1000 resultados para mobilità reti di calcolatori symbian qt qml


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Il lavoro presentato ha come oggetto la ricostruzione tridimensionale della città di Bologna nella sua fase rinascimentale. Tale lavoro vuole fornire un modello 3D delle architetture e degli spazi urbani utilizzabile sia per scopi di ricerca nell’ambito della storia delle città sia per un uso didattico-divulgativo nel settore del turismo culturale. La base del lavoro è una fonte iconografica di grande importanza: l’affresco raffigurante Bologna risalente al 1575 e situato in Vaticano; questa è una veduta a volo d’uccello di grandi dimensioni dell’intero tessuto urbano bolognese all’interno della terza cerchia di mura. In esso sono rappresentate in maniera particolareggiata le architetture civili e ecclesiastiche, gli spazi ortivi e cortilivi interni agli isolati e alcune importanti strutture urbane presenti in città alla fine del Cinquecento, come l’area portuale e i canali interni alla città, oggi non più visibili. La ricostruzione tridimensionale è stata realizzata tramite Blender, software per la modellazione 3D opensource, attraverso le fasi di modellazione, texturing e creazione materiali (mediante campionamento delle principali cromie presenti nell’affresco), illuminazione e animazione. Una parte della modellazione è stata poi testata all’interno di un GIS per verificare l’utilizzo delle geometrie 3D come elementi collegabili ad altre fonti storiche relative allo sviluppo urbano e quindi sfruttabili per la ricerca storica. Grande attenzione infine è stata data all’uso dei modelli virtuali a scopo didattico-divulgativo e per il turismo culturale. La modellazione è stata utilizzata all’interno di un motore grafico 3D per costruire un ambiente virtuale interattivo nel quale un utente anche non esperto possa muoversi per esplorare gli spazi urbani della Bologna del Cinquecento. In ultimo è stato impostato lo sviluppo di un’applicazione per sistemi mobile (Iphone e Ipad) al fine di fornire uno strumento per la conoscenza della città storica in mobilità, attraverso la comparazione dello stato attuale con quello ricostruito virtualmente.

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Il presente lavoro di ricerca intende analizzare l’importanza dei modelli organizzativi a reti per rispondere alla sfida della complessità del momento storico, politico, sociologico, economico; in modo particolare in Sanità per rispondere all’esigenza di mettere al centro la persona nel percorso di cura ed ottenere una migliore integrazione delle cure. Sebbene i vantaggi delle reti siano bene descritti in letteratura sono ancora pochi gli studi nell’ambito della valutazione. Il caso di studio ha riguardato la rete oncologica romagnola così come percepita dagli informatori chiave, dagli operatori (medici, infermieri, amministrativi) e dalle persone con esperienza di tumore. Dall’analisi degli informatori chiave emerge forte che la rete nasce per dare risposte di qualità ai bisogni dei pazienti, mentre per gli operatori quanto sia importante la dimensione delle relazioni umane e avere valori condivisi per raggiungere obiettivi di efficacia e qualità delle cure. Per quanto riguarda invece la percezione delle persone con esperienza di tumore si rileva quanto sia importante l’appropriatezza della traiettoria di cura nonché l’avere continuità in un percorso, già di per sé difficile, oltre all’importanza dell’umanizzazione dei servizi e della corretta comunicazione medico paziente.

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Abbiamo analizzato compiutamente la conformazione attuale della città di Bologna, individuandone gli elementi caratterizzanti, i punti di forza e le criticità, per riuscire a riconnetterla sia al tessuto del centro storico sia a quello rurale. Il tipo di metodo scelto riprende in parte quello utilizzato nell’analisi delle mappe storiche, lavorando attorno a tre temi fondamentali: spazi aperti, tessuto urbano e viabilità. La consapevolezza profonda della realtà e delle dinamiche presenti ci ha portato ad individuare la soluzione che riteniamo essere più funzionale per la riconnessione delle differenti zone, utilizzando la fascia come filtro tra campagna e città. L’obiettivo individuato è quello di sfruttare la linea ferroviaria in disuso convertendola in una linea di tram-treno, una infrastruttura elettrica e a basso impatto ambientale che funzioni in modo agile e puntuale contribuendo in maniera significativa alla mobilità da e verso il centro storico di Bologna, con fermate nei principali fatti urbani come il complesso fieristico, la nuova sede comunale, il centro di ricerca, il polo universitario, i centri sportivi e commerciali. Parte della stessa linea ferroviaria, in particolare il tratto ovest, verrà riqualificato creando un parco lineare sulla sede della linea stessa, come realizzato a Parigi per la “promenade plantée” o a New York con la “highline”, restituendo ai bolognesi un percorso cittadino che valorizzi la natura, la riflessione ed il benessere. Un collegamento tra diverse aree urbane caratterizzato da un flusso più lento esclusivo dei pedoni e dei ciclisti, che trova una sua continuità naturalistica ad ovest andando a collegarsi al parco fluviale del canale Reno, proseguendo invece ad est parallelamente alla linea di tram-treno, creando una continuità di percorsi ciclo-pedonali che si integrano agli esistenti raggiungendo le zone centrali della città. L’intento è quello di incanalare il flusso non carrabile proveniente dalle aree rurali e dalla tangenziale, anche attraverso parcheggi scambiatori, in un percorso privilegiato, funzionale e naturalistico che permetta di raggiungere il centro storico e anche la zona collinare risalendo lungo il parco fluviale, dando ai fruitori la possibilità di osservare Bologna con più tranquillità e da un punto di vista nuovo.

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La tesi si è consolidata nell’analisi dell’impatto dei social networks nella costruzione dello spazio pubblico, nella sfera di osservazione che è la rete e il web2.0. Osservando che il paradigma della società civile si sia modificato. Ridefinendo immagini e immaginari e forme di autorappresentazione sui new media (Castells, 2010). Nel presupposto che lo spazio pubblico “non è mai una realtà precostituita” (Innerarity, 2008) ma si muove all’interno di reti che generano e garantiscono socievolezza. Nell’obiettivo di capire cosa è spazio pubblico. Civic engagement che si rafforza in spazi simbolici (Sassen, 2008), nodi d’incontro significativi. Ivi cittadini-consumatori avanzano corresponsabilmente le proprie istanze per la debacle nei governi.. Cultura partecipativa che prende mossa da un nuovo senso civico mediato che si esprime nelle “virtù” del consumo critico. Portando la politica sul mercato. Cultura civica autoattualizzata alla ricerca di soluzioni alle crisi degli ultimi anni. Potere di una comunicazione che riduce il mondo ad un “villaggio globale” e mettono in relazione i pubblici connessi in spazi e tempi differenti, dando origine ad azioni collettive come nel caso degli Indignados, di Occupy Wall Street o di Rai per una notte. Emerge un (ri)pensare la citizenship secondo due paradigmi (Bennett,2008): l’uno orientato al governo attraverso i partiti, modello “Dutiful Citizenship”; l’altro, modello “Self Actualizing Citizenship” per cui i pubblici attivi seguono news ed eventi, percepiscono un minor obbligo nel governo, il voto è meno significativo per (s)fiducia nei media e nei politici. Mercato e società civile si muovono per il bene comune e una nuova “felicità”. La partecipazione si costituisce in consumerismo politico all’interno di reti in cui si sviluppano azioni individuali attraverso il social networking e scelte di consumo responsabile. Partendo dall’etnografia digitale, si è definito il modello “4 C”: Conoscenza > Coadesione > Co-partecipazione > Corresposabilità (azioni collettive) > Cultura-bility.

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L’approccio innovativo di questa tesi alla pianificazione ciclabile consiste nell’integrare le linee guida per la redazione di un biciplan con aspetti, metodologie e strumenti nuovi, per rendere più efficace la programmazione di interventi. I limiti del biciplan risiedono nella fase di pianificazione e di monitoraggio, quindi, nel 1° capitolo, vengono esaminate le differenze esistenti tra la normativa americana (AASHTO) e quella italiana (D.P.R. 557/99). Nel 2° capitolo vengono analizzati gli indicatori usati nella fase di monitoraggio e la loro evoluzione fino alla definizione degli attuali indici per la determinazione del LOS delle infrastrutture ciclabili: BLOS e BCI. L’analisi è integrata con le nuove applicazioni di questi indici e con lo studio del LOS de HCM 2010. BCI e BISI sono stati applicati alla rete di Bologna per risolvere problemi di pianificazione e per capire se esistessero problemi di trasferibilità. Gli indici analizzati prendono in considerazione solo il lato offerta del sistema di trasporto ciclabile; manca un giudizio sui flussi, per verificare l’efficacia delle policy. Perciò il 3° capitolo è dedicato alla metodologia sul monitoraggio dei flussi, mediante l’utilizzo di comuni traffic counter per le rilevazioni dei flussi veicolari. Dal monitoraggio è possibile ricavare informazioni sul numero di passaggi, periodi di punta, esistenza di percorsi preferiti, influenza delle condizioni climatiche, utili ai progettisti; si possono creare serie storiche di dati per controllare l’evoluzione della mobilità ciclabile e determinare l’esistenza di criticità dell’infrastruttura. L’efficacia della pianificazione ciclabile è legata al grado di soddisfazione dell’utente e all’appetibilità delle infrastrutture, perciò il progettista deve conoscere degli elementi che influenzano le scelte del ciclista. Nel 4° capitolo sono analizzate le tecniche e gli studi sulle scelte dell’itinerario dei ciclisti, e lo studio pilota fatto a Bologna per definire le variabili che influenzano le scelte dei ciclisti e il loro peso.

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I due obiettivi principali del lavoro svolto sono simulazione di un centro cittadino con n mobile host, che si spostano seguendo percorsi casuali. La simulazione è stata realizzata su OmNet++

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Questo studio propone un’esplorazione dei nessi tra fenomeno migratorio, dinamiche transnazionali e quadri familiari, in un contesto specificato che è quello peruviano. Dal confronto critico con i paradigmi disciplinari in uso negli ambiti dell’antropologia delle migrazioni, degli studi sul transnazionalismo e sulle famiglie transnazionali, e dell’etnografia multi-situata, si è tentata una lettura teorica e metodologica che renda conto del contesto socio-familiare di partenza non come parte periferica di una completa visione del migrante, ma quale oggetto specifico della ricerca. L’obbiettivo è verificare, a livello locale, quale siano gli impatti della migrazione esterna di uno o più membri sulle strutture e sulle dinamiche, sui codici e sui ruoli del nucleo parentale originario. E individuare, sul piano transnazionale, quali reti, quali rituali o pratiche di connessione funzionino tra coloro che vanno e coloro che restano, quali discorsi e quali culture migratorie si sviluppino e si condividano. La ricerca si è svolta in Perù tra il 2009 ed il 2011. Il campo dell’indagine si è diviso tra due località nell’area della Costa del Perù. Lima, la capitale, e Chiclín, un villaggio rurale nella regione settentrionale de La Libertad. Attraverso le tecniche d’inchiesta della pratica etnografica, una permanenza prolungata sul terreno e l’osservazione partecipante, si è lavorato con i membri adulti di ambo i sessi di tre gruppi parentali distribuiti tra i due luoghi menzionati, selezionati in partenza sulla base dei contatti forniti da alcuni dei loro familiari emigrati in Italia tra il 1990 ed il 2000. Centrare l’analisi sulle figure per certi aspetti marginali dell’esperienza della migrazione normalmente considerata, è servito da un lato a rovesciare parzialmente la prospettiva transnazionale aggiustandola proprio rispetto a quegli attori sociali; dall’altro e ad un tempo, ha permesso di fare luce su dinamiche migratorie più generali, di ricostruirle e di ri-teorizzarle.

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La presente tesi prende avvio all’interno del Laboratorio di Sostituzione di tessuto urbano del professor Antonio Esposito. Il tema è quello, diventato sempre più attuale negli ultimi decenni, della relazione tra gli spazi delle infrastrutture ed il paesaggio urbano. Gli spazi della mobilità finiscono per diventare degli spazi di risulta che anzichè creare dei collegamenti, vocazione principale delle infrastrutture per la mobilità nello specifico, diventano delle fratture all’interno della città, che dividono anzichè unire. L’area di intervento è a Viserba, località balneare nelle vicinanze di Rimini, caratterizzata da una crescita del tessuto urbano esponenziale sviluppatasi interamente nell’ultimo secolo, ma il problema interessa tutte le località sulla costa romagnola, tagliate in due dal passaggio della ferrovia. Il nuovo piano strategico del Comune di Rimini si pone il problema di offrire, finalmente, alla città un sistema della mobilità che consenta di fare a meno dell’automobile non a causa di meri divieti, ma per l’esistenza di valide alternative di trasporto che, consentendo eguale efficacia nella mobilità, riportano ad una più giusta dimensione relazionale le funzioni dell’abitare e del vivere città e territorio. Nella prospettiva di liberare dal mezzo privato la fascia turistica del litorale e di allentare la pressione automobilistica sulle periferie, il tracciato della ferrovia assume ancor più il valore di asse centrale distributivo per il sistema di trasporto pubblico di massa. Condizione fondamentale è che la permeabilità fra le zone a mare e a monte della ferrovia sia incrementata, attraverso la creazione di adeguati ed ampi attraversamenti urbani (non semplicisottopassaggi) che si appoggino ad “una trama verde” di percorsi e spazi di ricucitura della città con il suo mare. Questo è il contesto in cui si inserisce il progetto, che quindi risulta essere di grande attinenza alla contemporaneità.

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L’elaborato ha ad oggetto l’analisi delle possibili forme di collaborazione tra vettori nei diversi settori del trasporto, con particolare attenzione all’ambito aeronautico e marittimo. Negli ultimi decenni l’incremento del livello di concorrenza tra i competitors su scala planetaria, a seguito della progressiva liberalizzazione e globalizzazione dei trasporti, ha indotto i vettori ad adottare nuove strategie commerciali dirette alla condivisione del rischio, alla riduzione dei costi di esercizio, all’espansione delle proprie reti e alla flessibilizzazione dei processi interni di adeguamento alle continue espansioni e contrazioni del mercato. Hanno, così, fatto la loro comparsa modelli contrattuali nuovi che differiscono per struttura, livello di integrazione delle parti coinvolte e grado di complessità dell’accordo. Nell’elaborato, pertanto, sono state attentamente esaminate le molteplici figure giuridiche generate dalla prassi commerciale, come gli accordi di codesharing, interlining, wet lease, dry lease, franchising, le grandi alleanze strategiche presenti sia in ambito aeronautico, sia in quello marittimo, le Conferences e i Consorzi. La ricerca, in particolare, è focalizzata, alla luce della prassi contrattuale e della normativa nazionale, comunitaria ed internazionale vigente, sui problemi di qualificazione giuridica di tali accordi e, conseguentemente, sulla disciplina di volta in volta ad essi applicabile, sul loro oggetto, regolamento contrattuale e contenuto. Si è proceduto poi ad uno studio comparativo-contrastivo delle differenze tra le varie forme di partnership e all’approfondimento delle questioni concernenti la tutela degli utenti dei servizi di trasporto, siano essi passeggeri o mittenti. Sono affrontati, infatti, con accurata indagine i profili di responsabilità dei vettori coinvolti, sulla base del quadro normativo di riferimento. Nel corso della ricerca si è data anche particolare attenzione all’analisi della compatibilità degli accordi tra vettori con la disciplina comunitaria della concorrenza, registrando una tendenza della Comunità a piegare l’interpretazione delle norme in materia alle superiori esigenze dell’economia, in considerazione delle peculiarità del mercato del trasporto.

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Nuovi sviluppi nella comunicazione wireless e nell'elettronica hanno permesso lo sviluppo di dispositivi poco costosi, poco energivori e multifunzione, piccoli in dimensione e in grado di comunicare a breve distanza. Collegati con tecnologie senza fili e disponibili in gran numero, questi sensori hanno offerto opportunità senza precedenti nel monitorare e controllare case, città, e l'ambiente. In aggiunta, i sensori wireless hanno anche una vasta gamma di applicazioni nella sicurezza, generando nuove capacità di riconoscimento e sorveglianza, unite ad altre finalità tattiche. La capacità di localizzazione di questi congegni poi è altamente studiata e ricercata, per applicazioni che vanno dal monitoraggio di incendi,della qualità dell'acqua e dell'agricoltura di precisione alla gestione di inventari, di sistemi anti intrusione, monitoraggio del traffico e di parametri medici. Da questo esteso panorama di utilizzi, è scaturita l'idea di un impiego di queste reti in un contesto particolare. L'esperienza maturata in ambito fieristico mi ha portato a considerare una problematica da sempre sentita, ma che non ha mai trovato soluzioni soddisfacenti o definitive, che è quella della protezione dei beni dai rapinatori. In questo ultimo periodo, dove si assiste ad un progressivo ma repentino calo degli affari dovuto ad una congiuntura economica mondiale sfavorevole, il problema è più avvertito da chi, in vari settori, vede un sempre più basso margine di compensazione ai furti.

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Scopo del presente lavoro di ricerca è quello di comparare due contesti metropolitani, valenciano e bolognese, sulle pratiche di accompagnamento al lavoro rivolte a fasce svantaggiate, in particolare persone con problemi di dipendenza da sostanze psicotrope. L’indagine propone un confronto su alcune tematiche trasversali (tipologia di azioni messe in campo, organizzazione territoriale e governance, profilo degli utenti, inserimento sociale, coinvolgimento del mondo produttivo) e pone in evidenza gli elementi che ci consentono di individuare e segnalare sia delle buone pratiche trasferibili sia delle linee progettuali, partendo dunque dal presupposto che capacitare una persona significa innanzitutto offrirle congrue opportunità di scelta, nel senso seniano e come spiegato dalla stessa Nussbaum, ma soprattutto accompagnarla e sostenerla nel percorso di inserimento lavorativo e, in parallelo, sociale. Il bisogno raccolto è quello di un sostegno, motivazionale e orientativo, che segua un approccio socio educativo capace di fornire, alla persona, una risposta integrata, di unicità, capace dunque di agire sull’autonomia, sull’autostima, sull’elaborazione delle proprie esperienze di vita e lavorative, nonché su elementi anche di contesto quali la casa, le reti amicali e familiari, spesso compromesse. L’elemento distintivo che consente di agire in questa direzione è il lavoro di collaborazione tra i diversi servizi e la co-progettazione del percorso con l’utente stesso. Il tema degli inserimenti lavorativi è un argomento molto complesso che chiama in causa diversi aspetti: i mutamenti sociali e le trasformazioni del lavoro; l’emergere di nuove fasce deboli e il rischio di aggravamento delle condizioni di esclusione per le fasce deboli “tradizionali”; l’importanza del lavoro per la costruzione di percorsi identitari e di riconoscimento; l’impatto delle politiche attive sulle fasce svantaggiate e i concetti di capitazione e attivazione; il ruolo del capitale sociale e l’emergere di nuovi welfare; la rete degli attori coinvolti dal processo di inserimento e il tema della governace territoriale.

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Il mio progetto di ricerca è nato da una riflessione concernente una domanda fondamentale che si pongono gli studiosi della comunicazione digitale: le attuali tecnologie mediali che hanno creato nuovi modelli comunicativi e inaugurato inedite modalità di interrelazione sociale conducono a un dualismo digitale o a una realtà aumentata? Si è cercato di dare una risposta a questo interrogativo attraverso un’indagine compiuta su un social network, Facebook, che è la piattaforma digitale più diffusa nel mondo. L’analisi su Facebook, è stata preceduta da una riflessione sui concetti dello spazio e del tempo elaborati dalla letteratura filosofica e sociologica. Tale riflessione è stata propedeutica all’analisi volta a cogliere l’impatto che hanno avuto sulla relazionalità intersoggettiva e sulle dinamiche di realizzazione del sé l’interazione semantica nello spazio delimitato della piazza tradizionale, la molteplicità e la potenza seduttiva delle offerte comunicative dei media elettronici nella estensione della piazza massmediale e soprattutto la nascita e l’affermazione del cyberspazio come luogo della comunicazione nella piazza digitale. Se la peculiarità della piazza tradizionale è nel farsi dei rapporti face to face e quella della piazza massmediale nella funzione rilevante della fonte rispetto al destinatario, la caratteristica della piazza digitale consiste nella creazione autonoma di un orizzonte inclusivo che comprende ogni soggetto che si collega con la rete il quale, all’interno del network, riveste il doppio ruolo di consumatore e di produttore di messaggi. Con l’avvento dell’online nella prassi della relazionalità sociale si producono e si attuano due piani di interazioni comunicative, uno relativo all’online e l’altro relativo all’offline. L’ipotesi di lavoro che è stata guida della mia ricerca è che la pervasività dell’online conduca all’integrazione dei due segmenti comunicativi: l’esperienza della comunicazione digitale si inserisce nella prassi sociale quotidiana arricchendo i rapporti semantici propri della relazione face to face e influenzandoli profondamente.

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La società dei consumi ha reso ogni ambito vitale suscettibile di mercificazione. Il capitalismo ha da tempo svestito la prassi produttiva dei suoi elementi più pesanti per vestire i panni della dimensione simbolica e culturale. Il consumo fattosi segno, dimensione immateriale delle nostre vite materiali, ha finito per colonizzare l'ambito dell'esperienza e, quindi, della vita stessa. Il consumo diventa, innanzitutto, esperienza di vita. Una esperienza continuamente cangiante che ci permette di vivere numerose vite, ognuna diversa. Ciò che è stabile è il paradigma consumistico che investe la nostra stessa identità, l'identità dei luoghi, l'identità del mondo. Il nomadismo è la dimensione più tipica del consumo, così come la perenne mobilità della vita è la dimensione propria dell'epoca globale. Tuttavia, le nuove forme di consumerismo politico, etico e responsabile, conseguenti al montare dei rischi globali, investendo proprio l’ambito dell’esperienza e del consumo, contribuiscono a modificare i comportamenti in senso “riflessivo” e “glocale”. L’ambito turistico, rappresentando al contempo il paradigma esperienziale e quello della mobilità globale, può diventare allora l’osservatorio privilegiato per indagare queste stesse forme riflessive di consumo, le quali forniscono un significato del tutto nuovo tanto all’esperienza quanto al consumo stesso. Il lavoro di tesi vuole allora approfondire, attraverso lo studio di caso, il modo in cui nuove forme emergenti di turismo responsabile possano rappresentare una chiave d’accesso a nuove forme di sviluppo sostenibile dei territori locali in contesti di prima modernizzazione.