476 resultados para H3 Relaxin
Resumo:
Chk1 both arrests replication forks and enhances repair of DNA damage by phosphorylating downstream effectors. Although there has been a concerted effort to identify effectors of Chk1 activity, underlying mechanisms of effector action are still being identified. Metnase (also called SETMAR) is a SET and transposase domain protein that promotes both DNA double-strand break (DSB) repair and restart of stalled replication forks. In this study, we show that Metnase is phosphorylated only on Ser495 (S495) in vivo in response to DNA damage by ionizing radiation. Chk1 is the major mediator of this phosphorylation event. We had previously shown that wild-type (wt) Metnase associates with chromatin near DSBs and methylates histone H3 Lys36. Here we show that a Ser495Ala (S495A) Metnase mutant, which is not phosphorylated by Chk1, is defective in DSB-induced chromatin association. The S495A mutant also fails to enhance repair of an induced DSB when compared with wt Metnase. Interestingly, the S495A mutant demonstrated increased restart of stalled replication forks compared with wt Metnase. Thus, phosphorylation of Metnase S495 differentiates between these two functions, enhancing DSB repair and repressing replication fork restart. In summary, these data lend insight into the mechanism by which Chk1 enhances repair of DNA damage while at the same time repressing stalled replication fork restart. Oncogene (2012) 31, 4245-4254; doi:10.1038/onc.2011.586; published online 9 January 2012
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Il superavvolgimento del DNA nelle cellule, regolato dalle DNA Topoisomerasi, influenza molti processi biologici, quali la trascrizione, la replicazione, la ricombinazione ed il rimodellamento della cromatina. La DNA Topoisomerasi IB eucariotica, (Top1), è un enzima efficiente nella rimozione dei superavvolgimenti del DNA in vitro e la sua principale funzione cellulare è la rimozione dei superavvolgimenti positivi e negativi generati durante la trascrizione e la replicazione. Risultati recenti hanno fornito evidenze sperimentali del coinvolgimento di Top1 in meccanismi multipli di regolazione dell’espressione genica eucariotica, in particolare nella fase di inizio e maturazione dei trascritti. Tuttavia, le funzioni di Top1 non sono ancora state stabilite a livello globale. Pertanto, nella presente tesi di dottorato abbiamo risposto a questa domanda con l’analisi dei profili di trascrizione genica globale e con studi di immunoprecipitazione della cromatina (ChIP) in cellule di S. cerevisiae. Circa il 9% dei geni sono influenzati da Top1, e l’analisi dei profili di espressione mostra che Top1 wt aumenta l’utilizzo del glucosio e dei pathway per la produzione di energia, con specifica diminuzione della trascrizione dei geni telomerici e subtelomerici. Abbiamo inoltre dimostrato che Top1 wt, ma non il suo mutante inattivo, aumenta la velocità di crescita cellulare nelle cellule di lievito studiate. Le analisi di ChIP mostrano che, in confronto all’assenza dell’enzima, Top1 wt diminuisce l’acetilazione dell’istone H4, compresa quella specifica della lisina 16, nel telomero destro del cromosoma XIV mentre la mutazione che inattiva l’enzima aumenta in maniera marcata l’acetilazione dell’istone H4 e la di-metilazione della lisina 4 dell’istone H3. Top1 wt incrementa anche il reclutamento di Sir3 nelle regioni di confine della cromatina silenziata dello stesso telomero. Studi di immunoprecipitazione indicano che l’enzima interagisce direttamente con la struttura della cromatina telomerica poichè entrambe le proteine, quella wt e quella inattiva, sono localizzate sulle ripetizioni telomeriche dei cromosomi di lievito. Questi risultati dimostrano che Top1, una proteina non essenziale in lievito, ottimizza i livelli globali dei trascritti per una crescita più efficiente di cellule in fase esponenziale. Indagando il meccanismo che è alla base della specifica repressione dei geni telomerici, abbiamo dimostrato che Top1 favorisce delle modifiche posttraduzionali degli istoni che indicano una struttura della cromatina repressa nelle regioni telomeriche.
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The Clusterin (CLU) gene produces different forms of protein products which vary in their biological properties and distribution within the cell. Both the extra- and intracellular CLU forms regulate cell proliferation and apoptosis. Dis-regulation of CLU expression occurs in many cancer types, including prostate cancer. The role that CLU plays in tumorigenesis is still unclear. We found that CLU over-expression inhibited cell proliferation and induced apoptosis in prostate cancer cells. Here we show that depletion of CLU affects the growth of PC-3 prostate cancer cells. Following siRNA, all protein products quickly disappeared, inducing cell cycle progression and higher expression of specific proliferation markers (i.e. H3 mRNA, PCNA and cyclins A, B1 and D) as detected by RT-qPCR and Western blot. Quite surprisingly, we also found that the turnover of CLU protein is very rapid and tightly regulated by ubiquitin–proteasome mediated degradation. Inhibition of protein synthesis by cycloheximide showed that CLU half-life is less than 2 hours. All CLU protein products were found poly-ubiquitinated by co-immuniprecipitation. Proteasome inhibition by MG132 caused stabilization and accumulation of all CLU protein products, strongly inducing the nuclear form of CLU (nCLU) and committing cells to caspase-dependent death. In conclusion, proteasome inhibition may induce prostate cancer cell death through accumulation of nCLU, a potential tumour suppressor factor.
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Gli istoni sono proteine basiche che possono essere classificate in varie classi: H1, H2A, H2B, H3 e H4. Queste proteine formano l’ottamero proteico attorno al quale si avvolge il DNA per formare il nucleosoma che è l’unità fondamentale della cromatina. A livello delle code N-terminali, gli istoni possono essere soggetti a numerose modifiche posttraduzionali quali acetilazioni, metilazioni, fosforilazioni, ADP-ribosilazioni e ubiquitinazioni. Queste modifiche portano alla formazione di diversi siti di riconoscimento per diversi complessi enzimatici coinvolti in importanti processi come la riparazione e la replicazione del DNA e l’assemblaggio della cromatina. La più importante e la più studiata di queste modifiche è l’acetilazione che avviene a livello dei residui amminici della catena laterale dell’amminoacido lisina. I livelli corretti di acetilazione delle proteine istoniche sono mantenuti dall’attività combinata di due enzimi: istone acetil transferasi (HAT) e istone deacetilasi (HDAC). Gli enzimi appartenenti a questa famiglia possono essere suddivisi in varie classi a seconda delle loro diverse caratteristiche, quali la localizzazione cellulare, la dimensione, l’omologia strutturale e il meccanismo d’azione. Recentemente è stato osservato che livelli aberranti di HDAC sono coinvolti nella carcinogenesi; per questo motivo numerosi gruppi di ricerca sono interessati alla progettazione e alla sintesi di composti che siano in grado di inibire questa classe enzimatica. L’inibizione delle HDAC può infatti provocare arresto della crescita cellulare, apoptosi o morte cellulare. Per questo motivo la ricerca farmaceutica in campo antitumorale è mirata alla sintesi di inibitori selettivi verso le diverse classi di HDAC per sviluppare farmaci meno tossici e per cercare di comprendere con maggiore chiarezza il ruolo biologico di questi enzimi. Il potenziale antitumorale degli inibitori delle HDAC deriva infatti dalla loro capacità di interferire con diversi processi cellulari, generalmente non più controllati nelle cellule neoplastiche. Nella maggior parte dei casi l’attività antitumorale risiede nella capacità di attivare programmi di differenziamento, di inibire la progressione del ciclo cellulare e di indurre apoptosi. Inoltre sembra essere molto importante anche la capacità di attivare la risposta immunitaria e l’inibizione dell’angiogenesi. Gli inibitori delle HDAC possono essere a loro volta classificati in base alla struttura chimica, alla loro origine (naturale o sintetica), e alla loro capacità di inibire selettivamente le HDAC appartenenti a classi diverse. Non è ancora chiaro se la selettività di queste molecole verso una specifica classe di HDAC sia importante per ottenere un effetto antitumorale, ma sicuramente inibitori selettivi possono essere molto utili per investigare e chiarire il ruolo delle HDAC nei processi cellulari che portano all’insorgenza del tumore. Nel primo capitolo di questa tesi quindi è riportata un’introduzione sull’importanza delle proteine istoniche non solo da un punto di vista strutturale ma anche funzionale per il destino cellulare. Nel secondo capitolo è riportato lo stato dell’arte dell’analisi delle proteine istoniche che comprende sia i metodi tradizionali come il microsequenziamento e l’utilizzo di anticorpi, sia metodi più innovativi (RP-LC, HILIC, HPCE) ideati per poter essere accoppiati ad analisi mediante spettrometria di massa. Questa tecnica consente infatti di ottenere importanti e precise informazioni che possono aiutare sia a identificare gli istoni come proteine che a individuare i siti coinvolti nelle modifiche post-traduzionali. Nel capitolo 3 è riportata la prima parte del lavoro sperimentale di questa tesi volto alla caratterizzazione delle proteine istoniche mediante tecniche cromatografiche accoppiate alla spettrometria di massa. Nella prima fase del lavoro è stato messo a punto un nuovo metodo cromatografico HPLC che ha consentito di ottenere una buona separazione, alla linea di base, delle otto classi istoniche (H1-1, H1-2, H2A-1, H2A-2, H2B, H3-1, H3-2 e H4). La separazione HPLC delle proteine istoniche ha permesso di poter eseguire analisi accurate di spettrometria di massa mediante accoppiamento con un analizzatore a trappola ionica tramite la sorgente electrospray (ESI). E’ stato così possibile identificare e quantificare tutte le isoforme istoniche, che differiscono per il tipo e il numero di modifiche post-traduzionali alle quali sono soggette, previa estrazione da colture cellulari di HT29 (cancro del colon). Un’analisi così dettagliata delle isoforme non può essere ottenuta con i metodi immunologici e permette di eseguire un’indagine molto accurata delle modifiche delle proteine istoniche correlandole ai diversi stadi della progressione del ciclo e alla morte cellulare. Il metodo messo a punto è stato convalidato mediante analisi comparative che prevedono la stessa separazione cromatografica ma accoppiata a uno spettrometro di massa avente sorgente ESI e analizzatore Q-TOF, dotato di maggiore sensibilità e risoluzione. Successivamente, per identificare quali sono gli specifici amminoacidi coinvolti nelle diverse modifiche post-traduzionali, l’istone H4 è stato sottoposto a digestione enzimatica e successiva analisi mediante tecniche MALDI-TOF e LC-ESI-MSMS. Queste analisi hanno permesso di identificare le specifiche lisine acetilate della coda N-terminale e la sequenza temporale di acetilazione delle lisine stesse. Nel quarto capitolo sono invece riportati gli studi di inibizione, mirati a caratterizzare le modifiche a carico delle proteine istoniche indotte da inibitori delle HDAC, dotati di diverso profilo di potenza e selettività. Dapprima Il metodo messo a punto per l’analisi delle proteine istoniche è stato applicato all’analisi di istoni estratti da cellule HT29 trattate con due noti inibitori delle HDAC, valproato e butirrato, somministrati alle cellule a dosi diverse, che corrispondono alle dosi con cui sono stati testati in vivo, per convalidare il metodo per studi di inibizione di composti incogniti. Successivamente, lo studio è proseguito con lo scopo di evidenziare effetti legati alla diversa potenza e selettività degli inibitori. Le cellule sono state trattate con due inibitori più potenti, SAHA e MS275, alla stessa concentrazione. In entrambi i casi il metodo messo a punto ha permesso di evidenziare l’aumento dei livelli di acetilazione indotto dal trattamento con gli inibitori; ha inoltre messo in luce differenti livelli di acetilazione. Ad esempio il SAHA, potente inibitore di tutte le classi di HDAC, ha prodotto un’estesa iperacetilazione di tutte le proteine istoniche, mentre MS275 selettivo per la classe I di HDAC, ha prodotto modifiche molto più blande. E’ stato quindi deciso di applicare questo metodo per studiare la dose e la tempo-dipendenza dell’effetto di quattro diversi inibitori delle HDAC (SAHA, MS275, MC1855 e MC1568) sulle modifiche post-traduzionali di istoni estratti da cellule HT29. Questi inibitori differiscono oltre che per la struttura chimica anche per il profilo di selettività nei confronti delle HDAC appartenenti alle diverse classi. Sono stati condotti quindi studi di dose-dipendenza che hanno consentito di ottenere i valori di IC50 (concentrazione capace di ridurre della metà la quantità relativa dell’istone meno acetilato) caratteristici per ogni inibitore nei confronti di tutte le classi istoniche. E’ stata inoltre calcolata la percentuale massima di inibizione per ogni inibitore. Infine sono stati eseguiti studi di tempo-dipendenza. I risultati ottenuti da questi studi hanno permesso di correlare i livelli di acetilazione delle varie classi istoniche con la selettività d’azione e la struttura chimica degli inibitori somministrati alle cellule. In particolare, SAHA e MC1855, inibitori delle HDAC di classi I e II a struttura idrossamica, hanno causato l’iperacetilazione di tutte le proteine istoniche, mentre MC1568 (inibitore selettivo per HDAC di classe II) ha prodotto l’iperacetilazione solo di H4. Inoltre la potenza e la selettività degli inibitori nel provocare un aumento dei livelli di acetilazione a livello delle distinte classi istoniche è stata correlata al destino biologico della cellula, tramite studi di vitalità cellulare. E’ stato osservato che il SAHA e MC1855, inibitori potenti e non selettivi, somministrati alla coltura HT29 a dose 50 μM producono morte cellulare, mentre MS275 alla stessa dose produce accumulo citostatico in G1/G0. MC1568, invece, non produce effetti significatici sul ciclo cellulare. Questo studio ha perciò dimostrato che l’analisi tramite HPLC-ESI-MS delle proteine istoniche permette di caratterizzare finemente la potenza e la selettività di nuovi composti inibitori delle HDAC, prevedendone l’effetto sul ciclo cellulare. In maggiore dettaglio è risultato che l’iperacetilazione di H4 non è in grado di provocare modifiche significative sul ciclo cellulare. Questo metodo, insieme alle analisi MALDI-TOF e LC-ESI-MSMS che permettono di individuare l’ordine di acetilazione delle lisine della coda N-terminale, potrà fornire importanti informazioni sugli inibitori delle HDAC e potrà essere applicato per delineare la potenza, la selettività e il meccanismo di azione di nuovi potenziali inibitori di questa classe enzimatica in colture cellulari tumorali.
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La regolazione dell’espressione genica è un processo molto complesso e finemente controllato da fattori multipli, tra i quali quelli epigenetici hanno richiamato l’attenzione nell’ultima decade. I meccanismi di regolazione epigenetica comprendono la metilazione del DNA a livello delle isole CpG nella regione del promotore del gene e le modifiche istoniche post-traduzionali, quali acetilazioni e metilazioni. Questa serie di elementi di regolazione concorre a determinare uno stato di impacchettamento della cromatina più o meno rilassato, che influenzerà la trascrizione di geni critici, per esempio nello sviluppo o nelle neoplasie. Gli ambiti nei quali lo studio del profilo epigenetico ha assunto maggiore rilievo sono effettivamente quello oncologico e quello del differenziamento di cellule staminali, due contesti nei quali si è svolto il mio programma di Dottorato, nel quale ho seguito in parallelo più progetti presentati nella tesi in modo indipendente. La ricerca in campo tumorale è centrata sull’indagine di nuovi marcatori e sull’individuazione di profili epigenetici specifici per un determinato tumore che possano aiutare la diagnostica precoce, la classificazione e la sorveglianza dell’evoluzione clinica della neoplasia. In questo contesto si inserisce il progetto finalizzato alla costruzione di quadri associativi di metilazione in due tumori cerebrali, il glioblastoma (GBM) e l’oligodendroglioma (ODG). La casistica di GBM e di ODG in dotazione è stata valutata dal punto di vista della metilazione dei promotori di geni (MGMT, EMP3,..) con funzioni oncosoppressive e trovati ipermetilati anche in altri tumori o localizzati in regioni citologicamente instabili, per poter correlare questi dati con la risposta terapeutica nel caso del GBM o con i dati di perdita di eterozigosità (LOH) 1p19q nel caso dell’ODG. Parallelamente all’individuazione di marcatori epigenetici in ambito oncologico, la ricerca si sta muovendo anche nell’indagine di nuove potenziali terapie farmacologiche antitumorali su base epigenetica. In questo contesto, con lo scopo di approfondire le relazioni tra i meccanismi alla base della regolazione epigenetica, ci si è riproposti di valutare la correlazione tra il meccanismo di metilazione/demetilazione del DNA e quello di acetilazione/deacetilazione istonica e la loro vicendevole influenza nel determinare silenziamento genico piuttosto che riattivazione dell’espressione di geni ipermetilati. Sono stati usati farmaci epigenetici demetilanti, quali Azacitidina e Decitabina, inibitori della istone deacetilasi, quali la Tricostatina A, e inibitori della via di sintesi di molecole, le poliammine, coinvolte nella regolazione dell’espressione genica con modalità ancora da precisare in modo definitivo. Sebbene i meccanismi di regolazione epigenetica vengano studiati per lo più nel cancro, a causa delle gravi conseguenze che una loro disregolazione porta in termini di silenziamento di geni oncosoppressori, essi sono implicati fisiologicamente anche nel differenziamento di cellule staminali. Gli ultimi due progetti trattati nella tesi si contestualizzano in questo ambito. In particolare viene presentata la messa a punto di una metodologia di immunoprecipitazione sequenziale della cromatina finalizzata all’individuazione di due modificazioni istoniche associate alla stessa regione di DNA. Le modifiche hanno riguardato i marcatori rappresenatativi di cromatina trascrizionalmente repressa H3K27me3 (trimetilazione della Lys27 dell’istone H3) e di cromatina trascrizionalmente attiva H3K24me2 (dimetilazione della Lys4 dell’istone H3) che definiscono i domini detti bivalenti, associati a geni che codificano per fattori di trascrizione che regolano lo sviluppo in cellule embrionali staminali, mantenendoli pronti per un veloce indirizzamento verso l’ attivazione trascrizionale. Il ruolo che la regolazione epigenetica svolge durante il differenziamento di cellule staminali non è ancora noto con precisione. È chiaro però che la memoria della linea cellulare verso la quale si differenzia una cellula staminale adulta, implica l’utilizzo di modifiche epigenetiche, quali la metilazione del DNA e correlati pattern di metilazione e acetilazione istonica. L’ultimo progetto, trattato, è stato finalizzato a verificare il coinvolgimento dell’epigenetica e in particolare della metilazione dei promotori di fattori trascrizionali precocemente attivati durante il differenziamento verso il fenotipo muscolare cardiaco di cellule staminali umane derivate da tessuto adiposo (ADSCs).
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Drosophila melanogaster enthält eine geringe Menge an 5-methyl-Cytosin. Die von mir untersuchte männliche Keimbahn von Drosophila weist jedoch keine nachweisbaren Mengen an DNA-Methylierung auf. Eine künstliche Expression der murinen de novo Methyltransferasen, DNMT3A und DNMT3B1, in den Fliegenhoden, führte nicht zu der erwarteten Methylierungszunahme und hatte keinen Effekt auf die Fruchtbarkeit der Männchen. Auch die gewebespezifische Expression unter der Verwendung des UAS/GAL4-Systems zeigte keine phenotypischen Veränderungen. Hingegen fanden wir auf Protein-Ebene des Chromatins von D. melanogaster und D. hydei spezifische Modifikationsmuster der Histone H3 und H4 in der Keimbahn, wie auch in den somatischen Zellen des Hodenschlauches. Die Modifikationsmuster der beiden Zelltypen unterscheiden sich grundlegend und weichen zudem von dem für Eu- und Heterochromatin erwarteten ab, was auf eine größere Komplexität des „Histon-Codes“ als angenommen hindeutet. Folglich liegt die epigenetische Information in Drosophila wahrscheinlich anstatt auf DNA- auf Protein-Ebene, wodurch Genexpression über die Chromatinstruktur reguliert wird. Es wurde gezeigt, dass der Transkriptionsfaktor E2F, der eine Schlüsselfunktion im Zellzyklus hat, durch unterschiedliche Transkripte offenbar quantitativ reguliert wird. Unsere Nachforschungen ergaben, dass die drei E2F1 Genprodukte in Drosophila neben ihrer Zellspezifität auch in unterschiedlichen Expressionsniveaus auftreten, was die Annahme einer quantitativen Expression unterstützt. Die verschiedenen Funktionen der multiplen Gene in Säugern, könnten so funktionell kompensiert werden. Die durch die Expression dreier dE2F1-Transkripte vermutete Synthese verschiedener Proteine konnte nicht bewiesen werden.
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The human DMD locus encodes dystrophin protein. Absence or reduced levels of dystrophin (DMD or BMD phenotype, respectively) lead to progressive muscle wasting. Little is known about the complex coordination of dystrophin expression and its transcriptional regulation is a field of intense interest. In this work we found that DMD locus harbours multiple long non coding RNAs which orchestrate and control transcription of muscle dystrophin mRNA isoforms. These lncRNAs are tissue-specific and highly expressed during myogenesis, suggesting a possible role in tissue-specific expression of DMD gene isoforms. Their forced ectopic expression in human muscle and neuronal cells leads to a specific and negative regulation of endogenous dystrophin full lenght isoforms. An intriguing aspect regarding the transcription of the DMD locus is the gene size (2.4Mb). The mechanism that ensures the complete synthesis of the primary transcript and the coordinated splicing of 79 exons is still completely unknown. By ChIP-on-chip analyses, we discovered novel regions never been involved before in the transcription regulation of the DMD locus. Specifically, we observed enrichments for Pol II, P-Ser2, P-Ser5, Ac-H3 and 2Me-H3K4 in an intronic region of 3Kb (approximately 21Kb) downstream of the end of DMD exon 52 and in a region of 4Kb spanning the DMD exon 62. Interestingly, this latter region and the TSS of Dp71 are strongly marked by 3Me-H3K36, an histone modification associated with the regulation of splicing process. Furthermore, we also observed strong presence of open chromatin marks (Ac-H3 and 2Me-H3K4) around intron 34 and the exon 45 without presence of RNA pol II. We speculate that these two regions may exert an enhancer-like function on Dp427m promoter, although further investigations are necessary. Finally, we investigated the nuclear-cytoplasmic compartmentalization of the muscular dystrophin mRNA and, specifically, we verified whether the exon skipping therapy could influence its cellular distribution.
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Mechanismen der zentralen und der peripheren Toleranz schützen den Körper vor Immunreaktionen gegen körpereigenes Gewebe oder gegen harmlose Umweltantigene. An der Aufrechterhaltung der peripheren Toleranz sind tolerogene Dendritische Zellen (DC) beteiligt. Tolerogene DC können in vitro u.a. mit Hilfe von immunsuppressiven und antiinflammatorischen Substanzen, aber auch durch virale Transduktionen, die zur Denovo- oder Überexpression toleranzassoziierter Moleküle führen, generiert werden. rnDa die Wirkung einiger immunmodulatorischer Substanzen über den intrazellulären sekundären Botenstoff cAMP vermittelt wird, sollte getestet werden, welchen Einfluss eine direkte Erhöhung des intrazellulären cAMP-Niveaus mittels Dibutyryl-cyclo-Adenosin-3´,5´-Mono-Phoshat (db-cAMP) auf die phänotypischen und funktionellen Eigenschaften von BM-DC („bone marrow derived dendritic cells“) hat.rnIm Vergleich zu unbehandelten BM-DC wiesen db-cAMP-DC ein vermindertes T-Zell-Stimulierungs-potenzial auf. Dieses verminderte T-Zell-Stimulierungspotenzial wird teilweise über die Proteinkinase A, nicht aber über Cyclooxygenase-2 (Cox-2) vermittelt. rnAnhand der FACS-Analyse mit DC- und MDSC- („myeloid derived suppressor cells“) spezifischen Markern konnte gezeigt werden, dass es sich bei den db-cAMP-DC um CD11c-positive DC mit einer vergleichsweise niedrigen Expression von MHCII und kostimulatorischen Oberflächenmolekülen handelt. Des Weiteren zeigte sich, dass sie verglichen mit BM-DC eine vermehrte mRNA-Expression der koinhibitorischen Moleküle B7-H1 und LIGHT und der toleranzassoziierten Moleküle FcγRIIB, HO-1 und Cox-2 aufweisen. Mittels ELISA konnte eine gesteigerte Expression der HO-1- und eine moderat gesteigerte PGE2-Synthese beobachtet werden. PGE2 wird mit Hilfe der Cox-2 aus Arachidonsäure gebildet.rnIm Gegensatz zu BM-DC wiesen db-cAMP-DC in beiden Reifungsstadien ein verändertes Zytokinprofil auf: Auf mRNA-Ebene zeigte sich, dass db-cAMP-DC verglichen mit BM-DC vermehrt IL-1RA und IL-10 exprimieren. Dieser Unterschied konnte für IL-10 auch mittels ELISA bestätigt werden. In den Kulturüberständen der stimulierten db-cAMP-DC konnte, im Gegensatz zu denen stimulierter BM-DC, kaum bioaktives IL-12 nachgewiesen werden. rnDb-cAMP-DC induzierten des Weiteren in kokultivierten allogenen T-Zellen ein differenzielles Zytokinprofil: Sie förderten die INFγ- und IL-17-Sezernierung durch T-Zellen, während die IL-5-Sezernierung geringer war, wenn T-Zellen mit stimulierten db-cAMP-DC kokultiviert wurden. Db-cAMP-DC hatten hingegen keinen Einfluss auf die IL-10-Produktion. Außerdem führte eine Kokultur der db-cAMP-DC mit allogenen T-Zellen nicht zu einer gesteigerten Induktion von FoxP3+ Treg. rnIn einem zweiten Ansatz sollte getestet werden ob es möglich ist die murine DC-Linie SP37A3 lentiviral mit dem toleranzassoziierten Oberflächenprotein B7-H3 zu transduzieren. Dies ist von Interesse, da die SP37A3-Zellen einige Vorteile gegenüber BM-DC aufweisen, wie z.B. ihren homogeneren Phänotyp und die Möglichkeit sie in einer Expansionskultur zu halten.rnEs konnte gezeigt werden, dass SP37A3-Zellen als Modell für myeloide DC für die Transduktion mit lentiviralen Partikeln geeignet sind. Hierbei zeigte es sich aber, dass darauf geachtet werden muss, mit konzentriertem Virus zu arbeiten und dass die Reportergen-Expression der Zielzellen über mehr als 3 Tage (mindestens 7 Tage) untersucht werden muss. Nur so kann eine eventuell auftretende Pseudotransduktion erkannt und verhindert werden. Ab einer MOI („multiplicity of infection“) von 50 konnte in SP37A3-Zellen eine Transgen-Expression nachgewiesen werden.rn
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Das DNA-Reparaturprotein O6-Methylguanin-DNA-Methyltransferase [MGMT] ist der Hauptresistenzfaktor gegenüber der zytotoxischen Wirkung von SN1-alkylierenden Zytostatika in der Tumortherapie. Die Verwendung der MGMT-Hemmstoffe O6-Benzylguanin [O6BG] und O6-(4-Bromothenyl)guanin [O6BTG] führte zu einer Sensibilisierung des Normalgewebes, was eine Dosis-Reduktion der Zytostatika erforderlich machte und die erhoffte Therapieverbesserung verhinderte. Aus diesem Grund ist eine Strategie der selektiven Hemmung des MGMT-Proteins (Targeting-Strategie) erforderlich, um die systemische Toxizität in der Kombinationsbehandlung zu reduzieren. In dieser Arbeit wurde die Anwendbarkeit der Glukose-Konjugation als Targeting-Strategie untersucht, da Tumorzellen einen erhöhten Glukoseverbrauch aufweisen und demzufolge Glukosetransporter überexprimieren. Die Glukose-Konjugate O6BG-Glu und O6BTG-Glu inhibierten MGMT in Tumorzellen und sensibilisierten die Zellen gegenüber den alkylierenden Agenzien Temozolomid [TMZ] und Lomustin [CCNU]. Des Weiteren inaktivierten die Glukose-Konjugate die MGMT-Aktivität im Tumor eines Xenograft-Mausmodells und reduzierten das Tumorwachstum nach einer TMZ-Behandlung im gleichen Ausmass wie die Inhibitoren O6BG und O6BTG. Trotzdem war auch mit den Glukose-Konjugaten keine Steigerung der Zytostatika-Dosis im Mausmodell möglich. Die Untersuchungen der Aufnahme von O6BG-Glu und O6BTG-Glu wiederlegten eine Involvierung der Glukosetransporter. Der Einsatz von spezifischen Glukosetransporter-Inhibitoren und Kompetitions-Experimenten führte zu keiner Verminderung der MGMT-Hemmung oder Aufnahme vom radioaktiven H3-O6BTG-Glu in die Zelle. Dies legt nahe, dass die Glukose-Konjugate über einen unspezifischen Mechanismus (aktiv) in die Zellen gelangen. Der Grund für eine mögliche unselektive Aufnahme könnte im hydrophoben Alkyllinker, der für die Konjugation des Glukosemoleküls verwendet wurde, begründet sein. Dies führt zur Generierung von amphipathischen Konjugaten, die eine initiale Bindung an die Plasmamembran aufweisen und eine Aufnahme über den Flip-Flop-Mechanismus (transbilayer transport) wahrscheinlich machen. Die amphipathische Molekülstruktur der Glukose-Konjugate führte zu einer Partikelbildung in wässrigen Lösungen, die eine Reduktion der Menge an aktiven Monomeren von O6BG-Glu und O6BTG-Glu bewirken, die zur Hemmung von MGMT zur Verfügung stehen. Der zweite Teil der Arbeit befasste sich mit der Rolle von ABC-Transportern hinsichtlich einer Targeting-Strategie von MGMT-Hemmstoffen. Obwohl eine hohe Expression dieser ABC-Transporter in Tumoren zur Resistenzentwicklung gegenüber Zytostatika führt, wurde ihr Einfluss auf MGMT-Hemmstoffe oder einer MGMT-Targeting-Strategie niemals untersucht. In dieser Arbeit wurde zum ersten Mal ein aktiver Efflux von MGMT-Hemmstoffen durch ABC-Transporter nachgewiesen. Die Inhibition von ABC-Transportern bewirkte eine schnellere Inaktivierung von MGMT durch die Glukose-Konjugate. Des Weiteren zeigten Kompetitions-Experimente mit den MGMT-Hemmstoffen eine verminderte Efflux-Rate von Fluoreszenzfarbstoffen, die spezifisch von ABC-Transportern exportiert werden. ABC-Transporter reduzieren die wirksame Konzentration des Hemmstoffes in der Zelle und beeinträchtigen somit die Effektivität der MGMT-Inhibition. Eine simultane Hemmung der ABC-Transporter P-glycoprotein (P-gp), multi resistance protein 1 (MRP1) and breast cancer resistance protein (BCRP) erhöhte die Effektivität der MGMT-Hemmstoffe (O6BG, O6BTG, O6BG-Glu, O6BTG-Glu) und verstärkte auf diese Weise die TMZ-induzierte Toxizität in Tumorzelllinien. Die Involvierung von ABC-Transportern in der intrazellulären Speicherung von MGMT-Hemmstoffen ist wahrscheinlich die Ursache für die beobachteten Unterschiede in der Sensibilisierung verschiedener Tumorzelllinien gegenüber Zytostatika durch das Glukose-Konjugat O6BG-Glu. Eine Strategie, den Einfluss von ABC-Transportern zu reduzieren und zukünftliche MGMT-Targeting-Strategien effizienter umzusetzen, ist die Verwendung von O6BTG als Ausgangssubstanz. Die höhere Inhibitionsfähigkeit der Bromthiophenmoleküle vermindert die erforderliche intrazelluläre Konzentration für eine vollständige MGMT-Hemmung und reduziert auf diese Weise den Einfluss von ABC-Transportern.
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CFTR mutations enhance susceptibility for idiopathic chronic pancreatitis (ICP) and congenital bilateral absence of the vas deferens (CBAVD); however, it is unknown why CFTR heterozygotes are at increased disease risk. We recently showed that common CFTR variants are associated with aberrantly spliced transcripts. Here, we genotyped for common CFTR variants and tested for associations in two ICP (ICP-A: 126 patients, 319 controls; ICP-B: 666 patients, 1,181 controls) and a CBAVD population (305 patients, 319 controls). Haplotype H10 (TG11-T7-470V) conferred protection (ICP-A: OR 0.19, P<0.0001; ICP-B: OR 0.78, P = 0.06; CBAVD OR 0.08, P<0.001), whereas haplotype H3 (TG10-T7-470M) increased disease risk (ICP-A: OR 8.34, P = 0.003; ICP-B: OR 1.88, P = 0.007; CBAVD: OR 5.67, P = 0.01). The risk of heterozygous CFTR mutations carriers for ICP (OR 2.44, P<0.001) and CBAVD (OR 14.73, P<0.001) was fully abrogated by the H10/H10 genotype. Similarly, ICP risk of heterozygous p.Asn34Ser SPINK1 mutation carriers (OR 10.34, P<0.001) was compensated by H10/H10. Thus, common CFTR haplotypes modulate ICP and CBAVD susceptibility alone and in heterozygous CFTR and p.Asn34Ser mutation carriers. Determination of these haplotypes helps to stratify carriers into high- and low-risk subjects, providing helpful information for genetic counseling.
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The polysaccharide capsule of Streptococcus pneumoniae defines over ninety serotypes, which differ in their carriage prevalence and invasiveness for poorly understood reasons. Recently, an inverse correlation between carriage prevalence and oligosaccharide structure of a given capsule has been described. Our previous work suggested a link between serotype and growth in vitro. Here we investigate whether capsule production interferes with growth in vitro and whether this predicts carriage prevalence in vivo. Eighty-one capsule switch mutants were constructed representing nine different serotypes, five of low (4, 7F, 14, 15, 18C) and four of high carriage prevalence (6B, 9V, 19F, 23F). Growth (length of lag phase, maximum optical density) of wildtype strains, nontypeable mutants and capsule switch mutants was studied in nutrient-restricted Lacks medium (MLM) and in rich undefined brain heart infusion broth supplemented with 5% foetal calf serum (BHI+FCS). In MLM growth phenotype depended on, and was transferred with, capsule operon type. Colonization efficiency of mouse nasopharynx also depended on, and was transferred with, capsule operon type. Capsule production interfered with growth, which correlated inversely with serotype-specific carriage prevalence. Serotypes with better growth and higher carriage prevalence produced thicker capsules (by electron microscopy, FITC-dextran exclusion assays and HPLC) than serotypes with delayed growth and low carriage prevalence. However, expression of cpsA, the first capsule gene, (by quantitative RT-PCR) correlated inversely with capsule thickness. Energy spent for capsule production (incorporation of H3-glucose) relative to amount of capsule produced was higher for serotypes with low carriage prevalence. Experiments in BHI+FCS showed overall better bacterial growth and more capsule production than growth in MLM and differences between serotypes were no longer apparent. Production of polysaccharide capsule in S. pneumoniae interferes with growth in nutrient-limiting conditions probably by competition for energy against the central metabolism. Serotype-specific nasopharyngeal carriage prevalence in vivo is predicted by the growth phenotype.
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The IkappaB kinase (IKK) complex controls processes such as inflammation, immune responses, cell survival and the proliferation of both normal and tumor cells. By activating NFkappaB, the IKK complex contributes to G1/S transition and first evidence has been presented that IKKalpha also regulates entry into mitosis. At what stage IKK is required and whether IKK also contributes to progression through mitosis and cytokinesis, however, has not yet been determined. In this study, we use BMS-345541, a potent allosteric small molecule inhibitor of IKK, to inhibit IKK specifically during G2 and during mitosis. We show that BMS-345541 affects several mitotic cell cycle transitions, including mitotic entry, prometaphase to anaphase progression and cytokinesis. Adding BMS-345541 to the cells released from arrest in S-phase blocked the activation of Aurora A, B and C, Cdk1 activation and histone H3 phosphorylation. Additionally, treatment of the mitotic cells with BMS-345541 resulted in precocious cyclin B1 and securin degradation, defective chromosome separation and improper cytokinesis. BMS-345541 was also found to override the spindle checkpoint in nocodazole-arrested cells. In vitro kinase assays using BMS-345541 indicate that these effects are not primarily due to a direct inhibitory effect of BMS-345541 on mitotic kinases such as Cdk1, Aurora A or B, Plk1 or NEK2. This study points towards a new potential role of IKK in cell cycle progression. Since deregulation of the cell cycle is one of the hallmarks of tumor formation and progression, the newly discovered level of BMS-345541 function could be useful for cell cycle control studies and may provide valuable clues for the design of future therapeutics.
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Hepatoma-derived growth factor (HDGF) is overexpressed in lung cancer and the overexpression correlates with aggressive biological behaviors and poor clinical outcomes. We developed anti-HDGF monoclonal antibodies and tested their antitumor activity in lung cancer xenograft models. We also determined biological effects in tumors treated with the antibody alone or in combination with bevacizumab/avastin (an anti-vascular endothelial growth factor antibody) and/or gemcitabine (a chemotherapeutic agent). We found the anti-HDGF was effective to inhibit tumor growth in non-small cell lung cancer xenograft models. In the A549 model, compared with control IgG, tumor growth was substantially inhibited in animals treated with anti-HDGF antibodies, particularly HDGF-C1 (P = 0.002) and HDGF-H3 (P = 0.005). When HDGF-H3 was combined with either bevacizumab or gemcitabine, we observed enhanced tumor growth inhibition, particularly when the three agents were used together. HDGF-H3-treated tumors exhibited significant reduction of microvessel density with a pattern distinctive from the microvessel reduction pattern observed in bevacizumab-treated tumors. HDGF-H3-treated but not bevacizumab-treated tumors also showed a significant increase of apoptosis. Interestingly, many of the apoptotic cells in HDGF-H3-treated tumors are stroma cells, suggesting that the mechanism of the antitumor activity is, at least in part, through disrupting formation of tumor-stroma structures. Our results show that HDGF is a novel therapeutic target for lung cancer and can be effectively targeted by an antibody-based approach.
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Inflammation is a key process in cardiovascular diseases. The extracellular matrix (ECM) of the vasculature is a major target of inflammatory cytokines, and TNFalpha regulates ECM metabolism by affecting collagen production. In this study, we have examined the pathways mediating TNFalpha-induced suppression of prolyl-4 hydroxylase alpha1 (P4Halpha1), the rate-limiting isoform of P4H responsible for procollagen hydroxylation, maturation, and organization. Using human aortic smooth muscle cells, we found that TNFalpha activated the MKK4-JNK1 pathway, which induced histone (H) 4 lysine 12 acetylation within the TNFalpha response element in the P4Halpha1 promoter. The acetylated-H4 then recruited a transcription factor, NonO, which, in turn, recruited HDACs and induced H3 lysine 9 deacetylation, thereby inhibiting transcription of the P4Halpha1 promoter. Furthermore, we found that TNFalpha oxidized DJ-1, which may be essential for the NonO-P4Halpha1 interaction because treatment with gene specific siRNA to knockout DJ-1 eliminated the TNFalpha-induced NonO-P4Halpha1 interaction and its suppression. Our findings may be relevant to aortic aneurysm and dissection and the stability of the fibrous cap of atherosclerotic plaque in which collagen metabolism is important in arterial remodeling. Defining this cytokine-mediated regulatory pathway may provide novel molecular targets for therapeutic intervention in preventing plaque rupture and acute coronary occlusion.
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Aldosterone plays a major role in the regulation of salt balance and the pathophysiology of cardiovascular and renal diseases. Many aldosterone-regulated genes--including that encoding the epithelial Na+ channel (ENaC), a key arbiter of Na+ transport in the kidney and other epithelia--have been identified, but the mechanisms by which the hormone modifies chromatin structure and thus transcription remain unknown. We previously described the basal repression of ENaCalpha by a complex containing the histone H3 Lys79 methyltransferase disruptor of telomeric silencing alternative splice variant a (Dot1a) and the putative transcription factor ALL1-fused gene from chromosome 9 (Af9) as well as the release of this repression by aldosterone treatment. Here we provide evidence from renal collecting duct cells and serum- and glucocorticoid-induced kinase-1 (Sgk1) WT and knockout mice that Sgk1 phosphorylated Af9, thereby impairing the Dot1a-Af9 interaction and leading to targeted histone H3 Lys79 hypomethylation at the ENaCalpha promoter and derepression of ENaCalpha transcription. Thus, Af9 is a physiologic target of Sgk1, and Sgk1 negatively regulates the Dot1a-Af9 repressor complex that controls transcription of ENaCalpha and likely other aldosterone-induced genes.