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Resumo:
Oltre un miliardo di persone non ha oggi accesso all’acqua potabile; più di due miliardi è il numero di coloro che vivono in condizioni igienico-sanitarie realmente proibitive. Sono 80 i paesi nel mondo (con il 40% della popolazione totale) in cui si riscontra difficoltà di approvvigionamento e presenza di risorse idriche che mancano dei requisiti che dovrebbero essere assicurati per la tutela della salute: quotidianamente e sistematicamente il diritto di accesso all’acqua, che nessun individuo dovrebbe vedersi negato, viene violato. Scarsità di acqua e non omogenea distribuzione sulla superficie terrestre sono fattori che concorrono alla crisi della risorsa, cui contribuiscono processsi di natura ambientale (cambiamenti climatici, desertificazione), di natura economica (le sorti dell’industria agroalimentare, la globalizzazione degli scambi, il bisogno crescente di energia), di natura sociale (migrazioni, urbanizzazione, crescita demografica, epidemie), di natura culturale (passaggio dal rurale all’urbano, dall’agricoltura di sussistenza a quella di profitto). Nell’ottica di uno sviluppo sostenibile un aumento indiscriminato dell’offerta non può costituire soluzione al continuo incremento della domanda di acqua. Si rende pertanto necessaria la definizione di politiche e strumenti di cambiamento nei modelli di consumo e nella pianificazione che consentano una riduzione degli squilibri nella distribuzione e nella gestione della risorsa a livello domestico e civile, industriale, agricolo. L’uso efficiente, e quindi sostenibile, dell’acqua è da perseguirsi secondo le modalità: • Risparmio, inteso come minore consumo di acqua all’inizio del ciclo. • Riciclo dell’acqua in circuito chiuso, inteso come riuso dell’acqua di scarico, o uso multiplo dell’acqua. Una idonea utilizzazione dipende da una idonea progettazione, che abbia come finalità: • La destinazione in via prioritaria delle fonti e delle risorse di più elevata qualità agli usi idropotabili, con una graduale sostituzione del consumo per altri usi con risorse di minore pregio. • La regolamentazione dell’uso delle acque sotterranee, mediante la limitazione del ricorso all’impiego di pozzi solo in mancanza di forniture alternative per uso civile, industriale, agricolo. • L’incentivazione ad un uso razionale della risorsa, anche mediante l’attuazione di idonee politiche tariffarie. • L’aumento dell’efficienza delle reti di adduzione e distribuzione, sia civili che irrigue. • La promozione di uso efficiente, riciclo e recupero di acqua nell’industria. • Il miglioramento dell’efficienza ed efficacia delle tecniche di irrigazione. • La promozione del riutilizzo delle acque nei vari settori. • La diffusione nella pratica domestica di apparati e tecnologie progettati per la riduzione degli sprechi e dei consumi di acqua. In ambito agricolo la necessità di un uso parsimonioso della risorsa impone il miglioramento dell’efficienza irrigua, pari appena al 40%. La regione Emilia Romagna a livello locale, Israele a livello internazionale, forniscono ottimi esempi in termini di efficacia dei sistemi di trasporto e di distribuzione, di buona manutenzione delle strutture. Possibili soluzioni verso le quali orientare la ricerca a livello mondiale per arginare la progressiva riduzione delle riserve idriche sono: • Revisione dei costi idrici. • Recupero delle riserve idriche. • Raccolta dell’acqua piovana. • Miglioramento degli impianti di distribuzione idrica. • Scelta di metodi di coltivazione idonei alle caratteristiche locali. • Scelta di colture a basso fabbisogno idrico. • Conservazione della risorsa attraverso un sistema di irrigazione efficiente. • Opere di desalinizzazione. • Trasferimento idrico su vasta scala da un’area all’altra. Si tratta di tecniche la cui attuazione può incrementare la disponibilità media pro capite di acqua, in particolare di coloro i quali non ne posseggono in quantità sufficiente per bere o sono privi di sistemi igienico-sanitari sufficienti.
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Il progresso nella tecnica di recupero e di rinforzo nelle strutture metalliche con i polimeri fibro-rinforzati FRP (fibre reinforced polymers). 1.1 Introduzione nelle problematiche ricorrenti delle strutture metalliche. Le strutture moderne di una certa importanza, come i grattacieli o i ponti, hanno tempi e costi di costruzione molto elevati ed è allora di importanza fondamentale la loro durabilità, cioè la lunga vita utile e i bassi costi di manutenzione; manutenzione intesa anche come modo di restare a livelli prestazionali predefiniti. La definizione delle prestazioni comprende la capacità portante, la durabilità, la funzionalità e l’aspetto estetico. Se il livello prestazionale diventa troppo basso, diventa allora necessario intervenire per ripristinare le caratteristiche iniziali della struttura. Strutture con una lunga vita utile, come per la maggior parte delle strutture civili ed edilizie, dovranno soddisfare esigenze nuove o modificate: i mezzi di trasporto ad esempio sono diventati più pesanti e più diffusi, la velocità dei veicoli al giorno d'oggi è aumentata e ciò comporta anche maggiori carichi di tipo dinamico.
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In the last year [1], Angiolini and co-workers have synthesized and investigated methacrylic polymers bearing in the side chain the chiral cyclic (S)-3-hydroxypyrrolidine moiety interposed between the main chain and the trans-azoaromatic chromophore, substituted or not in the 4’ position by an electron-withdrawing group. In these materials, the presence of a rigid chiral moiety of one prevailing absolute configuration favours the establishment of a chiral conformation of one prevailing helical handedness, at least within chain segments of the macromolecules, which can be observed by circular dichroism (CD). The simultaneous presence of the azoaromatic and chiral functionalities allows the polymers to display both the properties typical of dissymmetric systems (optical activity, exciton splitting of dichroic absorptions), as well as the features typical of photochromic materials (photorefractivity, photoresponsiveness, NLO properties). The first part of this research was to synthesize analogue homopolymers and copolymers based on bisazoaromatic moiety and compare their properties to those of the above mentioned analogue derivatives bearing only one azoaromatic chromophore in the side chain. We focused also the attention on the effects induced on the thermal and chiroptical behaviours by the insertion of particulars achiral comonomers characterized by different side-chain mobility and grown hindrance (MMA, tert-BMA and TrMA). On the other hand carbazole containing polymers [2] have attracted much attention because of their unique features. The use of these materials in advanced micro- and nanotechnologies spreads in many different applications such as photoconductive and photorefractive polymers, electroluminescent devices, programmable optical interconnections, data storage, chemical photoreceptors, NLO, surface relief gratings, blue emitting materials and holographic memory. The second part of the work was focused on the synthesis and the characterization polymeric derivatives bearing in the side chain carbazole or phenylcarbazole moieties linked to the (S)- 2-hydroxy succinimide or the (S)-3-hydroxy pyrrolidinyl ring as chiral groups covalently linked to the main chain through ester bonds. The last objective of this research was to design, synthesize, and characterize multifunctional methacrylic homopolymers and copolymers bearing three distinct functional groups (i.e. azoaromatic, carbazole and chiral group of one single configuration) directly linked in the side chain. This polymeric derivatives could be of potential interest for several advanced application fields, such as optical storage, waveguides, chiroptical switches, chemical photoreceptors, NLO, surface relief gratings, photoconductive materials, etc.
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L’elaborato svolge in 4 capitoli un percorso di analisi multidisciplinare volto a fondare teoricamente e a sviluppare operativamente la costituzione di una associazione di co-sviluppo italotunisina. Nel primo capitolo viene approfondita, sotto il profilo della teoria economica, la relazione fra emigrazione e sviluppo, prendendo in esame le recenti teorie sull’argomento e indirizzando l’interesse verso il ruolo dei network di migranti come elemento di continuità socio-economica e di interazione fra il paese di origine e il paese ospitante. Nel secondo capitolo il network viene approfondito sotto gli aspetti connessi alla sua natura di intermediario sociale, politico ed economico, soprattutto in presenza di migrazione di ritorno. Il terzo capitolo si concentra sulle associazioni degli immigrati e non solo Hometown Associations quali strumenti elaborati all’interno dei network di migranti per mettere in pratica le loro capacità di agente economico e di attore sociale nel processo di co-sviluppo dei paesi di provenienza e di destinazione. Infine, nel quarto capitolo viene descritto l’iter istituzionale previsto per la costituzione di una specifica associazione (El-Hiwar Atiir, Associazione Tunisina per l’Integrazione e l’Investimento di Ritorno) e le caratteristiche della medesima. Il lavoro di tesi, coordinato e sviluppato, pur approfondendo tematiche e modelli economici si muove anche su altri piani (sociale e istituzionale), mostrando la molteplicità delle sfaccettature del problema. Inoltre riesce a radicare in campo teorico uno strumento operativo molto interessante per la gestione economica e politica del fenomeno migratorio, mostrando come la cooperazione allo sviluppo, oltre che tema di modellazione economica e di dichiarazioni di principio nei documenti ufficiali, possa divenire processo operativo attraverso strumenti giuridici consolidati.
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Questa tesi di dottorato ha per suo oggetto la ricognizione degli elementi teorici, di linguaggio politico e di influenza concettuale che le scienze sociali tra Ottocento e Novecento hanno avuto nell’opera di Antonio Gramsci. La ricerca si articola in cinque capitoli, ciascuno dei quali intende ricostruire, da una parte, la ricezione gramsciana dei testi classici della sociologia e della scienza politica del suo tempo, dall’altra, far emergere quelle filiazioni concettuali che permettano di valutare la portata dell’influenza delle scienze sociali sugli scritti gramsciani. Il lungo processo di sedimentazione concettuale del lessico delle scienze sociali inizia in Gramsci già negli anni della formazione politica, sullo sfondo di una Torino positivista che esprime le punte più avanzate del “progetto grande borghese” per lo studio scientifico della società e per la sua “organizzazione disciplinata”; di questa tradizione culturale Gramsci incrocia a più riprese il percorso. La sua formazione più propriamente politica si svolge però all’interno del Partito socialista, ancora imbevuto del lessico positivista ed evoluzionista. Questi due grandi filoni culturali costituiscono il brodo di coltura, rifiutato politicamente ma al tempo stesso assunto concettualmente, per quelle suggestioni sociologiche che Gramsci metterà a frutto in modo più organico nei Quaderni. La ricerca e la fissazione di una specifica antropologia politica implicita al discorso gramsciano è il secondo stadio della ricerca, nella direzione di un’articolazione complessiva delle suggestioni sociologiche che i Quaderni assumono come elementi di analisi politica. L’analisi si sposta sulla storia intellettuale della Francia della Terza Repubblica, più precisamente sulla nascita del paradigma sociologico durkheimiano come espressione diretta delle necessità di integrazione sociale. Vengono così messe in risalto alcune assonanze lessicali e concettuali tra il discorso di Durkheim, di Sorel e quello di Gramsci. Con il terzo capitolo si entra più in profondità nella struttura concettuale che caratterizza il laboratorio dei Quaderni. Si ricostruisce la genesi di concetti come «blocco storico», «ideologia» ed «egemonia» per farne risaltare quelle componenti che rimandano direttamente alle funzioni di integrazione di un sistema sociale. La declinazione gramsciana di questo problema prende le forme di un discorso sull’«organicità» che rende più che mai esplicito il suo debito teorico nei confronti dell’orizzonte concettuale delle scienze sociali. Il nucleo di problemi connessi a questa trattazione fa anche emergere l’assunzione di un vero e proprio lessico sociologico, come per i concetti di «conformismo» e «coercizione», comunque molto distante dallo spazio semantico proprio del marxismo contemporaneo a Gramsci. Nel quarto capitolo si affronta un caso paradigmatico per quanto riguarda l’assunzione non solo del lessico e dei concetti delle scienze sociali, ma anche dei temi e delle modalità della ricerca sociale. Il quaderno 22 intitolato Americanismo e fordismo è il termine di paragone rispetto alla realtà che Gramsci si prefigge di indagare. Le consonanze delle analisi gramsciane con quelle weberiane dei saggi su Selezione e adattamento forniscono poi gli spunti necessari per valutare le novità emerse negli Stati Uniti con la razionalizzazione produttiva taylorista, specialmente in quella sua parte che riguarda la pervasività delle tecniche di controllo della vita extra-lavorativa degli operai. L’ultimo capitolo affronta direttamente la questione delle aporie che la ricezione della teoria sociologica di Weber e la scienza politica italiana rappresentata dagli elitisti Mosca, Pareto e Michels, sollevano per la riformulazione dei concetti politici gramsciani. L’orizzonte problematico in cui si inserisce questa ricerca è l’individuazione di una possibile “sociologia del politico” gramsciana che metta a tema quel rapporto, che è sempre stato di difficile composizione, tra marxismo e scienze sociali.
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La tesi si occupa della teoria delle ranking functions di W. Spohn, dottrina epistemologica il cui fine è dare una veste logica rigorosa ai concetti di causalità, legge di natura, spiegazione scientifica, a partire dalla nozione di credenza. Di tale teoria manca ancora una esposizione organica e unitaria e, soprattutto, formulata in linguaggio immediatamente accessibile. Nel mio lavoro, che si presenta come introduzione ad essa, è anche messa a raffronto con le teorie che maggiormente l’hanno influenzata o rispetto alle quali si pone come avversaria. Il PRIMO CAPITOLO si concentra sulla teoria di P. Gärdenfors, il più diretto predecessore e ispiratore di Spohn. Questo consente al lettore di acquisire familiarità con le nozioni di base della logica epistemica. La conoscenza, nella teoria del filosofo svedese, è concepita come processo di acquisizione ed espulsione di credenze, identificate con proposizioni, da un insieme. I tre maggiori fenomeni epistemici sono l’espansione, la revisione e la contrazione. Nel primo caso si immagazzina una proposizione in precedenza sconosciuta, nel secondo se ne espelle una a causa dell’acquisizione della sua contraddittoria, nel terzo si cancella una proposizione per amore di ipotesi e si investigano le conseguenze di tale cancellazione. Controparte linguistica di quest’ultimo fenomeno è la formulazione di un condizionale controfattuale. L’epistemologo, così come Gärdenfors concepisce il suo compito, è fondamentalmente un logico che deve specificare funzioni: vale a dire, le regole che deve rispettare ciascun passaggio da un insieme epistemico a un successivo per via di espansione, revisione e contrazione. Il SECONDO CAPITOLO tratta infine della teoria di Spohn, cercando di esporla in modo esauriente ma anche molto semplice. Anche in Spohn evidentemente il concetto fondamentale è quello di funzione: si tratta però in questo caso di quella regola di giudizio soggettivo che, a ciascuna credenza, identificata con una proposizione, associa un grado (un rank), espresso da un numero naturale positivo o dallo zero. Un rank è un grado di non-credenza (disbelief). Perché la non-credenza (che comporta un notevole appesantimento concettuale)? Perché le leggi della credenza così concepite presentano quella che Spohn chiama una “pervasiva analogia” rispetto alle leggi della probabilità (Spohn la chiama persino “armonia prestabilita” ed è un campo su cui sta ancora lavorando). Essenziale è il concetto di condizionalizzazione (analogo a quello di probabilità condizionale): a una credenza si associa un rank sulla base di (almeno) un’altra credenza. Grazie a tale concetto Spohn può formalizzare un fenomeno che a Gärdenfors sfugge, ossia la presenza di correlazioni interdoxastiche tra le credenze di un soggetto. Nella logica epistemica del predecessore, infatti, tutto si riduce all’inclusione o meno di una proposizione nell’insieme, non si considerano né gradi di credenza né l’idea che una credenza sia creduta sulla base di un’altra. Il TERZO CAPITOLO passa alla teoria della causalità di Spohn. Anche questa nozione è affrontata in prospettiva epistemica. Non ha senso, secondo Spohn, chiedersi quali siano i tratti “reali” della causalità “nel mondo”, occorre invece studiare che cosa accade quando si crede che tra due fatti o eventi sussista una correlazione causale. Anche quest’ultima è fatta oggetto di una formalizzazione logica rigorosa (e diversificata, infatti Spohn riconosce vari tipi di causa). Una causa “innalza lo status epistemico” dell’effetto: vale a dire, quest’ultimo è creduto con rank maggiore (ossia minore, se ci si concentra sulla non-credenza) se condizionalizzato sulla causa. Nello stesso capitolo espongo la teoria della causalità di Gärdenfors, che però è meno articolata e minata da alcuni errori. Il QUARTO CAPITOLO è tutto dedicato a David Lewis e alla sua teoria controfattuale della causalità, che è il maggiore avversario tanto di Spohn quanto di Gärdenfors. Secondo Lewis la migliore definizione di causa può essere data in termini controfattuali: la causa è un evento tale che, se non fosse accaduto, nemmeno l’effetto sarebbe accaduto. Naturalmente questo lo obbliga a specificare una teoria delle condizioni di verità di tale classe di enunciati che, andando contro i fatti per definizione, non possono essere paragonati alla realtà. Lewis ricorre allora alla dottrina dei mondi possibili e della loro somiglianza comparativa, concludendo che un controfattuale è vero se il mondo possibile in cui il suo antecedente e il suo conseguente sono veri è più simile al mondo attuale del controfattuale in cui il suo antecedente è vero e il conseguente è falso. Il QUINTO CAPITOLO mette a confronto la teoria di Lewis con quelle di Spohn e Gärdenfors. Quest’ultimo riduce i controfattuali a un fenomeno linguistico che segnala il processo epistemico di contrazione, trattato nel primo capitolo, rifiutando così completamente la dottrina dei mondi possibili. Spohn non affronta direttamente i controfattuali (in quanto a suo dire sovraccarichi di sottigliezze linguistiche di cui non vuole occuparsi – ha solo un abbozzo di teoria dei condizionali) ma dimostra che la sua teoria è superiore a quella di Lewis perché riesce a rendere conto, con estrema esattezza, di casi problematici di causalità che sfuggono alla formulazione controfattuale. Si tratta di quei casi in cui sono in gioco, rafforzandosi a vicenda o “concorrendo” allo stesso effetto, più fattori causali (casi noti nella letteratura come preemption, trumping etc.). Spohn riesce a renderne conto proprio perché ha a disposizione i rank numerici, che consentono un’analisi secondo cui a ciascun fattore causale è assegnato un preciso ruolo quantitativamente espresso, mentre la dottrina controfattuale è incapace di operare simili distinzioni (un controfattuale infatti è vero o falso, senza gradazioni). Il SESTO CAPITOLO si concentra sui modelli di spiegazione scientifica di Hempel e Salmon, e sulla nozione di causalità sviluppata da quest’ultimo, mettendo in luce soprattutto il ruolo (problematico) delle leggi di natura e degli enunciati controfattuali (a questo proposito sono prese in considerazione anche le famose critiche di Goodman e Chisholm). Proprio dalla riflessione su questi modelli infatti è scaturita la teoria di Gärdenfors, e tanto la dottrina del filosofo svedese quanto quella di Spohn possono essere viste come finalizzate a rendere conto della spiegazione scientifica confrontandosi con questi modelli meno recenti. Il SETTIMO CAPITOLO si concentra sull’analisi che la logica epistemica fornisce delle leggi di natura, che nel capitolo precedente sono ovviamente emerse come elemento fondamentale della spiegazione scientifica. Secondo Spohn le leggi sono innanzitutto proposizioni generali affermative, che sono credute in modo speciale. In primo luogo sono credute persistentemente, vale a dire, non sono mai messe in dubbio (tanto che se si incappa in una loro contro-istanza si va alla ricerca di una violazione della normalità che la giustifichi). In secondo luogo, guidano e fondano la credenza in altre credenze specifiche, che sono su di esse condizionalizzate (si riprendono, con nuovo rigore logico, le vecchie idee di Wittgenstein e di Ramsey e il concetto di legge come inference ticket). In terzo luogo sono generalizzazioni ricavate induttivamente: sono oggettivazioni di schemi induttivi. Questo capitolo si sofferma anche sulla teoria di legge offerta da Gärdenfors (analoga ma embrionale) e sull’analisi che Spohn fornisce della nozione di clausola ceteris paribus. L’OTTAVO CAPITOLO termina l’analisi cominciata con il sesto, considerando finalmente il modello epistemico della spiegazione scientifica. Si comincia dal modello di Gärdenfors, che si mostra essere minato da alcuni errori o comunque caratterizzato in modo non sufficientemente chiaro (soprattutto perché non fa ricorso, stranamente, al concetto di legge). Segue il modello di Spohn; secondo Spohn le spiegazioni scientifiche sono caratterizzate dal fatto che forniscono (o sono finalizzate a fornire) ragioni stabili, vale a dire, riconducono determinati fenomeni alle loro cause e tali cause sono credute in modo persistente. Con una dimostrazione logica molto dettagliata e di acutezza sorprendente Spohn argomenta che simili ragioni, nel lungo periodo, devono essere incontrate. La sua quindi non è solo una teoria della spiegazione scientifica che elabori un modello epistemico di che cosa succede quando un fenomeno è spiegato, ma anche una teoria dello sviluppo della scienza in generale, che incoraggia a perseguire la ricerca delle cause come necessariamente coronata da successo. Le OSSERVAZIONI CONCLUSIVE fanno il punto sulle teorie esposte e sul loro raffronto. E’ riconosciuta la superiorità della teoria di Spohn, di cui si mostra anche che raccoglie in pieno l’eredità costruttiva di Hume, al quale gli avversari si rifanno costantemente ma in modo frammentario. Si analizzano poi gli elementi delle teorie di Hempel e Salmon che hanno precorso l’impostazione epistemica. La teoria di Spohn non è esente però da alcuni punti ancora problematici. Innanzitutto, il ruolo della verità; in un primo tempo Spohn sembra rinunciare, come fa esplicitamente il suo predecessore, a trattare la verità, salvo poi invocarla quando si pone il grave problema dell’oggettivazione delle ranking functions (il problema si presenta poiché di esse inizialmente si dice che sono regole soggettive di giudizio e poi si identificano in parte con le leggi di natura). C’è poi la dottrina dei gradi di credenza che Spohn dice presentarsi “unitamente alle proposizioni” e che costituisce un inutile distacco dal realismo psicologico (critica consueta alla teoria): basterebbe osservare che i gradi di credenza sono ricavati o per condizionalizzazione automatica sulla base del tipo di fonte da cui una proposizione proviene, o per paragone immaginario con altre fonti (la maggiore o minore credenza infatti è un concetto relazionale: si crede di più o di meno “sulla base di…” o “rispetto a…”). Anche la trattazione delle leggi di natura è problematica; Spohn sostiene che sono ranking functions: a mio avviso invece esse concorrono a regole di giudizio, che prescrivono di impiegare le leggi stesse per valutare proposizioni o aspettative. Una legge di natura è un ingranaggio, per così dire, di una valutazione di certezza ma non si identifica totalmente con una legge di giudizio. I tre criteri che Spohn individua per distinguere le leggi poi non sono rispettati da tutte e sole le leggi stesse: la generalizzazione induttiva può anche dare adito a pregiudizi, e non di tutte le leggi si sono viste, individualmente, istanze ripetute tanto da giustificarle induttivamente. Infine, un episodio reale di storia della scienza come la scoperta della sintesi dell’urea da parte di F. Wöhler (1828 – ottenendo carbammide, organico, da due sostanze inorganiche, dimostra che non è vera la legge di natura fini a quel momento presunta tale secondo cui “sostanze organiche non possono essere ricavate da sostanze inorganiche”) è indice che le leggi di natura non sono sempre credute in modo persistente, cosicché per comprendere il momento della scoperta è pur sempre necessario rifarsi a una teoria di tipo popperiano, rispetto alla quale Spohn presenta invece la propria in assoluta antitesi.
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L’ermeneutica filosofica di Hans-Georg Gadamer – indubbiamente uno dei capisaldi del pensiero novecentesco – rappresenta una filosofia molto composita, sfaccettata e articolata, per così dire formata da una molteplicità di dimensioni diverse che si intrecciano l’una con l’altra. Ciò risulta evidente già da un semplice sguardo alla composizione interna della sua opera principale, Wahrheit und Methode (1960), nella quale si presenta una teoria del comprendere che prende in esame tre differenti dimensioni dell’esperienza umana – arte, storia e linguaggio – ovviamente concepite come fondamentalmente correlate tra loro. Ma questo quadro d’insieme si complica notevolmente non appena si prendano in esame perlomeno alcuni dei numerosi contributi che Gadamer ha scritto e pubblicato prima e dopo il suo opus magnum: contributi che testimoniano l’importante presenza nel suo pensiero di altre tematiche. Di tale complessità, però, non sempre gli interpreti di Gadamer hanno tenuto pienamente conto, visto che una gran parte dei contributi esegetici sul suo pensiero risultano essenzialmente incentrati sul capolavoro del 1960 (ed in particolare sui problemi della legittimazione delle Geisteswissenschaften), dedicando invece minore attenzione agli altri percorsi che egli ha seguito e, in particolare, alla dimensione propriamente etica e politica della sua filosofia ermeneutica. Inoltre, mi sembra che non sempre si sia prestata la giusta attenzione alla fondamentale unitarietà – da non confondere con una presunta “sistematicità”, da Gadamer esplicitamente respinta – che a dispetto dell’indubbia molteplicità ed eterogeneità del pensiero gadameriano comunque vige al suo interno. La mia tesi, dunque, è che estetica e scienze umane, filosofia del linguaggio e filosofia morale, dialogo con i Greci e confronto critico col pensiero moderno, considerazioni su problematiche antropologiche e riflessioni sulla nostra attualità sociopolitica e tecnoscientifica, rappresentino le diverse dimensioni di un solo pensiero, le quali in qualche modo vengono a convergere verso un unico centro. Un centro “unificante” che, a mio avviso, va individuato in quello che potremmo chiamare il disagio della modernità. In altre parole, mi sembra cioè che tutta la riflessione filosofica di Gadamer, in fondo, scaturisca dalla presa d’atto di una situazione di crisi o disagio nella quale si troverebbero oggi il nostro mondo e la nostra civiltà. Una crisi che, data la sua profondità e complessità, si è per così dire “ramificata” in molteplici direzioni, andando ad investire svariati ambiti dell’esistenza umana. Ambiti che pertanto vengono analizzati e indagati da Gadamer con occhio critico, cercando di far emergere i principali nodi problematici e, alla luce di ciò, di avanzare proposte alternative, rimedi, “correttivi” e possibili soluzioni. A partire da una tale comprensione di fondo, la mia ricerca si articola allora in tre grandi sezioni dedicate rispettivamente alla pars destruens dell’ermeneutica gadameriana (prima e seconda sezione) ed alla sua pars costruens (terza sezione). Nella prima sezione – intitolata Una fenomenologia della modernità: i molteplici sintomi della crisi – dopo aver evidenziato come buona parte della filosofia del Novecento sia stata dominata dall’idea di una crisi in cui verserebbe attualmente la civiltà occidentale, e come anche l’ermeneutica di Gadamer possa essere fatta rientrare in questo discorso filosofico di fondo, cerco di illustrare uno per volta quelli che, agli occhi del filosofo di Verità e metodo, rappresentano i principali sintomi della crisi attuale. Tali sintomi includono: le patologie socioeconomiche del nostro mondo “amministrato” e burocratizzato; l’indiscriminata espansione planetaria dello stile di vita occidentale a danno di altre culture; la crisi dei valori e delle certezze, con la concomitante diffusione di relativismo, scetticismo e nichilismo; la crescente incapacità a relazionarsi in maniera adeguata e significativa all’arte, alla poesia e alla cultura, sempre più degradate a mero entertainment; infine, le problematiche legate alla diffusione di armi di distruzione di massa, alla concreta possibilità di una catastrofe ecologica ed alle inquietanti prospettive dischiuse da alcune recenti scoperte scientifiche (soprattutto nell’ambito della genetica). Una volta delineato il profilo generale che Gadamer fornisce della nostra epoca, nella seconda sezione – intitolata Una diagnosi del disagio della modernità: il dilagare della razionalità strumentale tecnico-scientifica – cerco di mostrare come alla base di tutti questi fenomeni egli scorga fondamentalmente un’unica radice, coincidente peraltro a suo giudizio con l’origine stessa della modernità. Ossia, la nascita della scienza moderna ed il suo intrinseco legame con la tecnica e con una specifica forma di razionalità che Gadamer – facendo evidentemente riferimento a categorie interpretative elaborate da Max Weber, Martin Heidegger e dalla Scuola di Francoforte – definisce anche «razionalità strumentale» o «pensiero calcolante». A partire da una tale visione di fondo, cerco quindi di fornire un’analisi della concezione gadameriana della tecnoscienza, evidenziando al contempo alcuni aspetti, e cioè: primo, come l’ermeneutica filosofica di Gadamer non vada interpretata come una filosofia unilateralmente antiscientifica, bensì piuttosto come una filosofia antiscientista (il che naturalmente è qualcosa di ben diverso); secondo, come la sua ricostruzione della crisi della modernità non sfoci mai in una critica “totalizzante” della ragione, né in una filosofia della storia pessimistico-negativa incentrata sull’idea di un corso ineluttabile degli eventi guidato da una razionalità “irrazionale” e contaminata dalla brama di potere e di dominio; terzo, infine, come la filosofia di Gadamer – a dispetto delle inveterate interpretazioni che sono solite scorgervi un pensiero tradizionalista, autoritario e radicalmente anti-illuminista – non intenda affatto respingere l’illuminismo scientifico moderno tout court, né rinnegarne le più importanti conquiste, ma più semplicemente “correggerne” alcune tendenze e recuperare una nozione più ampia e comprensiva di ragione, in grado di render conto anche di quegli aspetti dell’esperienza umana che, agli occhi di una razionalità “limitata” come quella scientista, non possono che apparire come meri residui di irrazionalità. Dopo aver così esaminato nelle prime due sezioni quella che possiamo definire la pars destruens della filosofia di Gadamer, nella terza ed ultima sezione – intitolata Una terapia per la crisi della modernità: la riscoperta dell’esperienza e del sapere pratico – passo quindi ad esaminare la sua pars costruens, consistente a mio giudizio in un recupero critico di quello che egli chiama «un altro tipo di sapere». Ossia, in un tentativo di riabilitazione di tutte quelle forme pre- ed extra-scientifiche di sapere e di esperienza che Gadamer considera costitutive della «dimensione ermeneutica» dell’esistenza umana. La mia analisi della concezione gadameriana del Verstehen e dell’Erfahrung – in quanto forme di un «sapere pratico (praktisches Wissen)» differente in linea di principio da quello teorico e tecnico – conduce quindi ad un’interpretazione complessiva dell’ermeneutica filosofica come vera e propria filosofia pratica. Cioè, come uno sforzo di chiarificazione filosofica di quel sapere prescientifico, intersoggettivo e “di senso comune” effettivamente vigente nella sfera della nostra Lebenswelt e della nostra esistenza pratica. Ciò, infine, conduce anche inevitabilmente ad un’accentuazione dei risvolti etico-politici dell’ermeneutica di Gadamer. In particolare, cerco di esaminare la concezione gadameriana dell’etica – tenendo conto dei suoi rapporti con le dottrine morali di Platone, Aristotele, Kant e Hegel – e di delineare alla fine un profilo della sua ermeneutica filosofica come filosofia del dialogo, della solidarietà e della libertà.
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This research, carried out during the PhD in Materials Engineering, deals with the creation of layers, with different functionality, deposited on a ceramic substrate, to obtain photovoltaic cells for electricity production. The research activities are included in the project PRRIITT, Measure 4 (Development of Networks), Action A (Research and Technology Transfer Laboratories), Thematic reference 3 (Advanced materials applications development), co-financed by the Emilia Romagna Region, for the creation of CECERBENCH laboratory, which aims to develop "Tiles with a functionalised surface”. The innovation lies in the study of materials and in the development of technologies to achieve a "photovoltaic surface", directly in the tiles production process. The goal is to preserve the technical characteristics, and to make available new surfaces, exploiting renewable energy sources. The realization of Building Integrated PhotoVoltaic (BIPV) is nowadays a more and more spread tendency. The aims of the research are essentially linked to the need to diversify the actual ceramic tile production (which is strongly present in the Emilia Romagna Region ), and to provide a higher added value to the tiles. Solar energy production is the primary objective of the functionalization, and has a relevant ecological impact, taking into account the overwhelming global energy demand. The specific activities of the PhD were carried out according to the achievement of scientific and technological objectives of CECERBENCH laboratory, and involved the collaboration in design solutions, to obtain the cells directly on the tiles surface. The author has managed personally a part of the research project. Layers with different features were made: - Electrically conductive layers, directly on the ceramic tiles surface; - Layers to obtain the photovoltaic functionality; - Electrically insulating, protective layers (double function). For each layer, the most suitable materials have been selected. Among the technical application, the screen printing was used. This technique, widely used in ceramics, has many application areas, including the electronics and photovoltaic industries. It is an inexpensive technique, easy to use in industrial production lines. The screen printing technique was therefore studied in depth by theoretical considerations, and through the use of rheological measurements.
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The inherent stochastic character of most of the physical quantities involved in engineering models has led to an always increasing interest for probabilistic analysis. Many approaches to stochastic analysis have been proposed. However, it is widely acknowledged that the only universal method available to solve accurately any kind of stochastic mechanics problem is Monte Carlo Simulation. One of the key parts in the implementation of this technique is the accurate and efficient generation of samples of the random processes and fields involved in the problem at hand. In the present thesis an original method for the simulation of homogeneous, multi-dimensional, multi-variate, non-Gaussian random fields is proposed. The algorithm has proved to be very accurate in matching both the target spectrum and the marginal probability. The computational efficiency and robustness are very good too, even when dealing with strongly non-Gaussian distributions. What is more, the resulting samples posses all the relevant, welldefined and desired properties of “translation fields”, including crossing rates and distributions of extremes. The topic of the second part of the thesis lies in the field of non-destructive parametric structural identification. Its objective is to evaluate the mechanical characteristics of constituent bars in existing truss structures, using static loads and strain measurements. In the cases of missing data and of damages that interest only a small portion of the bar, Genetic Algorithm have proved to be an effective tool to solve the problem.
Resumo:
This dissertation concerns active fibre-reinforced composites with embedded shape memory alloy wires. The structural application of active materials allows to develop adaptive structures which actively respond to changes in the environment, such as morphing structures, self-healing structures and power harvesting devices. In particular, shape memory alloy actuators integrated within a composite actively control the structural shape or stiffness, thus influencing the composite static and dynamic properties. Envisaged applications include, among others, the prevention of thermal buckling of the outer skin of air vehicles, shape changes in panels for improved aerodynamic characteristics and the deployment of large space structures. The study and design of active composites is a complex and multidisciplinary topic, requiring in-depth understanding of both the coupled behaviour of active materials and the interaction between the different composite constituents. Both fibre-reinforced composites and shape memory alloys are extremely active research topics, whose modelling and experimental characterisation still present a number of open problems. Thus, while this dissertation focuses on active composites, some of the research results presented here can be usefully applied to traditional fibre-reinforced composites or other shape memory alloy applications. The dissertation is composed of four chapters. In the first chapter, active fibre-reinforced composites are introduced by giving an overview of the most common choices available for the reinforcement, matrix and production process, together with a brief introduction and classification of active materials. The second chapter presents a number of original contributions regarding the modelling of fibre-reinforced composites. Different two-dimensional laminate theories are derived from a parent three-dimensional theory, introducing a procedure for the a posteriori reconstruction of transverse stresses along the laminate thickness. Accurate through the thickness stresses are crucial for the composite modelling as they are responsible for some common failure mechanisms. A new finite element based on the First-order Shear Deformation Theory and a hybrid stress approach is proposed for the numerical solution of the two-dimensional laminate problem. The element is simple and computationally efficient. The transverse stresses through the laminate thickness are reconstructed starting from a general finite element solution. A two stages procedure is devised, based on Recovery by Compatibility in Patches and three-dimensional equilibrium. Finally, the determination of the elastic parameters of laminated structures via numerical-experimental Bayesian techniques is investigated. Two different estimators are analysed and compared, leading to the definition of an alternative procedure to improve convergence of the estimation process. The third chapter focuses on shape memory alloys, describing their properties and applications. A number of constitutive models proposed in the literature, both one-dimensional and three-dimensional, are critically discussed and compared, underlining their potential and limitations, which are mainly related to the definition of the phase diagram and the choice of internal variables. Some new experimental results on shape memory alloy material characterisation are also presented. These experimental observations display some features of the shape memory alloy behaviour which are generally not included in the current models, thus some ideas are proposed for the development of a new constitutive model. The fourth chapter, finally, focuses on active composite plates with embedded shape memory alloy wires. A number of di®erent approaches can be used to predict the behaviour of such structures, each model presenting different advantages and drawbacks related to complexity and versatility. A simple model able to describe both shape and stiffness control configurations within the same context is proposed and implemented. The model is then validated considering the shape control configuration, which is the most sensitive to model parameters. The experimental work is divided in two parts. In the first part, an active composite is built by gluing prestrained shape memory alloy wires on a carbon fibre laminate strip. This structure is relatively simple to build, however it is useful in order to experimentally demonstrate the feasibility of the concept proposed in the first part of the chapter. In the second part, the making of a fibre-reinforced composite with embedded shape memory alloy wires is investigated, considering different possible choices of materials and manufacturing processes. Although a number of technological issues still need to be faced, the experimental results allow to demonstrate the mechanism of shape control via embedded shape memory alloy wires, while showing a good agreement with the proposed model predictions.
Resumo:
Il testo ripercorre le origini del romanzo poliziesco, la sua struttura, le tecniche narrative utilizzate e l’evoluzione del genere che ha condotto alla nascita del Noir francese e del Noir Mediterraneo. Arrivando ad osservare che per le sue caratteristiche, la letteratura noir in generale presenta specificità di tipo culturale, ambientale e linguistico, che risultano molto evidenti nell’opera di Izzo, si giunge a considerare come sia necessario per il traduttore porsi rispetto all’opera come un antropologo o un etnologo, di farsi cioè interprete di una “cultura”. Nella terza parte del lavoro vengono presentati la Trilogia di Izzo, la struttura narrativa e gli elementi socio-culturali presenti nell’opera. La quarta parte propone le teorie relative sia al problema della traduzione interlinguistica, sia a quello della traduzione intralinguistica e successivamente dopo una analisi della traduzione italiana dei testi, presenta, in appendice, una possibile traduzione del prologo di Total Khéops, inteso come sintesi delle caratteristiche narrative e culturali dell’autore. La parte conclusiva di questo lavoro riguarda la traduzione intercodica e, seguendo la linea di pensiero che ha governato l’analisi della Trilogia vengono presi in esame e messi a confronto col testo narrativo alcuni dialoghi significativi dell’adattamento per la televisione.