191 resultados para Espressione genica


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« Dieu est mort » proclame à l’envi le fou nietzschéen. C’est sous l’égide inquiète de cette assertion paroxystique, traduisant ce «malaise de la culture» qu’évoquait Freud, que la pensée, la littérature et l’art du XXe siècle européen évoluent. Cependant, le christianisme dont ce cri signe l’extrême décadence, n’est pas seul à imprégner les productions artistiques de ce siècle, même les plus prétendument athées, mais avant tout la figure du Christ - autour de laquelle sont structurés tant cette religion que son système de croyance – semble, littéralement et paradoxalement, infester l’imaginaire du XXe siècle, sous des formes plus ou moins fantasmatiques. Ce travail se propose ainsi précisément d’étudier, dans une optique interdisciplinaire entre littérature, art et cinéma, cette dynamique controversée, ses causes, les processus qui la sous-tendent ainsi que ses effets, à partir des œuvres de trois auteurs : Artaud, Beckett et Pasolini. L’objectif est de fournir une clé de lecture de cette problématique qui mette en exergue comment « la conversion de la croyance », comme la définit Deleuze, à laquelle ces auteurs participent, n’engendre pas un rejet purement profanatoire du christianisme mais, à l’inverse, la mise en œuvre d’un mouvement aussi violent que libératoire qualifié par Nancy de « déconstruction du christianisme ». Ce travail entend donc étudier tout d’abord à la lumière de l’expérience intérieure de Bataille, l’imaginaire christique qui sous-tend leurs productions ; puis, d’en analyser les mouvements et les effets en les questionnant sur la base de cette dynamique ambivalente que Grossman nomme la « défiguration de la forme christique ». Les excès délirants d’Artaud, l’ironie tranchante de Beckett et la passion ambiguë de Pasolini s’avèrent ainsi participer à un mouvement commun qui, oscillant entre reprise et rejet, débouche sur une attitude tout aussi destructive que revitalisante des fondements du christianisme.

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Introduzione. Le cellule mesenchimali derivate dal tessuto adiposo (hASC) rappresentano un importante strumento per la terapia cellulare, in quanto derivano da un tessuto adulto abbondante e facilmente reperibile. Con il dispositivo medico Lipogems l’isolamento di tali cellule è eseguito esclusivamente mediante sollecitazioni meccaniche. Il prodotto ottenuto è quindi minimamente manipolato e subito utilizzabile. Ad oggi, il condizionamento pro-differenziativo delle staminali è per lo più attuato mediante molecole di sintesi. Tuttavia, altri fattori possono modulare la fisiologia cellulare, come gli stimoli fisici e molecole naturali. Onde elettromagnetiche hanno indotto in modelli cellulari staminali l’espressione di alcuni marcatori di differenziamento e, in cellule adulte, una riprogrammazione, mentre estratti embrionali di Zebrafish sono risultati antiproliferativi sia in vitro che in vivo. Metodi. La ricerca di nuove strategie differenziative sia di natura fisica che molecolare, nel particolare onde acustiche ed estratti embrionali di Zebrafish, è stata condotta utilizzando come modello cellulare le hASC isolate con Lipogems. Onde acustiche sono state somministrate mediante l’utilizzo di due apparati di trasduzione, un generatore di onde meccaniche e il Cell Exciter . I trattamenti con gli estratti embrionali sono stati effettuati utilizzando diverse concentrazioni e diversi tempi sperimentali. Gli effetti sull’espressione dei marcatori di staminalità e differenziamento relativi ai trattamenti sono stati saggiati in RT-PCR quantitativa relativa e/o in qPCR. Per i trattamenti di tipo molecolare è stata valutata anche la proliferazione. Risultati e conclusioni. La meta-analisi dei dati delle colture di controllo mostra la stabilità d’espressione genica del modello. I trattamenti con i suoni inducono variazioni dell’espressione genica, suggerendo un ruolo regolatorio di tali stimoli, in particolare del processo di commitment cardiovascolare. Due degli estratti embrionali di Zebrafish testati inibiscono la proliferazione alle 72 ore dalla somministrazione. L’analisi d’espressione associata ai trattamenti antiproliferativi suggerisce che tale effetto abbia basi molecolari simili ai processi di differenziamento.

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La distrofia muscolare di Emery-Dreifuss (EDMD) è una miopatia degenerativa ereditaria caratterizzata da debolezza e atrofia dei muscoli senza coinvolgimento del sistema nervoso. Individui EDMD presentano, inoltre, cardiomiopatia con difetto di conduzione che provoca rischio di morte improvvisa. Diversi studi evidenziano un coinvolgimento di citochine in diverse distrofie muscolari causanti infiammazione cronica, riassorbimento osseo, necrosi cellulare. Abbiamo effettuato una valutazione simultanea della concentrazione di citochine, chemochine, fattori di crescita, presenti nel siero di un gruppo di 25 pazienti EDMD. L’analisi effettuata ha evidenziato un aumento di citochine quali IL-17, TGFβ2, INF-γ e del TGFβ1. Inoltre, una riduzione del fattore di crescita VEGF e della chemochina RANTES è stata rilevata nel siero dei pazienti EDMD rispetto ai pazienti controllo. Ulteriori analisi effettuate tramite saggio ELISA hanno evidenziato un aumento dei livelli di TGFβ2 e IL-6 nel terreno di coltura di fibroblasti EDMD2. Per testare l’effetto nei muscoli, di citochine alterate, abbiamo utilizzato terreno condizionante di fibroblasti EDMD per differenziare mioblasti murini C2C12. Una riduzione del grado di differenziamento è stata osservata nei mioblasti condizionati con terreno EDMD. Trattando queste cellule con anticorpi neutralizzanti contro TGFβ2 e IL-6 si è avuto un miglioramento del grado di differenziamento. In C2C12 che esprimevano la mutazione H222P del gene Lmna,non sono state osservate alterazioni di citochine e benefici di anticorpi neutralizzanti. I dati mostrano un effetto patogenetico delle citochine alterate come osservato in fibroblasti e siero di pazienti, suggerendo un effetto sul tessuto fibrotico di muscoli EDMD. Un effetto intrinseco alla mutazione della lamina A è stato rilevato sul espressione di caveolina 3 in mioblasti differenziati EDMD. I risultati si aggiungono a dati forniti sulla patogenesi dell' EDMD confermando che fattori intrinseci ed estrinseci contribuiscono alla malattia. Utilizzo di anticorpi neutralizzanti specifici contro fattori estrinseci potrebbe rappresentare un approccio terapeutico come mostrato in questo studio.

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La PKCε e la PKCδ, chinasi ubiquitariamente distribuite e ad azione pleiotropica, sono implicate del differenziamento, sopravvivenza e proliferazione cellulare. Esse sono coinvolte nel processo differenziativo delle cellule staminali ematopoietiche e in fenomeni patologici associati al compartimento sanguigno. In questa tesi sono presentati i risultati riguardanti lo studio in vitro del ruolo di PKCε e PKCδ nel contesto del differenziamento megacariocitario, in particolare si caratterizza l’espressione e la funzione di queste chinasi nel modello umano e nel modello murino di Megacariocitopoiesi, normale e patologica. Confrontando le cinetiche dei due modelli presi in analisi nello studio è stato possibile osservare come in entrambi PKCε e PKCδ dimostrino avere una chiara e specifica modulazione nel progredire del processo differenziativo. Questi dati, se confrontati, permettono di affermare che PKCε e PKCδ presentano un pattern di espressione opposto e, nel modello umano rispetto a quello murino, reciproco: nell’uomo i livelli di PKCε devono essere down-modulati, mentre nel topo, al contrario, i livelli della chinasi risultano up-modulati durante lo stesso processo. Analogamente, le CD34+ in differenziazione presentano una costante e maggiore espressione di PKCδ durante la maturazione MK, mentre nel modello murino tale proteina risulta down-modulata nella fase più tardiva di formazione della piastrina. Le chinasi mostrano in oltre di agire, nei due modelli, attraverso pathways distinti e cioè RhoA nel topo e Bcl-xL nell’uomo. È stato inoltre verificato che l’aberrante differenziamento MK osservato nella mielofibrosi primaria (PMF), è associato a difetti di espressione di PKCε e di Bcl-xL e che una forzata down-modulazione di PKCε porta ad un ripristino di un normale livello di espressione di Bcl-xL così come della popolazione di megacariociti formanti propiastrine. I dati ottenuti indicano quindi che PKCε e PKCδ svolgono un ruolo importante nel corretto differenziamento MK e che PKCε potrebbe essere un potenziale nuovo target terapeutico nelle PMF.

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Negli ultimi anni, l’introduzione di tipologie alternative di dettato ha permesso di superare il dettato tradizionale, un esercizio che opprimeva gli studenti, angosciati dal timore dell’errore, segno indelebile che sanziona la mancata acquisizione di una regola ortografica, e scoraggiati a migliorare per l’inappropriata constatazione di colpevolezza, e che, in quanto tale, rischiava di essere eliminato dall'istituzione scolastica. Le nuove tipologie di dettato, contraddistinte da specifiche finalità e caratterizzate da modalità innovative, consentono, infatti, di rivalutare questo esercizio: da mero strumento di valutazione, diviene un pratico momento di apprendimento. L’errore non è più considerato come il marchio che, agli occhi dell’insegnante, contrassegna in modo permanente l’alunno. La nozione di positività che si associa all'errore riconosce lo sforzo compiuto dall'alunno nel ricorrere alle conoscenze linguistiche in suo possesso poiché, seppure il suo ragionamento non abbia portato a scegliere la forma ortografica corretta, l’attività mentale, che implicitamente ha voluto creare una connessione logica tra aspetti linguistici distinti, testimonia che lo studio della lingua non è e non richiede unicamente un ingente lavoro di memorizzazione, diversamente da ciò che si è sempre creduto. L’insegnante è dunque chiamato ad affiancare lo studente guidandolo nell'analisi dei singoli passaggi del suo ragionamento per indicare come dovrà risolvere il problema, in una futura occorrenza di quella espressione, e arrivare così ad automatizzare le conoscenze linguistiche. Inoltre, la recente valorizzazione del dettato ha attribuito altri pregi a questo insegnamento, quali l'acquisizione essenziale del rigore, della fiducia in se stessi e della modestia.

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CD99, glicoproteina di membrana codificata dal gene MIC2, è coinvolta in numerosi processi cellulari, inclusi adesione, migrazione, apoptosi, differenziamento e regolazione del trafficking intracellulare di proteine, in condizioni fisiologiche e patologiche. Nell’osteosarcoma risulta scarsamente espressa ed ha ruolo oncosoppressivo. L’isoforma completa (CD99wt) e l’isoforma tronca (CD99sh), deleta di una porzione del dominio intracellulare, influenzano in modo opposto la malignità tumorale. In questo studio, comparando cellule di osteosarcoma caratterizzate da differenti capacità metastatiche e diversa espressione di CD99, abbiamo valutato la modulazione dei contatti cellula-cellula, la riorganizzazione del citoscheletro di actina e la modulazione delle vie di segnalazione a valle del CD99, al fine di identificare i meccanismi molecolari regolati da questa molecola e responsabili del comportamento migratorio e invasivo delle cellule di osteosarcoma. L'espressione forzata di CD99wt induce il reclutamento di N-caderina e β-catenina a livello delle giunzioni aderenti ed inibisce l'espressione di molecole cruciali nel processo di rimodellamento del citoscheletro di actina, come ACTR2, ARPC1A, Rho-associated, coiled–coil-containing protein kinase 2 (ROCK2), nonché di ezrina, membro della famiglia ezrin/radixin/moesin e chiaramente associata con la progressione tumorale e la metastatizzazione dell’OS. Gli studi funzionali identificano ROCK2 come mediatore fondamentale nella regolazione della migrazione e della diffusione metastatica dell’osteosarcoma. Mantenendo cSRC in una conformazione inattiva, CD99wt inibisce la segnalazione mediata da ROCK2 inducendo una diminuzione dell’ezrina a livello della membrana accompagnata dalla traslocazione in membrana di N-caderina e β-catenina, principali ponti molecolari per il citoscheletro di actina. La ri-espressione di CD99wt, generalmente presente negli osteoblasti, ma perso nelle cellule di osteosarcoma, attraverso l'inibizione dell'attività di cSrc e ROCK2, aumenta la forza di contatto e riattiva i segnali anti-migratori ostacolando l’azione pro-migratoria, altrimenti dominante, dell’ezrina nell’osteosarcoma. Abbiamo infine valutato la funzione di ROCK2 nel sarcoma di Ewing: nonostante il ruolo oncogenico esercitato da CD99, ROCK2 guida la migrazione cellulare anche in questa neoplasia.

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La memoria pubblica della Sho'ah è inscritta in una quantità proliferante di immagini e spazi memoriali. Ciò è riscontrabile in modo particolare nei principali "siti dello sterminio" assurti a simbolo nel corso degli anni, mentre molti altri "luoghi di memoria" della Deportazione soffrono di una condizione di intrinseca debolezza. Essa è riconducibile in primo luogo alla fragilità del dato materiale, i cui resti ormai privi di eloquenza risultano difficili da interpretare e conservare, in secondo luogo alla sovrapposizione di memorie concorrenti venutesi a determinare in conseguenza dei riusi successivi a cui queste strutture sono spesso andate soggette dopo la guerra, infine alla difficoltà di rendere espressione compiuta alla tragedia della Deportazione. Il caso del campo di Fossoli è paradigmatico: esso interroga la capacità del progetto di "dare forma" al palinsesto delle memorie, rendendo possibile il riconoscimento ed esplicitando una significazione delle tracce, senza aggiungere ulteriori interpretazioni. Lo spazio e il paesaggio, in quanto linguaggi indentitari, possono offrirsi come strumenti da questo punto di vista. Michel De Certeau vi fa riferimento quando afferma che lo spazio coincide con «l’effetto prodotto dalle operazioni che lo orientano, che lo circostanziano, o temporalizzano e lo fanno funzionare come unità polivalente di programmi conflittuali o di prossimità contrattuali». Lo spazio gioca un ruolo cruciale nel conformare l'esperienza del presente e allo stesso tempo nel rendere visibili le esperienze passate, compresse nella memoria collettiva. Lo scopo di questa ricerca è interrogare le potenzialità spaziali del luogo, considerate sotto il profilo culturale e semantico, come valida alternativa alla forma-monumento nella costruzione di una o più narrazioni pertinenti della memoria.

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Scopo di questo studio è mostrare come, a partire dalle equazioni di Maxwell nella forma classica, sia possibile associare al campo elettromagnetico una funzione Hamiltoniana che risulti essere somma delle Hamiltoniane di un numero discreto di oscillatori armonici, ciascuno dei quali è associato ad un modo normale di vibrazione del campo. Tramite un procedimento puramente formale di quantizzazione, è possibile ricavare un'espressione per lo spettro del campo elettromagnetico e viene introdotto il concetto di fotone, inteso come quanto d'eccitazione di un singolo oscillatore. Si ricava la ben nota espressione U=ħω per l'energia del fotone e si deducono alcuni importanti aspetti, quali le fluttuazioni quantistiche del campo elettromagnetico e il problema legato alla divergenza dell'energia di vuoto fotonico, che aprono le porte all'elettrodinamica quantistica.

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I Comuni incarnano idealmente delle piazze in cui il dibattito politico può svilupparsi in assenza di particolari filtri ed intermediazioni, con un rapporto diretto tra cittadini ed istituzioni. Essi costituiscono uno snodo di centrale importanza nell'esercizio della sovranità popolare e, al contempo, sono terreno fertile per la sperimentazione di modelli di partecipazione democratica. Prendendo come punto di vista l'esperienza dei Comuni italiani, si è scelto di focalizzare l'attenzione su uno degli strumenti “istituzionali” – nonché uno tra i più tradizionali – di partecipazione popolare, ovvero il referendum, nelle diverse forme ed accezioni che rientrano nel campo semantico di tale espressione. Questa è generalmente impiegata per indicare tutte quelle votazioni popolari non elettive su questioni politicamente rilevanti, formulate attraverso un quesito con due o più risposte alternative tra loro. L'analisi della disciplina legislativa degli istituti di partecipazione negli enti locali e lo studio delle disposizioni statutarie e regolamentari previste dai singoli Comuni, nonché le informazioni raccolte da alcuni casi di studio, rappresentano, in questo contesto, l'occasione per indagare le caratteristiche peculiari dell'istituto referendario, la sua effettività ed il suo impatto sulla forma di governo. In particolare, si è verificata positivamente la compatibilità del referendum, classificato dalla prevalente dottrina come istituto di democrazia diretta, con le forme attuali di democrazia rappresentativa. Si è tentato, altresì, un accostamento ai concetti di democrazia partecipativa e deliberativa, evidenziando come manchi del tutto, nel procedimento referendario (che pure è dotato di massima inclusività) un momento di confronto “deliberativo”. Il raffronto tra le esperienze riscontrate nei diversi Comuni ha consentito, inoltre, di ricercare le cause di alcuni aspetti critici (scarsa affluenza, mancata trasformazione del voto in decisioni politiche, aumento del conflitto) e, al contempo, di individuarne possibili soluzioni, tracciate sulla scorta delle migliori pratiche rilevate.

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La presente Tesi di Dottorato intende affrontare una lettura critica della Casa in Belvederestraße 60, realizzata dall’architetto Oswald Mathias Ungers (Kaisersesch, 12 luglio 1926 – Köln, 30 settembre 2007), nel 1958-’59 a Köln-Müngersdorf, come studio per sé ed abitazione per la propria famiglia. Questo primo oggetto della ricerca viene considerato evidente espressione delle convinzioni formali e compositive dell’architetto, negli anni Cinquanta e Sessanta. A differenza di altri progetti residenziali coevi ed antecedenti, frutto di un’elaborazione autonoma, la prima casa che costruisce per sé riflette una maggiore libertà di pensiero, dettata dalla coincidenza delle figure di progettista e committente; a ciò si aggiunge anche una precisa volontà dichiarativa ed ideologica. Proprio quest’ultimo aspetto permette di introdurre il secondo oggetto della Tesi: il manifesto “ideologico”, Zu einer neuen Architektur, scritto dallo stesso Oswald Mathias Ungers e da Reinhard Gieselmann, alla fine del 1960; un breve testo che espone, con toni perentori ed inappellabili, il punto di vista dei due architetti nei confronti di un panorama architettonico e critico, caratterizzato da una sterilità di pensiero dilagante, a causa dell’egemonia costruttiva funzionalista. La ricerca indaga quindi le forti reciprocità delle due opere: casa e testo, viste in chiave di “manifesto scritto e manifesto costruito”. Il primo legame tra i due soggetti è senza dubbio la concomitanza temporale, (tra il 1958 ed il 1960) associata ad un rapporto causa-effetto, tale per cui il manifesto viene redatto a difesa delle aspre critiche scaturite dalla pubblicazione della casa sulla rivista Bauwelt. Il secondo nesso è la possibilità di comprendere le accezioni effettive dei termini impiegati nella redazione del testo, attraverso le forme di una delle opere maggiormente personali dell’architetto, estraendone il senso e conferendogli un’immagine architettonica. Si vuole creare così un rapporto biunivoco di traducibilità, dell’architettura nello scritto e della semantica ungersiana in azioni compositive.

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Negli ultimi anni, complice la rapida evoluzione degli elaboratori e dei sensori, spinta dal mercato smartphone, una tecnologia si sta sviluppando e si sta diffondendo rapidamente. Si tratta di quella relativa agli unmanned vehicles (UV), i veicoli senza pilota, spesso nel linguaggio comune chiamati “droni”. Questi particolari veicoli sono dotati della tecnologia adatta per svolgere in relativa autonomia particolari mansioni, senza la necessità della presenza di un pilota a bordo. In questa Tesi magistrale si descrivono brevemente le diverse categorie di UV e l’attuale livello di autonomia raggiunta nello svolgimento di alcune funzioni, grazie a tecnologie quali i linguaggi ad agenti, di cui si presentano anche alcune significative applicazioni allo stato dell’arte. Per rendere più efficaci eventuali nuove funzionalità, fornendo una metodologia di sviluppo, atta ad aumentare il grado di astrazione, viene proposto un approccio architetturale a tre livelli. In particolare, viene approfondito il secondo livello, presentando l’implementazione di una funzionalità, l’autolocalizzazione spaziale, utile ad un sistema di terzo livello per arricchire la propria conoscenza dell’ambiente, al fine di raggiungere la massima autonomia nel controllo del mezzo. Questa prima esperienza ha consentito di approfondire le necessità in termini di hardware e software, al fine di poter effettuare una scelta mirata per l’ottimizzazione dei risultati ed un eventuale porting on-board, nella prospettiva di svincolare il mezzo da eventuali collegamenti con una stazione di terra, fino ad ora necessaria per eseguire le attività più complesse. Un interessante caso di studio consente di verificare la bontà del modello proposto e i risultati raggiunti nell’autolocalizzazione. In conclusione, si propongono ulteriori sviluppi che potranno fornire gli strumenti necessari alla massima espressione del potenziale che gli UV possiedono.

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Questa ricerca indaga come il “caso Ustica” si è articolato nell’opinione pubblica italiana negli anni compresi tra il 1980 e il 1992. Con l'espressione “caso Ustica” ci si riferisce al problema politico determinato dalle vicende legate all’abbattimento dell’aereo civile DC-9 dell’Itavia, avvenuto il 27 giugno 1980 in circostanze che, come noto, furono chiarite solamente a distanza di molti anni dal fatto. L’analisi intende cogliere le specificità del processo che ha portato la vicenda di Ustica ad acquisire rilevanza politica nell’ambito della sfera pubblica italiana, in particolare prendendo in considerazione il ruolo svolto dall’opinione pubblica in un decennio, quale quello degli anni ’80 e dei primi anni ’90 italiani, caratterizzato da una nuova centralità dei media rispetto alla sfera politica. Attraverso l’analisi di un’ampia selezione di fonti a stampa (circa 1500 articoli dei principali quotidiani italiani e circa 700 articoli tratti dagli organi dei partiti politici italiani) si sono pertanto messe in luce le dinamiche mediatiche e politiche che hanno portato alla tematizzazione di una vicenda che era rimasta fino al 1986 totalmente assente dall’agenda politica nazionale. L’analisi delle fonti giudiziarie ha permesso inoltre di verificare come la politicizzazione del caso Ustica, costruita intorno alla tensione opacità/trasparenza del potere politico e all’efficace quanto banalizzante paradigma delle “stragi di Stato”, sia risultata funzionale al raggiungimento, dopo il 1990, dei primi elementi di verità sulla tragedia e all’ampiamento del caso a una dimensione internazionale.

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La ricerca si propone di analizzare una di quelle stagioni architettoniche controverse e lontane dalle internazionali strade maestre del nascente Neues Bauen: il romanticismo-nazionale svedese riletto attraverso l’esperienza del suo massimo esponente, Ragnar Östberg (1866-1945). L’obiettivo della tesi non è solamente quello di una revisione della critica storiografica, facendo così luce su una di quelle personalità considerate marginali, quanto quello di ricavare dalla lettura comparata di due tra i suoi progetti, fino ad ora mai indagati, quegli elementi che fanno dell’architettura un “fatto urbano” in cui la collettività può riconoscersi e parallelamente un fatto di rappresentazione della stessa. L’arcipelago di Stoccolma e quel processo di “renovatio urbis” a cui fu sottoposta proprio agli albori del XX secolo furono gli scenari in cui presero vita i due progetti: il complesso formato dallo Stockholms Stadshuset e la vicina parte mai realizzata del Nämndhuset, e villa Geber. Condensano due dimensioni che la città immersa nel paesaggio contiene: la natura urbana dell’edificio municipale e quella domestica della villa urbana isolata. La ricerca intesse un itinerario di disvelamento attraverso una matrice duale di lettura: “genius loci” e memorie urbane. I capitoli cercano di dimostrare come i due casi-studio siano espressione di quella pendolarità di ricerca tra lo spirito del luogo e le rimembranze delle forme urbane della tradizione. Questa analisi ci conduce in un viaggio alla ricerca dell’atlante delle “memorie urbane”, raccolte nei viaggi e nella formazione, comprendendo così il mondo analogico di riferimenti culturali con altre architetture europee della tradizione. I due progetti sorgono in opposte aree di espansione di Stoccolma e, pur nella loro diversità di scala, sono chiara espressione di appropriatezza al luogo e di strutture formali analoghe. Stockholm Stadshuset-Nämndhuset e villa Geber esprimono il metodo di Östberg, dove i riferimenti raccolti dall’imagination passive sono tramutati ed assemblati grazie alla imagination active.

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Questa tesi si inserisce nell'ambito delle analisi statistiche e dei metodi stocastici applicati all'analisi delle sequenze di DNA. Nello specifico il nostro lavoro è incentrato sullo studio del dinucleotide CG (CpG) all'interno del genoma umano, che si trova raggruppato in zone specifiche denominate CpG islands. Queste sono legate alla metilazione del DNA, un processo che riveste un ruolo fondamentale nella regolazione genica. La prima parte dello studio è dedicata a una caratterizzazione globale del contenuto e della distribuzione dei 16 diversi dinucleotidi all'interno del genoma umano: in particolare viene studiata la distribuzione delle distanze tra occorrenze successive dello stesso dinucleotide lungo la sequenza. I risultati vengono confrontati con diversi modelli nulli: sequenze random generate con catene di Markov di ordine zero (basate sulle frequenze relative dei nucleotidi) e uno (basate sulle probabilità di transizione tra diversi nucleotidi) e la distribuzione geometrica per le distanze. Da questa analisi le proprietà caratteristiche del dinucleotide CpG emergono chiaramente, sia dal confronto con gli altri dinucleotidi che con i modelli random. A seguito di questa prima parte abbiamo scelto di concentrare le successive analisi in zone di interesse biologico, studiando l’abbondanza e la distribuzione di CpG al loro interno (CpG islands, promotori e Lamina Associated Domains). Nei primi due casi si osserva un forte arricchimento nel contenuto di CpG, e la distribuzione delle distanze è spostata verso valori inferiori, indicando che questo dinucleotide è clusterizzato. All’interno delle LADs si trovano mediamente meno CpG e questi presentano distanze maggiori. Infine abbiamo adottato una rappresentazione a random walk del DNA, costruita in base al posizionamento dei dinucleotidi: il walk ottenuto presenta caratteristiche drasticamente diverse all’interno e all’esterno di zone annotate come CpG island. Riteniamo pertanto che metodi basati su questo approccio potrebbero essere sfruttati per migliorare l’individuazione di queste aree di interesse nel genoma umano e di altri organismi.

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Il presente lavoro di tesi è finalizzato allo sviluppo di un dispositivo indossabile, e minimamente invasivo, in grado di registrare in maniera continua segnali legati all’attività elettromeccanica del muscolo cardiaco, al fine di rilevare eventuali anomalie cardiache. In tal senso il sistema non si limita alla sola acquisizione di un segnale ECG, ma è in grado di rilevare anche i toni cardiaci, ovvero le vibrazioni generate dalla chiusura delle valvole cardiache, la cui ampiezza è espressione della forza contrattile (funzione meccanica) del cuore. Il presente lavoro di tesi ha riguardato sia la progettazione che la realizzazione di un prototipo di tale dispositivo ed è stato svolto presso il laboratorio di Bioingegneria del Dipartimento di Medicina Specialistica Diagnostica e Sperimentale dell’Università di Bologna, sito presso l’Azienda Ospedaliero-Universitaria Policlinico Sant’Orsola-Malpighi. Il sistema finale consiste in un dispositivo applicabile al torace che, attraverso una serie di sensori, è in grado di rilevare dati legati alla meccanica del cuore (toni cardiaci), dati elettrici cardiaci (ECG) e dati accelerometrici di attività fisica. Nello specifico, il sensing dei toni cardiaci avviene attraverso un accelerometro in grado di misurare le vibrazioni trasmesse al torace. I tracciati, raccolti con l’ausilio di una piattaforma Arduino, vengono inviati, tramite tecnologia Bluetooth, ad un PC che, attraverso un applicativo software sviluppato in LabVIEW™, ne effettua l’analisi, il salvataggio e l’elaborazione in real-time, permettendo un monitoraggio wireless ed in tempo reale dello stato del paziente.