448 resultados para rocca, Modigliana, restauro


Relevância:

10.00% 10.00%

Publicador:

Resumo:

La ricerca ha l’intento di cercare di comprendere come l'architetto giapponese Tadao Ando, proveniente da una formazione autodidatta, da una cultura orientale e da una realtà in cui solo architetti con una specifica formazione possono intervenire su architetture vincolate dalla locale Legge sulla Tutela dei Beni Culturali, si approcci ad una materia di certo per lui nuova, realizzando progetti su edifici dichiarati di interesse dal Ministero dei Beni Culturali o da istituzioni equivalenti. Quindi comprendere, in modo specifico, con quale spirito e/o con quale filosofia Tadao Ando ha approcciato i progetti di restauro su edifici esistenti e quale sforzo interiore ha dovuto affrontare per adeguare la sua idea istintiva ai vincoli storici, culturali, paesaggistici e urbanistici, propri della nostra nazione. Operando, inoltre, in un Paese nel quale l’architettura costituisce una parte cospicua della memoria solida dell’umanità e il recupero dell’esistente patrimonio architettonico è uno degli elementi fondamentali che lega la comunità al territorio, il passato al presente, garantendo a quest’ultimo il futuro; in un Paese nel quale le architetture contemporanee devono, o avrebbero dovuto, dialogare in modo armonico con il preesistente. Per analizzare il suo “modus operandi” si studiano e analizzano tutte le opere che l’architetto ha realizzato o sta realizzando in Italia su edifici di interesse storico-architettonico, tenendo sempre presenti, oltre agli aspetti culturali, anche gli obiettivi della committenza, lo stato di fatto delle architetture oggetto di intervento, l'analisi delle scelte progettuali iniziali, l'indagine di tutti i cambiamenti avvenuti nel corso della progettazione e dell’esecuzione dell’opera e i rapporti che intercorrono tra l’architetto e le Soprintendenze, al fine di comprendere le circostanze in base alle quali Tadao Ando abbia avviato le sue riflessioni progettuali su edifici “antichi”; sulle quali egli è stato in grado di relazionare la sua architettura con l’architettura l’"antica".

Relevância:

10.00% 10.00%

Publicador:

Resumo:

Questa tesi di laurea curriculare si propone come una lettura critica del percorso formativo universitario, attraverso l’analisi di tre diverse esperienze progettuali che affrontano il tema dell’architettura come processo di modificazione e conseguente rigenerazione della realtà urbana esistente. Nella prima parte viene descritto come il “costruire nel costruito” attribuisca notevole importanza ai valori del luogo e della storia, ignorati dal movimento moderno. Vengono trattati i caratteri principali dell’orientamento e la sua affermazione dalla metà degli anni Ottanta ad oggi, mediante l’analisi di tre fonti principali: Casabella- “Architettura come Modificazione”, “Costruire nel Costruito” di Renato De Fusco e l’omonimo libro di Rafael Moneo. Il terzo capitolo descrive tre opere di modificazione che trattano differenti problematiche a scale diverse: la conservazione e il riuso, il vuoto urbano e la riqualificazione del waterfront. L’analisi dei progetti dimostra come la specificità dei casi dia vita a soluzioni particolari, rispettose del contesto, ed evidenzia come sia possibile far coesistire l’invenzione e la preesistenza. Il quarto capitolo esamina il tema dell’architettura come processo di modificazione confrontando i tre casi studio con i lavori svolti all’interno del Laboratorio di Restauro (Prof. Pretelli M.), del Laboratorio di Progettazione Architettonica III (Prof. Gonçalves F.) e del Laboratorio di Progettazione IV(Prof.ssa Barnstone D.A.). La risoluzione delle diverse questioni mette in luce i distinti approcci sperimentati.

Relevância:

10.00% 10.00%

Publicador:

Resumo:

Diese Masterarbeit wurde im Rahmen des Projekts Language Toolkit erarbeitet, das von der Handelskammer Forlì-Cesena in Zusammenarbeit mit der Scuola di Lingue e Letterature, Traduzione e Interpretazione von Forlì organisiert wurde. Dank dieses Projekts wurde es mir ermöglicht ein 300-stündiges Praktikum bei dem Unternehmen U.Emme in Modigliana (FC) zu absolvieren. Da dieses Unternehmen international sehr aktiv ist, haben sie sich dazu entschieden, ihre Geschäftstexte übersetzen zu lassen. Für diese Masterarbeit wurde die Preisliste von U.Emme aus dem Italienischen ins Deutsche übersetzt. In der Masterarbeit werden der Übersetzungsprozess und die Übersetzung selbst analysiert. Die Analyse beginnt mit der Erläuterung der Kommunikationssituationen des Ausgangs- und des Zieltextes. Dazu wurden zunächst die generellen Merkmale des Texts ergründet, wie Textsorte und –typ, und dann die textexternen und textinternen Charakteristika. Da es sich bei dem Ausgangstext um einen technischen Text handelt, werden auch kurz die allgemeinen Merkmale der Fachsprachen analysiert. Es wurde außerdem eine lexikalische, syntaktische und terminologische Recherche vorgenommen. Zu diesem Zweck wurde ein Korpus gebildet. Außerdem wurde ein Termbase erstellt, um die wichtigsten Fachwörter festzuhalten. Bei der Erstellung terminologischer Ressourcen ist es wichtig, zwischen punktueller und systematischer Terminologiearbeit zu unterscheiden. Die Terminologiearbeit für diesen Text wurde punktuell durchgeführt, das heißt, ohne das gesamte Fachgebiet zu erforschen. Für die Übersetzung selbst wurde SDL Trados Studio 2011 benutzt. Darüber hinaus werden die hauptsächlichen Übersetzungsschwierigkeiten geschildert, die vor allem terminologischer Natur waren. Es wird auch allgemein die Bedeutung der technischen Übersetzung unterstrichen, die in der Zeit der Globalisierung stets gestiegen ist. Die Zusammenarbeit mit dem Unternehmen U.Emme hat sich als eine sehr positive Erfahrung herausgestellt, die es mir ermöglicht hat, meine organisatorischen, sowie meine kommunikativen Fähigkeiten zu verbessern. Außerdem hat mir das Praktikum die Möglichkeit geboten, einen realen Beitrag zur Internationalisierung des Unternehmens zu leisten.

Relevância:

10.00% 10.00%

Publicador:

Resumo:

Il castello di Coriano, in provincia di Rimini, per la sua complessità ci ha permesso di confrontarci con diversi temi, dal reinserimento del castello all’interno del contesto urbano alla conservazione e il restauro delle manufatto, dall’aspetto paesaggistico legato alle visuali, all'interazione della vegetazione con le strutture. L'evoluzione delle vicende storiche ha fatto sì che il ruolo del castello sia cambiato nel corso del tempo, attraversando una prima fase di forte importanza pubblica per poi essere rafforzato da opere difensive e infine subire un progressivo abbandono che lo ha privato della sua dimensione sociale, rendendolo un luogo isolato e privo d'identità. L'analisi del manufatto e del suo contesto storico e paesaggistico ha condotto ad un progetto di valorizzazione che mira a rendere nuovamente il castello fulcro di attività sociali e nuovo protagonista della realtà corianese, fornendone al tempo stesso una chiave di lettura.

Relevância:

10.00% 10.00%

Publicador:

Resumo:

Strategie conoscitive per la valorizzazione di un percorso. Partendo dall'analisi storica, del territorio e del paesaggio, si mettono a sistema quattro edifici di culto lungo la Via Romea Nonantolana, osservando le tecniche costruttive impiegate nella loro realizzazione, ed i fattori ambientali al contorno con una schedatura. Si analizza lo stato di conservazione si propone uno schema di attività ispettive e manutentive, e,prendendo come esempio uno dei quattro edifici, le cause delle patologie sullo stesso e le ipotesi di intervento. Si propone infine un'idea di percorso per poter rendere più fruibili queste fabbriche.

Relevância:

10.00% 10.00%

Publicador:

Resumo:

After the publication of DIG trial, the therapeutic target of serum digoxin concentration (SDC) for the treatment of heart failure (HF) has been lowered (0.40-1.00 ng/ml). However, the majority of equations to calculate digoxin dosages were developed for higher SDCs. Recently, a new equation was validated in Asian population for low SDCs by Konishi et al., but results in Caucasians are unknown.

Relevância:

10.00% 10.00%

Publicador:

Resumo:

To assess adherence to medical treatment in patients with heart failure (HF) using a specific questionnaire and measurement of the serum concentration of digoxin.

Relevância:

10.00% 10.00%

Publicador:

Resumo:

Cleft palate is a common birth defect in humans. Elevation and fusion of paired palatal shelves are coordinated by growth and transcription factors, and mutations in these can cause malformations. Among the effector genes for growth factor signaling are extracellular matrix (ECM) glycoproteins. These provide substrates for cell adhesion (e.g., fibronectin, tenascins), but also regulate growth factor availability (e.g., fibrillins). Cleft palate in Bmp7 null mouse embryos is caused by a delay in palatal shelf elevation. In contrast, palatal shelves of Tgf-β3 knockout mice elevate normally, but a cleft develops due to their failure to fuse. However, nothing is known about a possible functional interaction between specific ECM proteins and Tgf-β/Bmp family members in palatogenesis. To start addressing this question, we studied the mRNA and protein distribution of relevant ECM components during secondary palate development, and compared it to growth factor expression in wildtypewild type and mutant mice. We found that fibrillin-2 (but not fibrillin-1) mRNA appeared in the mesenchyme of elevated palatal shelves adjacent to the midline epithelial cells, which were positive for Tgf-β3 mRNA. Moreover, midline epithelial cells started expressing fibronectin upon contact of the two palatal shelves. These findings support the hypothesis that fibrillin-2 and fibronectin are involved in regulating the activity of Tgf-β3 at the fusing midline. In addition, we observed that tenascin-W (but not tenascin-C) was misexpressed in palatal shelves of Bmp7-deficient mouse embryos. In contrast to tenascin-C, tenascin-W secretion was strongly induced by Bmp7 in embryonic cranial fibroblasts in vitro. These results are consistent with a putative function for tenascin-W as a target of Bmp7 signaling during palate elevation. Our results indicate that distinct ECM proteins are important for morphogenesis of the secondary palate, both as downstream effectors and as regulators of Tgf-β/Bmp activity.

Relevância:

10.00% 10.00%

Publicador:

Resumo:

Hyperkalemia is a concern in heart failure (HF), especially in older patients with co-morbidities. Previous studies addressing this issue have focused mainly on younger patients. This study was aimed at determining the frequency and predictors of hyperkalemia in older patients with HF undergoing intense medical therapy. Frequency and predictors of hyperkalemia were defined in patients (n = 566) participating in the Trial of Intensified versus Standard Medical Therapy in Elderly Patients with Congestive Heart Failure, in which patients ≥60 years of age were randomized to a standard versus an intensified N-terminal brain natriuretic peptide-guided HF therapy. During an 18-month follow-up 76 patients (13.4%) had hyperkalemia (≥5.5 mmol/L) and 28 (4.9%) had severe hyperkalemia (≥6.0 mmol/L). Higher baseline serum potassium (odds ratio [OR] 2.92 per mmol/L), baseline creatinine (OR 1.11 per 10 μmol/L), gout (OR 2.56), New York Heart Association (NYHA) class (compared to NYHA class II, IV OR 3.08), higher dosage of spironolactone at baseline (OR 1.20 per 12.5 mg/day), and higher dose changes of spironolactone (compared to no dose change: 12.5 mg, OR 1.45; 25 mg, OR 2.52; >25 mg, OR 3.24) were independent predictors for development of hyperkalemia (p <0.05 for all comparisons). In conclusion, hyperkalemia is common in patients ≥60 years of age with HF undergoing intense medical therapy. Risk is increased in patients treated with spironolactone, in addition to patient-specific risk factors such as chronic kidney disease, higher serum potassium, advanced NYHA class, and gout. Careful surveillance of serum potassium and cautious use of spironolactone in patients at risk may help to decrease the incidence of potentially hazardous complications caused by hyperkalemia.

Relevância:

10.00% 10.00%

Publicador:

Resumo:

BACKGROUND: Based on a subgroup analysis of 18-month BAsel Stent Kosten Effektivitäts Trial (BASKET) outcome data, we hypothesized that very late (> 12 months) stent thrombosis occurs predominantly after drug-eluting stent implantation in large native coronary vessel stenting. METHODS: To prove or refute this hypothesis, we set up an 11-center 4-country prospective trial of 2260 consecutive patients treated with > or = 3.0-mm stents only, randomized to receive Cypher (Johnson ; Johnson, Miami Lakes, FL), Vision (Abbott Vascular, Abbott Laboratories, IL), or Xience stents (Abbott Vascular). Only patients with left main or bypass graft disease, in-stent restenosis or stent thrombosis, in need of nonheart surgery, at increased bleeding risk, without compliance/consent are excluded. All patients are treated with dual antiplatelet therapy for 12 months. The primary end point will be cardiac death/nonfatal myocardial infarction after 24 months with further follow-up up to 5 years. RESULTS: By June 12, 229 patients (10% of the planned total) were included with a baseline risk similar to that of the same subgroup of BASKET (n = 588). CONCLUSIONS: This study will answer several important questions of contemporary stent use in patients with large native vessel stenting. The 2-year death/myocardial infarction-as well as target vessel revascularization-and bleeding rates in these patients with a first- versus second-generation drug-eluting stent should demonstrate the benefit or harm of these stents compared to cobalt-chromium bare-metal stents in this relevant, low-risk group of everyday patients. In addition, a comparison with similar BASKET patients will allow to estimate the impact of 12- versus 6-month dual antiplatelet therapy on these outcomes.

Relevância:

10.00% 10.00%

Publicador:

Resumo:

CONTEXT: It is uncertain whether intensified heart failure therapy guided by N-terminal brain natriuretic peptide (BNP) is superior to symptom-guided therapy. OBJECTIVE: To compare 18-month outcomes of N-terminal BNP-guided vs symptom-guided heart failure therapy. DESIGN, SETTING, AND PATIENTS: Randomized controlled multicenter Trial of Intensified vs Standard Medical Therapy in Elderly Patients With Congestive Heart Failure (TIME-CHF) of 499 patients aged 60 years or older with systolic heart failure (ejection fraction < or = 45%), New York Heart Association (NYHA) class of II or greater, prior hospitalization for heart failure within 1 year, and N-terminal BNP level of 2 or more times the upper limit of normal. The study had an 18-month follow-up and it was conducted at 15 outpatient centers in Switzerland and Germany between January 2003 and June 2008. INTERVENTION: Uptitration of guideline-based treatments to reduce symptoms to NYHA class of II or less (symptom-guided therapy) and BNP level of 2 times or less the upper limit of normal and symptoms to NYHA class of II or less (BNP-guided therapy). MAIN OUTCOME MEASURES: Primary outcomes were 18-month survival free of all-cause hospitalizations and quality of life as assessed by structured validated questionnaires. RESULTS: Heart failure therapy guided by N-terminal BNP and symptom-guided therapy resulted in similar rates of survival free of all-cause hospitalizations (41% vs 40%, respectively; hazard ratio [HR], 0.91 [95% CI, 0.72-1.14]; P = .39). Patients' quality-of-life metrics improved over 18 months of follow-up but these improvements were similar in both the N-terminal BNP-guided and symptom-guided strategies. Compared with the symptom-guided group, survival free of hospitalization for heart failure, a secondary end point, was higher among those in the N-terminal BNP-guided group (72% vs 62%, respectively; HR, 0.68 [95% CI, 0.50-0.92]; P = .01). Heart failure therapy guided by N-terminal BNP improved outcomes in patients aged 60 to 75 years but not in those aged 75 years or older (P < .02 for interaction) CONCLUSION: Heart failure therapy guided by N-terminal BNP did not improve overall clinical outcomes or quality of life compared with symptom-guided treatment. TRIAL REGISTRATION: isrctn.org Identifier: ISRCTN43596477.

Relevância:

10.00% 10.00%

Publicador:

Resumo:

1944/1945 wurde in Cham-Hagendorn eine Wassermühle ausgegraben, die dank ihrer aussergewöhnlich guten Holzerhaltung seit langem einen prominenten Platz in der Forschung einnimmt. 2003 und 2004 konnte die Kantonsarchäologie Zug den Platz erneut archäologisch untersuchen. Dabei wurden nicht nur weitere Reste der Wassermühle, sondern auch Spuren älterer und jüngerer Anlagen geborgen: eine ältere und eine jüngere Schmiedewerkstatt (Horizont 1a/Horizont 3) sowie ein zweiphasiges Heiligtum (Horizonte 1a/1b). All diese Anlagen lassen sich nun in das in den neuen Grabungen erkannte stratigraphische Gerüst einhängen (s. Beil. 2). Dank der Holzerhaltung können die meisten Phasen dendrochronologisch datiert werden (s. Abb. 4.1/1a): Horizont 1a mit Schlagdaten zwischen 162(?)/173 und 200 n. Chr., Horizont 1b um 215/218 n. Chr. und Horizont 2 um 231 n. Chr. Ferner konnten in den neuen Grabungen Proben für mikromorphologische und archäobotanische Untersuchungen entnommen werden (Kap. 2.2; 3.11). In der vorliegenden Publikation werden der Befund und die Baustrukturen vorgelegt, (Kap. 2), desgleichen sämtliche stratifizierten Funde und eine umfassende Auswahl der 1944/1945 geborgenen Funde (Kap. 3). Dank anpassender Fragmente, sog. Passscherben, lassen sich diese zum Teil nachträglich in die Schichtenabfolge einbinden. Die mikromorphologischen und die archäobotanischen Untersuchungen (Kap. 2.2; 3.11) zeigen, dass der Fundplatz in römischer Zeit inmitten einer stark vom Wald und dem Fluss Lorze geprägten Landschaft lag. In unmittelbarer Nähe können weder eine Siedlung noch einzelne Wohnbauten gelegen haben. Die demnach nur gewerblich und sakral genutzten Anlagen standen an einem Bach, der vermutlich mit jenem Bach identisch ist, der noch heute das Groppenmoos entwässert und bei Cham-Hagendorn in die Lorze mündet (s. Abb. 2.4/1). Der antike Bach führte wiederholt Hochwasser ─ insgesamt sind fünf grössere Überschwemmungsphasen auszumachen (Kap. 2.2; 2.4). Wohl anlässlich eines Seehochstandes durch ein Überschwappen der Lorze in den Bach ausgelöst, müssen diese Überschwemmungen eine enorme Gewalt entwickelt haben, der die einzelnen Anlagen zum Opfer fielen. Wie die Untersuchung der Siedlungslandschaft römischer Zeit rund um den Zugersee wahrscheinlich macht (Kap. 6 mit Abb. 6.2/2), dürften die Anlagen von Cham-Hagendorn zu einer in Cham-Heiligkreuz vermuteten Villa gehören, einem von fünf grösseren Landgütern in diesem Gebiet. Hinweise auf Vorgängeranlagen fehlen, mit denen die vereinzelten Funde des 1. Jh. n. Chr. (Kap. 4.5) in Verbindung gebracht werden könnten. Diese dürften eher von einer der Überschwemmungen bachaufwärts weggerissen und nach Cham-Hagendorn eingeschwemmt worden sein. Die Nutzung des Fundplatzes (Horizont 1a; s. Beil. 6) setzte um 170 n. Chr. mit einer Schmiedewerkstatt ein (Kap. 2.5.1). Der Fundanfall, insbesondere die Schmiedeschlacken (Kap. 3.9) belegen, dass hier nur hin und wieder Geräte hergestellt und repariert wurden (Kap. 5.2). Diese Werkstatt war vermutlich schon aufgelassen und dem Verfall preisgegeben, als man 200 n. Chr. (Kap. 4.2.4) auf einer Insel zwischen dem Bach und einem Lorzearm ein Heiligtum errichtete (Kap. 5.3). Beleg für den sakralen Status dieser Insel ist in erster Linie mindestens ein eigens gepflanzter Pfirsichbaum, nachgewiesen mit Pollen, einem Holz und über 400 Pfirsichsteinen (Kap. 3.11). Die im Bach verlaufende Grenze zwischen dem sakralen Platz und der profanen Umgebung markierte man zusätzlich mit einer Pfahlreihe (Kap. 2.5.3). In diese war ein schmaler Langbau integriert (Kap. 2.5.2), der an die oft an Temenosmauern antiker Heiligtümer angebauten Portiken erinnert und wohl auch die gleiche Funktion wie diese gehabt hatte, nämlich das Aufbewahren von Weihegaben und Kultgerät (Kap. 5.3). Das reiche Fundmaterial, das sich in den Schichten der ersten Überschwemmung fand (s. Abb. 5./5), die um 205/210 n. Chr. dieses Heiligtum zerstört hatte, insbesondere die zahlreiche Keramik (Kap. 3.2.4), und die zum Teil auffallend wertvollen Kleinfunde (Kap. 3.3.3), dürften zum grössten Teil einst in diesem Langbau untergebracht gewesen sein. Ein als Glockenklöppel interpretiertes, stratifiziertes Objekt spricht dafür, dass die fünf grossen, 1944/1945 als Stapel aufgefundenen Eisenglocken vielleicht auch dem Heiligtum zuzuweisen sind (Kap. 3.4). In diesen Kontext passen zudem die überdurchschnittlich häufig kalzinierten Tierknochen (Kap. 3.10). Nach der Überschwemmung befestigte man für 215 n. Chr. (Kap. 4.2.4) das unterspülte Bachufer mit einer Uferverbauung (Kap. 2.6.1). Mit dem Bau eines weiteren, im Bach stehenden Langbaus (Kap. 2.6.2) stellte man 218 n. Chr. das Heiligtum auf der Insel in ähnlicher Form wieder her (Horizont 1b; s. Beil. 7). Von der Pfahlreihe, die wiederum die sakrale Insel von der profanen Umgebung abgrenzte, blieben indes nur wenige Pfähle erhalten. Dennoch ist der sakrale Charakter der Anlage gesichert. Ausser dem immer noch blühenden Pfirsichbaum ist es ein vor dem Langbau aufgestelltes Ensemble von mindestens 23 Terrakottafigurinen (s. Abb. 3.6/1), elf Veneres, zehn Matres, einem Jugendlichen in Kapuzenmantel und einem kindlichen Risus (Kap. 3.6; s. auch Kap. 2.6.3). In den Sedimenten der zweiten Überschwemmung, der diese Anlage um 225/230 n. Chr. zum Opfer gefallen war, fanden sich wiederum zahlreiche Keramikgefässe (Kap. 3.2.4) und zum Teil wertvolle Kleinfunde wie eine Glasperle mit Goldfolie (Kap. 3.8.2) und eine Fibel aus Silber (Kap. 3.3.3), die wohl ursprünglich im Langbau untergebracht waren (Kap. 5.3.2 mit Abb. 5/7). Weitere Funde mit sicherem oder möglichem sakralem Charakter finden sich unter den 1944/1945 geborgenen Funden (s. Abb. 5/8), etwa ein silberner Fingerring mit Merkurinschrift, ein silberner Lunula-Anhänger, eine silberne Kasserolle (Kap. 3.3.3), eine Glasflasche mit Schlangenfadenauflage (Kap. 3.8.2) und einige Bergkristalle (Kap. 3.8.4). Im Bereich der Terrakotten kamen ferner mehrere Münzen (Kap. 3.7) zum Vorschein, die vielleicht dort niedergelegt worden waren. Nach der zweiten Überschwemmung errichtete man um 231 n. Chr. am Bach eine Wassermühle (Horizont 2; Kap. 2.7; Beil. 8; Abb. 2.7/49). Ob das Heiligtum auf der Insel wieder aufgebaut oder aufgelassen wurde, muss mangels Hinweisen offen bleiben. Für den abgehobenen Zuflusskanal der Wassermühle verwendete man mehrere stehen gebliebene Pfähle der vorangegangenen Anlagen der Horizonte 1a und 1b. Obwohl die Wassermühle den 28 jährlichen Überschwemmungshorizonten (Kap. 2.2) und den Funden (Kap. 4.3.2; 4.4.4; 45) zufolge nur bis um 260 n. Chr., während gut einer Generation, bestand, musste sie mindestens zweimal erneuert werden – nachgewiesen sind drei Wasserräder, drei Mühlsteinpaare und vermutlich drei Podeste, auf denen jeweils das Mahlwerk ruhte. Grund für diese Umbauten war wohl der weiche, instabile Untergrund, der zu Verschiebungen geführt hatte, so dass das Zusammenspiel von Wellbaum bzw. Sternnabe und Übersetzungsrad nicht mehr funktionierte und das ganze System zerbrach. Die Analyse von Pollen aus dem Gehhorizont hat als Mahlgut Getreide vom Weizentyp nachgewiesen (Kap. 3.11.4). Das Abzeichen eines Benefiziariers (Kap. 3.3.2 mit Abb. 3.3/23,B71) könnte dafür sprechen, dass das verarbeitete Getreide zumindest zum Teil für das römische Militär bestimmt war (s. auch Kap. 6.2.3). Ein im Horizont 2 gefundener Schreibgriffel und weitere stili sowie eine Waage für das Wägen bis zu 35-40 kg schweren Waren aus dem Fundbestand von 1944/1945 könnten davon zeugen, dass das Getreide zu wägen und zu registrieren war (Kap. 3.4.2). Kurz nach 260 n. Chr. fiel die Wassermühle einem weiteren Hochwasser zum Opfer. Für den folgenden Horizont 3 (Beil. 9) brachte man einen Kiesboden ein und errichtete ein kleines Gebäude (Kap. 2.8). Hier war wohl wiederum eine Schmiede untergebracht, wie die zahlreichen Kalottenschlacken belegen (Kap. 3.9), die im Umfeld der kleinen Baus zum Vorschein kamen. Aufgrund der Funde (Kap. 4.4.4; 4.5) kann diese Werkstatt nur kurze Zeit bestanden haben, höchstens bis um 270 n. Chr., bevor sie einem weiteren Hochwasser zum Opfer fiel. Von der jüngsten Anlage, die wohl noch in römische Zeit datiert (Horizont 4; Beil. 10), war lediglich eine Konstruktion aus grossen Steinplatten zu fassen (Kap. 2.9.1). Wozu sie diente, muss offen bleiben. Auch der geringe Fundanfall spricht dafür, dass die Nutzung des Platzes, zumindest für die römische Zeit, allmählich ein Ende fand (Kap. 4.5). Zu den jüngsten Strukturen gehören mehrere Gruben (Kap. 2.9.2), die vielleicht der Lehmentnahme dienten. Mangels Funden bleibt ihre Datierung indes ungewiss. Insbesondere wissen wir nicht, ob sie noch in römische Zeit datieren oder jünger sind. Spätestens mit der fünften Überschwemmung, die zur endgültigen Verlandung führte und wohl schon in die frühe Neuzeit zu setzen ist, wurde der Platz aufgelassen und erst mit dem Bau der bestehenden Fensterfabrik Baumgartner wieder besetzt.

Relevância:

10.00% 10.00%

Publicador:

Resumo:

El número 4 de la Revista Huellas está imbuido del espíritu creativo de una de nuestras máximas artistas y pedagogas, la genial Eliana Molinelli. Tanto el dossier como un meduloso artículo escrito por la profesora Silvia Benchimol están dedicados a ella y a su inspirado quehacer creativo. Cuatro artículos sobre música nos sitúan, el primero de ellos, ante la creatividad de otra de nuestras más apreciadas profesoras, la compositora Carmen De Juan, cuyo catálogo y análisis de una de sus obras para piano se deben a María Jefferies; el impacto y estado actual de la cumbia en nuestro país, género popular si los hay, es analizado a continuación desde la óptica de Diego Pérez; le siguen las estrategias didácticas en la enseñanza inicial del oboe, propuestas por la profesora titular de ese instrumento, Alejandra García Trabucco, con la colaboración de las profesoras María Alejandra Silnik, y Andrea Yurcic; por último, la génesis y funcionamiento del portal que contiene la base de datos de música académica latinoamericana que provee a la Maestría de Música, son explicados por las profesoras Elena Dabul y Silvia Persio. Sonia Vicente y Elio Ortiz dan cuenta de la historia de la Cerámica mendocina y Viviana Zani junto a su equipo de investigación, Belén Copello, Andrea Pattini y Mercedes Chambouleyron, además de María del Carmen Porras y Edgardo Castro nos muestran, desde distintos ángulos, el quehacer investigativo en el área de Diseño. Un trabajo sobre teatro nos refiere a una figura tal vez mítica de la historia mendocina, el Gaucho Cubillos, en las acertadas palabras de José Navarrete. Finalmente, incluimos a continuación un ensayo sobre la visión del quehacer teatral desde la experiencia del autor franco-canadiense Serge Oauknine, profesor visitante de la Escuela de Teatro, quién dictara el seminario de Actuación IV; un informe sobre el Tercer Encuentro Latinoamericano de Docentes de Diseño (ELADDI), que tuvo lugar en mayo pasado y el relato de la iniciativa del Proyecto creado por Eliana Molinelli Propuestas Artísticas para la convivencia y el desarme, completan el panorama artístico-científico de nuestra Facultad. Para lograr un nivel de excelencia adecuado a la difusión nacional e internacional de la Revista entre la comunidad académica, científica y artística, contamos con un comité de referato conformado por académicos de primer nivel.

Relevância:

10.00% 10.00%

Publicador:

Resumo:

La obra de Arturo Ardao se desplegó, desde comienzos de la década del treinta hasta 1974, no sólo en una larga serie de libros dedicados a la historia de las ideas en Uruguay y en América. Y no sólo en esta opción epistemológica, sino también en el campo más directo de la intervención pública, política y cultural. Dentro de esta línea convergente con la anterior, diríase más académica, Ardao colaboró activamente en publicaciones periódicas, principalmente en el semanario Marcha de Montevideo (1939-1974), del que fue parte fundamental en su estructura orgánica, y donde publicó artículos y ensayos de carácter filosófico -la mayor parte de ellos reunidos o reelaborados más tarde en libros, ahora célebres como Espiritualismo y positivismo en el Uruguay-, así como textos políticos que, según se los observa en este artículo, son parte constitutiva de su labor. En tal sentido, además, el pensamiento y la acción de Ardao contribuyeron, desde Marcha fundamentalmente, a tramar en un espectro muy vasto el campo cultural uruguayo e hispanoamericano del período señalado.