996 resultados para architettura, Bodenschatz, Städtebau,


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The book analyzes the history of Japanese Architecture between Nara Period (710-784) and Meiji Period (1867-1912). The book is organized in two part: "The History" and "The Cultural Heritage" with a reflexion about the restoration of the Temples and Shrines. The book is the result of an international research work at the Kyoto University.

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Villa Adriana presenta un ampio spettro di possibili casi studio finalizzati ad approfondire il tema della documentazione e della catalogazione dei Beni Culturali. La diffusione della rete Internet ha oggi determinato la necessità di gestire le informazioni in forma distribuita. Nel settore dei B.C., per anni le informazioni relative agli stessi venivano riassunte in schede, “beni schedati” per l’appunto, in modo da facilitarne la consultabilità e l’organizzazione manuale. Nel primo periodo della informatizzazione il processo è stato perfettamente uguale: schede, unità di misura e campi rimasero gli stessi, ma digitalizzati. È chiaro che oggi un sistema del genere appare poco appropriato rispetto alle proprietà dei sistemi digitali, per consentirne lo studio e/o la fruizione. Quindi è nata l’esigenza di migliorare la gestione dei dati raccolti e aggiornare la scheda tenendo conto dell’esperienza sia di coloro che lavorano nel campo della catalogazione dei beni culturali sia di coloro che operano nelle Soprintendenze e nelle Università. Tutto ciò ha spinto il Ministero per i Beni e le Attività Culturali a pensare una soluzione al fine di creare un processo evolutivo dei cittadini. L’“innovazione tecnologica”, oltre ad essere un’implementazione di una nuova regola organizzativa, miglio9ra il supporto alla salvaguardia dei beni artistici e archeologici, mettendo a disposizione dei tecnici delle soprintendenze e delle forze dell’ordine strumenti che semplificano l’attività nella tutela del patrimonio culturale. È innegabile il fatto che oggi i nuovi “media” siano il fulcro di un “movimento” verso i modelli rinnovati di comunicazione della conoscenza che offrono le forme più rapide e immediate dell’offerta culturale. Il sistema informativo permette di incrociare le informazioni di carattere tecnico con i dati relativi alla conoscenza del bene e alla sua storia, mettendoli in relazione alla specifica area a cui si riferiscono.

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Lo scopo del lavoro è stato progettare una scheda di controllo in grado di concedere una buona flessibilità per il controllo di azionamenti elettrici, capace di interfacciarsi con configurazioni multi-livello, multifase e dual-motor. La progettazione è stata sviluppata con supporto di CAD elettronici commerciali. La scheda presenta tre parti fondamentali. Due unità di controllo identiche per permettere l’interfacciamento con più configurazioni, nelle quali sono realizzate tutte le funzioni di controllo, ed un’unità chiamata PL2 per la rielaborazione dati di tipologia unicamente automobilistica. E’ stato inoltre realizzato l’interfacciamento e l’assemblaggio con altre due schede elettroniche dedite all’attuazione dei segnali di controllo e alla gestione e rielaborazione dei segnali di veicolo.

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L’ingegneria dei tessuti molli, quali il miocardio, sta sempre più emergendo come approccio alternativo alle terapie tradizionali. In questo ambito, i poliesteri costituiscono una classe di polimeri promettente, poiché le variegate strutture chimiche che li caratterizzano permettono di soddisfare un’ampia gamma di esigenze. Negli ultimi anni, l’attenzione della ricerca si è incentrata sul poli(butilene succinato)(PBS). Il PBS, tuttavia, possiede proprietà meccaniche non ottimali per l’ingegneria dei tessuti molli; inoltre i tempi di degradazione sono lunghi; ciò è dovuto al grado di cristallinità e all’idrofobicità, entrambi elevati. Nell’ottica di migliorare le proprietà non soddisfacenti di tale omopolimero, sono stati sintetizzati e caratterizzati nuovi copoliesteri alifatici a base di PBS biocompatibili e biodegradabili. In particolare, sono stati realizzati un copolimero a blocchi e uno statistico a base di Pripol 1009, un diacido commerciale (Croda), e un copolimero a blocchi a base di neopentil glicole, valutando sia l’effetto del tipo di comonomero introdotto nel PBS (Pripol 1009 vs. neopentil glicole) che quello dell’architettura molecolare (copolimero statistico vs. copolimero multiblocco). I materiali sintetizzati sono stati processati in forma di film attraverso pressofusione e di scaffold tramite elettrofilatura. Oltre alla caratterizzazione molecolare, film e scaffold sono stati sottoposti anche ad analisi termica, diffrattometrica, meccanica e a studi di degradazione idrolitica in condizioni fisiologiche. I risultati ottenuti hanno evidenziato la possibilità di modulare sia le proprietà meccaniche che la velocità di degradazione in condizioni fisiologiche. Tutti i copolimeri, infatti, presentano caratteristiche di elastomeri termoplastici e dei profili di degradazione variabili rispetto all’omopolimero, che li rendono adatti per applicazioni nel campo dell’ingegneria dei tessuti molli.

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Il Museo Monumento al Deportato politico e razziale nel Castello dei Pio a Carpi (MO), a pochi passi dal Campo nazionale della deportazione razziale e politica di Fossoli, è il risultato di un concorso pubblico nazionale bandito nel 1963, frutto dell’impegno civile tra istituzioni, associazioni e intellettuali. Tra questi il gruppo BBPR il quale, in collaborazione con l’artista Renato Guttuso, si aggiudicheranno la vittoria del concorso. Il progetto vincitore, pur apportando alcune modifiche in fase di realizzazione, manterrà la sua impostazione antiretorica, utilizzando un linguaggio rigoroso e astratto. Partendo dalle caratteristiche che rendono quest’opera una struttura unica nel suo genere, obiettivo principale di questa ricerca di Dottorato è quello di restituire una genealogia del Museo Monumento al Deportato politico e razziale dei BBPR, ricostruendo il quadro culturale e politico italiano nel lasso di tempo che intercorre dalla fine della Seconda Guerra Mondiale (1945) e l’anno della sua inaugurazione (1973). Tale approccio metodologico scelto costituisce l’aspetto di novità della ricerca: un punto di vista ancora inedito con cui guardare il Museo-Monumento, differenziandosi, così, dalle più recenti pubblicazioni sullo stesso, le quali si concentrano soprattutto sulle logiche progettuali del Museo. In conclusione, lo scopo di questa tesi è quella di dare una nuova chiave interpretativa al Museo, che sia non solo un arricchimento alla sua conoscenza ma che, altresì, attesti l’esistenza di un’identità, altrettanto unica e irripetibile, della memoria della deportazione nella cultura architettonica italiana presa in esame, frutto di una “cultura condivisa” tra architetti, artisti, scrittori, politici e intellettuali, accumunati dalle tragiche vicende che in quest’opera si vogliono narrare.

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Il presente lavoro si propone di concentrare la propria attenzione sulle terme pubbliche di età tardoantica – considerando l’insieme della letteratura scientifica disponibile e la necessità di un aggiornamento metodologico – comprese nelle provinciae dell’Hellas e di Creta, secondo i confini che possono essere tracciati sulla base del Synekdemos di Hierocles (§ 1). Il territorio di queste provinciae tardoantiche corrisponde all’incirca alle moderne regioni amministrative della Grecia Occidentale, della Grecia Centrale, dell’Attica e del Peloponneso per l’Ellade e dell’isola di Creta. In aggiunta all’indagine sulle caratteristiche architettoniche degli impianti, si è tentato di porre in rilievo le trasformazioni funzionali verificatesi in esse durante e dopo il loro utilizzo primario (§ 2). Oltre che sui singoli edifici (§ 2.1), l’indagine si è rivolta al contesto topografico di appartenenza. Le osservazioni raccolte sull’insieme del territorio descritto sono state inoltre messe a confronto con alcuni casi di studio rappresentati dalle città di Salonicco, Atene, Patrasso, Corinto e Gortina (§ 3). Si è cercato infine di sintetizzare i risultati emersi dalla ricerca, per contestualizzare il fenomeno termale tardoantico nell’ambito del suo sviluppo architettonico, dei mutamenti politici e urbanistici, dell’influenza del processo di cristianizzazione sulla società del periodo (§ 4).

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Questo lavoro di tesi esplora i possibili sviluppi di un'architettura urbana sensibile alle questioni di genere, sotto un prisma femminista intersezionale. Dalla fine degli anni '90, le sperimentazioni in questa direzione hanno cominciato a farsi sempre più numerose, a cominciare dall'esempio pionieristico di Vienna, divenuta città di riferimento per eccellenza. Questa tesi è particolarmente interessata ai progetti sperimentali di Parigi, pur mantenendo una visione comparativa con progetti in altre città europee. In quanto approcci che influenzano l'architettura urbana, vengono esplorati anche le politiche pubbliche e l'attivismo, a livello francese e italiano. Il loro contributo evidenzia il potenziale di reinvenzione simbolica e materiale dell'architettura urbana, passando dal sistema eteropatriarcale verso una maggiore inclusione e giustizia spaziale. Gli interrogativi principali di questo lavoro si basano sull'influenza delle teorie femministe nella pratica professionale di architette·i e urbaniste·i, sul loro ruolo nella trasformazione degli approcci alla città e alla pianificazione urbana, nonché nella trasformazione dell'estetica architettonica e urbana. Attraverso un approccio metodologico situato, riflessivo e interdisciplinare, derivante dalle discipline dell'architettura e dell'urbanistica, il fieldwork svolto ha avuto l'obiettivo di ricercare tendenze, evoluzioni e costanti nei progetti di architettura urbana di genere. Tenendo conto dell'evoluzione temporale delle mentalità sul genere e della consapevolezza sempre più profonda delle questioni femministe, questa tesi assume un approccio critico al Gender Mainstreaming. In aggiunta al pdf della tesi è presente un documento riassuntivo in lingua italiana.

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Decolonizzare il progetto di riqualificazione interrogandosi su chi siano i reali beneficiari dell’intervento, in particolar modo quando si opera all’interno dei délaissés o del Terzo paesaggio (Patrick Bouchain, Forêt des délaissés-Gilles Clemant, Manifesto del Terzo paesaggio), non è solo atto speculativo ma anche etico-politico per un’architettura che ha il dovere di confrontarsi prolificamente con le sfide della contemporaneità. Si sono analizzate le origini e i motivi alla base del pensiero coloniale, oggetto di studio dei post-colonial studies. Gli studi decoloniali cercano di offrire nuove chiavi di lettura per l’individuazione della permanenza delle categorie coloniali nella descrizione dei processi promuovendone la decostruzione. Si evidenzia quindi come la causa ambientalista fatichi a sussistere finché non diventa intersezionale allo sradicamento dei suddetti paradigmi. Si elabora un progetto interspecie nel quale l’architettura si volge a tutti gli esseri viventi, schierandosi apertamente contro coloro che, in nome del profitto, continuano a degradare i beni comuni. Non si tratta di un revival delle esperienze utopiche, ma una presa di coscienza che trasforma la speculazione in pragmatismo, attraverso la messa in discussione di pratiche consolidate all’interno di determinati contesti. Come caso applicativo si è scelto quello dell’ Ex cementificio Marchino, uno fra i tanti esempi di archeologia industriale presenti a Prato. Il complesso abbandonato da più di 60 anni, vede la presenza di fenomeni riappropriativi da parte dell’elemento naturale a tal punto da aver ricostituito al suo interno un personale equilibrio ecosistemico, trasfigurando la cementizia in opera-luogo adatto ad accogliere la biodiversità urbana. La scelta del sito è un atto apertamente provocatorio, in quanto questo - situato alle pendici della Calvana - è oggetto dell’ennesimo fenomeno di speculazione edilizia qualificato, ancora una volta, come intervento di riqualificazione urbana.

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Nell’ambito della Stereo Vision, settore della Computer Vision, partendo da coppie di immagini RGB, si cerca di ricostruire la profondità della scena. La maggior parte degli algoritmi utilizzati per questo compito ipotizzano che tutte le superfici presenti nella scena siano lambertiane. Quando sono presenti superfici non lambertiane (riflettenti o trasparenti), gli algoritmi stereo esistenti sbagliano la predizione della profondità. Per risolvere questo problema, durante l’esperienza di tirocinio, si è realizzato un dataset contenente oggetti trasparenti e riflettenti che sono la base per l’allenamento della rete. Agli oggetti presenti nelle scene sono associate annotazioni 3D usate per allenare la rete. Invece, nel seguente lavoro di tesi, utilizzando l’algoritmo RAFT-Stereo [1], rete allo stato dell’arte per la stereo vision, si analizza come la rete modifica le sue prestazioni (predizione della disparità) se al suo interno viene inserito un modulo per la segmentazione semantica degli oggetti. Si introduce questo layer aggiuntivo perché, trovare la corrispondenza tra due punti appartenenti a superfici lambertiane, risulta essere molto complesso per una normale rete. Si vuole utilizzare l’informazione semantica per riconoscere questi tipi di superfici e così migliorarne la disparità. È stata scelta questa architettura neurale in quanto, durante l’esperienza di tirocinio riguardante la creazione del dataset Booster [2], è risultata la migliore su questo dataset. L’obiettivo ultimo di questo lavoro è vedere se il riconoscimento di superfici non lambertiane, da parte del modulo semantico, influenza la predizione della disparità migliorandola. Nell’ambito della stereo vision, gli elementi riflettenti e trasparenti risultano estremamente complessi da analizzare, ma restano tuttora oggetto di studio dati gli svariati settori di applicazione come la guida autonoma e la robotica.

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L’obiettivo di questa tesi è quello di esplorare l’utilizzo del paradigma Digital Twin in ambito sanitario, specificatamente nella modellazione degli interventi chirurgici e della gestione delle sale operatorie. Questo progetto, svolto in collaborazione con AUSL Romagna, origina dalla necessità delle strutture ospedaliere di avere a disposizione un quadro completo della situazione dei vari interventi che vengono svolti ogni giorno.

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La tesi tratta il tema della rovina e del riuso. L’oggetto sono le rovine del Convento di Penafirme, situate in Portogallo, lo scopo è l’ideazione di un progetto per il loro riutilizzo. Al fine di sviluppare un progetto che rispettil'esistente e ne esalti le qualità, viene condotta un’analisi preliminare. L’analisi è articolata in tre capitoli: il riuso, l’ordine agostiniano e il Convento di Penafirme. Il capitolo sul riuso tratta la storia del restauro in Portogallo, in particolare per quanto riguarda il programma delle Pousadas, riportando alcuni casi studio. Il secondo capitolo riguarda l’ordine agostiniano, con un’introduzione generale sulla storia dell’ordine per passare all’architettura agostiniana e alla struttura claustrale. Il terzo capitolo riguarda lo stato di fatto delle rovine del Convento, la loro storia e la loro collocazione. Infine, tramite lo studio del contesto, lo studio compositivo e l'intervento di trasformazione dell'edificio, viene esposta la metodologia adottata per il progetto.

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Nel cuore della Sicilia, a mille metri d’altezza, svetta, la città di Enna. Dalla storia millenaria, questa roccaforte naturale, ha dato protezione alle differenti dominazioni che si sono susseguite. In questa cittadina, dalla delicata armonia, si è attivato un processo di modernizzazione iniziato con il regime fascista, quando divenne da comune a provincia. Uno sviluppo controllato, anche se con relazioni urbane non proporzionate alla città, a completamento dell’acrocoro del monte. Con il dopoguerra, questa questa crescita futto della speculazione edilizia, che ha portato alla costruzione di grandi e alti edifici residenziali, andando a sgretolare la delicata bellezza della città, che piano piano è stata soppiantata da quella contemporanea. Negli anni ‘70, per un adeguamento funzionale della viabilità, è stato costruito un viadotto, nello storico accesso alla città: questo ha generato una ferita in essa, negando alla città tutto lo spazio al di sotto. La sfida progettuale è stata quindi, da una parte, quella di ridare un volto, un’aspetto urbano a questa parte di città che adesso vuol sembrare uno svincolo autostradale, dall’altra, quella di riappropriarsi dello spazio pubblico. L’intervento trasforma l’infrastruttura, in un’architettura generata dalla città e dalle sue giaciture, frammentando e delimitando lo spazio sotto il ponte, che si configura come una sequenza di spazi concatenati da un percorso. Osservando il viadotto come una struttura incompleta fatta di solo scheletro di pilastri e copertura, il progetto ne costituisce il tamponamento composto dai servizi: l’intervento rafforza e aumenta le funzioni di collegamento pedonale, connettendo le parti di città che in quest’area si trovano a quote differenti, portando il visitatore verso il centro storico.

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L’elaborato di tesi discute del progetto di integrazione tra ROS 2, framework open-source per lo sviluppo di applicazioni robotiche, e VxWorks, sistema operativo in tempo reale (RTOS), attraverso l’utilizzo di container OCI compliant su VxWorks. L’integrazione è stata svolta all’interno dello stack software di IMA (Industria Macchine Automatiche). Il progetto ha dunque integrato ROS 2 Humble e VxWorks 7 permettendo l’utilizzo di costrutti software di ROS 2 su dei container in esecuzione a livello User su VxWorks. Successivamente è stata creata una applicazione di pick and place con un robot antropomorfo (Universal Robots Ur5e) avvalendosi di ROS 2 Control, framework per l’introduzione e gestione di hardware e controllori, e MoveIt 2, framework per incorporare algoritmi di motion-planning, cinematica, controllo e navigazione. Una volta progettata l’applicazione, il sistema è stato integrato all’interno dell’architettura di controllo di IMA. L’architettura a container VxWorks di IMA è stata estesa per il caso ROS 2, la comunicazione tra campo e applicazione ROS 2 è passata tramite il master EtherCAT e il modulo WebServer presenti nell’architettura IMA. Una volta eseguito il container ROS 2 posizione e velocità dei servo motori sono stati inviati tramite al WebServer di IMA sfruttando la comunicazione VLAN interna. Una volta ricevuto il messaggio, il WebServer si è occupato di trasferirlo al master EtherCAT che in aggiunta si è occupato anche di ottenere le informazioni sullo stato attuale del robot. L’intero progetto è stato sviluppato in prima battuta in ambiente di simulazione per validarne l’architettura. Successivamente si è passati all’installazione in ambiente embedded grazie all’ausilio di IPC sui quali è stato testato l’effettivo funzionamento dell’integrazione all’interno dell’architettura IMA.

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This article considers the conditions placed on the autonomous architectural history discipline often understood at stake in Manfredo Tafuri's 1968 book Teorie e storia dell'architettura.

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La Tesi è incentrata sulle figure di D. Dinis e Isabel d’Aragona, reali del Portogallo (fine del XIII-prima metà del XIV secolo), e si focalizza sul processo di creazione e trasmissione della memoria, elaborato e messo in atto dai sovrani nel corso della loro esistenza. L’atto finale di questo annoso processo fu la realizzazione dei loro monumenti funebri creati per essere conservati nella chiesa del monastero cistercense di São Bernardo e São Dinis di Odivelas, la tomba del re, e nella chiesa del monastero di Santa Clara e Santa Isabel di Coimbra, quella della regina. Infatti, in modo del tutto inedito rispetto alla tradizione precedente, i re commissionarono e videro in vita realizzati i sepolcri che avrebbero dovuto preservare la loro memoria per l’Eternità. Essi furono concepiti a priori come parte integrante del progetto monumentale più vasto costituito dagli edifici monastici che li avrebbero dovuti custodire. In tale prospettiva, è stata rivolta particolare attenzione alla storia del monastero di Odivelas, assurto a pantheon della Monarchia, seppure per breve tempo, e al monastero di Coimbra, ultima dimora della regina Isabel una volta fallito il progetto del pantheon reale a causa della guerra civile che sconvolse il regno del Portogallo tra il 1319 e il 1324. Oltre ai sepolcri reali, sono state prese in esame alcune opere di architettura e di scultura legate alla committenza regia – in coppia o individualmente –, in particolare tre tombe coeve, due delle quali destinate ad altrettanti membri della famiglia reale. All’interno di questa Tesi, i monumenti funebri esaminati sono stati considerati non solo come strumento privilegiato per la commemorazione del defunto, ma anche come forieri di un preciso messaggio indirizzato a tutti coloro che avrebbero fruito della loro visione. Così, l’iconografia dei sepolcri è stata analizzata alla luce della spiritualità e della religiosità dei sovrani, oltre che dal punto di vista stilistico e formale. Come premessa allo studio prettamente storico-artistico, inizialmente sono stati approfonditi i rapporti tra il regno del Portogallo e la Sede Apostolica al momento dell’ascesa al trono di D. Dinis e, successivamente, il tema della guerra civile che vide contrapporsi il re e il principe, il futuro Alfonso IV. A questo scopo, integra la Tesi un’Appendice documentaria che presenta 64 documenti, la maggior parte dei quali inediti. Questo studio intende dimostrare come il Portogallo dionisino si collochi pienamente nell’orbita culturale mediterranea e proporre nuove affermazioni, considerazioni ed ipotesi rispetto ai re Dinis e Isabel, alle loro vicende storiche e personali e alla memoria di sé che vollero trasmettere ai posteri.