826 resultados para Filosofia de la ment
Resumo:
El modelo educativo presente en los equipos de Educación Especial, que centra su atención en el profesor y este en su alumno, da lugar a un modelo que acentúa la necesidad de ayuda que se presta a los profesores para colaborar en la mejora de las condiciones objetivas del entorno y educación de los alumnos. El objetivo fundamental es conocer y analizar las opciones de las personas a cargo de jóvenes con deficiencia mental y hacer frente a la idea de la escuela inclusiva. Se pretende estudiar las necesidades reales de las familias a cargo de estos jóvenes y si se cumplen las expectativas que poseen en relación a sus escuelas, estimar el nivel de colaboración de las familias y la escuela inclusiva. En la primera parte, se presenta el marco teórico de la investigación, donde se estudian los sistemas familiares, su estructura, funciones, factores de estrés y la unión familia-escuela. Se abordan los principios fundamentales del concepto de Educación Especial en las últimas décadas y el marco legislativo concreto de la Educación Especial portuguesa. La segunda parte del estudio se centra en el modelo de investigación cualitativa utilizado. La muestra está formada por 15 familias portuguesas del Concejo de Miranda do Douro con hijos con deficiencia mental y que van a escuelas de segundo y tercer ciclo de Enseñanza Básica. A cada una de estas familias se le realiza una entrevista estructurada y en profundidad centrándose en la actual situación de la escuela y la inclusión de jóvenes con deficiencia mental. En general, la relación establecida entre la familia frente a la escolarización cuando se trata de jóvenes con deficiencia mental no implica ningún aspecto problemático. En principio ante esta situación de normalidad tanto para los padres como para los profesores hay que prestar atención a la preocupación natural en lo referente al momento actual que se vive en la escuela y a la ansiedad e inquietud en el futuro aprendizaje de los niños con deficiencia mental. La organización y correcto funcionamiento de la escuela y la participación colectiva es fundamental para conseguir que los alumnos asuman positivamente su escolarización. Reconcen que la escuelas carecen de un nivel de recursos humanos especializados y materiales específicos, en concreto la carencia de profesores de Educación Especial, psicólogos y otros técnicos. Se observa que los padres valoran el aprendizaje de sus hijos y que puede ser en muchos casos condicionante para la dedicación que reciben de sus padres. Incentivan y favorecen la autoestima mediante elogios, y demuestran tener paciencia ante las limitaciones de aprendizaje de sus hijos. Ayudan cuando es necesario o cuando el joven exige atención, porque la ayuda puede estimular a la responsabilización en la elaboración de tareas.
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Resumen basado en el de la publicaci??n
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Resumen basado en el de la publicaci??n
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Amb aquest treball ens proposem bàsicament fer una lectura de De la certesa, el veritablement darrer text de Ludvig Wittgenstein atès que les seves últimes entrades van ser escrites tot just dos dies abans de morir. Avui comença a ser acceptada la idea que Wittgenstein no va escriure dues sinó tres obres majors. El relat estàndard que parla de dos Wittgensteins (el del Tractatus i el de les Investigacions) va essent qüestionat o si més no matisat, a mesura que va creixent l’interès pels últims textos de Wittgenstein i en particular pel text que ens ocupa. El nostre treball de recerca serà doncs, una lectura de De la certesa, convençuts com estem de la seva rellevància, tant pel què fa a la comprensió de la pròpia filosofia de Wittgenstein i la seva evolució, com pel què fa a algunes qüestions centrals en el debat de l’epistemologia contemporània. Ens proposem dir alguna cosa sobre l’obra en si mateixa, el seu lloc en el corpus wittgensteinià, i sobre la rellevància dels seus plantejaments en el debat actual al voltant de l’escepticisme i el relativisme
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L’ermeneutica filosofica di Hans-Georg Gadamer – indubbiamente uno dei capisaldi del pensiero novecentesco – rappresenta una filosofia molto composita, sfaccettata e articolata, per così dire formata da una molteplicità di dimensioni diverse che si intrecciano l’una con l’altra. Ciò risulta evidente già da un semplice sguardo alla composizione interna della sua opera principale, Wahrheit und Methode (1960), nella quale si presenta una teoria del comprendere che prende in esame tre differenti dimensioni dell’esperienza umana – arte, storia e linguaggio – ovviamente concepite come fondamentalmente correlate tra loro. Ma questo quadro d’insieme si complica notevolmente non appena si prendano in esame perlomeno alcuni dei numerosi contributi che Gadamer ha scritto e pubblicato prima e dopo il suo opus magnum: contributi che testimoniano l’importante presenza nel suo pensiero di altre tematiche. Di tale complessità, però, non sempre gli interpreti di Gadamer hanno tenuto pienamente conto, visto che una gran parte dei contributi esegetici sul suo pensiero risultano essenzialmente incentrati sul capolavoro del 1960 (ed in particolare sui problemi della legittimazione delle Geisteswissenschaften), dedicando invece minore attenzione agli altri percorsi che egli ha seguito e, in particolare, alla dimensione propriamente etica e politica della sua filosofia ermeneutica. Inoltre, mi sembra che non sempre si sia prestata la giusta attenzione alla fondamentale unitarietà – da non confondere con una presunta “sistematicità”, da Gadamer esplicitamente respinta – che a dispetto dell’indubbia molteplicità ed eterogeneità del pensiero gadameriano comunque vige al suo interno. La mia tesi, dunque, è che estetica e scienze umane, filosofia del linguaggio e filosofia morale, dialogo con i Greci e confronto critico col pensiero moderno, considerazioni su problematiche antropologiche e riflessioni sulla nostra attualità sociopolitica e tecnoscientifica, rappresentino le diverse dimensioni di un solo pensiero, le quali in qualche modo vengono a convergere verso un unico centro. Un centro “unificante” che, a mio avviso, va individuato in quello che potremmo chiamare il disagio della modernità. In altre parole, mi sembra cioè che tutta la riflessione filosofica di Gadamer, in fondo, scaturisca dalla presa d’atto di una situazione di crisi o disagio nella quale si troverebbero oggi il nostro mondo e la nostra civiltà. Una crisi che, data la sua profondità e complessità, si è per così dire “ramificata” in molteplici direzioni, andando ad investire svariati ambiti dell’esistenza umana. Ambiti che pertanto vengono analizzati e indagati da Gadamer con occhio critico, cercando di far emergere i principali nodi problematici e, alla luce di ciò, di avanzare proposte alternative, rimedi, “correttivi” e possibili soluzioni. A partire da una tale comprensione di fondo, la mia ricerca si articola allora in tre grandi sezioni dedicate rispettivamente alla pars destruens dell’ermeneutica gadameriana (prima e seconda sezione) ed alla sua pars costruens (terza sezione). Nella prima sezione – intitolata Una fenomenologia della modernità: i molteplici sintomi della crisi – dopo aver evidenziato come buona parte della filosofia del Novecento sia stata dominata dall’idea di una crisi in cui verserebbe attualmente la civiltà occidentale, e come anche l’ermeneutica di Gadamer possa essere fatta rientrare in questo discorso filosofico di fondo, cerco di illustrare uno per volta quelli che, agli occhi del filosofo di Verità e metodo, rappresentano i principali sintomi della crisi attuale. Tali sintomi includono: le patologie socioeconomiche del nostro mondo “amministrato” e burocratizzato; l’indiscriminata espansione planetaria dello stile di vita occidentale a danno di altre culture; la crisi dei valori e delle certezze, con la concomitante diffusione di relativismo, scetticismo e nichilismo; la crescente incapacità a relazionarsi in maniera adeguata e significativa all’arte, alla poesia e alla cultura, sempre più degradate a mero entertainment; infine, le problematiche legate alla diffusione di armi di distruzione di massa, alla concreta possibilità di una catastrofe ecologica ed alle inquietanti prospettive dischiuse da alcune recenti scoperte scientifiche (soprattutto nell’ambito della genetica). Una volta delineato il profilo generale che Gadamer fornisce della nostra epoca, nella seconda sezione – intitolata Una diagnosi del disagio della modernità: il dilagare della razionalità strumentale tecnico-scientifica – cerco di mostrare come alla base di tutti questi fenomeni egli scorga fondamentalmente un’unica radice, coincidente peraltro a suo giudizio con l’origine stessa della modernità. Ossia, la nascita della scienza moderna ed il suo intrinseco legame con la tecnica e con una specifica forma di razionalità che Gadamer – facendo evidentemente riferimento a categorie interpretative elaborate da Max Weber, Martin Heidegger e dalla Scuola di Francoforte – definisce anche «razionalità strumentale» o «pensiero calcolante». A partire da una tale visione di fondo, cerco quindi di fornire un’analisi della concezione gadameriana della tecnoscienza, evidenziando al contempo alcuni aspetti, e cioè: primo, come l’ermeneutica filosofica di Gadamer non vada interpretata come una filosofia unilateralmente antiscientifica, bensì piuttosto come una filosofia antiscientista (il che naturalmente è qualcosa di ben diverso); secondo, come la sua ricostruzione della crisi della modernità non sfoci mai in una critica “totalizzante” della ragione, né in una filosofia della storia pessimistico-negativa incentrata sull’idea di un corso ineluttabile degli eventi guidato da una razionalità “irrazionale” e contaminata dalla brama di potere e di dominio; terzo, infine, come la filosofia di Gadamer – a dispetto delle inveterate interpretazioni che sono solite scorgervi un pensiero tradizionalista, autoritario e radicalmente anti-illuminista – non intenda affatto respingere l’illuminismo scientifico moderno tout court, né rinnegarne le più importanti conquiste, ma più semplicemente “correggerne” alcune tendenze e recuperare una nozione più ampia e comprensiva di ragione, in grado di render conto anche di quegli aspetti dell’esperienza umana che, agli occhi di una razionalità “limitata” come quella scientista, non possono che apparire come meri residui di irrazionalità. Dopo aver così esaminato nelle prime due sezioni quella che possiamo definire la pars destruens della filosofia di Gadamer, nella terza ed ultima sezione – intitolata Una terapia per la crisi della modernità: la riscoperta dell’esperienza e del sapere pratico – passo quindi ad esaminare la sua pars costruens, consistente a mio giudizio in un recupero critico di quello che egli chiama «un altro tipo di sapere». Ossia, in un tentativo di riabilitazione di tutte quelle forme pre- ed extra-scientifiche di sapere e di esperienza che Gadamer considera costitutive della «dimensione ermeneutica» dell’esistenza umana. La mia analisi della concezione gadameriana del Verstehen e dell’Erfahrung – in quanto forme di un «sapere pratico (praktisches Wissen)» differente in linea di principio da quello teorico e tecnico – conduce quindi ad un’interpretazione complessiva dell’ermeneutica filosofica come vera e propria filosofia pratica. Cioè, come uno sforzo di chiarificazione filosofica di quel sapere prescientifico, intersoggettivo e “di senso comune” effettivamente vigente nella sfera della nostra Lebenswelt e della nostra esistenza pratica. Ciò, infine, conduce anche inevitabilmente ad un’accentuazione dei risvolti etico-politici dell’ermeneutica di Gadamer. In particolare, cerco di esaminare la concezione gadameriana dell’etica – tenendo conto dei suoi rapporti con le dottrine morali di Platone, Aristotele, Kant e Hegel – e di delineare alla fine un profilo della sua ermeneutica filosofica come filosofia del dialogo, della solidarietà e della libertà.
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In base ad una recensione esaustiva dei riferimenti alla musica e al sonoro nella produzione filosofica di Gilles Deleuze e Félix Guattari, la presente ricerca s’incentra sulla posizione che il pensiero musicale di John Cage occupa in alcuni testi deleuziani. Il primo capitolo tratta del periodo creativo di Cage fra il 1939 e il 1952, focalizzandosi su due aspetti principali: la struttura micro-macrocosmica che contraddistingue i suoi primi lavori, e i quattro elementi che in questo momento sintetizzano per Cage la composizione musicale. Questi ultimi sono considerati in riferimento alla teoria della doppia articolazione che Deleuze e Guattari riprendono da Hjelmslev; entrambi gli aspetti rimandano al sistema degli strati e della stratificazione esposta su Mille piani. Il secondo capitolo analizza la musica dei decenni centrali della produzione cagiana alla luce del luogo in Mille piani dove Cage è messo in rapporto al concetto di “piano fisso sonoro”. Un’attenzione particolare è posta al modo in cui Cage concepisce il rapporto fra durata e materiali sonori, e al grado variabile in cui sono presenti il caso e l’indeterminazione. Le composizioni del periodo in questione sono inoltre viste in riferimento al concetto deleuzo-guattariano di cartografia, e nelle loro implicazioni per il tempo musicale. L’ultimo quindicennio della produzione di Cage è considerata attraverso il concetto di rizoma inteso come teoria delle molteplicità. In primo luogo è esaminata la partitura di Sylvano Bussotti che figura all’inizio di Mille piani; in seguito, i lavori testuali e musicali di Cage sono considerati secondo le procedure compositive cagiane del mesostico, delle parentesi di tempo che concorrono a formare una struttura variabile, e dell’armonia anarchica dell’ultimo Cage.
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