1000 resultados para n-butano butadiene vacanze di ossigeno ossidi metallici deidrogenazione ossidativa ODH


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The oxidative dehydrogenation (ODH) of n-butane is a promising way to synthetize butenes and 1,3-butadiene, currently produced by steam cracking or direct dehydrogenation of n-butane. The addition of oxygen as a reagent leads to the formation of water, a very stable by-product, which makes the process exothermic.In this work, the ODH of n- butane was investigate to selectively obtain butenes and 1,3-butadiene. Four catalysts based on metal oxides (V2O5, La2O3, CeO2 and TiO2) were mixed with Mg metallic powder and reduced at 650 °C for 5 h in 5% H2/Ar atmosphere, with the purpose of creating oxygen vacancies in the crystal lattice of the oxides. Subsequently, the effect of the Mg concentration, and thus the oxygen vacancies concentration, was studied. The titanium oxide-based catalysts were the most active, in terms of butane conversion and selectivity to butenes and 1,3 butadiene. Overall, this study shows that the formation of oxygen vacancies on metal oxides can be influenced by the addition of metallic Mg during the synthesis. In the case of TiO2, this leads to an increase on the activity compared to the untreated sample.

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È stata studiata la reattività di sistemi catalitici a base di ossidi misti di V e Fe per la reazione di metilazione del fenolo in fase gas con metanolo. Questi sistemi promuovono efficacemente la deidrogenazione del metanolo a formaldeide, ciò conferisce loro una grande attività e non è stata osservata alcuna disattivazione nei tempi di reazione tenuti. I principali prodotti ottenuti sono 2,6-xilenolo e o-cresolo. Il catalizzatore, inizialmente costituito da FeVO4 subisce, durante le prime fasi di reazione, una progressiva riduzione, fino all’ottenimento di una fase spinello stabile costituita da coulsonite FeV2O4 e magnetite.

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Il traffico veicolare è la principale fonte antropogenica di NOx, idrocarburi (HC) e CO e, dato che la sostituzione dei motori a combustione interna con sistemi alternativi appare ancora lontana nel tempo, lo sviluppo di sistemi in grado di limitare al massimo le emissioni di questi mezzi di trasporto riveste un’importanza fondamentale. Sfortunatamente non esiste un rapporto ottimale aria/combustibile che permetta di avere basse emissioni, mentre la massima potenza ottenibile dal motore corrisponde alle condizioni di elevata formazione di CO e HC. Gli attuali sistemi di abbattimento permettono il controllo delle emissioni da sorgenti mobili tramite una centralina che collega il sistema di iniezione del motore e la concentrazione di ossigeno del sistema catalitico (posto nella marmitta) in modo da controllare il rapporto aria/combustibile (Fig. 1). Le marmitte catalitiche per motori a benzina utilizzano catalizzatori “three way” a base di Pt/Rh supportati su ossidi (allumina, zirconia e ceria), che, dovendo operare con un rapporto quasi stechiometrico combustibile/comburente, comportano una minore efficienza del motore e consumi maggiori del 20-30% rispetto alla combustione in eccesso di ossigeno. Inoltre, questa tecnologia non può essere utilizzata nei motori diesel, che lavorano in eccesso di ossigeno ed utilizzano carburanti con un tenore di zolfo relativamente elevato. In questi ultimi anni è cresciuto l’interesse per il controllo delle emissioni di NOx da fonti veicolari, con particolare attenzione alla riduzione catalitica in presenza di un eccesso di ossigeno, cioè in condizioni di combustione magra. Uno sviluppo recente è rappresentato dai catalizzatori tipo “Toyota” che sono basati sul concetto di accumulo e riduzione (storage/reduction), nei quali l’NO viene ossidato ed accumulato sul catalizzatore come nitrato in condizioni di eccesso di ossigeno. Modificando poi per brevi periodi di tempo le condizioni di alimentazione da ossidanti (aria/combustibile > 14,7 p/p) a riducenti (aria/combustibile < 14,7 p/p) il nitrato immagazzinato viene ridotto a N2 e H2O. Questi catalizzatori sono però molto sensibili alla presenza di zolfo e non possono essere utilizzati con i carburanti diesel attualmente in commercio. Obiettivo di questo lavoro di tesi è stato quello di ottimizzare e migliorare la comprensione del meccanismo di reazione dei catalizzatori “storage-reduction” per l’abbattimento degli NOx nelle emissioni di autoveicoli in presenza di un eccesso di ossigeno. In particolare lo studio è stato focalizzato dapprima sulle proprietà del Pt, fase attiva nei processi di storage-reduction, in funzione del tipo di precursore e sulle proprietà e composizione della fase di accumulo (Ba, Mg ed una loro miscela equimolare) e del supporto (γ-Al2O3 o Mg(Al)O). Lo studio è stato inizialmente focalizzato sulle proprietà dei precursori del Pt, fase attiva nei processi di storage-reduction, sulla composizione della fase di accumulo (Ba, Mg ed una loro miscela equimolare) e del supporto (γ-Al2O3 o Mg(Al)O). E’ stata effettuata una dettagliata caratterizzazione chimico-fisica dei materiali preparati tramite analisi a raggi X (XRD), area superficiale, porosimetria, analisi di dispersione metallica, analisi in riduzione e/o ossidazione in programmata di temperatura (TPR-O), che ha permesso una migliore comprensione delle proprietà dei catalizzatori. Vista la complessità delle miscele gassose reali, sono state utilizzate, nelle prove catalitiche di laboratorio, alcune miscele più semplici, che tuttavia potessero rappresentare in maniera significativa le condizioni reali di esercizio. Il comportamento dei catalizzatori è stato studiato utilizzando differenti miscele sintetiche, con composizioni che permettessero di comprendere meglio il meccanismo. L’intervallo di temperatura in cui si è operato è compreso tra 200-450°C. Al fine di migliorare i catalizzatori, per aumentarne la resistenza alla disattivazione da zolfo, sono state effettuate prove alimentando in continuo SO2 per verificare la resistenza alla disattivazione in funzione della composizione del catalizzatore. I principali risultati conseguiti possono essere così riassunti: A. Caratteristiche Fisiche. Dall’analisi XRD si osserva che l’impregnazione con Pt(NH3)2(NO2)2 o con la sospensione nanoparticellare in DEG, non modifica le proprietà chimico-fisiche del supporto, con l’eccezione del campione con sospensione nanoparticellare impregnata su ossido misto per il quale si è osservata sia la segregazione del Pt, sia la presenza di composti carboniosi sulla superficie. Viceversa l’impregnazione con Ba porta ad una significativa diminuzione dell’area superficiale e della porosità. B. Caratteristiche Chimiche. L’analisi di dispersione metallica, tramite il chemiassorbimento di H2, mostra per i catalizzatori impregnati con Pt nanoparticellare, una bassa dispersione metallica e di conseguenza elevate dimensioni delle particelle di Pt. I campioni impregnati con Pt(NH3)2(NO2)2 presentano una migliore dispersione. Infine dalle analisi TPR-O si è osservato che: Maggiore è la dispersione del metallo nobile maggiore è la sua interazione con il supporto, L’aumento della temperatura di riduzione del PtOx è proporzionale alla quantità dei metalli alcalino terrosi, C. Precursore Metallo Nobile. Nelle prove di attività catalitica, con cicli ossidanti e riducenti continui in presenza ed in assenza di CO2, i catalizzatori con Pt nanoparticellare mostrano una minore attività catalitica, specie in presenza di un competitore come la CO2. Al contrario i catalizzatori ottenuti per impregnazione con la soluzione acquosa di Pt(NH3)2(NO2)2 presentano un’ottima attività catalitica, stabile nel tempo, e sono meno influenzabili dalla presenza di CO2. D. Resistenza all’avvelenamento da SO2. Il catalizzatore di riferimento, 17Ba1Pt/γAl2O3, mostra un effetto di avvelenamento con formazione di solfati più stabili che sul sistema Ba-Mg; difatti il campione non recupera i valori iniziali di attività se non dopo molti cicli di rigenerazione e temperature superiori ai 300°C. Per questi catalizzatori l’avvelenamento da SO2 sembra essere di tipo reversibile, anche se a temperature e condizioni più favorevoli per il 1.5Mg8.5Ba-1Pt/γAl2O3. E. Capacità di Accumulo e Rigenerabilità. Tramite questo tipo di prova è stato possibile ipotizzare e verificare il meccanismo della riduzione. I catalizzatori ottenuti per impregnazione con la soluzione acquosa di Pt(NH3)2(NO2)2 hanno mostrato un’elevata capacità di accumulo. Questa è maggiore per il campione bimetallico (Ba-Mg) a T < 300°C, mentre per il riferimento è maggiore per T > 300°C. Per ambedue i catalizzatori è evidente la formazione di ammoniaca, che potrebbe essere utilizzata come un indice che la riduzione dei nitrati accumulati è arrivata al termine e che il tempo ottimale per la riduzione è stato raggiunto o superato. Per evitare la formazione di NH3, sul catalizzatore di riferimento, è stata variata la concentrazione del riducente e la temperatura in modo da permettere alle specie adsorbite sulla superficie e nel bulk di poter raggiungere il Pt prima che l’ambiente diventi troppo riducente e quindi meno selettivo. La presenza di CO2 riduce fortemente la formazione di NH3; probabilmente perché la CO2, occupando i siti degli elementi alcalino-terrosi lontani dal Pt, impedisce ai nitriti/nitrati o all’H2 attivato di percorrere “elevate” distanze prima di reagire, aumentando così le possibilità di una riduzione più breve e più selettiva. F. Tempo di Riduzione. Si è migliorata la comprensione del ruolo svolto dalla concentrazione dell’agente riducente e dell’effetto della durata della fase riducente. Una durata troppo breve porta, nel lungo periodo, alla saturazione dei siti attivi, un eccesso alla formazione di NH3 Attraverso queste ultime prove è stato possibile formulare un meccanismo di reazione, in particolare della fase riducente. G. Meccanismo di Riduzione. La mobilità dei reagenti, nitriti/nitrati o H2 attivato è un elemento fondamentale nel meccanismo della riduzione. La vicinanza tra i siti di accumulo e quelli redox è determinante per il tipo di prodotti che si possono ottenere. La diminuzione della concentrazione del riducente o l’aumento della temperatura concede maggiore tempo o energia alle specie adsorbite sulla superficie o nel bulk per migrare e reagire prima che l’ambiente diventi troppo riducente e quindi meno selettivo.

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Al fine di studiare la richiesta di energia imposta dall’esercizio per mantenere l’omeostasi dell’adenosina trifosfato o ATP a livello cellulare, è stato sviluppato e applicato con successo un modello matematico del sistema biologico, che descrive l’interazione tra il trasporto di ossigeno (per convezione e diffusione) e i meccanismi del metabolismo energetico cellulare, che avvengono nel muscolo scheletrico durante l’esercizio.

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Lo studio del comportamento a fatica dei componenti è uno degli aspetti principali della progettazione. I trattamenti superficiali permettono di migliorare la resistenza dei componenti sollecitati a fatica. A tale scopo, in questo documento sono stati analizzati alcuni trattamenti superficiali applicati a differenti materiali metallici per valutarne una eventuale applicazione.

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La ricerca biomedica è arrivata attualmente a un bivio che vede contrapposte sperimentazione in vitro e in vivo. Per ovviare a questo problema è nata la sperimentazione su biochip che, attraverso l'impiego di apparecchiature dedicate, permette di ottenere misure su campioni che ripropongano le condizioni fisiologiche dei tessuti umani in vivo superando il problema della sperimentazione animale e quello delle misure in vitro, che non rispecchiano le condizioni reali delle cellule in esame. Il perfezionamento dell'apparecchio in questione richiede la comparazione delle condizioni create nel biochip con quelle riscontrate nei tessuti cellulari di pazienti umani. Il fine della comparazione è quello di riuscire ad eguagliare i due sistemi per poter sfruttare il dispositivo come un fantoccio su cui verificare gli effetti di farmaci in fase sperimentale e misurare grandezze con un grado di precisione molto più alto rispetto ai metodi messi in opera fino a ora. Questo lavoro di tesi propone uno studio preliminare sulla fattibilità di misure di concentrazioni di ossigeno e glucosio attraverso i radiofarmaci 64Cu-ATSM e 18F-FDG impiegati su pazienti sottoposti a PET-CT. Nello specifico, dopo aver illustrato i processi cellulari che coinvolgono il glucosio e l'ossigeno all'interno dei tessuti umani, si passa a descrivere le metodologie di misura impiegate, nell'ambito dell'imaging diagnostico, e le caratteristiche che motivano la scelta dei radiofarmaci utilizzati come mezzo di contrasto. Successivamente viene considerato un modello compartimentale a due tessuti per descrivere la cinetica dei radiofarmaci e per ottenere una stima delle concentrazioni da rapportare alle grandezze rilevate con la PET. Infine sono tracciati dei profili sulle slice dei volumi PET elaborati che diano dei valori di concentrazione delle molecole studiate.

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Lo scopo di questa tesi è la fabbricazione di ossidi complessi aventi struttura perovskitica, per mezzo della tecnica Channel Spark Ablation (CSA). Più precisamente sono stati depositati film sottili di manganite (LSMO), SrTiO3 (STO) e NdGaO3 (NGO). Inoltre nel laboratorio ospite è stata effettuata la caratterizzazione elettrica e dielettrica (spettroscopia di impedenza), mentre per l'analisi strutturale e chimica ci si è avvalsi di collaborazioni. Sono stati fabbricati dispositivi LSMO/STO/Co e se ne è studiato il comportamento magnetoresistivo e la bistabilità elettrica a seconda del carattere epitassiale od amorfo dell'STO. I risultati più promettenti sono stati ottenuti con STO amorfo. Sono stati costruiti diversi set di condensatori nella configurazione Metallo/Isolante/Semiconduttore (MIS), con M=Au, I=STO o NGO ed S=Nb:STO, allo scopo di indagare la dipendenza delle proprietà dielettriche ed isolanti dai parametri di crescita. In particolare ci si è concentrati sulla temperatura di deposizione e, nel caso dei film di STO, anche sulla dipendenza della costante dielettrica dallo spessore del film. Come ci si aspettava, la costante dielettrica relativa dei film di STO (65 per un film spesso 40 nm e 175 per uno di 170 nm) si è rivelata maggiore di quella dei film di NGO per i quali abbiamo ottenuto un valore di 20, che coincide con il valore del bulk. Nonostante l'elevata capacità per unità di area ottenibile con l'STO, la costante dielettrica di questo materiale risulta fortemente dipendente dallo spessore del film. Un ulteriore aspetto critico relativo all'STO è dato dal livello di ossidazione del film: le vacanze di ossigeno, infatti, possono ridurre la resistività dell'STO (nominalmente molto elevata), ed aumentarne la corrente di perdita. Al contrario l'NGO è meno sensibile ai processi tecnologici e, allo stesso tempo, ha un valore di costante dielettrica più alto rispetto ad un tipico dielettrico come l'ossido di silicio.

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Il presente lavoro di Tesi Magistrale nasce dall’esigenza di trovare soluzioni alle problematiche legate alla produzione e smaltimento delle plastiche, prevalentemente provenienti dal packaging alimentare. Una delle strategie maggiormente utilizzate in alternativa all’accumulo in discarica, è il riciclo. Questa soluzione ha però alcuni limiti: basse performance rispetto al materiale vergine e costi di processo troppo elevati a causa dei problemi di contaminazione e delle strutture multistrato. Alla luce di ciò, la ricerca scientifica si è orientata verso nuovi approcci come la sintesi di bioplastiche compostabili. Il poli(butilene furanoato) (PBF), è un buon candidato come materiale plastico per il packaging alimentare, ma possiede scarse caratteristiche di biodegradabilità e proprietà meccaniche non adeguate all’imballaggio flessibile. Per superare tali limitazioni, è stata messa a punto la sintesi di un nuovo poliestere, il poli(dietilene furanoato) (PDEF), un polimero biobased che si differenzia dal PBF per la presenza di un atomo di ossigeno etereo nella sub-unità glicolica. I due polimeri sono stati sottoposti ad una completa caratterizzazione chimico-fisica, con lo scopo di valutare l’effetto dell’introduzione di ossigeni eterei lungo la catena polimerica sulle proprietà finali del materiale. Oltre alla caratterizzazione molecolare e strutturale, è stato studiato anche il comportamento termico, la risposta meccanica e la permeabilità a diversi tipi di gas oltre che le caratteristiche di compostabilità. I risultati ottenuti hanno mostrato come nel PDEF vi sia un netto miglioramento delle proprietà non idonee per applicazioni nel packaging flessibile del PBF, in particolare quelle meccaniche, insieme a un ulteriore potenziamento delle già buone proprietà barriera. Inoltre, aspetto di fondamentale importanza nell’ottica della realizzazione di un materiale ecosostenibile, il PDEF mostra una velocità di degradazione in compost eccezionalmente elevata.

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La sintesi industriale di anidride maleica (AM) è realizzata industrialmente mediante ossidazione selettiva di n-butano in aria ad opera di un catalizzatore a base di ossidi misti di vanadio e fosforo, avente formula chimica (VO)2P2O7 ed indicato con la sigla VPP (pirofosfato di vanadile). Vi è attualmente un notevole interesse per lo sviluppo di nuove vie sintetiche che utilizzino come reagenti molecole ottenute da materie prime rinnovabili; un’alternativa è costituita dall’utilizzo di 1-butanolo, un bio-alcool ottenuto mediante un processo fermentativo da biomasse; la sua disponibilità e il prezzo competitivo con quello delle materie prime tradizionali lo rendono una molecola interessante per la produzione di building blocks. Per studiare la reazione di ossidazione selettiva di 1-butanolo ad AM, sono state condotte prove di reattività su un catalizzatore industriale a base di VPP al variare di diversi parametri: configurazione del reattore, temperatura, tempo di contatto e frazione molare di ossigeno in alimentazione. Le prove hanno portato a risultati interessanti di selettività in AM, tali da confermare l’effettiva valididi 1-butanolo come reagente alternativo per questo tipo di sintesi.

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Oggi il mercato mondiale dell'anidride maleica (AM) è in continua espansione grazie ad un numero sempre crescente di applicazioni finali e sviluppo di nuove tecnologie industriali. La AM viene impiegata nella produzione di resine poliestere insature e resine alchidiche e nella produzione di chemicals a più alto valore aggiunto. Il processo di sintesi è tutt’ora basato sull'ossidazione selettiva del benzene e del n-butano. Con l’aumento delle emissione di gas serra, legate all’impiego di materie di origine fossile e la loro continua diminuzione, si stanno studiando nuovi processi basati su materie derivanti da fonti rinnovali. Tra i vari processi studiati vi è quello per la sintesi di AM, i quali utilizzano come molecola di furfurale, 5-idrossimetilfurfurale e 1-butanolo; tutte queste presentano però il problema di un costo superiore rispetto alle molecole tutt’ora usate. Ad oggi una delle molecole ottenibili da fonti rinnovabili avente un costo competitivo alle materie derivanti da fonti fossili è il bio-etanolo. Essendo nota la possibilità di trasformare dell’etanolo in composti a 4 atomi di carbonio (C4) come 1-butanolo (reazione di Guerbet) e in 1,3- butadiene (processo Lebedev) su ossidi misti Mg/Si e la loro trasformazioni in AM, è’ dunque possibile ipotizzare un processo operante in fase gas che accoppi entrambi i processi. Lo scopo di questo lavoro di tesi è stato quello di effettuare uno studio su sistemi catalitici mediante differenti approcci impiantistici. Il primo ha previsto l’impiego di un sistema detto “a cascata” nel quale è stato accoppiato il sistema misto a base di Mg/Si/O, per la trasformazione dell’etanolo a C4, e il pirofosfato di vanadile (VPP), per l’ossidazione selettiva di quest’ultimi in AM. Il secondo approccio ha previsto l’impiego di un unico sistema multifunzionale in grado di catalizzare tutti gli step necessari. In quest’ultimo caso, i sistemi studiati sono stati il Mg2P2O7 ed un sistema costituito da VPP DuPont sul quale è stato depositato MgO. I catalizzatori sono stati caratterizzati mediante diffrattometria a raggi X, spettroscopia Raman e analisi dell’area superficiale mediante metodo BET, mentre i test catalitici sono stati condotti su un impianto di laboratorio con un reattore assimilabile ad un modello di tipo PFR.

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La trasformazione di glicerolo ad acido acrilico può essere un fattore importante per la valorizzazione del processo di produzione di biodiesel, il quale prevede la coproduzione di enormi quantità di glicerolo. La sintesi di acido acrilico in un unico step è stata studiata attraverso vari catalizzatori solidi bifunzionali di diversa natura, contenenti proprietà acide e redox. I catalizzatori devono avere un’adeguata acididi Brønsted per promuovere la trasformazione di glicerolo ad acroleina, mentre le proprietà ossidanti, necessarie per la sintesi di acido acrilico sono ottenute mediante l’inserimento di un metallo ossidante nella struttura. Si vuole quindi sintetizzare e testare una serie di catalizzatori che mostrino questa bifunzionalità in grado di soddisfare requisiti di attività e selettività nei confronti della reazioni . Per questo studio sono stati sintetizzati e caratterizzati ossidi misti di W/V, nella forma di aggregati dispersi sulla titania ed ossidi misti di Zr/Nb/V in struttura bulk. Sono stati quindi eseguiti dei test di reattività in fase gas ed in presenza di ossigeno utilizzando un reattore tubolare in quarzo a letto fisso.

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Lo scopo di questo lavoro è quello di sviluppare un consorzio altamente performante in grado di degradare il tricloroetilene (TCE) e l’1,1,2,2-tetracloroetano (TeCA) attraverso una degradazione aerobica cometabolica in reattori a letto impaccato (PBRs). Per questo obiettivo, sono state campionate da differenti pozzi di monitoraggio cinque acque di falda contaminate dai solventi clorurati sopra descritti e sono stati preparati 20 vial batch da 119 mL per testare differenti substrati di crescita della biomassa: metano, propano, butano, pentano. Substrato ed ossigeno sono stati periodicamenti riaggiunti. I solventi clorurati sono stati aggiunti a concentrazioni crescenti. Sono stati anche allestiti quattro reattori a colonna impaccata per testare il carrier più adatto per la biomassa selezionata. In tali reattori sono state condotte prove fluidodinamiche preliminari.