1000 resultados para Residenza ecosostenibile casi di studio
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Esposti alle leggi del consumo, alla pubblicità e a un marketing sempre più invasivo, i bambini sono oggi il fulcro di un mercato in costante crescita e target irrinunciabile per le aziende che ne intercettano la possibilità di definirsi come consumatori primari, secondari, futuri e d’influenza sulle abitudini di consumo della famiglia. Il presente lavoro dedica una prima parte alla ricostruzione storica, culturale e sociale dell’evoluzione del children’s market e del contemporaneo definirsi dell’idea del kid as consumer, per poi passare, nel secondo capitolo, ad affrontare da vicino il potere del marketing e le strategie che le industrie culturali elaborano per sedurre e fidelizzare i bambini. Il target preso in esame è quello prescolare, individuandone esigenze e bisogni alla luce del riconfigurarsi delle abitudini di consumo delle nuove generazioni. Affrontando, nella seconda parte, due casi di studio tra loro lontani, il libro Good Night Stories for Rebel Girls e gli youtubers Me contro Te, si è indagata la capacità del marketing di rinegoziare costantemente le sue logiche per adattarsi ai cambiamenti sociali e tecnologici nel tentativo di intercettare, assecondare e indurre le risposte di consumo dei bambini. Si è scelto dunque di affrontare da un lato il gender marketing e i tentativi del mercato di scardinare gli stereotipi di genere rivolti all’infanzia, e dall’altro il sistema produttivo e di marketing di uno degli strumenti dominanti l’entertainment infantile oggi, ovvero YouTube. Alla luce di un mercato rivolto all’infanzia fortemente connesso, in cui i mondi proposti dai media agiscono da collante dell’intero sistema, si sono dunque approfondite le logiche produttive e le strategie comunicative con cui le aziende riescono a parlare ai bambini e a costruire una realtà sempre più brandizzata, in cui tutto, dietro la seduzione del gioco, può diventare marketing.
(In)Visibili. Difficoltà, scelte e implicazioni nella mediazione nazionale dei personaggi non-binary
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Con il progressivo aumentare del numero di personaggi non-binary nelle serie televisive in lingua inglese, dal punto di vista della mediazione nazionale italiana si va a delineare un interessante campo di studio, determinato dallo scontro fra la predilezione, da parte di questi personaggi, di pronomi ed espressioni neutre e la struttura grammaticale italiana, basata, invece, sull’esclusiva contrapposizione fra maschile e femminile. Il presente elaborato, allora, si pone l’obiettivo di individuare, attraverso una selezione di casi di studio, le difficoltà che sorgono automaticamente nel momento della realizzazione dell’edizione italiana di queste serie, le strategie adottate ai fini di rendere neutro il linguaggio italiano e le loro implicazioni nei confronti dei personaggi non-binary. Il metodo di studio consiste nel confronto fra la versione originale e l’edizione italiana (comprensiva di doppiaggio e sottotitoli) delle battute relative ai personaggi non binari di riferimento, con conseguente analisi delle differenze e somiglianze rilevate. I tre casi presi in considerazione nel corso della trattazione (Sex Education, One Day at a Time e Grey’s Anatomy) permettono, in definitiva, di individuare come rischio primario l’invisibilità del non binarismo di genere agli occhi e alle orecchie degli spettatori italiani e, così, lo snaturamento dell’intento e del valore dell’edizione originale.
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L'elaborato di tesi sviluppato ha come obiettivo l'ottimizzazione della Supply Chian di contesti manufatturieri con particolare attenzione alle procedure di approvvigionamento dei materiali e al problema dei materiali "mancanti" in produzione.Viene esposto il risultato di un’attività di analisi di due casi reali per l’ottimizzazione dell'impatto logistico del problema dell'alimentazione di sistemi di fabbricazione e montaggio. Lo studio è stato affrontato definendo un approccio basato su una duplice analisi del processo, top-down e bottom-up. Le due analisi condotte hanno permesso di procedere alla mappatura dell’intero processo end to end (che inizia con le richieste del cliente e termina con la consegna dei prodotti allo stesso) e di individuare le criticità in esso presenti, sulla base delle quali sono state fornite una serie di linee guida per la risoluzione del problema dei mancanti. I risultati ottenuti hanno evidenziato che l’ottimizzazione dell’area di pianificazione permette di migliorare la qualità dei dati in ingresso all’intero processo con conseguente diminuzione del numero di materiali mancanti. Tuttavia, la trasversalità dell’argomento ai processi aziendali impedisce la definizione di un approccio al problema focalizzato su un’area specifica. Infine, è stata eseguita una bozza di valutazione economica per la stima dei tempi di recupero degli investimenti necessari.
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il superamento della crisi aziendale attraverso il cambiamento organizzativo
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L'elaborato si propone di indagare il tema della Sharing Economy e i relativi presupposti di sviluppo, studiando casi realmente esistenti. Si affronta la ricerca validando i modelli ipotizzati per ricercare e confrontare le soluzioni esistenti al fine di trovare le caratteristiche ritenute fondamentali per la digital sharing economy.
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Secondo l'Agenzia Europea dell'Ambiente una delle principali minacce per le risorse di acqua dolce della zone costiere italiane è l’intrusione salina. L’obiettivo di questa tesi magistrale è la caratterizzazione idrogeologica di una frazione dell’acquifero freatico costiero situato in due differenti corpi dunosi. L’indagine proseguita per cinque mesi ha evidenziano differenze tra un’area sottoposta a forte pressione antropica (Marina Romea) e un’area che mostra un relativo sviluppo naturale del sistema spiaggia-duna (Porto Corsini). La tecnica di campionamento utilizzata è il sistema a minifiltri (multi level samplers), metodologia innovativa che garantisce tempistiche di monitoraggio rapide e una campionatura multi-livello puntuale e precisa. La campagna di monitoraggio ha coinvolto misure di freatimetria, conduttività elettrica e analisi chimiche delle acque che hanno portato ad una loro classificazione geo-chimica. Dai risultati si evidenzia che l’acquifero è molto salinizzato, gli strati d’acqua dolce sono isolati in lenti superficiali e i tipi di acque presenti sono dominati da ioni sodio e cloro. Tra i due siti il più vulnerabile risulta essere Marina Romea per molti fattori: l’erosione costiera che assottiglia la fascia dunale adibita alla ricarica di acqua dolce, un’estensione spaziale della duna minore rispetto a Porto Corsini, la presenza di infrastrutture turistiche che hanno frazionato la duna, la vicinanza al canale di drenaggio che causa la risalita delle acque profonde saline, la presenza di specie arboree idro-esigenti che attingono e quindi assottigliano le lenti d’acqua dolce. Si propone di migliorare la qualità dell’acqua sotterranea con una migliore gestione del canale di drenaggio, sostituendo alcuni esemplari di pinacee con specie arbustive tipiche degli ambienti dunosi ed infine imponendo misure per il risparmio idrico durante la stagione turistica.
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Lo studio ha lo scopo di analizzare la fluidodinamica di una caldaia di un co-inceneritore presente a Widmerpool (Nottingham, UK) costruito dall'azienda "STC Power, s.r.l.". L'obiettivo è analizzare profili di velocità, temperatura, densità, calore scambiato e tempo di residenza lungo il bruciatore del suddetto impianto per valutare la possibilità di formazione gas nocivi, come le diossine, durante il processo di combustione. Per la generazione della mesh per le simulazioni fluidodinamiche si sono utilizzati due differenti software: Salome (software open source) e starCCM+ (software con licenza). In particolare sono state prodotte due mesh differenti attraverso Salome. I risultati ottenuti dalle simulazioni con le due mesh sono stati messi a confronto con i risultati prodotti dalla simulazione con la mesh di starCCM+ per provare l'utilizzabilità di software open source anche nei casi ingegneristici reali. Nello studio si discusso inizialmente degli inceneritori a biomassa in maniera generale per poi concentrarsi sulle possibili emissioni che possono essere prodotte da un impianto di questo tipo e sui sistemi di controllo della combustione e abbattimento dei fumi. Si è descritto successivamente l'impianto analizzato e le condizioni di funzionamento analizzate. Sono stati descritti inoltre il metodo di costruzione delle tre diverse meshes, il solutore utilizzato e come sono state impostate le condizioni a contorno. Infine sono stati riportati i risultati e le conclusioni che hanno riportato una temperatura adatta all'abbattimento degli NOx alla'altezza dell'SNCR, tempi di residenza medi conformi con le normative e profili di temperature e velocità corrispondenti a quelle aspettate dalla caldaia. Infine si sono analizzate le differenze tra i risultati ottenuti dalle tre simulazioni con le diverse meshes.
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Introduzione : Plinio il Giovane erogò una somma di denaro per costruire una biblioteca e assicurarne il funzionamento. Una cittadina donò al Municipio di Balerna due case di appartamenti con lo scopo di mantenervi pigioni moderate e di mettere i vani a disposizione quale abitazione primaria per la popolazione del Comune. Questi due esempi illustrano casi di donazioni gravate da un onere. Da essi si evince che la donazione modale consta di due elementi: un dono e una finalità posta allo stesso. Una tale donazione esemplifica l'idea di alterità dell'unità, come Giano - dio del Pantheon romano - il quale è rappresentato con due volti, che gli permettevano di vedere il passato e di scrutare il futuro. Così, il presente lavoro - anch'esso paradigma dell'alterità dell'unità - si prefigge lo scopo di creare un ponte tra il passato e il potenziale futuro, sulla scorta anche di testi filosofici e letterari, senza tacere la sua dimensione giuridica. Un'invocazione a Giano si giustifica: anche Seneca, nel suo canzonatorio poema sulla trasformazione in zucca dell'imperatore Claudio - l'Apocolocintosi - narra che il dio patrocinò l'interessato, siccome abile oratore e aduso all'arte forense poiché i suoi due volti indicano in senso metaforico - e ironico - la capacità di esaminare le questioni sotto tutti i loro aspetti. Ciò posto, giovi considerare che la donazione modale è costituita di due scorciatoie cognitive che espongono la sua alterità: l'una, il dono, rimanda all'idea di gratuità, di benevolenza, di amicizia, di reciprocità; l'altra, l'onere, riconduce all'onerosità, allo scambio, al contratto, alla commutatività. Così, per enucleare l'unità della donazione gravata da un onere occorre chinarsi sulla sua alterità e percorrere i cammini che essa propone: la gratuità e l'onerosità, per poi ridurre gli esiti nell'unitarietà dell'istituto. Il presente lavoro vaglia invero la donazione modale. Esso è nondimeno condito di riflessioni più generali inerenti alla teoria dei contratti e alla filosofia del diritto, in una digressione temporale che dal diritto romano porta al diritto svizzero, passando per alcuni glossatori e umanisti e, anche, attraverso alcune legislazioni regionali del XIX secolo. Donde un lavoro che, in ultima analisi, abbraccia più tematiche, suddivise come esposto in appresso. Il primo capitolo, di introduzione al tema, è un compendio della terminologia latina del dono, ottenuto individuando esempi addotti dalle fonti giuridiche e fatti narrati da scrittori latini. Dacché la legge si palesa mediante uno scritto insieme di segni che esprimono concetti - mi è parso opportuno soffermarmi sulle sfaccettature linguistiche del "dono". La società romana era tributaria di molteplici rapporti di amicizia, i cui contenuti hanno poi dato adito ai cosiddetti contratti gratuiti. A Roma, la gratuità era un concetto bicefalo. Esisteva una gratuità propriamente detta e una gratuità qualificata di lucrativa. L'una escludeva l'altra. Esse godevano di un campo d'applicazione autonomo e indipendente. Queste due nozioni sono l'oggetto del secondo capitolo. Dato che la donazione modale è una commistione tra gratuità e onerosità, dopo aver esposto i criteri della gratuità, il terzo capitolo si incentra sull'analisi del modus testamentario e del concetto di donazione remuneratoria. Lungo le pagine del quarto capitolo, preludio al nucleo stesso della tesi, si tratteggia lo sviluppo giuridico della donazione nel diritto romano: da causa di atti a contratto indipendente. Dopo avere tracciato i contorni degli elementi che si fondono nel concetto di donazione gravata da un onere (dono, gratuità, onerosità), il quinto capitolo contiene la base del presente studio: l'analisi della donazione modale. Assemblando i risultati emersi nei capitoli precedenti, si definisce e si delimita questo istituto, si elabora la sua maturazione storica e concettuale. L'incedere della tesi, in ambito svizzero, segue quasi pedissequamente la struttura romanistica del primo titolo. Dopo una presentazione di alcune legislazioni del XIX secolo, nel preludio, il secondo capitolo si concentra sulla nozione di gratuità, quale può essere estrapolata dal Codice civile, dal Codice delle obbligazioni e dalla Legge federale sulla esecuzione e sul fallimento. Il terzo capitolo tratta dell'onerosità, limitata al Codice civile e, principalmente, all'onere successorio. La tesi si chiude, nel quarto capitolo, con una digressione sulla donazione gravata da un onere nel diritto svizzero. In questo lavoro i quesiti di fondo, cui si cerca di fornire una risposta, riguardano la natura e la struttura dell'istituto in esame: di che tipo di contratto si tratta? È gratuito, lucrativo o oneroso? Come risponde il donatario inadempiente? Permettetemi un'avvertenza preliminare: i testi letterari, giuridici e filosofici su cui poggia il primo titolo sono vecchi di un paio di millenni, e, prima di giungere nelle nostre biblioteche e nelle nostre case, hanno subito un percorso tortuoso. Alcuni sono stati alterati, altri modificati. Errori di trascrizione si sommano ad adeguamenti alle nuove realtà storiche. Ciò premesso, i testi letterari e filosofici sono presentati nelle versioni indicate nelle pagine della bibliografia e non sono stati l'oggetto di particolari attenzioni interpolazionistiche, critiche che affiorano tuttavia per i frammenti giuridici più interessanti per il presente lavoro.
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Lo studio riportato in questa tesi ha come scopo l’osservazione e la comprensione dei processi molecolari associati alla deposizione di CaCO3 nei polimorfi di calcite e aragonite nel mollusco gasteropode Haliotis rufescens. In particolare l’attenzione si è focalizzata sullo strato glicoproteico (green layer) che si trova inserito all’interno dell’ipostraco o strato madreperlaceo. Studi precedenti suggeriscono l’ipotesi che il green layer sia una struttura polifunzionale che svolge un ruolo attivo nell’induzione di crescita dei cristalli di carbonato di calcio nella conchiglia. All’analisi microscopica il green layer si presenta come un foglietto trilaminato. Sugli strati esterni è depositata aragonite nella forma prismatica da una parte e sferulitica dall’altra. All’interno è racchiuso un core proteico, formato da glicoproteine e ricco di chitina. Questa struttura tripartita conferisce al guscio calcareo nuove proprietà meccaniche, come la resistenza alle fratture molto maggiore rispetto al minerale naturale. Il green layer è stato trattato in ambiente alcalino, l’unico in grado di solubilizzarlo. È stato ottenuto del materiale proteico che è stato caratterizzato utilizzando SDS-PAGE, colorato con Blu Comassie e all’argento per visualizzarne la componente peptidica. Il green layer è fluorescente, sono state quindi eseguite analisi spettroscopiche sull’estratto peptidico per determinarne le proprietà chimo fisiche (dipendenza dal pH dell’intensità di fluorescenza). Sono stati eseguiti esperimenti di crescita dei cristalli di CaCO3 in ambiente saturo di CaCl2 in assenza e presenza del peptide e in assenza e presenza di Mg++. I cristalli sono stati osservati al microscopio elettronico a scansione (SEM) e al microscopio confocale. Da un punto di vista spettroscopico si osserva che, eccitando l’estratto alcalino del green layer a 280 nm e 295 nm, lunghezze d’onda caratteristiche degli aminoacidi aromatici, si ottiene uno spettro di emissione che presenta una forte banda centrata a 440 nm e una spalla a circa 350 nm, quest’ultima da ascrivere all’emissione tipica di aminoacidi aromatici. L’emissione di fluorescenza dell’estratto dal green layer dipende dal pH per tutte le bande di emissione; tale effetto è particolarmente visibile per lo spettro di emissione a 440 nm, la cui lunghezza d’onda di emissione e l’intensità dipendono dalla ionizzazione di aminoacidi acidi (pKa = 4) e dell’istidina (pKa = 6.5 L’emissione a 440 nm proviene invece da un’eccitazione il cui massimo di eccitazione è centrato a 350 nm, tipica di una struttura policiclica aromatica. Poiché nessun colorante estrinseco viene isolato dalla matrice del green layer a seguito dei vari trattamenti, tale emissione potrebbe derivare da una modificazione posttraduzionale di aminoacidi le cui proprietà spettrali suggeriscono la formazione di un prodotto di dimerizzazione della tirosina: la ditirosina. Questa struttura potrebbe essere la causa del cross-link che rende resistente il green layer alla degradazione da parte di agenti chimici ed enzimatici. La formazione di ditirosina come fenomeno post-traduzionale è stato recentemente acquisito come un fenomeno di origine perossidativa attraverso la formazione di un radicale Tyr ed è stato osservato anche in altri organismi caratterizzati da esoscheletro di tipo chitinoso, come gli insetti del genere Manduca sexta. Gli esperimenti di cristallizzazione in presenza di estratto di green layer ne hanno provato l’influenza sulla nucleazione dei cristalli. In presenza di CaCl2 avviene la precipitazione di CaCO3 nella fase calcitica, ma la conformazione romboedrica tipica della calcite viene modificata dalla presenza del peptide. Inoltre aumenta la densità dei cristalli che si aggregano a formare strutture sferiche di cristalli incastrati tra loro. Aumentando la concentrazione di peptide, le sfere a loro volta si uniscono tra loro a formare strutture geometriche sovrapposte. In presenza di Mg++, la deposizione di CaCO3 avviene in forma aragonitica. Anche in questo caso la morfologia e la densità dei cristalli dipendono dalla concentrazione dello ione e dalla presenza del peptide. È interessante osservare che, in tutti i casi nei quali si sono ottenute strutture cristalline in presenza dell’estratto alcalino del green layer, i cristalli sono fluorescenti, a significare che il peptide è incluso nella struttura cristallina e ne induce la modificazione strutturale come discusso in precedenza. Si osserva inoltre che le proprietà spettroscopiche del peptide in cristallo ed in soluzione sono molto diverse. In cristallo non si ha assorbimento alla più corta delle lunghezze d’onda disponibili in microscopia confocale (405 nm) bensì a 488 nm, con emissione estesa addirittura sino al rosso. Questa è un’indicazione, anche se preliminare, del fatto che la sua struttura in soluzione e in cristallo è diversa da quella in soluzione. In soluzione, per un peptide il cui peso molecolare è stimato tra 3500D (cut-off della membrana da dialisi) e 6500 D, la struttura è, presumibilmente, totalmente random-coil. In cristallo, attraverso l’interazione con gli ioni Ca++, Mg++ e CO3 -- la sua conformazione può cambiare portando, per esempio, ad una sovrapposizione delle strutture aromatiche, in modo da formare sistemi coniugati non covalenti (ring stacking) in grado di assorbire ed emettere luce ad energia più bassa (red shift).
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Lo studio effettuato verte sulla ricerca delle cave storiche di pietra da taglio in provincia di Bologna, facendo partire la ricerca al 1870 circa, data in cui si hanno le prime notizie cartacee di cave bolognesi. Nella ricerca si è potuto contare sull’aiuto dei Dott. Stefano Segadelli e Maria Tersa De Nardo, geologi della regione Emilia-Romagna, che hanno messo a disposizione la propria conoscenza e le pubblicazioni della regione a questo scopo. Si è scoperto quindi che non esiste in bibliografia la localizzazione di tali cave e si è cercato tramite l’utilizzo del software ArcGIS , di georeferenziarle, correlandole di informazioni raccolte durante la ricerca. A Bologna al momento attuale non esistono cave di pietra da taglio attive, così tutte le fonti che si sono incontrate hanno fornito dati parziali, che uniti hanno permesso di ottenere una panoramica soddisfacente della situazione a inizio secolo scorso. Le fonti studiate sono state, in breve: il catasto cave della regione Emilia-Romagna, gli shape preesistenti della localizzazione delle cave, le pubblicazioni “Uso del Suolo”, oltre ai dati forniti dai vari Uffici Tecnici dei comuni nei quali erano attive le cave. I litotipi cavati in provincia sono quattro: arenaria, calcare, gesso e ofiolite. Per l’ofiolite si tratta di coltivazioni sporadiche e difficilmente ripetibili dato il rischio che può esserci di incontrare l’amianto in queste formazioni; è quindi probabile che non verranno più aperte. Il gesso era una grande risorsa a fine ‘800, con molte cave aperte nella Vena del Gesso. Questa zona è diventata il Parco dei Gessi Bolognesi, lasciando alla cava di Borgo Rivola il compito di provvedere al fabbisogno regionale. Il calcare viene per lo più usato come inerte, ma non mancano esempi di formazioni adatte a essere usate come blocchi. La vera protagonista del panorama bolognese rimane l’arenaria, che venne usata da sempre per costruire paesi e città in provincia. Le cave, molte e di ridotte dimensioni, sono molto spesso difficili da trovare a causa della conseguente rinaturalizzazione. Ci sono possibilità però di vedere riaprire cave di questo materiale a Monte Finocchia, tramite la messa in sicurezza di una frana, e forse anche tramite la volontà di sindaci di comunità montane, sensibili a questo argomento. Per avere una descrizione “viva” della situazione attuale, sono stati intervistati il Dott. Maurizio Aiuola, geologo della Provincia di Bologna, e il Geom. Massimo Romagnoli della Regione Emilia-Romagna, che hanno fornito una panoramica esauriente dei problemi che hanno portato ad avere in regione dei poli unici estrattivi anziché più cave di modeste dimensioni, e delle possibilità future. Le grandi cave sono, da parte della regione, più facilmente controllabili, essendo poche, e più facilmente ripristinabili data la disponibilità economica di chi la gestisce. Uno dei problemi emersi che contrastano l’apertura di aree estrattive minori, inoltre, è la spietata concorrenza dei materiali esteri, che costano, a parità di qualità, circa la metà del materiale italiano. Un esempio di ciò lo si è potuto esaminare nel comune di Sestola (MO), dove, grazie all’aiuto e alle spiegazioni del Geom. Edo Giacomelli si è documentato come il granito e la pietra di Luserna esteri utilizzati rispondano ai requisiti di resistenza e non gelività che un paese sottoposto ai rigori dell’inverno richiede ai lapidei, al contrario di alcune arenarie già in opera provenienti dal comune di Bagno di Romagna. Alla luce di questo esempio si è proceduto a calcolare brevemente l’ LCA di questo commercio, utilizzando con l’aiuto dell’ Ing. Cristian Chiavetta il software SimaPRO, in cui si è ipotizzato il trasporto di 1000 m3 di arenaria da Shanghai (Cina) a Bologna e da Karachi (Pakistan) a Bologna, comparandolo con le emissioni che possono esserci nel trasporto della stessa quantità di materiale dal comune di Monghidoro (BO) al centro di Bologna. Come previsto, il trasporto da paesi lontani comporta un impatto ambientale quasi non comparabile con quello locale, in termini di consumo di risorse organiche e inorganiche e la conseguente emissione di gas serra. Si è ipotizzato allora una riapertura di cave locali a fini non edilizi ma di restauro; esistono infatti molti edifici e monumenti vincolati in provincia, e quando questi devono essere restaurati, dove si sceglie di cavare il materiale necessario e rispondente a quello già in opera? Al riguardo, si è passati attraverso altre due interviste ai Professori Francesco Eleuteri, architetto presso la Soprintendenza dei Beni Culturali a Bologna e Gian Carlo Grillini, geologo-petrografo e esperto di restauro. Ciò che è emerso è che effettivamente non esiste attualmente una panoramica soddisfacente di quello che è il patrimonio lapideo della provincia, mancando, oltre alla georeferenziazione, una caratterizzazione minero-petrografica e fisico-meccanica adeguata a poter descrivere ciò che veniva anticamente cavato; l’ipotesi di riapertura a fini restaurativi potrebbe esserci, ma non sembra essere la maggiore necessità attualmente, in quanto il restauro viene per lo più fatto senza sostituzioni o integrazioni, tranne rari casi; è pur sempre utile avere una carta alla mano che possa correlare l’edificio storico con la zona di estrazione del materiale, quindi entrambi i professori hanno auspicato una prosecuzione della ricerca. Si può concludere dicendo che la ricerca può proseguire con una migliore e più efficace localizzazione delle cave sul terreno, usando anche come fonte il sapere della popolazione locale, e di procedere con una parte pratica che riguardi la caratterizzazione minero-petrografica e fisico-meccanica. L’utilità di questi dati può esserci nel momento in cui si facciano ricerche storiche sui beni artistici presenti a Bologna, e qualora si ipotizzi una riapertura di una zona estrattiva.
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Il presente studio ha come obiettivi l’analisi, la modellazione numerica e la caratterizzazione del rischio idrogeologico di due siti dell’Appennino bolognese interessati negli ultimi due anni da colate detritiche, Serraglio (Comune di Castiglione dei Pepoli) e Chiapporato (Comune di Camugnano). Lo studio è stato condotto in collaborazione con il Servizio Tecnico di Bacino Reno della Regione Emilia-Romagna, che ha reso disponibile la documentazione relativa ai due eventi analizzati. I predetti eventi possono esser definiti “anomali” in relazione sia alla loro collocazione – essendo il fenomeno delle colate detritiche diffuso principalmente in aree montuose caratterizzate da un’altitudine media rilevante, come l’arco alpino – sia al fatto che non sono né catalogati né ricordati a memoria d’uomo eventi, in tali località, precedenti a quelli in esame. Il rischio idrogeologico, indotto dalla possibilità non remota di nuovi eventi, è dato non dal volume o dall’area interessata dai fenomeni, ma piuttosto dall’estrema velocità caratterizzante le colate detritiche, appunto definite come manifestazioni parossistiche lungo la rete idrografica secondaria con trasporto in massa di sedimenti. L’analisi effettuata ha anche fornito l’occasione per effettuare un confronto tra due realtà, quella di Serraglio e quella di Chiapporato, accomunate dalla stessa tipologia di evento, ma differenti in relazione all’uso del suolo, alle caratteristiche geomorfologiche e alle modalità di propagazione nel corso dell’evento. L’abitato di Serraglio, sito nella frazione di Baragazza, è stato colpito da una colata detritica il 20 gennaio 2009. Da un punto di vista geologico e geomorfologico la località è sovrastata da un versante boscato notevolmente acclive, caratterizzato dall’affioramento della cosiddetta Formazione di Cervarola: tali rocce, appartenenti alla categoria delle arenarie e solitamente presenti in strati compatti, in seguito alla naturale degradazione dovuta agli agenti atmosferici hanno dato luogo ad un detrito composto da blocchi e ciottoli di varia dimensione immersi in una matrice sabbiosa. Il distacco è avvenuto proprio in questo materiale detritico, reso instabile dal notevole apporto pluviometrico verificatosi nei giorni precedenti. La colata, sviluppatasi in seguito alla fluidificazione del materiale coinvolto in uno scivolamento di detrito di ridotta volumetria, si è incanalata in uno dei rii effimeri che drenano il versante con traiettorie tra loro pseudo parallele. Il debris flow, accelerato da un dislivello complessivo di 125 m, ha poi raggiunto due abitazioni, fortunatamente non abitate al momento dell’evento, depositando uno spessore detritico di oltre 1,5 m nella zona di transito prima di proseguire verso valle nella sua frazione più fine, incanalandosi di fatto lungo lo stradello asfaltato di accesso alle abitazioni e interessando la strada provinciale che collega Castiglione dei Pepoli all’uscita autostradale di Roncobilaccio. Da un punto di vista meteo-climatico il mese di gennaio 2009 è stato caratterizzato da precipitazioni fortemente superiori alla media, accompagnate da una ridotta insolazione. La continua oscillazione dello zero termico tra 0 e 900 m ha dato luogo alla formazione di uno spessore nivale al suolo di circa 20 cm tre giorni prima dell’evento e poi al suo rapido scioglimento contestualmente all’aumento termico, dato dalla risalita di aria calda umida di origine africana, accompagnata da quella perturbazione che ha poi di fatto innescato il fenomeno. Nelle 48 ore precedenti l’evento sono stati registrati apporti nivo-pluviometrici corrispondenti ad oltre 130 mm, che hanno causato la completa saturazione del detrito superficiale, l’innesco dello scivolamento di detrito e la sua successiva fluidificazione. Il distacco del materiale detritico, la sua movimentazione e la notevole erosione che ha caratterizzato l’alveo del rio durante il fenomeno – quantificata mediamente in 20 cm – sono state favorite dalle mediocri condizioni di salute del castagneto che copre il versante interessato dall’evento: la totale assenza di manutenzione e l’abbandono della coltivazione “a pali” del bosco hanno inibito la naturale funzione stabilizzante del boscato, trasformatosi da fattore inibente a fattore predisponente il fenomeno. La seconda colata detritica analizzata ha invece interessato la strada comunale che collega la frazione di Stagno all’abitato di Chiapporato, splendida borgata cinquecentesca, frequentata soprattutto da turisti ed escursionisti durante la stagione estiva. Il versante sede della colata, occorsa in data 8 novembre 2010, è caratterizzato da numerosi affioramenti della cosiddetta Formazione di Stagno, arenarie intervallate da strati marnoso-pelitici. Tale litotipo, soggetto alla naturale degradazione indotta dagli agenti atmosferici, origina un detrito composto da massi e ciottoli, raccoltisi, nell’area in esame, in un canalone posto ai piedi di una scarpata pseudo verticale delimitante il pianoro di “Val di Sasso”. Tale materiale detritico è stato poi fluidificato dalle abbondanti piogge, depositando, dopo oltre 320 metri di dislivello, circa un metro di detrito sul piano stradale per poi proseguire la sua corsa verso il Torrente Limentra e il Bacino di Suviana. L’evento è stato innescato da precipitazioni intense e persistenti che hanno depositato al suolo oltre 69 mm di pioggia in 25 ore. Nel mese precedente il fenomeno sono stati misurati oltre 530 mm di pioggia, quantitativi superiori alla media climatologica, che hanno sicuramente accelerato anche la degradazione della scarpata e l’accumulo di detriti nell’area sorgente. Le colate sopra descritte sono state poi simulate utilizzando il modello DAN-W (Dynamic ANalysis) del prof. Oldrich Hungr della University of British Columbia (Canada). Tale modello si basa su una discretizzazione della massa movimentata tramite il metodo degli “elementi di contorno” e sulla soluzione alle differenze finite di tipo Lagrangiano dell’equazione di De Saint Venant. L’equazione del moto, integrata verticalmente, è applicata a colonne strette di flusso (elementi di contorno). L’equazione di continuità è invece risolta riferendosi agli elementi di massa delimitati dai predetti elementi di contorno. Il numero di incognite principali eguaglia il numero di equazioni disponibili ed il problema è quindi completamente determinato. Gli altri parametri caratterizzanti la colata sono determinati tramite interpolazioni basate sull’ipotesi che sia la superficie del flusso sia quella della traiettoria siano ragionevolmente lisce. La soluzione è esplicita ed avviene per step temporali successivi. Al fine della determinazione dei parametri l’utilizzatore ha la possibilità di scegliere tra vari modelli reologici, quantificanti il termine di resistenza caratterizzante il moto. Su indicazione dell’autore del modello sono stati utilizzati il modello frizionale e quello di Voellmy, che, in casi simili, forniscono risultati più realistici (in relazione alla modellizzazione di colate di detrito). I parametri utilizzati per la calibrazione sono lo spessore di detrito depositato sul piano stradale, nel caso di Chiapporato, e a tergo della prima abitazione investita dalla colata nel caso di Serraglio, unitamente alla massima distanza raggiunta dai detriti. I risultati ottenuti utilizzando il modello reologico frizionale mostrano profili di velocità scarsamente rappresentativi, con una costante sovrastima della stessa, a fronte di una migliore capacità descrittiva degli spessori accumulatisi. Il modello di Voellmy ha invece prodotto andamenti di velocità più realistici, confrontabili con i valori forniti dalla letteratura internazionale, riuscendo al contempo a quantificare con precisione l’accumulo di detrito rilevato a seguito degli eventi. I valori dei parametri utilizzati nella modellazione sono stati ricavati dalle indicazioni dell’autore del modello affiancate dai range resi disponibili dalla letteratura. Entrambe le caratterizzazioni reologiche sono poi state oggetto di un’analisi di sensitività ai fini di quantificare il peso dei parametri utilizzati. Il modello frizionale si è rivelato particolarmente sensibile all’andamento del coefficiente di attrito basale e al coefficiente di pressione dei pori, con un lieve preponderanza del primo, mentre il modello reologico di Voellmy si è mostrato fortemente influenzato dal coefficiente di turbolenza e dal coefficiente di attrito, pressoché paritari nell’effettivo condizionamento dei risultati. Gli output ottenuti simulando l’evento di Serraglio sono risultati generalmente meno realistici di quelli ricavati nel caso di Chiapporato: ciò è probabilmente dovuto alle caratteristiche reologiche proprie del fenomeno occorso a Serraglio, classificabile come un ibrido tra un mud flow e un debris flow. Sono state infine avanzate proposte di intervento e di monitoraggio dei siti indagati, al fine di una mitigazione del rischio idrogeologico gravante sulle aree esaminate. Il caso di Serraglio presenta, a parere dello scrivente, un rischio idrogeologico più elevato, se paragonato a quello presente a Chiapporato, dati la vicinanza ad un centro abitato e lo status quo caratterizzante il versante sede del dissesto. Nei circa 18 mesi trascorsi dopo l’evento è stato possibile rilevare un progressivo ampliamento della nicchia di distacco dello scivolamento, poi evolutosi in colata con andamento tipicamente retrogressivo. Lo stato della vegetazione permane in condizioni problematiche, con frequenti ribaltamenti e sradicamenti (processi noti in letteratura come chablis) dei castagni presenti, con un conseguente aumento dell’erosione superficiale del versante e l’apporto detritico all’interno del rio. Tale detrito è poi trattenuto all’interno dell’alveo da una serie di briglie naturali formatesi a seguito della caduta di varie piante all’interno del canale stesso a causa del passaggio del debris flow o a fenomeni di chablis. La forte sovraescavazione occorsa in occasione della colata ha poi favorito l’innesco di una serie di piccoli scivolamenti superficiali confluenti nel rio stesso, anch’essi apportatori di detrito, ingrediente principale per un nuovo debris flow. È inoltre da notare come la zona di runout è tuttora parzialmente occupata dal detrito depositatosi a seguito dell’evento: tale configurazione, causando di fatto una riduzione della potenziale area di “sfogo” di un nuovo debris flow, acuisce il rischio di un’estensione areale verso valle degli effetti di un nuovo fenomeno, con un conseguente possibile maggior coinvolgimento dell’abitato di Serraglio. È stato quindi proposto di attuare un’adeguata regimazione dell’area boschiva caratterizzante il versante, unitamente ad una regimazione fluviale del rio, tramite la realizzazione di briglie in legno e pietrame – essendo l’area non cantierabile – e la rimozione degli accumuli detritici in seno all’alveo stesso. La nicchia di distacco principale e le nicchie secondarie dovranno poi essere oggetto di opportuna stabilizzazione. Più a valle è stata suggerita la rimozione dell’accumulo detritico presente nell’area di runout e la realizzazione di un’adeguata opera di ricezione delle acque del rio e di eventuali nuove colate: a tal fine si è ipotizzato il ripristino dell’antico alveo, successivamente deviato e tombato per permettere l’edificazione dell’abitazione poi investita dalla colata. È stato inoltre proposto un monitoraggio attraverso l’installazione di un pluviometro, tarato con opportune soglie di allarme, dotato di datalogger e modem GPRS al fine di comunicare in tempo reale, ai tecnici incaricati e agli abitanti, un eventuale superamento della soglia di allarme. Il caso di Chiapporato è invece caratterizzato da problematiche connesse al rischio idrogeologico meno rilevanti di quelle presenti a Serraglio. Ciò è dovuto allo scarso traffico caratterizzante la strada comunale e all’assenza di altri edifici o infrastrutture potenzialmente coinvolgibili da un nuovo evento. La probabilità del verificarsi di una nuova colata è però concreta, considerata la forte erosione caratterizzante il versante: trascorsi sei mesi dall’evento, è stato possibile rilevare nell’area sorgente un accumulo medio di detrito di circa mezzo metro di spessore. Le cause del dissesto, a differenza di Serraglio, non sono in alcun modo imputabili all’azione antropica: si tratta infatti della naturale evoluzione del versante sovrastante il piano stradale. Si propone quindi la collocazione di cartelli stradali indicanti il pericolo di caduta massi e colate detritiche agli automobilisti e ai pedoni, unitamente all’installazione di un cavo a strappo posto lungo l’alveo torrentizio collegato ad un semaforo dislocato nei pressi del guado della strada comunale sul rio Casale. L’eventuale verificarsi di un nuovo evento comporterebbe la lacerazione del cavo installato e l’attivazione del semaforo – e di un eventuale allarme acustico – con conseguente inibizione del traffico stradale in occasione del transito del debris flow. Nel contesto geologico e geomorfologico dell’Appennino tosco-emiliano i debris flow rappresentano una tipologia di dissesto da frana poco diffusa, ma comunque potenzialmente presente nelle aree dove i processi di alterazione e degradazione degli ammassi rocciosi affioranti generino accumuli di detrito e in condizioni morfologiche caratterizzate da elevate pendenze dei versanti. Questo studio ha permesso di approfondire la conoscenza di questi fenomeni, che presentano una magnitudo notevolmente inferiore rispetto al contesto alpino, ma la cui interferenza con l’attività antropica acuisce notevolmente il rischio idrogeologico nelle zone interessate. Si sottolinea, inoltre, che nell’attuale contesto climatico caratterizzato da sempre più frequenti piogge brevi ed intense ed eventi cosiddetti di rain on snow, la frequenza sia temporale che spaziale di tali fenomeni di dissesto appare destinata ad aumentare, anche in aree in precedenza non interessate.
Resumo:
Il contesto generale nel quale è inserito tale elaborato di tesi è la tecnologia RFID; se ne fa una disamina completa, partendo dalla ricostruzione delle tappe storiche che hanno portato alla sua diffusione. Viene data particolare enfasi alle differenze esistenti tra le varie tipologie, alle frequenze a cui possono operare i dispositivi e agli standard legislativi vigenti. Vengono enunciati inoltre i costi dei dispositivi e le critiche verso la tecnologia. L'obiettivo della tesi è quello di valutare la possibilità di realizzare un meccanismo di monitoraggio a breve raggio di dispositivi dotati di rfid: per questo la visione che si da della tecnologia è il più completa possibile. La prerogativa di lunga durata richiesta dal sistema ha portato a valutare se potesse essere utile integrare un meccanismo di recupero energia; per questo si prosegue con una disamina dell'energy harvesting, fornendo dettagli su tutte le fonti da cui è possibile recuperare energia e casi pratici di meccanismi realizzati, sia che questi siano già presenti sul mercato, sia che siano solo risultati di ricerche e prototipi. Si conclude quindi il lavoro valutando le effettive possibilità di realizzazione del sistema, evidenziando le scelte consigliate per una migliore esecuzione.