276 resultados para Klassifikator, Pragmatik, Informationstransport, formale Logik


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Urbino si trova nella circostanza di contenere in se stessa innumerevoli connotazioni della condizione urbana. Allo stesso tempo racchiude una storia antica immutata, caratterizzata dalle tracce immediatamente riconducibili ad ogni epoca, e partecipa alla storia contemporanea riportando segni chiari come quelli del passato. Altra peculiarità determinante è la completa immersione nella natura, un paesaggio che comprende il costruito e il naturale considerandoli come un tutt’uno. Se questo avviene nel centro storico non possiamo dire lo stesso delle espansioni che si sono succedute negli ultimi anni, esse hanno mostrato incrinature alle precedenti progettazioni, evidenziando una distinzione tra sviluppo naturale del costruito e artificiale. In ultimo si tratta di una vera e propria città universitaria che negli anni ha accolto un sempre più ampio bacino culturale, il che esercita sui giovani una forte attrattiva, non solo da lontane regioni italiane ma anche a livello internazionale. L’accento del nostro studio si concentra sul dare valore alla strada come un fatto urbano. La strada che è una presenza storica definita in maniera molto precisa dagli allineamenti degli assi principali di arrivo ad Urbino. Nel corso del secondo dopo guerra era diventata soltanto una via di carrabilità che andava a perdere il valore scenografico che aveva sempre avuto all’interno della città storica. Una strada distratta rispetto agli accadimenti importanti che si svolgevano lungo il suo asse. Abbiamo lavorato sul manufatto, rettificandolo, dandogli delle sponde, delle verticalità, degli affacci e delle diramazioni in modo da farlo diventare un vero e proprio fatto urbano. Un nastro imperante che attualmente è gestito adeguatamente però soltanto dal punto di vista funzionale e quindi dargli un valore formale, mettendo assieme gli elementi come una costellazione di un fatto principale che è il segno della strada stessa.

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Le conseguenze del management algoritmico sui lavoratori sono note tra gli studiosi, ma poche ricerche indagano le possibilità di agency, soprattutto a livello individuale, nella gig-economy. A partire dalla quotidianità del lavoro, l’obiettivo è analizzare le forme di agency esercitate dai platform workers nel settore della logistica dell'ultimo miglio. La ricerca si basa su un'etnografia multi-situata condotta in due paesi molto distanti e riguardante due diversi servizi urbani di piattaforma: il food-delivery in Italia (Bologna, Torino) e il ride-hailing in Argentina (Buenos Aires). Nonostante le differenze, il lavoro di campo ha mostrato diverse continuità tra i contesti geografici. Innanzitutto, le tecnologie digitali giocano un ruolo ambivalente nell'ambiente di lavoro: se la tecnologia è usata dalle aziende per disciplinare il lavoro, costituisce però anche uno strumento che può essere impiegato a vantaggio dei lavoratori. Sia nel ride-hailing che nelle piattaforme di food-delivery, infatti, i lavoratori esprimono la loro agency condividendo pratiche di rimaneggiamento e tattiche per aggirare il despotismo algoritmico. In secondo luogo, la ricerca ha portato alla luce una gran varietà di attività economiche sviluppate ai margini dell'economia di piattaforma. In entrambi i casi le piattaforme intersecano vivacemente le economie informali urbane e alimentano circuiti informali di lavoro, come evidenziato dall'elevata presenza di scambi illeciti: ad esempio, vendita di account, hacking-bots, caporalato digitale. Tutt'altro che avviare un processo di formalizzazione, quindi, la piattaforma sussume e riproduce l’insieme di condizioni produttive e riproduttive dell'informalità (viração), offrendo impieghi intermittenti e insicuri a una massa di lavoratori-usa-e-getta disponibile al sottoimpiego. In conclusione, le piattaforme vengono definite come infrastrutture barocche, intendendo con il barocco tanto la natura ibrida dell'azione che mescola forme di neoliberismo-dal-basso con pratiche di solidarietà tra pari, quanto la progressiva ristrutturazione dei processi di accumulazione all’insegna di una rinnovata interdipendenza tra formale e informale nelle infrastrutture del «mondo a domicilio».

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Per comprende più a fondo il problema che le aziende affrontare per formare le persone in grado di gestire processi di innovazione, in particolare di Open Innovation (OI), è stato realizzato nel 2021 uno studio di caso multiplo di un percorso di educazione non formale all’OI realizzato dalla società consortile ART-ER e rivolto ai dottorandi degli atenei emiliano-romagnoli. Nella seconda fase di tale percorso formativo, per rispondere alle sfide di OI lanciate dalle aziende, sono stati costituiti 4 tavoli di lavoro. A ciascun tavolo di lavoro hanno preso parte 3/4 dottorandi, due referenti aziendali, un consulente e un operatore di ART-ER. Il campione complessivo era costituito da 14 dottorandi; 8 referenti aziendali di quattro aziende; 4 membri di una società di consulenza e 4 operatori della società consortile ART-ER. Il seguente interrogativo di ricerca ha guidato l’indagine: l’interazione tra i soggetti coinvolti in ciascun tavolo di lavoro – considerato un singolo caso - si configura come una Comunità di Pratica in grado di favorire lo sviluppo di apprendimenti individuali funzionali a gestire i processi di OI attivati nelle imprese? I dati sono stati raccolti attraverso una ricerca documentale a tavolino, focus group, interviste semistrutturate e un questionario semistrutturato online. L’analisi dei dati è stata effettuata mediante un’analisi qualitativa del contenuto in più fasi con l’ausilio del software MAXQDA. I risultati dimostrano che in tre casi su quattro, i tavoli di lavoro si sono configurati come una Comunità di Pratica. In questi tre tavoli inoltre è emerso lo sviluppo di alcune aree di competenza funzionali alla gestione dei processi di OI. Nella conclusione sono state presentate alcune proposte per la riprogettazione delle future edizioni del percorso formativo.

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La semantica di RDF non permette di esprimere punti di vista contraddittori sullo stesso set di dati. Il problema consiste sostanzialmente nell’impossibilità di esprimere, in RDF, affermazioni il cui valore di verità sia sconosciuto, oppure in contrasto con quello di altre affermazioni, senza però asserirle, poichè questo le renderebbe indubbiamente vere. Nel corso del tempo, partendo dalla necessità di esprimere statement su altri statement, sono stati prodotti diversi approcci, nessuno dei quali sembra dare una risposta convincente all’esigenza che potremmo riassumere nel poter esprimere senza asserire. Nel presente lavoro, dopo un'analisi dei differenti approcci al problema, e dei relativi risultati, verranno presentate le "Congetture": una nuova proposta di estensione di RDF 1.1 che permette l’espressione di grafi il cui valore di verità è sconosciuto. Le Congetture sono una notazione per esprimere, senza asserire, named graphs in RDF, unitamente ad un meccanismo per affermarne la verità chiamato "collasso alla realtà". Una Congettura collassata è allo stesso tempo un grafo congetturale e un grafo asserito, ed è un modo semplice per gestire situazioni che, espresse inizialmente sotto forma di congetture, devono successivamente essere considerare vere. La proposta è costruita attorno a due concetti principali: 1) la Congettura: un concetto il cui valore di verità non è disponibile; 2) il collasso alla realtà: un meccanismo per asserire pienamente, in RDF, quando necessario, il valore di verità della Congettura. Verranno analizzati scenari avanzati quali Congetture di Congetture, Congetture di collassi e collassi a cascata. Verrà delineata la semantica formale completa della proposta, estendendo la simple interpretation di RDF 1.1, dimostrando che le Congetture sono pienamente compatibili con RDF. Le Congetture, con un'estensione minima del modello, aggiungono ad RDF la possibilità di esprimere, senza asserire, incertezze, ipotesi e dubbi.

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La tesi ha come oggetto di studio l’ex idroscalo di Pavia, realizzato nel 1926 parallelamente alla prima linea aerea commerciale italiana: la Torino-Trieste operata dalla S.I.S.A. L’edificio venne concepito come un’opera infrastrutturale, lontana da pretese di bellezza formale. Se da un lato, la sua monumentalità è esaltata dalla struttura intelaiata in calcestruzzo armato, dall’altro, la mano artistica di Giuseppe Pagano si palesa nell’armonia estetica che tenta di aggiungere valori ulteriori rispetto a quelli dell’edilizia industriale. Il lavoro di ricerca tratta: il riconoscimento dell’architetto in relazione al periodo storico, evidenziando le influenze artistiche che hanno caratterizzato l’idroscalo; lo studio dedicato alla famiglia Cosulich che commissionò i lavori e di come questa abbia condizionato le scelte progettuali; l’analisi del cantiere, degli elementi tecnico-costruttivi e dei caratteri ornamentali; la descrizione della storia recente dell’edificio. L’ex idroscalo oggi permane in uno stato di totale abbandono. L’esigenza del suo recupero nasce dalla volontà di ridare luce ad un’opera che per troppi anni è rimasta nascosta ed isolata, incapace di manifestare il suo stile e la sua storia. La proposta progettuale verte al recupero dell’edificio attraverso delle scelte conservative con l’obiettivo di non snaturare l’immagine storica. L’idea è quella di ridare all’idroscalo la sua forma originale mettendo in risalto, in chiave moderna, alcuni elementi caratteristici eliminati dal degrado. All’interno si propone una riconversione degli spazi tramite l’inserimento di volumi disposti in direzione degli assi principali. All’esterno l’edificio dialoga in maniera diretta con il contesto naturalistico del Ticino attraverso scelte progettuali finalizzate alla valorizzazione del paesaggio. La nuova destinazione funzionale sarà rivolta all’intera comunità pavese, con l’ottica di un utilizzo quotidiano volto ad attività sociali, culturali e commerciali.

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Il presente lavoro si concentra sugli scostamenti di tipo morfosintattico tra un discorso orale e formale-istituzionale tenuto in italiano e le rispettive rese, in interpretazione simultanea, verso il francese e il tedesco. Alla base dell’osservazione condotta vi è la volontà di comprendere fino a che punto un interprete professionista si discosti dalla struttura morfosintattica del testo originale e quali strategie attui, partendo dall'ipotesi che nei punti di maggiore marcatezza morfosintattica l'interprete si allontani maggiormente dalla struttura dell'originale. Dapprima si discutono alcune delle caratteristiche dell’italiano contemporaneo. In seguito, viene proposta un’osservazione teorica dei punti di maggiore vicinanza o lontananza tra la morfosintassi dell’italiano e delle due lingue straniere considerate. Vengono poi affrontate le principali difficoltà in interpretazione simultanea (IS), passando in rassegna le più frequenti strategie di risposta a tali difficoltà. Segue un’illustrazione della metodologia seguita al fine di reperire e raccogliere i discorsi pronunciati nelle Commissioni del Parlamento europeo per la costituzione di un corpus parallelo trilingue su SketchEngine. Infine, vengono presentati i risultati emersi dall'osservazione parallela basata sul corpus, in un confronto in cui vengono individuati i punti di comunanza e di divergenza tra l’originale nella lingua di partenza e le rese nelle lingue di arrivo in corrispondenza di alcuni fenomeni morfosintattici scelti.