991 resultados para Museo nazionale di Napoli.
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La tecnica di ozonolisi viene applicata ai fanghi biologici derivanti da impianti di depurazione acque reflue urbane, e consiste nell'ottenere, grazie all'ozono, una minor massa fangosa da smaltire e una miglior trattabilità del fango residue. In questo elaborato si prendono in esame le sperimentazioni effettuate a Marina di Ravenna e si estraggono le prime conclusioni gestionali, economiche e ambientali sull'applicabilità del metodo a questo tipo di fango.
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Confronto tra due software specifici per l'analisi di rischio nel trasporto stradale di merci pericolose (TRAT GIS 4.1 e QRAM 3.6) mediante applicazione a un caso di studio semplice e al caso reale di Casalecchio di Reno, comune della provincia di Bologna.
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CAPITOLO 1 INTRODUZIONE Il lavoro presentato è relativo all’utilizzo a fini metrici di immagini satellitari storiche a geometria panoramica; in particolare sono state elaborate immagini satellitari acquisite dalla piattaforma statunitense CORONA, progettata ed impiegata essenzialmente a scopi militari tra gli anni ’60 e ’70 del secolo scorso, e recentemente soggette ad una declassificazione che ne ha consentito l’accesso anche a scopi ed utenti non militari. Il tema del recupero di immagini aeree e satellitari del passato è di grande interesse per un ampio spettro di applicazioni sul territorio, dall’analisi dello sviluppo urbano o in ambito regionale fino ad indagini specifiche locali relative a siti di interesse archeologico, industriale, ambientale. Esiste infatti un grandissimo patrimonio informativo che potrebbe colmare le lacune della documentazione cartografica, di per sé, per ovvi motivi tecnici ed economici, limitata a rappresentare l’evoluzione territoriale in modo asincrono e sporadico, e con “forzature” e limitazioni nel contenuto informativo legate agli scopi ed alle modalità di rappresentazione delle carte nel corso del tempo e per diversi tipi di applicazioni. L’immagine di tipo fotografico offre una rappresentazione completa, ancorché non soggettiva, dell’esistente e può complementare molto efficacemente il dato cartografico o farne le veci laddove questo non esista. La maggior parte del patrimonio di immagini storiche è certamente legata a voli fotogrammetrici che, a partire dai primi decenni del ‘900, hanno interessato vaste aree dei paesi più avanzati, o regioni di interesse a fini bellici. Accanto a queste, ed ovviamente su periodi più vicini a noi, si collocano le immagini acquisite da piattaforma satellitare, tra le quali rivestono un grande interesse quelle realizzate a scopo di spionaggio militare, essendo ad alta risoluzione geometrica e di ottimo dettaglio. Purtroppo, questo ricco patrimonio è ancora oggi in gran parte inaccessibile, anche se recentemente sono state avviate iniziative per permetterne l’accesso a fini civili, in considerazione anche dell’obsolescenza del dato e della disponibilità di altre e migliori fonti di informazione che il moderno telerilevamento ci propone. L’impiego di immagini storiche, siano esse aeree o satellitari, è nella gran parte dei casi di carattere qualitativo, inteso ad investigare sulla presenza o assenza di oggetti o fenomeni, e di rado assume un carattere metrico ed oggettivo, che richiederebbe tra l’altro la conoscenza di dati tecnici (per esempio il certificato di calibrazione nel caso delle camere aerofotogrammetriche) che sono andati perduti o sono inaccessibili. Va ricordato anche che i mezzi di presa dell’epoca erano spesso soggetti a fenomeni di distorsione ottica o altro tipo di degrado delle immagini che ne rendevano difficile un uso metrico. D’altra parte, un utilizzo metrico di queste immagini consentirebbe di conferire all’analisi del territorio e delle modifiche in esso intercorse anche un significato oggettivo che sarebbe essenziale per diversi scopi: per esempio, per potere effettuare misure su oggetti non più esistenti o per potere confrontare con precisione o co-registrare le immagini storiche con quelle attuali opportunamente georeferenziate. Il caso delle immagini Corona è molto interessante, per una serie di specificità che esse presentano: in primo luogo esse associano ad una alta risoluzione (dimensione del pixel a terra fino a 1.80 metri) una ampia copertura a terra (i fotogrammi di alcune missioni coprono strisce lunghe fino a 250 chilometri). Queste due caratteristiche “derivano” dal principio adottato in fase di acquisizione delle immagini stesse, vale a dire la geometria panoramica scelta appunto perché l’unica che consente di associare le due caratteristiche predette e quindi molto indicata ai fini spionaggio. Inoltre, data la numerosità e la frequenza delle missioni all’interno dell’omonimo programma, le serie storiche di questi fotogrammi permettono una ricostruzione “ricca” e “minuziosa” degli assetti territoriali pregressi, data appunto la maggior quantità di informazioni e l’imparzialità associabili ai prodotti fotografici. Va precisato sin dall’inizio come queste immagini, seppur rappresentino una risorsa “storica” notevole (sono datate fra il 1959 ed il 1972 e coprono regioni moto ampie e di grandissimo interesse per analisi territoriali), siano state molto raramente impiegate a scopi metrici. Ciò è probabilmente imputabile al fatto che il loro trattamento a fini metrici non è affatto semplice per tutta una serie di motivi che saranno evidenziati nei capitoli successivi. La sperimentazione condotta nell’ambito della tesi ha avuto due obiettivi primari, uno generale ed uno più particolare: da un lato il tentativo di valutare in senso lato le potenzialità dell’enorme patrimonio rappresentato da tali immagini (reperibili ad un costo basso in confronto a prodotti simili) e dall’altro l’opportunità di indagare la situazione territoriale locale per una zona della Turchia sud orientale (intorno al sito archeologico di Tilmen Höyük) sulla quale è attivo un progetto condotto dall’Università di Bologna (responsabile scientifico il Prof. Nicolò Marchetti del Dipartimento di Archeologia), a cui il DISTART collabora attivamente dal 2005. L’attività è condotta in collaborazione con l’Università di Istanbul ed il Museo Archeologico di Gaziantep. Questo lavoro si inserisce, inoltre, in un’ottica più ampia di quelle esposta, dello studio cioè a carattere regionale della zona in cui si trovano gli scavi archeologici di Tilmen Höyük; la disponibilità di immagini multitemporali su un ampio intervallo temporale, nonché di tipo multi sensore, con dati multispettrali, doterebbe questo studio di strumenti di conoscenza di altissimo interesse per la caratterizzazione dei cambiamenti intercorsi. Per quanto riguarda l’aspetto più generale, mettere a punto una procedura per il trattamento metrico delle immagini CORONA può rivelarsi utile all’intera comunità che ruota attorno al “mondo” dei GIS e del telerilevamento; come prima ricordato tali immagini (che coprono una superficie di quasi due milioni di chilometri quadrati) rappresentano un patrimonio storico fotografico immenso che potrebbe (e dovrebbe) essere utilizzato sia a scopi archeologici, sia come supporto per lo studio, in ambiente GIS, delle dinamiche territoriali di sviluppo di quelle zone in cui sono scarse o addirittura assenti immagini satellitari dati cartografici pregressi. Il lavoro è stato suddiviso in 6 capitoli, di cui il presente costituisce il primo. Il secondo capitolo è stato dedicato alla descrizione sommaria del progetto spaziale CORONA (progetto statunitense condotto a scopo di fotoricognizione del territorio dell’ex Unione Sovietica e delle aree Mediorientali politicamente correlate ad essa); in questa fase vengono riportate notizie in merito alla nascita e all’evoluzione di tale programma, vengono descritti piuttosto dettagliatamente gli aspetti concernenti le ottiche impiegate e le modalità di acquisizione delle immagini, vengono riportati tutti i riferimenti (storici e non) utili a chi volesse approfondire la conoscenza di questo straordinario programma spaziale. Nel terzo capitolo viene presentata una breve discussione in merito alle immagini panoramiche in generale, vale a dire le modalità di acquisizione, gli aspetti geometrici e prospettici alla base del principio panoramico, i pregi ed i difetti di questo tipo di immagini. Vengono inoltre presentati i diversi metodi rintracciabili in bibliografia per la correzione delle immagini panoramiche e quelli impiegati dai diversi autori (pochi per la verità) che hanno scelto di conferire un significato metrico (quindi quantitativo e non solo qualitativo come è accaduto per lungo tempo) alle immagini CORONA. Il quarto capitolo rappresenta una breve descrizione del sito archeologico di Tilmen Höyuk; collocazione geografica, cronologia delle varie campagne di studio che l’hanno riguardato, monumenti e suppellettili rinvenute nell’area e che hanno reso possibili una ricostruzione virtuale dell’aspetto originario della città ed una più profonda comprensione della situazione delle capitali del Mediterraneo durante il periodo del Bronzo Medio. Il quinto capitolo è dedicato allo “scopo” principe del lavoro affrontato, vale a dire la generazione dell’ortofotomosaico relativo alla zona di cui sopra. Dopo un’introduzione teorica in merito alla produzione di questo tipo di prodotto (procedure e trasformazioni utilizzabili, metodi di interpolazione dei pixel, qualità del DEM utilizzato), vengono presentati e commentati i risultati ottenuti, cercando di evidenziare le correlazioni fra gli stessi e le problematiche di diversa natura incontrate nella redazione di questo lavoro di tesi. Nel sesto ed ultimo capitolo sono contenute le conclusioni in merito al lavoro in questa sede presentato. Nell’appendice A vengono riportate le tabelle dei punti di controllo utilizzati in fase di orientamento esterno dei fotogrammi.
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Il sistema viabile rappresenta una parte fondamentale nella dinamica dei trasporti al servizio della mobilità di trasporti e merci. La mobilità, ha fatto registrare ritmi di crescita sostenuti nel corso degli anni. Le trasformazioni sociali, del mercato del lavoro, lo sviluppo produttivo e commerciale, la posizione baricentrica tra le province jonca salentina e brindisina fanno di Manduria, una realtà dove è necessario prestare attenzione al sistema dei trasporti. Tuttavia la rete statale di vecchio stampo che risulta utilizzata, soprattutto da quote di mobilità interprovinciale per questioni di economicità del percorso e dal momento che manca una rete viaria ordinaria funzionale e scorrevole che colleghi in modo capillare il territorio fanno si che la Strada Statale 7ter risulti congestionata in maniera diffusa. La Superstrada di nuova costruzione sarebbe potuta essere un importante arteria stradale allacciandosi alla SS Taranto Brindisi Lecce collegando il sud della provincia Jonica in modo capillare ai comuni della provincia Taranto e Lecce, la quale non è stata ultimata ed avrebbe rappresentato una valida alternativa alla statale esistenti. Oltre a favorire i collegamenti tra il territorio jonico, brindisino e quello salentino, tale intervento sarebbe stato necessario per ridurre la componente di traffico di attraversamento di una serie di centri urbani, tra cui il Comune di Manduria. In questa tesi, sulla base dei dati raccolti dall’ultimo censimento nell’ambito provinciale e del Comune di Manduria, verrà implementato il funzionamento del Piano del Traffico stradale del Comune di Manduria e verranno condotte delle simulazioni, con l’ausilio del software di pianificazione di sistemi di trasporto stradale Omnitrans, versione demo, scaricabile gratuitamente dal sito www.omnitrans-international.com. Si ricercheranno stime sul funzionamento della rete, valutando la congestione del traffico ed eventualmente in termini di aumento della sicurezza e riduzione dell’inquinamento atmosferico.
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E’ stato in primo luogo definito il criterio di efficienza dal punto di vista economico (con una accenno anche ai parametri elaborati dagli studiosi di discipline aziendali), nelle sue varie accezioni, ponendo altresì ciascuna di queste in relazione alle condizioni di concorrenza perfetta. Le nozioni di efficienza che sono state definite a tal fine sono quelle di efficienza allocativa, efficienza tecnica, efficienza dinamica ed efficienza distributiva. Ciascuna di esse é stata inquadrata a livello teorico secondo le definizioni fornite dalla letteratura, esaminandone le ipotesi sottostanti. E’ stata altresì descritta, contestualizzandola temporalmente, l’evoluzione della nozione, e ne sono state evidenziate le implicazioni ai fini della ricerca della forma di mercato più “efficiente”. Sotto quest’ultimo aspetto l’attenzione dello scrivente si é incentrata sul rapporto tra le diverse accezioni di efficienza economica oggetto di analisi e la desiderabilità o meno di un regime di concorrenza perfetta. Il capitolo si conclude con una breve panoramica sulle metodologie di misurazione finalizzata ad individuare i principali parametri utilizzati per determinare il livello di efficienza, di un mercato, di un’attività produttiva o di un’impresa, posto che, come verrà specificato nel prosieguo della tesi, la valutazione di efficienza in ambito antitrust deve essere verificata, ove possibile, anche basandosi sull’evidenza empirica delle singole imprese esaminate, come richiede il criterio della rule of reason. Capitolo 2 Presupposto per avere una regolazione che persegua l’obiettivo di avere una regolazione efficiente ed efficace, è, a parere di chi scrive, anche l’esistenza di autorità pubbliche deputate a esercitare la funzione regolatoria che rispettino al proprio interno e nel proprio agire la condizione di efficienza definita rispetto ai pubblici poteri. Lo sviluppo di questa affermazione ha richiesto in via preliminare, di definire il criterio di efficienza in ambito pubblicistico individuandone in particolare l’ambito di applicazione, il suo rapporto con gli altri principi che reggono l’azione amministrativa (con particolare riferimento al criterio di efficacia). Successivamente é stato collocato nel nostro ordinamento nazionale, ponendolo in relazione con il principio di buon andamnento della Pubblica Amministrazione, benchè l’ordinamento italiano, per la sua specificità non costituisca un esempio estendibile ad ordinamenti. Anche con riferimento al criterio di efficienza pubblica, un paragrafo é stato dedicato alle metodologie di misurazione di questa, e, nello specifico sull’Analisi Costi-Benefici e sull’Analisi di Impatto della Regolazione Una volta inquadrata la definizione di efficienza pubblica, questa é stata analizzata con specifico riferimento all’attività di regolazione dell’economia svolta dai soggetti pubblici, ambito nella quale rientra la funzione antitrust. Si é provato in particolare ad evidenziare, a livello generale, quali sono i requisiti necessari ad un’autorità amministrativa antitrust, costituita e dotata di poteri ad hoc, affinché essa agisca, nella sua attività di regolazione, secondo il principio di efficienza, Il capitolo si chiude allargando l’orizzonte della ricerca verso una possibile alternativa metodologica al criterio di efficienza precedentemente definito: vi si é infatti brevemente interrogati circa lo schema interpretativo nel quale ci muoviamo, affrontando la questione definitoria del criterio di efficienza, ponendolo in relazione con l’unico modello alternativo esistente, quello sviluppatosi nella cultura cinese. Non certo per elaborare un’applicazione in “salsa cinese” del criterio di efficienza alla tutela della concorrenza, compito al quale lo scrivente non sarebbe stato in grado di ottemperare, bensì, più semplicemente per dare conto di un diverso approccio alla questione che il futuro ruolo di superpotenza economica della Cina imporrà di prendere in considerazione. Capitolo 3 Nel terzo capitolo si passa a definire il concetto di concorrenza come istituto oggetto di tutela da parte della legge antitrust, per poi descrivere la nascita e l’evoluzione di tale legislazione negli Stati Uniti e della sua applicazione, posto che il diritto antitrust statunitense ancora oggi costituisce il necessario punto di riferimento per lo studioso di questa materia. L’evoluzione del diritto antitrust statunitense é stata analizzata parallelamente allo sviluppo delle principali teorie di law and economics che hanno interpretato il diritto della concorrenza quale possibile strumento per conseguire l’obiettivo dell’efficienza economica: la Scuola di Harvard e il paradigma strutturalista, la teoria evoluzionista della Scuola Austriaca, la Scuola di Chicago; le c.d. teorie “Post-Chicago”. Nel terzo capitolo, in altri termini, si é dato conto dell’evoluzione del pensiero economico con riferimento alla sua applicazione al diritto antitrust, focalizzando l’attenzione su quanto avvenuto negli Stati Uniti, paese nel quale sono nati sia l’istituto giuridico della tutela della concorrenza sia l’analisi economica del diritto. A conclusione di questa ricostruzione dottrinale ho brevemente esaminato quelle che sono le nuove tendenze dell’analisi economica del diritto, e specificatamente la teoria del comportamento irrazionale, benché esse non abbiano ancora ricevuto applicazione al diritto antitrust. Chi scrive ritiene infatti che queste teorie avranno ricadute anche in questa materia poiché essa costituisce uno dei principali ambiti applicativi della law and economics. Capitolo 4 Nel quarto capitolo é stata effettuata una disanima della disciplina comunitaria antitrust sottolineando come l’Unione Europea si proponga attraverso la sua applicazione, soprattutto in materia di intese, di perseguire fini eterogenei, sia economici che non economici, tra loro diversi e non di rado contrastanti, e analizzando come questa eterogeneità di obiettivi abbia influito sull’applicazione del criterio di efficienza. Attenendomi in questo capitolo al dato normativo, ho innanzitutto evidenziato l’ampiezza dell’ambito di applicazione della disciplina comunitaria antitrust sia dal punto di vista soggettivo che territoriale (dottrina dell’effetto utile), sottolineando come la norma giustifichi esplicitamente il ricorso al criterio di efficienza solo nella valutazione delle intese: il comma 3 dell’art. 81 del Trattato include, infatti, tra i requisiti di una possibile esenzione dall’applicazione del divieto per le intese qualificate come restrittive della concorrenza, la possibilità di ottenere incrementi di efficienza tecnica e/o dinamica attraverso l’implementazione delle intese in questione. Tuttavia la previsione da parte dello stesso art. 81 (3) di altri requisiti che devono contemporaneamente essere soddisfatti affinché un intesa restrittiva della concorrenza possa beneficiare dell’esenzione, nonché la possibile diversa interpretazione della locuzione “progresso tecnico ed economico”, impone, o comunque ammette, il perseguimento di altri obiettivi, contestualmente a quello dell’efficienza, giustificando così quell’eterogeneità dei fini che contraddistingue la politica della concorrenza dell’Unione Europea. Se la disciplina delle intese aiuta a comprendere il ruolo del criterio di efficienza nell’applicazione dei precetti antitrust da parte degli organi comunitari, l’art. 82 del Trattato non contiene invece alcun riferimento alla possibilità di utilizzare il criterio di efficienza nella valutazione delle condotte unilaterali poste in essere da imprese in posizione dominante sul mercato rilevante. Si è peraltro dato conto della consultazione recentemente avviata dalla Commissione Europea finalizzata all’elaborazione di Linee Guida che definiscano i criteri di interpretazione che l’organo comunitario dovrà seguire nella valutazione dei comportamenti unilaterali. A parere dello scrivente, anzi, l’assenza di un preciso schema cui subordinare la possibilità di ricorrere al criterio di efficienza nella valutazione della fattispecie, attribuisce alle autorità competenti un più ampio margine di discrezionalità nell’utilizzo del suddetto criterio poiché manca il vincolo della contestuale sussistenza delle altre condizioni di cui all’art. 81(3). Per quanto concerne infine la disciplina delle concentrazioni, essa, come abbiamo visto, prevede un riferimento ai possibili incrementi di efficienza (tecnica e dinamica) derivanti da operazioni di fusione, utilizzando la nozione utilizzata per le intese, così come nel precedente Regolamento 4064/89. Si é infine analizzato il nuovo Regolamento in materia di concentrazioni che avrebbe potuto costituire l’occasione per recepire nella disciplina comunitaria l’attribuzione della facoltà di ricorrere all’efficiency defense in presenza di una fattispecie, quella della fusione tra imprese, suscettibile più di altre di essere valutata secondo il criterio di efficienza, ma che si é invece limitato a riprendere la medesima locuzione presente nell’art. 81(3). Il capitolo attesta anche l’attenzione verso l’istanza di efficienza che ha riguardato il meccanismo di applicazione della norma antitrust e non il contenuto della norma stessa; a questo profilo attiene, infatti, l’innovazione apportata dal Regolamento 1/2003 che ha permesso, a parere dello scrivente, un’attribuzione più razionale della competenza nella valutazione dei casi tra la Commissione e le autorità nazionali degli Stati membri; tuttavia pone alcune questioni che investono direttamente il tema dei criteri di valutazione utilizzati dalle autorità competenti. Capitolo 5 L’analisi del quarto capitolo é stata condotta, sebbene in forma più sintetica, con riferimento alle normative antitrust dei principali Stati membri della Comunità Europea (Germania, Gran Bretagna, Spagna, Francia e Italia), rapportando anche queste al criterio di efficienza, ove possibile. Particolare attenzione é stata dedicata ai poteri e alle competenze attribuite alle autorità nazionali antitrust oggetto di studio dall’ordinamento giuridico cui appartengono e al contesto, in termini di sistema giuridico, nel quale esse operano. Capitolo 6 Si é provato ad effettuare una valutazione del livello di efficienza delle autorità prese in esame, la Commissione e le diverse autorità nazionali e ciò con particolare riferimento alla idoneità di queste a svolgere i compiti istituzionali loro affidati (criterio di efficienza dal punto di vista giuridico): affinchè un’autorità si possa ispirare al criterio di efficienza economica nell’adozione delle decisioni, infatti, è preliminarmente necessario che essa sia idonea a svolgere il compito che le è stato affidato dall’ordinamento. In questo senso si é osservata la difficoltà dei paesi di civil law a inquadrare le autorità indipendenti all’interno di un modello, quello appunto di civil law, ispirato a una rigida tripartizione dei poteri. Da qui la difficile collocazione di queste autorità che, al contrario, costituiscono un potere “ibrido” che esercita una funzione di vigilanza e garanzia non attribuibile integralmente né al potere esecutivo né a quello giurisdizionale. Si rileva inoltre una certa sovrapposizione delle competenze e dei poteri tra autorità antitrust e organi ministeriali, in particolare nel campo delle concentrazioni che ingenera un rischio di confusione e bassa efficienza del sistema. Mantenendo, infatti, un parziale controllo politico si rischia, oltre all’introduzione di criteri di valutazione politica che prescindono dagli effetti delle fattispecie concrete sul livello di concorrenza ed efficienza del mercato, anche di dare luogo a conflitti tra le diverse autorità del sistema che impediscano l’adozione e l’implementazione di decisioni definitive, incrementando altresì i costi dell’intervento pubblico. Un giudizio a parte è stato infine formulato con riguardo alla Commissione Europea, istituzione, in quanto avente caratteristiche e poteri peculiari. Da un lato l’assenza di vincolo di mandato dei Commissari e l’elevata preparazione tecnica dei funzionari costituiscono aspetti che avvicinano la Commissione al modello dell’autorità indipendenti, e l’ampiezza dei poteri in capo ad essa le permette di operare efficientemente grazie anche alla possibilità di valersi dell’assistenza delle autorità nazionali. Dall’altra parte, tuttavia la Commissione si caratterizza sempre di più come un organo politico svolgente funzioni esecutive, di indirizzo e di coordinamento che possono influenzare gli obiettivi che essa persegue attraverso l’attività antitrust, deviandola dal rispetto del criterio di efficienza. Capitolo 7 Una volta definito il contesto istituzionale di riferimento e la sua idoneità a svolgere la funzione affidatagli dall’ordinamento comunitario, nonché da quelli nazionali, si è proceduto quindi all’analisi delle decisioni adottate da alcune delle principali autorità nazionali europee competenti ad applicare la disciplina della concorrenza dal punto di vista dell’efficienza. A tal fine le fattispecie rilevanti a fini antitrust dal punto di vista giuridico sono state classificate utilizzando un criterio economico, individuando e definendo quelle condotte che presentano elementi comuni sotto il profilo economico e per ciascuna di esse sono state inquadrate le problematiche rilevanti ai fini dell’efficienza economica sulla scorta dei contributi teorici e delle analisi empiriche svolte dalla letteratura. 6 Con riferimento a ciascuna condotta rilevante ho esaminato il contenuto di alcune delle decisioni antitrust più significative e le ho interpretate in base al criterio di efficienza. verificando se e in quale misura le autorità antitrust prese in esame utilizzano tale criterio, cercando altresì di valutare l’evoluzione dei parametri di valutazione occorsa nel corso degli anni. Le decisioni analizzate sono soprattutto quelle adottate dalla Commissione e le eventuali relative sentenze della Corte di Giustizia Europea; ciò sia per la maggior rilevanza dei casi trattati a livello comunitario, sia in quanto le autorità nazionali, con qualche rara eccezione, si conformano generalmente ai criteri interpretativi della Commissione. Riferimenti a decisioni adottate dalle autorità nazionali sono stati collocati allorquando i loro criteri interpretativi si discostino da quelli utilizzati dagli organi comunitari. Ne è emerso un crescente, anche se ancora sporadico e incostante, ricorso al criterio di efficienza da parte degli organi europei preposti alla tutela della concorrenza. Il tuttora scarso utilizzo del criterio di efficienza nello svolgimento dell’attività antitrust è motivato, a parere di chi scrive, in parte dall’eterogeneità degli obiettivi che l’Unione Europea persegue attraverso la politica della concorrenza comunitaria (completamento del mercato unico, tutela del consumatore, politica industriale, sviluppo delle aree svantaggiate), in parte dall’incapacità (o dall’impossibilità) delle autorità di effettuare coerenti analisi economiche delle singole fattispecie concrete. Anche le principali autorità nazionali mostrano una crescente propensione a tendere conto dell’efficienza nella valutazione dei casi, soprattutto con riferimento agli accordi verticali e alle concentrazioni, sulla scia della prassi comunitaria. Più innovativa nell’applicazione del criterio di efficienza economica così come nella ricerca di uso ottimale delle risorse si è finora dimostrato l’OFT, come vedremo anche nel prossimo capitolo. Al contrario sembra più lenta l’evoluzione in questo senso dell’Ufficio dei Cartelli tedesco sia a causa delle già citate caratteristiche della legge antitrust tedesca, sia a causa del persistente principio ordoliberale della prevalenza del criterio della rule of law sulla rule of reason. Peraltro, anche nei casi in cui le Autorità siano propense ad utilizzare il criterio di efficienza nelle loro valutazioni, esse si limitano generalmente ad un’analisi teorica dell’esistenza di precondizioni che consentano alle imprese in questione di ottenere guadagni di efficienza. La sussistenza di tali pre-condizioni viene infatti rilevata sulla base della capacità potenziale della condotta dell’impresa (o delle imprese) di avere un effetto positivo in termini di efficienza, nonché sulla base delle caratteristiche del mercato rilevante. Raramente, invece, si tiene conto della capacità reale dei soggetti che pongono in essere la pratica suscettibile di essere restrittiva della concorrenza di cogliere effettivamente queste opportunità, ovvero se la struttura e l’organizzazione interna dell’impresa (o delle imprese) non è in grado di mettere in pratica ciò che la teoria suggerisce a causa di sue carenza interne o comunque in ragione delle strategie che persegue. Capitolo 8 Poiché l’approccio ispirato al criterio di efficienza economica non può prescindere dalle caratteristiche del settore e del mercato in cui operano l’impresa o le imprese che hanno posto in essere la condotta sotto esame, e poiché una valutazione approfondita di tutti i settori non era effettuabile per quantità di decisioni adottate dalle autorità, ho infine ritenuto di svolgere un’analisi dettagliata dell’attività delle autorità con riferimento ad uno specifico settore. La scelta è caduta sul settore dei trasporti in quanto esso presenta alcune problematiche che intrecciano l’esigenza di efficienza con la tutela della concorrenza, nonché per la sua importanza ai fini dello sviluppo economico. Tanto più alla luce del fenomeno della crescente apertura dei mercati che ha enfatizzato la triplice funzione dei trasporti di merci, di livellamento nello spazio dei prezzi di produzione, di redistribuzione nello spazio dell’impiego dei fattori della produzione, e soprattutto di sollecitazione al miglioramento delle tecnologie utilizzate nella produzione stessa in quanto contribuiscono alla divisione territoriale del lavoro e alla specializzazione produttiva. A loro volta, d’altra parte, i miglioramenti tecnici e organizzativi intervenuti nel settore negli ultimi trenta anni hanno reso possibile il fenomeno della globalizzazione nella misura in cui lo conosciamo. Così come le riduzioni di costo e di tempo conseguite nel trasporto di persone hanno consentito massicci spostamenti di lavoratori e più in generale di capitale umano da una parte all’altra del globo, e favorito altresì la spettacolare crescita del settore turistico. Ho quindi condotto un’analisi delle decisioni antitrust relative al settore dei trasporti, suddividendo la casistica in base al comparto al quale esse si riferivano, cercando sempre di non perdere di vista i crescenti legami che esistono tra i vari comparti alla luce dell’ormai affermato fenomeno del trasporto multimodale. Dall’analisi svolta emerge innanzitutto come l’assoggettamento del settore dei trasporti alla disciplina di tutela della concorrenza sia un fenomeno relativamente recente rispetto alle altre attività economiche, laddove la ragione di tale ritardo risiede nel fatto che tradizionalmente questo settore era caratterizzato da un intervento pubblico diretto e da una pervasiva regolamentazione, a sua volta giustificata da vari fattori economici: le caratteristiche di monopolio naturale delle infrastrutture; le esigenze di servizio pubblico connesse all’erogazione di molti servizi di trasporto; il ruolo strategico svolto dal trasporto sia di persone che di merci ai fini della crescita economica di un sistema. Si concretizza, inoltre, con riferimento ai trasporti marittimi e aerei, l’inadeguatezza della dimensione nazionale e comunitaria delle autorità competenti rispetto a comportamenti di impresa che spesso hanno effetti letteralmente globali. Le imprese marittime e aeree coinvolte nelle fattispecie da noi esaminate, infatti, in molti casi predisponevano, direttamente o mediatamente, tramite “alleanze”, collegamenti tra tutte le aree del mondo, individuando nell’Europa solo un nodo di un network ben più ampio Da questa constatazione discende, a parere dello scrivente, l’impossibilità per l’autorità comunitaria e ancor più per quella nazionale di individuare tutti gli effetti in termini di efficienza che la fattispecie concreta può provocare, non includendo pertanto solo quelli evidenti sul mercato comunitario. Conseguentemente una reale applicazione del criterio di efficienza all’attività antitrust nel settore dei trasporti non può prescindere da una collaborazione tra autorità a livello mondiale sia a fini di indagine che a fini di individuazione di alcuni principi fondamentali cui ispirarsi nello svolgimento della loro missione istituzionale. Capitolo 9. Conclusioni L’opera si chiude con l’individuazione delle evidenze e degli elementi emersi dalla trattazione considerati dallo scrivente maggiormente rilevanti nell’ambito dell’attuale dibattito di economia positiva circa le principali problematiche che affiggono l’intervento antitrust con particolare riferimento al suo rispetto del criterio di efficienza. Sono state altresì proposte alcune soluzioni a quelle che sono, a parere dello scrivente, le principali carenze dell’attuale configurazione dell’intervento antitrust a livello europeo, sempre in una prospettiva di efficienza sia delle autorità competenti sia dei mercati in cui le autorità stesse cercano di mantenere o ripristinare condizioni di concorrenza effettiva. Da un lato il modello costituito dalla Commissione Europea, l’autorità antitrust comunitaria, non replicabile né esente da critiche: la Commissione, infatti, rappresenta il Governo dell’Unione Europea e come tale non può ovviamente costituire un esempio di autorità indipendente e neutrale recepibile da parte degli Stati membri. Ciò anche a prescindere dalla questione della sua legittimazione, che in questa sede non affrontiamo. Dall’altro in una prospettiva di efficienza dei mercati la crescente applicazione delle teorie economiche da parte delle autorità esaminate è rimasta a un livello astratto, senza porre la dovuta attenzione alle specificità dei mercati rilevanti né tantomeno alle dinamiche interne alle singole imprese, con particolare riferimento alla loro capacità di rendere effettivi i guadagni di efficienza individuabili a livello potenziale, così come prescrive la più recente teoria economica applicata al diritto antitrust. Sotto il profilo dell’applicazione del criterio di efficienza si può comunque affermare che l’evoluzione che ha avuto la prassi decisionale e la giurisprudenza, comunitaria e degli Stati membri, in materia antitrust è stata caratterizzata dal loro progressivo avvicinamento alle tendenze sviluppatesi nelle agencies e nella giurisprudenza statunitense a partire dagli anni’70, caratterizzate dalla valutazione degli effetti, piuttosto che della forma giuridica, dal riconoscimento del criterio di efficienza e dalla rule of reason quale approccio metodologico. L’effetto è stato quello di determinare una significativa riduzione delle differenze inizialmente emerse tra le due esperienze, nate inizialmente sotto diverse prospettive politiche. Per quanto concerne specificatamente i trasporti sono emersi sotto il profilo economico due aspetti rilevanti, oltre al perdurante ritardo con cui il processo di liberalizzazione del trasporto ferroviario che limita fortemente l’intervento antitrust nel comparto, ma che esula dalla competenza delle stesse autorità antitrust. Il primo consiste nella spesso troppo rigida separazione tra comparti adottata dalle autorità. Il secondo è l’estensivo ricorso all’essential facility doctrine nelle fattispecie riguardanti infrastrutture portuali e aeroportuali: la massimizzazione dell’efficienza dinamica consiglierebbe in questi casi una maggiore cautela, in quanto si tratta di un paradigma che, una volta applicato, disincentiva la duplicazione e l’ampliamento di tali infrastrutture autoalimentandone il carattere di essenzialità. Ciò soprattutto laddove queste infrastrutture possono essere sostituite o duplicate piuttosto facilmente da un punto di vista tecnico (meno da un punto di vista economico e giuridico), essendo esse nodi e non reti. E’stata infine sottolineata l’inadeguatezza della dimensione nazionale e comunitaria delle autorità competenti rispetto a comportamenti di impresa che con riferimento ai trasporti marittimi ed aerei hanno effetti letteralmente globali. E’ di tutta evidenza che le autorità comunitarie e tantomeno quelle nazionali non sono da sole in grado di condurre le analisi quantitative necessarie ad una valutazione di tali condotte ispirata a un criterio di efficienza che tenga conto degli effetti di lungo periodo della fattispecie concreta. Né tali autorità sono sufficientemente neutre rispetto alla nazionalità delle imprese indagate per poter giudicare sulla liceità o meno della condotta in questione senza considerare gli effetti della loro decisione sull’economia interna, rendendo così ancora più improbabile un corretto utilizzo del criterio di efficienza. Da ultimo ho constatato come l’applicazione del concetto di efficienza giuridica imporrebbe di concepire autorità antitrust del tutto nuove, sganciate quanto più possibile dall’elemento territoriale, in grado di elaborare regole e standards minimi comuni e di permettere il controllo dei comportamenti di impresa in un contesto ampliato rispetto al tradizionale mercato unico, nonchè ai singoli mercati nazionali. Il processo di armonizzazione a livello globale è difficile e il quadro che attualmente viene formato è ancora confuso e incompleto. Vi sono tuttavia sparsi segnali attraverso i quali é possibile intravedere i lineamenti di una futura global governance della concorrenza che permetterà, sperabilmente, di incrementare l’efficienza di un sistema, quello antitrust, che tanto più piccolo è l’ambito in cui opera quanto più si sta dimostrando inadeguato a svolgere il compito affidatogli. Solo il futuro, peraltro, ci consentirà di verificare la direzione di sviluppo di questi segnali.
Resumo:
Understanding the complex relationships between quantities measured by volcanic monitoring network and shallow magma processes is a crucial headway for the comprehension of volcanic processes and a more realistic evaluation of the associated hazard. This question is very relevant at Campi Flegrei, a volcanic quiescent caldera immediately north-west of Napoli (Italy). The system activity shows a high fumarole release and periodic ground slow movement (bradyseism) with high seismicity. This activity, with the high people density and the presence of military and industrial buildings, makes Campi Flegrei one of the areas with higher volcanic hazard in the world. In such a context my thesis has been focused on magma dynamics due to the refilling of shallow magma chambers, and on the geophysical signals detectable by seismic, deformative and gravimetric monitoring networks that are associated with this phenomenologies. Indeed, the refilling of magma chambers is a process frequently occurring just before a volcanic eruption; therefore, the faculty of identifying this dynamics by means of recorded signal analysis is important to evaluate the short term volcanic hazard. The space-time evolution of dynamics due to injection of new magma in the magma chamber has been studied performing numerical simulations with, and implementing additional features in, the code GALES (Longo et al., 2006), recently developed and still on the upgrade at the Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia in Pisa (Italy). GALES is a finite element code based on a physico-mathematical two dimensional, transient model able to treat fluids as multiphase homogeneous mixtures, compressible to incompressible. The fundamental equations of mass, momentum and energy balance are discretised both in time and space using the Galerkin Least-Squares and discontinuity-capturing stabilisation technique. The physical properties of the mixture are computed as a function of local conditions of magma composition, pressure and temperature.The model features enable to study a broad range of phenomenologies characterizing pre and sin-eruptive magma dynamics in a wide domain from the volcanic crater to deep magma feeding zones. The study of displacement field associated with the simulated fluid dynamics has been carried out with a numerical code developed by the Geophysical group at the University College Dublin (O’Brien and Bean, 2004b), with whom we started a very profitable collaboration. In this code, the seismic wave propagation in heterogeneous media with free surface (e.g. the Earth’s surface) is simulated using a discrete elastic lattice where particle interactions are controlled by the Hooke’s law. This method allows to consider medium heterogeneities and complex topography. The initial and boundary conditions for the simulations have been defined within a coordinate project (INGV-DPC 2004-06 V3_2 “Research on active volcanoes, precursors, scenarios, hazard and risk - Campi Flegrei”), to which this thesis contributes, and many researchers experienced on Campi Flegrei in volcanological, seismic, petrological, geochemical fields, etc. collaborate. Numerical simulations of magma and rock dynamis have been coupled as described in the thesis. The first part of the thesis consists of a parametric study aimed at understanding the eect of the presence in magma of carbon dioxide in magma in the convection dynamics. Indeed, the presence of this volatile was relevant in many Campi Flegrei eruptions, including some eruptions commonly considered as reference for a future activity of this volcano. A set of simulations considering an elliptical magma chamber, compositionally uniform, refilled from below by a magma with volatile content equal or dierent from that of the resident magma has been performed. To do this, a multicomponent non-ideal magma saturation model (Papale et al., 2006) that considers the simultaneous presence of CO2 and H2O, has been implemented in GALES. Results show that the presence of CO2 in the incoming magma increases its buoyancy force promoting convection ad mixing. The simulated dynamics produce pressure transients with frequency and amplitude in the sensitivity range of modern geophysical monitoring networks such as the one installed at Campi Flegrei . In the second part, simulations more related with the Campi Flegrei volcanic system have been performed. The simulated system has been defined on the basis of conditions consistent with the bulk of knowledge of Campi Flegrei and in particular of the Agnano-Monte Spina eruption (4100 B.P.), commonly considered as reference for a future high intensity eruption in this area. The magmatic system has been modelled as a long dyke refilling a small shallow magma chamber; magmas with trachytic and phonolitic composition and variable volatile content of H2O and CO2 have been considered. The simulations have been carried out changing the condition of magma injection, the system configuration (magma chamber geometry, dyke size) and the resident and refilling magma composition and volatile content, in order to study the influence of these factors on the simulated dynamics. Simulation results allow to follow each step of the gas-rich magma ascent in the denser magma, highlighting the details of magma convection and mixing. In particular, the presence of more CO2 in the deep magma results in more ecient and faster dynamics. Through this simulations the variation of the gravimetric field has been determined. Afterward, the space-time distribution of stress resulting from numerical simulations have been used as boundary conditions for the simulations of the displacement field imposed by the magmatic dynamics on rocks. The properties of the simulated domain (rock density, P and S wave velocities) have been based on data from literature on active and passive tomographic experiments, obtained through a collaboration with A. Zollo at the Dept. of Physics of the Federici II Univeristy in Napoli. The elasto-dynamics simulations allow to determine the variations of the space-time distribution of deformation and the seismic signal associated with the studied magmatic dynamics. In particular, results show that these dynamics induce deformations similar to those measured at Campi Flegrei and seismic signals with energies concentrated on the typical frequency bands observed in volcanic areas. The present work shows that an approach based on the solution of equations describing the physics of processes within a magmatic fluid and the surrounding rock system is able to recognise and describe the relationships between geophysical signals detectable on the surface and deep magma dynamics. Therefore, the results suggest that the combined study of geophysical data and informations from numerical simulations can allow in a near future a more ecient evaluation of the short term volcanic hazard.
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In questo lavoro di dottorato sono stati analizzati differenti strumenti impiegati per le stime di pericolosità sismica. Facendo riferimento alla Mappa di Pericolosità Sismica Italiana MPS04 (Gruppo di Lavoro MPS, 2004), redatta dall’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV) e adottata come mappa di riferimento per il territorio nazionale ai sensi dell’Ordinanza PCM 3519 del 28 aprile 2006, All. 1b, è stato approfondito il calcolo dei tassi di sismicità attraverso la relazione di Gutenberg e Richter (1944). In particolare, si è proceduto attraverso un confronto tra i valori ottenuti dagli autori della Mappa (Gruppo di Lavoro MPS, 2004) e i valori ottenuti imponendo un valore costante e unico al parametro b della relazione (Gutenberg e Richter, 1944). Il secondo tema affrontato è stato l’analisi della presenza di eventi di origine non tettonica in un catalogo. Nel 2000 Wiemer e Baer hanno proposto un algoritmo che identifica e rimuove gli eventi di origine antropica. Alla metodologia di Wiemer e Baer (2000) sono state apportate delle modifiche al fine di limitare la rimozione di eventi naturali. Tale analisi è stata condotta sul Catalogo Strumentale della Sismicità Italiana (CSI 1.1; Castello et al., 2006) e sui cataloghi Europei disponibili online: Spagna e Portogallo, Francia, Nord Europa, Repubblica Ceca, Romania, Grecia. L’ultimo argomento trattato ha riguardato la presunta correlazione tra i meccanismi di fagliazione e il parametro b della relazione di Gutenberg e Richter (1944). Nel lavoro di Schorlemmer et al. (2005), tale correlazione è dimostrata calcolando il b-value su una griglia a scala mondiale raggruppando i terremoti in funzione dell’angolo di rake: i valori maggiori del parametro sono misurati per i terremoti che si originano in un regime distensivo, seguono quelli in un regime trascorrente mentre i valori minori si registrano nelle aree a regime compressivo. Il principale ostacolo per una applicazione del metodo al territorio italiano è rappresentato dal numero ridotto di terremoti per i quali è possibile avere indicazioni circa il meccanismo focale della sorgente: la correlazione è stata così valutata calcolando il b-value all’interno delle zone sismogenetiche definite per la realizzazione di MPS04 (Gruppo di Lavoro MPS, 2004), alle quali è stato nuovamente assegnato un meccanismo di fagliazione prevalente attraverso la somma del tensore momento. Sono inoltre allegati lavori altri lavori prodotti nell’ambito della pericolosità sismica.
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Il tema della tesi è il progetto di un museo e di un parco archeologico all'interno della cittadina di Verucchio. Si tratta di una archeologia relativa agli etruschi/villanoviani: Verucchio infatti, ospita 5 grandi necropoli, con una vastità di collezione di reperti che ad oggi non possono tutti essere esposti nell'attuale museo archeologico. Il progetto vuole tenere conto anche della morfologia del territorio, con le sue curve di livello, con il suo configurarsi come cittadina medievale. In questo senso, il museo archeologico oggetto di tesi si presenta come porta di ingresso alla città. La struttura riprende quelle ipogee, cosi come si presentavano le tombe etrusche, scavate in profondità. Il museo segue l'andamento del terreno, senza creare cosi un impatto eccessivamente forte con il paesaggio circostante, che gode già del suo elemento di spicco, vale a dire la Rocca Malatestiana.
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Questo lavoro di tesi, svolto presso AVIO S.P.A, sede di Colleferro (RM), divisione spazio, si inserisce all'interno del progetto Theseus, che ha come scopo finale lo sviluppo di un dimostratore di un motore ibrido a combustibile solido e ossidante gassoso. In particolare, in questo momento è richiesto un codice di calcolo, preciso ma allo stesso tempo abbastanza contenuto nei tempi di calcolo, che permetta l'analisi e le previsioni della balistica interna di tale motore ibrido. Il codice di calcolo si basa su una versione già esistente per i motori a solido (CUBIC) scritto in ambiente FORTRAN, ed è stato riadattato ai motori ibridi. In particolare è stata scritta una routine per il calcolo della velocità di combustione che tiene conto di diversi fattori, tra cui blowing e il fenomeno di entrainment presente in superficie. Sempre per quanto riguarda la velocità di combustione, nel suo calcolo si tiene conto dell'impingement dell'iniettore sul grano e del valore locale (per quanto riguarda la temperatura di fiamma) dell'O/F. Inoltre è stato anche modellato il comportamento termodinamico delle eventuali protezioni termiche presenti internamente al motore, considerando tutti i fenomeni di pirolisi e ablazione che caratterizzano tali materiali. In fine il modello completo è stato testato e validato grazie al fatto che si disponeva di alcuni tiri al banco di un motore ibrido, effettuati presso il dipartimento di Ingegneria Aerospaziale dell'Università di Napoli Federico II.
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Alcuni ricercatori del Dipartimento di Fisica e Astronomia di Bologna hanno di recente ottenuto una curva che descrive l’andamento della mobilità in funzione della temperatura a seguito di misure effettuate su un cristallo organico di rubicene che mostra un’interdipendenza delle due variabili molto particolare. Il mio compito è stato cercare di far luce sulle peculiarità di questa curva. Per fare questo mi sono servita di due articoli, frutto di un attuale studio condotto da tre ricercatori dell’Università di Napoli, che ho riportato nel secondo e nel terzo capitolo, che hanno cercato di spiegare il comportamento atipico della mobilità in funzione della temperatura in cristalli organici semiconduttori.
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Questa tesi descrive una prima serie di misure effettuate per caratterizzare le prestazioni di un rivelatore di fotoni MCP-PMT a multi anodo, con particolare enfasi sulla risoluzione temporale e spaziale. I risultati sono stati confrontati con quelli relativi a tre ulteriori rivelatori (un MCP-PMT a singolo anodo e due fotomoltiplicatori a silicio). Le misure sono state effettuate presso i Laboratori dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (INFN - Sezione di Bologna) per conto del Dipartimento di Fisica dell’Università di Bologna. La rivelazione della luce ha sempre occupato un posto fondamentale nella Fisica Nucleare e Subnucleare. Il principio base della rivelazione consiste nel trasformare la luce incidente in un segnale elettrico misurabile e i primi strumenti storicamente utilizzati furono i fotomoltiplicatori. Successivamente furono introdotti dei nuovi rivelatori di fotoni chiamati Micro Channel Plates, composti da un array di canali di dimensioni microscopiche, ciascuno in grado di moltiplicare gli elettroni prodotti per effetto fotoelettrico dai fotoni incidenti. Questo nuovo modello presenta ottime prestazioni in particolare per quanto riguarda la risoluzione temporale, e questa insieme ad altre caratteristiche (come la segmentazione degli anodi, che permette una risoluzione spaziale migliore), ha spinto a studiarne il funzionamento.
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I capodogli (Physeter macrocephalus) sono mammiferi marini con distribuzione cosmopolita; sono presenti anche nel Mar Mediterraneo, soprattutto nella zona occidentale del bacino. Per individuare la presenza di questi animali possono essere utilizzate differenti modalità. Questo studio è stato condotto tramite l’uso di metodi acustici passivi, in quanto i capodogli (P. macrocephalus) sono animali che emettono suoni. L’uso di metodi acustici ha alcuni vantaggi, infatti permette di individuare la presenza di un animale anche se si trova al di sotto della superficie dell’acqua, purché stia emettendo suoni. Le registrazioni possono essere effettuate indipendentemente dalle condizioni meteorologiche e per lunghi periodi di tempo, permettendo la continuità nella raccolta dei dati. Il lavoro di tesi è stato svolto nell’ambito di un Progetto di Ricerca de L’Oceanogràfic di Valencia. Le registrazioni sono state effettuate tramite lo strumento EAR (Ecological Acoustic Recorder) in due aree del Mar Balear, il Mar di Bamba e il Parco Nazionale di Cabrera, in differenti periodi, profondità e con diverse frequenze di campionamento (50 kHz e 5 kHz). I dati ottenuti sono stati analizzati tramite i programmi X-BAT (Extensible Bioacoustic Tool) e Adobe Audition 3.0 al fine di rilevare i pulsi emessi dai capodogli. Per entrambe le aree di studio i dati sono stati elaborati in modo da ottenere modelli giornalieri e stagionali delle ore positive e del numero di pulsi emessi. La presenza di P. macrocephalus è stata confermata in entrambe le aree di studio, e dal confronto delle analisi spettrali dei pulsi si può affermare che, nonostante le differenze, i pulsi registrati in entrambe le aree sono effettivamente emessi da capodogli. Il lavoro di Tesi permette di suggerire che per futuri studi sia applicata la frequenza di registrazione di 20 kHz utilizzando lo strumento SAMARUC, alla cui progettazione ha partecipato L’Oceanogràfic di Valencia.
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La rivelazione dei neutroni gioca un ruolo fondamentale sia nel campo della fisica nucleare di base che in diversi ambiti applicativi quali la produzione di energia in reattori a fissione, la sicurezza nazionale alle frontiere, la terapia e la diagnostica mediche. Negli anni passati la rivelazione di neutroni di bassa energia (nell'intervallo termico) si è basata principalmente sull'utilizzo di contatori proporzionali a $^3$He. Il grosso vantaggio di questi strumenti è la loro quasi totale inefficienza nella rivelazione di radiazione elettromagnetica, consentendo una caratterizzazione pulita dei flussi neutronici di bassa energia, anche quando, come spesso succede, sono accompagnati da un intenso fondo di raggi X e raggi gamma. La scarsa disponibilità di $^3$He ed il conseguente incremento del suo costo hanno stimolato, negli ultimi anni, numerosi programmi di sviluppo di nuovi rivelatori per neutroni termici in grado di rimpiazzare i troppo costosi contatori a $^3$He. In questo contesto si sono sviluppati da una parte il progetto ORIONE/HYDE dell'Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (INFN), che punta allo sviluppo di scintillatori organici a matrice siliconica in grado di rivelare sia neutroni veloci che termici, dall'altra l'applicazione di tali sviluppi ad attività connesse con il Progetto SPES nell'ambito del PRIN intitolato Sviluppo di Rivelatori e tecniche d'analisi per la sperimentazione con i fasci radioattivi dei Laboratori Nazionali dell'INFN, con particolare riferimento a SPES. All'interno di una matrice scintillante organica (ricca quindi di nuclei di Idrogeno e Carbonio) opportunamente drogata per favorire il processo di scintillazione, viene disperso un ulteriore dopante ad alta sezione d'urto di cattura neutronica (tipicamente $^{10}$B o $^6$Li). Questo scintillatore risulta sensibile alla radiazione neutronica veloce che viene rivelata tramite i processi di urto elastico ed il successivo rinculo dei nuclei che causa l'emissione di luce di scintillazione. Inoltre grazie alle grandi sezioni d'urto dei processi di cattura neutronica da parte del materiale dopante e la successiva emissione di particelle cariche anche la sensibilità ai neutroni di bassa energia (lenti e termici) viene garantita. La matrice utilizzata (polifenil-dimetil silossano) ha ottime proprietà meccaniche e, a differenza di altri materiali utilizzati per la realizzazione di scintillatori per neutroni, non risulta tossica o dannosa per l'ambiente. Inoltre il costo del materiale utilizzato è notevolmente competitivo rispetto alle alternative attualmente in commercio. In questo lavoro di tesi verranno caratterizzati alcuni di questi nuovi scintillatori drogati con $^6$Li. Verrà analizzata la loro risposta in termini di resa di luce quando esposti a flussi di particelle cariche e raggi gamma e a flussi neutronici di bassa energia. I risultati verranno paragonati a quelli ottenuti con uno scintillatore commerciale standard a matrice vetrosa.
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L’esperimento ATLAS al CERN di Ginevra ha un complesso sistema di rivelatori che permettono l’acquisizione e il salvataggio di dati generati dalle collisioni di particelle fondamentali. Il rivelatore per cui trova una naturale applicazione il lavoro di questa tesi è il Pixel Detector. Esso è il più vicino alla beam pipe e si compone di più strati, il più interno dei quali, l’Insertable B-Layer (IBL), aggiunto in seguito allo shut down dell’LHC avvenuto nel 2013, ha apportato diverse innovazioni per migliorare la risoluzione spaziale delle tracce e la velocità di acquisizione dei dati. E’ stato infatti necessario modificare il sistema di acquisizione dati dell’esperimento aggiungendo nuove schede chiamate ROD, ReadOut Driver, e BOC, Back Of Crate. Entrambe le due tipologie di schede sono montate su un apparato di supporto, chiamato Crate, che le gestisce. E’ evidente che avere un sistema remoto che possa mostrare in ogni momento il regime di funzionamento del crate e che dia la possibilità di pilotarlo anche a distanza risulta estremamente utile. Così, tramite il linguaggio di programmazione LabVIEW è stato possibile progettare un sistema multipiattaforma che permette di comunicare con il crate in modo da impostare e ricevere svariati parametri di controllo del sistema di acquisizione dati, come ad esempio la temperatura, la velocità delle ventole di raffreddamento e le correnti assorbite dalle varie tensioni di alimentazione. Al momento il software viene utilizzato all’interno dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (INFN) di Bologna dove è montato un crate W-Ie-Ne-R, speculare a quello presente al CERN di Ginevra, contenente delle schede ROD e BOC in fase di test. Il progetto ed il programma sviluppato e presentato in questa tesi ha ulteriori possibilità di miglioramento e di utilizzo, dal momento che anche per altri esperimenti dell’LHC le schede di acquisizione vengono montate sullo stesso modello di crate.
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Il problema dell'acidificazione degli oceani, conseguente ai cambiamenti climatici, è un processo ancora poco conosciuto. Per comprendere questo fenomeno, possono essere utilizzati degli ambienti naturalmente acidificati, considerati laboratori a cielo aperto. Lo scopo di questo lavoro di tesi è stato quello di utilizzare le fumarole presenti nell'isola di Ischia, per approfondire le dinamiche dei processi di acidificazione e per analizzare l'eventuale interazione tra pH e condizioni meteorologiche. I dati utilizzati, forniti dalla Stazione Zoologica “Anton Dohrn” di Napoli, erano serie di pH e di vento rilevate in continuo, in due aree, nord e sud rispetto all'isolotto del Castello Aragonese, e in tre stazioni lungo un gradiente di acidificazione. Tutto il lavoro è stato svolto a step, dove il risultato di un'analisi suggeriva il tipo e il metodo analitico da utilizzare nelle analisi successive. Inizialmente i dati delle due serie sono stati analizzati singolarmente per ottenere i parametri più salienti delle due serie. In seguito i dati sono stati correlati fra loro per stimare l'influenza del vento sul pH. Globalmente è stato possibile evidenziare come il fenomeno dell'acidificazione sia correlato con il vento, ma la risposta sembra essere sito-specifica, essendo risultato dipendente da altri fattori interagenti a scala locale, come la geomorfologia del territorio, le correnti marine e la batimetria del fondale. È però emersa anche la difficoltà nel trovare chiare correlazioni fra le due serie indagate, perché molto complesse, a causa sia della numerosa quantità di zeri nella serie del vento, sia da una forte variabilità naturale del pH, nelle varie stazioni esaminate. In generale, con questo lavoro si è dimostrato come utilizzare tecniche di analisi delle serie storiche, e come poter utilizzare metodi di regressione, autocorrelazione, cross-correlation e smoothing che possono integrare i modelli che prendono in considerazione variabili esogene rispetto alla variabile di interesse.