame e l'inibizione di CysK e la competizione con CysE. La via biosintetica della cisteina, un precursore di molecole riducenti, risulta essere molto importante per i batteri soprattutto in condizioni avverse come all’interno dei macrofagi nelle infezioni persistenti. Perciò questa via metabolica è di interesse per lo sviluppo di nuovi antibiotici, e in particolare le due isoforme dell’OASS negli enterobatteri, CysK e CysM, sono potenziali target per lo sviluppo di nuove molecole ad azione antibatterica. Partendo dall’analisi delle modalità di interazione con CysK del suo partner ed inibitore fisiologico, CysE, si è studiato dapprima l’interazione di pentapeptidi che mimassero la regione C-terminale di quest'ultimo, e in base ai dati ottenuti sono stati sviluppati piccoli ligandi sintetici. La struttura generale di questi composti è costituita da un gruppo acido ed un gruppo lipofilo, separati da un linker ciclopropanico che mantiene questi due gruppi in conformazione trans, ottimale per l’interazione col sito attivo dell’enzima. Sulla base di queste considerazioni, di docking in silico e di dati sperimentali ottenuti con la tecnica dell’STD-NMR e con saggi di binding spettrofluorimetrici, si è potuta realizzare una analisi di relazione struttura-attività che ha portato via via all’ottimizzazione dei ligandi. Il composto più affine che è stato finora ottenuto ha una costante di dissociazione nel range del nanomolare per entrambe le isoforme, ed è un ottimo punto di partenza per lo sviluppo di nuovi farmaci.

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Helicobacter pylori è un batterio Gram-negativo in grado di colonizzare la mucosa gastrica umana e persistere per l'intero arco della vita dell'ospite. E' associato a patologie gastrointestinali, quali gastrite cronica, ulcere gastriche e duodenali, adenocarcinomi e linfomi gastrici. Si tratta di uno dei patogeni più diffusi, presente in circa metà della popolazione mondiale, e il solo che si è adattato a vivere nell'ambiente ostile dello stomaco umano. Molteplici sono i fattori di virulenza che permettono al batterio la colonizzazione della nicchia gastrica e contribuiscono, anche attraverso l' induzione di una risposta infiammatoria, a profonde modificazioni dell' omeostasi gastrica. Queste ultime si associano, ad esempio, all'iperproduzione di fattori proinfiammatori, ad alterazioni sia della regolazione della secrezione acida gastrica sia del ciclo cellulare e della morte cellulare programmata (apoptosi) delle cellule epiteliali gastriche, a disordini nel metabolismo del ferro e a carenze di elementi essenziali. Studi sulla diversità genetica di H. pylori osservata in ceppi isolati da varie regioni del mondo, dimostrano che tale batterio ha avuto una coevoluzione col genere umano attraverso la storia, ed è verosimile che H. pylori sia stato un costituente del microbiota gastrico per almeno 50.000 anni. Scopo della tesi è stato quello di identificare e caratterizzare proteine importanti per la colonizzazione e l'adattamento di H. pylori alla nicchia gastrica. In particolare gli sforzi si sono concentrati su due proteine periplasmatiche, la prima coinvolta nella difesa antiossidante (l'enzima catalasi-like, HP0485), e la seconda nel trasporto di nutrienti presenti nell'ambiente dello stomaco all'interno della cellula (la componente solubile di un ABC transporter, HP0298). La strategia utilizzata prevede un'analisi bioinformatica preliminare, l'ottenimento del gene per amplificazione, mediante PCR, dal genoma dell'organismo, la costruzione di un vettore per il clonaggio, l'espressione eterologa in E. coli e la successiva purificazione. La proteina così ottenuta viene caratterizzata mediante diverse tecniche, quali spettroscopia UV, dicroismo circolare, gel filtrazione analitica, spettrometria di massa. Il capitolo 1 contiene un'introduzione generale sul batterio, il capitolo 2 e il capitolo 3 descrivono gli studi relativi alle due proteine e sono entrambi suddivisi in un abstract iniziale, un'introduzione, la presentazione dei risultati, la discussione di questi ultimi, i materiali e i metodi utilizzati. La catalasi-like (HP0485) è una proteina periplasmatica con struttura monomerica, appartenente ad una famiglia di enzimi a funzione per la maggior parte sconosciuta, ma evolutivamente correlati alla ben nota catalasi, attore fondamentale nella difesa di H. pylori, grazie alla sua azione specifica di rimozione dell'acqua ossigenata. HP0485, pur conservando il fold catalasico e il legame al cofattore eme, non può compiere la reazione di dismutazione dell'acqua ossigenata; possiede invece un'attività perossidasica ad ampio spettro, essendo in grado di accoppiare la riduzione del perossido di idrogeno all'ossidazione di diversi substrati. Come la catalasi, lavora ad alte concentrazioni di aqua ossigenata e non arriva a saturazione a concentrazioni molto elevate di questo substrato (200 mM); la velocità di reazione catalizzata rimane lineare anche a questi valori, aspetto che la differenzia dalle perossidasi che vengono in genere inattivate da concentrazioni di perossido di idrogeno superiori a 10-50 mM. Queste caratteristiche di versatilità e robustezza suggeriscono che la catalasi-like abbia un ruolo di scavenger dell'acqua ossigenata e probabilmente anche un'altra funzione connessa al suo secondo substrato, ossia l'ossidazione di composti nello spazio periplasmatico cellulare. Oltre alla caratterizzazione dell'attività è descritta anche la presenza di un ponte disolfuro, conservato nelle catalasi-like periplasmatiche, con un ruolo nell'assemblaggio dell'eme per ottenere un enzima attivo e funzionale. La proteina periplasmatica HP0298, componente di un sistema di trasporto ABC, è classificata come trasportatore di dipeptidi e appartiene a una famiglia di proteine in grado di legare diversi substrati, tra cui di- e oligopeptidi, nichel, eme, glutatione. Benchè tutte associate a trasportatori di membrana batterici, queste proteine presentano un dominio di legame al substrato che risulta essere conservato nei domini extracellulari di recettori specifici di mammifero e uomo. Un esempio sono i recettori ionotropici e metabotropici del sistema nervoso. Per caratterizzare questa proteina è stato messo a punto un protocollo di ligand-fishing accoppiato alla spettrometria di massa. La proteina purificata, avente un tag di istidine, è stata incubata con un estratto cellulare di H. pylori per poter interagire con il suo substrato specifico all'interno dell'ambiente naturale in cui avviene il legame. Il complesso proteina-ligando è stato poi purificato per cromatografia di affinità e analizzato mediante HPLC-MS. L'identificazione dei picchi differenziali tra campioni con la proteina e 5 campioni di controllo ha portato alla caratterizzazione di pentapeptidi particolarmente ricchi in aminoacidi idrofobici e con almeno un residuo carico negativamente. Considerando che H. pylori necessita di alcuni aminoacidi essenziali, per la maggior parte idrofobici, e che lo stomaco umano è particolarmente ricco di peptidi prodotti dalla digestione delle proteine introdotte con il cibo, il ruolo fisiologico di HP0298 potrebbe essere l'internalizzazione di peptidi, con caratteristiche specifiche di lunghezza e composizione, che sono naturalmente presenti nella nicchia gastrica.

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O trabalho estuda a reclamação como instrumento de controle de precedentes do Supremo Tribunal Federal e do Superior Tribunal de Justiça. O estudo se inicia com a análise do desenvolvimento do instituto desde sua origem correicional, passando por sua constitucionalização até sua previsão no novo Código de Processo Civil, que generaliza seu cabimento como meio de controle da eficácia vinculante dos precedentes. Em seguida, passamos à análise do sistema brasileiro de respeito aos precedentes, fazendo uma breve comparação com países do common law, e concluímos que, no Brasil, o efeito vinculante, assim entendida a força que torna obrigatória a observância da norma extraível das decisões judiciais, só existe se houver previsão expressa na Constituição ou na lei. Também constatamos que o sistema adotou a reclamação a ser ajuizada diretamente perante o STF e o STJ como instrumento processual de controle da observância dessa força vinculante. Verificamos que, além de valorizar a segurança jurídica, a isonomia e a justiça das decisões, a adoção de um sistema de respeito a precedentes no Brasil tem como confessado objetivo a otimização do serviço judiciário e a redução dos processos pendentes nos tribunais superiores. Todavia, a utilização da reclamação como meio de controle da eficácia vinculante dos precedentes vai de encontro àqueles objetivos, pois reatomiza os litígios sem que isso signifique maior respeito à obrigatoriedade dos precedentes.

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La sostituzione totale di caviglia o artroplastica totale di caviglia (Total Ankle Replacement - TAR) è un'operazione eseguita per sostituire le superfici di contatto delle ossa di tibia e astragalo mediante componenti protesiche e sta diventando una comune procedura chirurgica per il trattamento dell’ultimo stadio di osteoartrite di caviglia. La morfologia articolare della caviglia e la relativa cinematica sono molto complesse. Gli attuali dispositivi per TAR soffrono ancora di alti tassi di insoddisfazione e fallimento, probabilmente a causa dei relativi disegni protesici non pienamente rispettosi della normale morfologia di caviglia e del normale trasferimento dei carichi articolari. Recentemente, è stato proposto un nuovo disegno basato su un originale postulato che approssima la superficie articolare talare in modo maggiormente fisiologico, come un tronco di cono a sella con apice diretto lateralmente. L'obiettivo di questa tesi di laurea è di valutare sperimentalmente, mediante il supporto del navigatore chirurgico, il comportamento cinematico derivante dall’impianto del dispositivo TAR basato sul nuovo postulato e di confrontarlo con la cinematica derivante dalla caviglia intatta e derivante da modelli protesici basati sui disegni più comunemente utilizzati. Dieci arti inferiori da cadavere con caviglie intatte e normali, sono state scansionati via CT. Le immagini di caviglia sono state poi segmentate per la produzione dei modelli virtuali articolari. Questi sono stati prodotti sia basandosi sul nuovo postulato sia su quelli standard, e successivamente stampati in materiale plastico via 3D-printing. I risultati ottenuti a seguito di elaborazioni confermano che il nuovo dispositivo sembra riprodurre meglio rispetto agli altri, il fisiologico comportamento funzionale della caviglia, presentando valori prossimi a quelli della caviglia naturale.

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Among the most extreme habitats on Earth, dark, deep, anoxic brines host unique microbial ecosystems that remain largely unexplored. As the terminal step of anaerobic degradation of organic matter, methanogenesis is a potentially significant but poorly constrained process in deep-sea hypersaline environments. We combined biogeochemical and phylogenetic analyses as well as incubation experiments to unravel the origin of methane in hypersaline sediments of Orca Basin in the northern Gulf of Mexico. Substantial concentrations of methane (up to 3.4 mM) coexisted with high concentrations of sulfate (16-43 mM) in two sediment cores retrieved from the northern and southern parts of Orca Basin. The strong depletion of 13C in methane (-77 to -89 per mill) pointed towards a biological source. While low concentrations of competitive substrates limited the significance of hydrogenotrophic and acetoclastic methanogenesis, the presence of non-competitive methylated substrates (methanol, trimethylamine, dimethyl sulfide, dimethylsulfoniopropionate) supported the potential for methane generation through methylotrophic methanogenesis. Thermodynamic calculations demonstrated that hydrogenotrophic and acetoclastic methanogenesis were unlikely to occur under in situ conditions, while methylotrophic methanogenesis from a variety of substrates was highly favorable. Likewise, carbon isotope relationships between methylated substrates and methane supported methylotrophic methanogenesis as the major source of methane. Stable isotope tracer and radiotracer experiments with 13C bicarbonate, acetate and methanol as well as 14C-labeled methylamine indicated that methylotrophic methanogenesis was the predominant methanogenic pathway. Based on 16S rRNA gene sequences, halophilic methylotrophic methanogens related to the genus Methanohalophilus dominated the benthic archaeal community in the northern basin but also occurred in the southern basin. High abundances of methanogen lipid biomarkers such as intact polar and polyunsaturated hydroxyarchaeols were detected in sediments from the northern basin, with lower abundances in the southern basin. Strong 13C-depletion of saturated and monounsaturated hydroxyarchaeol were consistent with methylotrophic methanogenesis as the major methanogenic pathway. Collectively, the availability of methylated substrates, thermodynamic calculations, experimentally determined methanogenic activity as well as lipid and gene biomarkers strongly suggested methylotrophic methanogenesis as predominant pathway of methane formation in the presence of sulfate in Orca Basin sediments.

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High pressure homogenisation (HPH) is a novel dairy processing tool, which has many effects on enzymes, microbes, fat globules and proteins in milk. The effects of HPH on milk are due to a combination of shear forces and frictional heating of the milk during processing; the relative importance of these different factors is unclear, and was the focus of this study. The effect of milk inlet temperature (in the range 10-50 degrees C) on residual plasmin, alkaline phosphatase, lactoperoxidase and lipase activities in raw whole bovine milk homogenised at 200 MPa was investigated. HPH caused significant heating of the milk; outlet temperature increased in a linear fashion (0(.)5887 degrees C/degrees C, R-2 =0-9994) with increasing inlet temperature. As milk was held for 20 s at the final temperature before cooling, samples of the same milk were heated isothermally in glass capillary tubes for the same time/temperature combinations. Inactivation profiles of alkaline phosphatase in milk were similar for isothermal heating or HPH, indicating that loss of enzyme activity was due to heating alone. Loss of plasmin and lactoperoxidase activity in HPH milk, however, was greater than that in heated milk. Large differences in residual lipase activities in milks subjected to heating or HPH were observed due to the significant increase in lipase activity in homogenised milk. Denaturation of beta-lactoglobulin was more extensive following HPH than the equivalent heat treatment. Inactivation of plasmin was correlated with increasing fat/serum interfacial area but was not correlated with denaturation of beta-lactoglobulin. Thus, while some effects of HPH on milk are due to thermal effects alone, many are induced by the combination of forces and heating to which the milk is exposed during HPH.

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There is a growing interest in “medical gasses” for their antibacterial and anti-inflammatory properties. Hydrogen sulfide (H2S), a member of the family of gasotransmitters, is in fact increasingly being recognized as an important signaling molecule, but its precise role in the regulation of the inflammatory response is still not clear. For this reason, the aim of the first part of this thesis was to investigate the effects of H2S on the expression of pro-inflammatory cytokines, such as MCP-1, by using an in vitro model composed by both primary monocytes-derived macrophages cultures and the human monocytic cell line U937 infected with Mycoplasma fermentans, a well-known pro-inflammatory agent. In our experiments, we observed a marked increase in the production of pro-inflammatory cytokines in infected cells. In particular, MCP-1 was induced both at the RNA and at the protein level. To test the effects of H2S on infected cells, we treated the cells with two different H2S donors (NaHS and GYY4137), showing that both H2S treatments had anti-inflammatory effects in Mycoplasma-infected cells: the levels of MCP-1, both mRNA expression and protein production, were reduced. Our subsequent studies aimed at understanding the molecular mechanisms responsible for these effects, focused on two specific molecular pathways, both involved in inflammation: the NF-κB and the Nrf2 pathway. After treatment with pharmacological inhibitors, we demonstrated that Mycoplasma fermentans induces MCP-1 expression through the TLR-NF-κB pathway with the nuclear translocation of its subunits, while treatment with H2S completely blocked the nuclear translocation of NF-κB heterodimer p65/p50. Then, once infected cells were treated with H2S donors, we observed an increased protective effect of Nrf2 and also a decrease in ROS production. These results highlight the importance of H2S in reducing the inflammatory process caused by Mycoplasma fermentans. To this regard, it should be noted that several projects are currently ongoing to develop H2S-releasing compounds as candidate drugs capable of alleviating cell deterioration and to reduce the rate of decline in organ function. In the second part of this study, we investigated the role of Mycoplasma infection in cellular transformation. Infectious agents are involved in the etiology of many different cancers and a number of studies are still investigating the role of microbiota in tumor development. Mycoplasma has been associated with some human cancers, such as prostate cancer and non-Hodgkin’s lymphoma in HIV-seropositive people, and its potential causative role and molecular mechanisms involved are being actively investigated. To this regard, in vitro studies demonstrated that, upon infection, Mycoplasma suppresses the transcriptional activity of p53, key protein in the cancer suppression. As a consequence, infected cells were less susceptible to apoptosis and proliferated more than the uninfected cells. The mechanism(s) responsible for the Mycoplasma-induced inhibitory effect on p53 were not determined. Aim of the second part of this thesis was to better understand the tumorigenic role of the microorganism, by investigating more in details the effect(s) of Mycoplasma on p53 activity in an adenocarcinoma HCT116 cell line. Treatment of Mycoplasma-infected cells with 5FU or with Nutlin, two molecules that induce p53 activity, resulted in cellular proliferation comparable to untreated controls. These results suggested that Mycoplasma infection inhibited p53 activity. Immunoprecipitation of p53 with specific antibodies, and subsequent Gas Chromatography and Mass Spectroscopy (GC-MS) assays, allowed us to identify several Mycoplasma-specific proteins interacting with p53, such as DnaK, a prokaryotic heat shock protein and stress inducible chaperones. In cells transfected with DnaK we observed i) reduced p53 protein levels; ii) reduced activity and expression of p21, Bax and PUMA, iii) a marked increase in cells leaving G1 phase. Taken together, these data show an interaction between the human p53 and the Mycoplasma protein DnaK, with the consequent decreased p53 activity and decreased capability to respond to DNA damage and prevent cell proliferation. Our data indicate that Mycoplasma could be involved in cancer formation and the mechanism(s) has the potential to be a target for cancer diagnosis and treatment(s).

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Il presente lavoro ha lo scopo di comprendere i processi sottesi ai pattern di coesistenza tra le specie di invertebrati sorgentizi, distinguendo tra dinamiche stocastiche e deterministiche. Le sorgenti sono ecosistemi complessi e alcune loro caratteristiche (ad esempio l’insularità, la stabilità termica, la struttura ecotonale “a mosaico”, la frequente presenza di specie rare ed endemiche, o l’elevata diversità in taxa) le rendono laboratori naturali utili allo studio dei processi ecologici, tra cui i processi di assembly. Al fine di studiare queste dinamiche è necessario un approccio multi-scala, per questo motivi sono state prese in considerazione tre scale spaziali. A scala locale è stato compiuto un campionamento stagionale su sette sorgenti (quattro temporanee e tre permanenti) del Monte Prinzera, un affioramento ofiolitico vicino alla città di Parma. In questa area sono stati valutati l’efficacia e l’impatto ambientale di diversi metodi di campionamento e sono stati analizzati i drivers ecologici che influenzano le comunità. A scala più ampia sono state campionate per due volte 15 sorgenti della regione Emilia Romagna, al fine di identificare il ruolo della dispersione e la possibile presenza di un effetto di niche-filtering. A scala continentale sono state raccolte informazioni di letteratura riguardanti sorgenti dell’area Paleartica occidentale, e sono stati studiati i pattern biogeografici e l’influenza dei fattori climatici sulle comunità. Sono stati presi in considerazione differenti taxa di invertebrati (macroinvertebrati, ostracodi, acari acquatici e copepodi), scegliendo tra quelli che si prestavano meglio allo studio dei diversi processi in base alle loro caratteristiche biologiche e all’approfondimento tassonomico raggiungibile. I campionamenti biologici in sorgente sono caratterizzati da diversi problemi metodologici e possono causare impatti sugli ambienti. In questo lavoro sono stati paragonati due diversi metodi: l’utilizzo del retino con un approccio multi-habitat proporzionale e l’uso combinato di trappole e lavaggio di campioni di vegetazione. Il retino fornisce dati più accurati e completi, ma anche significativi disturbi sulle componenti biotiche e abiotiche delle sorgenti. Questo metodo è quindi raccomandato solo se il campionamento ha come scopo un’approfondita analisi della biodiversità. D’altra parte l’uso delle trappole e il lavaggio della vegetazione sono metodi affidabili che presentano minori impatti sull’ecosistema, quindi sono adatti a studi ecologici finalizzati all’analisi della struttura delle comunità. Questo lavoro ha confermato che i processi niche-based sono determinanti nello strutturare le comunità di ambienti sorgentizi, e che i driver ambientali spiegano una rilevante percentuale della variabilità delle comunità. Infatti le comunità di invertebrati del Monte Prinzera sono influenzate da fattori legati al chimismo delle acque, alla composizione e all’eterogeneità dell’habitat, all’idroperiodo e alle fluttuazioni della portata. Le sorgenti permanenti mostrano variazioni stagionali per quanto riguarda le concentrazioni dei principali ioni, mentre la conduttività, il pH e la temperatura dell’acqua sono più stabili. È probabile che sia la stabilità termica di questi ambienti a spiegare l’assenza di variazioni stagionali nella struttura delle comunità di macroinvertebrati. L’azione di niche-filtering delle sorgenti è stata analizzata tramite lo studio della diversità funzionale delle comunità di ostracodi dell’Emilia-Romagna. Le sorgenti ospitano più del 50% del pool di specie regionale, e numerose specie sono state rinvenute esclusivamente in questi habitat. Questo è il primo studio che analizza la diversità funzionale degli ostracodi, è stato quindi necessario stilare una lista di tratti funzionali. Analizzando il pool di specie regionale, la diversità funzionale nelle sorgenti non è significativamente diversa da quella misurata in comunità assemblate in maniera casuale. Le sorgenti non limitano quindi la diversità funzionale tra specie coesistenti, ma si può concludere che, data la soddisfazione delle esigenze ecologiche delle diverse specie, i processi di assembly in sorgente potrebbero essere influenzati da fattori stocastici come la dispersione, la speciazione e le estinzioni locali. In aggiunta, tutte le comunità studiate presentano pattern spaziali riconoscibili, rivelando una limitazione della dispersione tra le sorgenti, almeno per alcuni taxa. Il caratteristico isolamento delle sorgenti potrebbe essere la causa di questa limitazione, influenzando maggiormente i taxa a dispersione passiva rispetto a quelli a dispersione attiva. In ogni caso nelle comunità emiliano-romagnole i fattori spaziali spiegano solo una ridotta percentuale della variabilità biologica totale, mentre tutte le comunità risultano influenzate maggiormente dalle variabili ambientali. Il controllo ambientale è quindi prevalente rispetto a quello attuato dai fattori spaziali. Questo risultato dimostra che, nonostante le dinamiche stocastiche siano importanti in tutte le comunità studiate, a questa scala spaziale i fattori deterministici ricoprono un ruolo prevalente. I processi stocastici diventano più influenti invece nei climi aridi, dove il disturbo collegato ai frequenti eventi di disseccamento delle sorgenti provoca una dinamica source-sink tra le diverse comunità. Si è infatti notato che la variabilità spiegata dai fattori ambientali diminuisce all’aumentare dell’aridità del clima. Disturbi frequenti potrebbero provocare estinzioni locali seguite da ricolonizzazioni di specie provenienti dai siti vicini, riducendo la corrispondenza tra gli organismi e le loro richieste ambientali e quindi diminuendo la quantità di variabilità spiegata dai fattori ambientali. Si può quindi concludere che processi deterministici e stocastici non si escludono mutualmente, ma contribuiscono contemporaneamente a strutturare le comunità di invertebrati sorgentizi. Infine, a scala continentale, le comunità di ostracodi sorgentizi mostrano chiari pattern biogeografici e sono organizzate lungo gradienti ambientali principalmente collegati altitudine, latitudine, temperatura dell’acqua e conducibilità. Anche la tipologia di sorgente (elocrena, reocrena o limnocrena) è influente sulla composizione delle comunità. La presenza di specie rare ed endemiche inoltre caratterizza specifiche regioni geografiche.

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L’atrofia ottica dominante (ADOA) è una malattia mitocondriale caratterizzata da difetti visivi, che si manifestano durante l’infanzia, causati da progressiva degenerazione delle cellule gangliari della retina (RGC). ADOA è una malattia genetica associata, nella maggior parte dei casi, a mutazioni nel gene OPA1 che codifica per la GTPasi mitocondriale OPA1, appartenente alla famiglia delle dinamine, principalmente coinvolta nel processo di fusione mitocondriale e nel mantenimento del mtDNA. Finora sono state identificate più di 300 mutazioni patologiche nel gene OPA1. Circa il 50% di queste sono mutazioni missenso, localizzate nel dominio GTPasico, che si pensa agiscano come dominanti negative. Questa classe di mutazioni è associata ad una sindrome più grave nota come “ADOA-plus”. Nel lievito Saccharomyces cerevisiae MGM1 è l’ortologo del gene OPA1: nonostante i due geni abbiano domini funzionali identici le sequenze amminoacidiche sono scarsamente conservate. Questo costituisce una limitazione all’uso del lievito per lo studio e la validazione di mutazioni patologiche nel gene OPA1, infatti solo poche sostituzioni possono essere introdotte e studiate nelle corrispettive posizioni del gene di lievito. Per superare questo ostacolo è stato pertanto costruito un nuovo modello di S. cerevisiae, contenente il gene chimerico MGM1/OPA1, in grado di complementare i difetti OXPHOS del mutante mgm1Δ. Questo gene di fusione contiene una larga parte di sequenza corrispondente al gene OPA1, nella quale è stato inserito un set di nuove mutazioni trovate in pazienti affetti da ADOA e ADOA-plus. La patogenicità di queste mutazioni è stata validata sia caratterizzando i difetti fenotipici associati agli alleli mutati, sia la loro dominanza/recessività nel modello di lievito. A tutt’oggi non è stato identificato alcun trattamento farmacologico per la cura di ADOA e ADOA-plus. Per questa ragione abbiamo utilizzato il nostro modello di lievito per la ricerca di molecole che agiscono come soppressori chimici, ossia composti in grado di ripristinare i difetti fenotipici indotti da mutazioni nel gene OPA1. Attraverso uno screening fenotipico high throughput sono state testate due differenti librerie di composti chimici. Questo approccio, noto con il nome di drug discovery, ha permesso l’identificazione di 23 potenziali molecole attive.

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Aims: We evaluated the relationship of renal function and ischaemic and bleeding risk as well as the efficacy and safety of the P2Y12 platelet receptor inhibitor ticagrelor in stable patients with prior myocardial infarction (MI). Methods & Results: Patients with a history of MI 1-3 years prior from the Prevention of Cardiovascular Events in Patients with Prior Heart Attack Using Ticagrelor Compared to Placebo on a Background of Aspirin (PEGASUS)-TIMI 54 were stratified based on estimated glomerular filtration rate (eGFR), with<60 ml/min/1.73m2 prespecified for analysis of the effect of ticagrelor on the primary efficacy composite of cardiovascular death, MI, or stroke (MACE) and the primary safety endpoint of TIMI major bleeding. Of 20,898 patients, those with eGFR<60 (N=4,849, 23.2%) had a greater risk of MACE at 3 years relative to those without, which remained significant after multivariable adjustment (HRadj 1.54, 95% CI 1.27–1.85, p<0.001). The relative risk reduction in MACE with ticagrelor was similar in those with eGFR<60 (ticagrelor pooled vs. placebo: HR 0.81; 95% CI 0.68–0.96) vs. ≥60 (HR 0.88; 95% CI 0.77–1.00, pinteraction=0.44). However, due to the greater absolute risk in the former group, the absolute risk reduction with ticagrelor was higher: 2.7% vs. 0.63%. Bleeding tended to occur more frequently in patients with renal dysfunction. The absolute increase in TIMI major bleeding with ticagrelor was similar in those with and without eGFR<60 (1.19% vs. 1.43%), whereas the excess of minor bleeding tended to be more pronounced (1.93% vs. 0.69%). Conclusion: In patients with a history of MI, patients with renal dysfunction are at increased risk of MACE and consequently experience a particularly robust absolute risk reduction with long-term treatment with ticagrelor.

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Gli organismi vegetali mostrano una notevole capacità di adattamento alle condizioni di stress e lo studio delle componenti molecolari alla base dell'adattamento in colture cerealicole di interesse alimentare, come il frumento, è di particolare interesse per lo studio di varietà che consentano una buona produzione con basso input anche in condizioni ambientali non ottimali. L'esposizione delle colture cerealicole a stress termico durante determinate fasi del ciclo vitale influisce negativamente sulla resa e sulla qualità, a questo fine è necessario chiarire le basi genetiche e molecolari della termotolleranza per identificare geni e alleli vantaggiosi da impiegare in programmi di incrocio volti al miglioramento genetico. Numerosi studi dimostrano il coinvolgimento delle sHSP a localizzazione cloroplastica (in frumento sHSP26) nel meccanismo di acquisizione della termotolleranza e la loro interazione con diverse componenti del fotosistema II (PSII) che determinerebbe un’azione protettiva in condizioni di stress termico e altri tipi di stress. Lo scopo del progetto è quello di caratterizzare in frumento duro nuove varianti alleliche correlate alla tolleranza a stress termico mediate l'utilizzo del TILLING (Target Induced Local Lesion In Genome), un approccio di genetica inversa che prevede la mutagenesi e l'identificazione delle mutazioni indotte in siti di interesse. Durante la tesi sono state isolate e caratterizzate 3 sequenze geniche complete per smallHsp26 denominate TdHsp26-A1; TdHsp26-A2; TdHsp26-B1 e un putativo pseudogene denominato TdHsp26-A3. I geni isolati sono stati usati come target in analisi di TILLING in due popolazioni di frumento duro mutagenizzate con EMS (EtilMetanoSulfonato). Nel nostro studio sono stati impiegati due differenti approcci di TILLING: un approccio di TILLING classico mediante screening con High Resolution Melting (HRM) e un approccio innovativo che sfrutta un database di TILLING recentemente sviluppato. La popolazione di mutanti cv. Kronos è stata analizzata per la presenza di mutazioni in tutti e tre i geni individuati mediante ricerca online nel database di TILLING, il quale sfrutta la tecnica dell’exome capture sulla popolazione di TILLING seguito da sequenziamento ad alta processività. Attraverso questa tecnica sono state individuate, nella popolazione mutagenizzata di frumento duro cv. Kronos, 36 linee recanti mutazioni missenso. Contemporaneamente lo screening con HRM, effettuato su 960 genotipi della libreria di TILLING di frumento duro cv. Cham1 ha consentito di individuare mutazioni in una regione di 211bp di interesse funzionale del gene TdHsp26-B1, tra le quali 3 linee mutanti recanti mutazioni missenso in omozigosi. Alcune mutazioni missenso individuate sui due geni TdHsp26-A1 e TdHsp26-B1 sono state confermate in vivo nelle piante delle rispettive linee mutanti generando marcatori codominanti KASP (Kompetitive Allele Specific PCR) con cui è stato possibile verificare anche il grado di zigosità di tali mutazioni. Al fine di ridurre il numero di mutazioni non desiderate nelle linee risultate più interessanti, è stato eseguito il re-incrocio dei mutanti con i relativi parentali wild type ed inoltre sono stati generati alcuni doppi mutanti che consentiranno di comprendere meglio i meccanismi molecolari presieduti da questa classe genica. Gli individui F1 degli incroci sono stati poi genotipizzati con i medesimi marcatori KASP specifici per la mutazione di interesse per verificare la buona riuscita dell’incrocio. Questo approccio ha permesso di individuare ed implementare risorse genetiche utili ad intraprendere studi funzionali relativi al ruolo di smallHSP plastidiche implicate nella acquisizione di termotolleranza in frumento duro e di generare marcatori potenzialmente utili in futuri programmi di breeding.

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La presente tesi di dottorato ha riguardato l'indagine fitochimica della biodiversità spontanea di Humulus lupulus L. in Emilia Romagna e la valutazione degli effetti del clima dell'Italia settentrionale sul metabolismo secondario di cultivar di luppolo. In particolare, lo studio ha previsto l'individuazione di ecotipi di luppolo provenienti da zone planiziali e collinari di'Emilia Romagna e Lombardia, la loro messa a dimora in un campo collezione appositamente allestito, e il monitoraggio della resa di campo e della produzione di metaboliti secondari di natura polare (acilfluoroglucinoli, flavonidi isoprenilati) e apolare (terpeni e sequiterpeni). Gli obiettivi primari sono stati la valutazione di entità da portare direttamente in coltivazione o da introdurre in percorsi di breeding del luppolo in Italia, oltre all'ottimizzazione di metodi innovativi per lo screening dell'intero germoplasma italiano. Per definire le caratteristiche fitochimiche dei coni di luppolo sono stati messi a punto metodi cromatografici HPLC-UV, HPLC-MS/MS e GC-MS e metodi spettroscopici 1H-NMR. Nel corso del triennio i metodi sono stati applicati a 10 cultivar e oltre 30 ecotipi , alcuni dei quali hanno fornito dati anche a conclusione dell'intero periodo di acclimatazione. Per tutti si è anche verificata la resilienza alle diverse condizioni climatiche incontrate Le analisi chimiche hanno permesso di individuare una sostanziale differenza tra gli ecotipi e le cultivar, con i primi che si caratterizzano per una produzione modesta di α-acidi e β-acidi e un profilo aromatico ricco di isomeri del selinene. Questo risultato può essere interessante per l’industria della birra nazionale e in particolare per il settore dei microbirrifici artigianali, in quanto i luppoli più pregiati sono proprio quelli con un basso contenuto di acidi amari e ricchi di oli essenziali che possano impartire alle birre prodotte note aromatiche particolari e legate al territorio. L’indagine agronomica monitorata su tre anni di produzione ha anche fatto emergere la resistenza degli ecotipi italiani al clima caldo e siccitoso e ha evidenziato invece come le cultivar estere abbiano limiti fisiologici a queste condizioni. Confrontando il profilo fitochimico delle cultivar coltivate in Italia con i prodotti acquistati nei paesi d’origine è emerso che il metabolismo secondario per alcune cultivar è particolarmente differente, come nel caso della cultivar Marynka, che rispetto agli standard commerciali ha prodotto in Italia coni ricchi di oli essenziali con alte quantità di trans-β-farnesene, cambiandone le caratteristiche da varietà amaricante ad aromatica. I risultati ottenuti dimostrano la fattibilità della coltivazione di Humulus lupulus L. sul territorio nazionale con ottime prospettive di produttività per gli ecotipi italiani. Inoltre da questi primi risultati è ora possibile intraprendere un programma di breeding per la creazione di nuove varietà, più resistenti al caldo e con le caratteristiche desiderate in base all’utilizzo del prodotto, sia per quanto riguarda l’industria della birra, sia la cosmetico-farmaceutica per la produzione di estratti.

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Asthma is a multifactorial disease for which a variety of mouse models have been developed. A major drawback of these models is represented by the transient nature of the airway pathology peaking 24 to 72 hours after challenge and resolving in 1 to 2 weeks. The objective of this study is to characterize the temporal evolution of pulmonary inflammation and remodeling in a recently described mouse model of chronic asthma (8 week treatment with 3 allergens relevant for the human pathology: Dust mite, Ragweed, and Aspergillus; DRA). We studied the DRA model taking advantage of fluorescence molecular tomography (FMT) imaging using near-infrared probes to non-invasively evaluate lung inflammation and airway remodeling. At 4, 6, 8 or 11 weeks, cathepsin- and metalloproteinase-dependent fluorescence was evaluated in vivo. A subgroup of animals, after 4 weeks of DRA, was treated with Budesonide (100 µg/kg intranasally) daily for 4 weeks. Cathepsin-dependent fluorescence in DRA-sensitized mice resulted significantly increased at 6 and 8 weeks, and was markedly inhibited by budesonide. This fluorescent signal well correlated with ex vivo analysis such as bronchoalveolar lavage eosinophils and alveolar cell infiltration. Metalloproteinase-dependent fluorescence was significantly increased at 8 and 11 weeks, nicely correlated with collagen deposition, as evaluated histologically by Masson’s Trichrome staining, and airway epithelium hypertrophy, and was also partly inhibited by budesonide. In conclusion, FMT proved suitable for longitudinal study to evaluate asthma progression, both in terms of inflammatory cell infiltration and airway remodeling, allowing the determination of treatment efficacy in a chronic asthma model in mice.

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Understanding how climate change will affect the distribution and the phenology of plants is becoming an increasingly important topic in ecological studies. In response to climate warming, there are documented upward shift and alterations of phenology and physiology of several plant species. Despite this, the effects of climate change on plant regeneration from seeds have largely been neglected. However, regeneration from seeds, a key event in the plant life cycle, could be significantly affected by climate warming. In this regard, we investigated how climatic changes will affect the seasonal dynamics of seed germination and seedling survival in two different alpine context. The first part refers to five species inhabiting a snowbed located at the Gavia pass (Parco Naturale dello Stelvio). Here, plants were exposed, in the field, to natural conditions and to artificial warming using Open Top Chambers proposed by the ITEX (International Tundra Experiment). The germination curves of seeds produced were compared in order to highlight differences in seed germination ecology and in seed physiology induced by the climate warming. In the second part, we considered two tree species that form the treeline in Davos (Switzerland). As a surrogate of climate warming we used the natural thermal gradient driven by the altitude and we compared the germination behavior of the species studied in three sites at three different elevations in order to evaluate the likelihood of treeline shift under the predicted climate warming.