918 resultados para Coronarografia Imaging cardiaco CardioTC CardioRM Cuore


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Lavoro di tesi che mette a confronto una tecnica affermata nel campo della diagnostica cardiaca, come la coronarografia e il cateterismo cardiaco, con tecniche di ultima generazione quali cardio-TC e cardio-RM.

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Scopo dello studio: la cardiomiopatia aritmogena (CA) è conosciuta come causa di morte improvvisa, la sua relazione con lo scompenso cardiaco (SC) è stata scarsamente indagata. Scopo dello studio è la definizione della prevalenza e incidenza dello SC, nonché della fisiopatologia e delle basi morfologiche che conducono i pazienti con CA a SC e trapianto di cuore. Metodi: abbiamo analizzato retrospettivamente 64 pazienti con diagnosi di CA e confrontato i dati clinici e strumentali dei pazienti con e senza SC (NYHA III-IV). Abbiamo analizzato i cuori espiantati dei pazienti sottoposti a trapianto presso i centri di Bologna e Padova. Risultati: la prevalenza dello SC alla prima osservazione era del 14% e l’incidenza del 2,3% anno-persona. Sedici pazienti (23%) sono stati sottoposti a trapianto. I pazienti con SC erano più giovani all’esordio dei sintomi (46±16 versus 37±12 anni, p=0.04); il ventricolo destro (VD) era più dilatato e ipocinetico all’ecocardiogramma (RVOT 41±6 versus 37±7 mm, p=0.03; diametro telediastolico VD 38±11 versus 28±8 mm, p=0.0001; frazione di accorciamento 23%±7 versus 32%±11, p= 0.002). Il ventricolo sinistro (VS) era lievemente più dilatato (75±29 ml/m2 versus 60±19, p= 0.0017) e globalmente più ipocinetico (frazione di eiezione = 35%±14 versus 57%±12, p= 0.001). Il profilo emodinamico dei pazienti sottoposti a trapianto era caratterizzato da un basso indice cardiaco (1.8±0.2 l/min/m2) con pressione capillare e polmonare tendenzialmente normale (12±8 mmHg e 26±10 mmHg). L’analisi dettagliata dei 36 cuori dei pazienti trapiantati ha mostrato sostituzione fibro-adiposa transmurale nel VD e aree di fibrosi nel VS. Conclusioni: Nella CA lo SC può essere l’unico sintomo alla presentazione e condurre a trapianto un rilevante sottogruppo di pazienti. Chi sviluppa SC è più giovane, ha un interessamento del VD più severo accanto a un costante interessamento del VS, solo lievemente dilatato e ipocinetico, con sostituzione prevalentemente fibrosa.

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Il CMV è l’agente patogeno più frequente dopo trapianto (Tx) di cuore determinando sia sindromi cliniche organo specifiche sia un danno immunomediato che può determinare rigetto acuto o malattia coronarica cronica (CAV). I farmaci antivirali in profilassi appaiono superiori all’approccio pre-sintomatico nel ridurre gli eventi da CMV, ma l’effetto anti-CMV dell’everolimus (EVE) in aggiunta alla profilassi antivirale non è stato ancora analizzato. SCOPO DELLO STUDIO: analizzare l’interazione tra le strategie di profilassi antivirale e l’uso di EVE o MMF nell’incidenza di eventi CMV correlati (infezione, necessità di trattamento, malattia/sindrome) nel Tx cardiaco. MATERIALI E METODI: sono stati inclusi pazienti sottoposti a Tx cardiaco e trattati con EVE o MMF e trattamento antivirale di profilassi o pre-sintomatico. L’infezione da CMV è stata monitorata con antigenemia pp65 e PCR DNA. La malattia/sindrome da CMV è stato considerato l’endpoint principale. RISULTATI: 193 pazienti (di cui 10% D+/R-) sono stati inclusi nello studio (42 in EVE e 149 in MMF). Nel complesso, l’infezione da CMV (45% vs. 79%), la necessità di trattamento antivirale (20% vs. 53%), e la malattia/sindrome da CMV (2% vs. 15%) sono risultati significativamente più bassi nel gruppo EVE che nel gruppo MMF (tutte le P<0.01). La profilassi è più efficace nel prevenire tutti gli outcomes rispetto alla strategia pre-sintomatica nei pazienti in MMF (P 0.03), ma non nei pazienti in EVE. In particolare, i pazienti in EVE e strategia pre-sintomatica hanno meno infezioni da CMV (48 vs 70%; P=0.05), e meno malattia/sindrome da CMV (0 vs. 8%; P=0.05) rispetto ai pazienti in MMF e profilassi. CONCLUSIONI: EVE riduce significamene gli eventi correlati al CMV rispetto al MMF. Il beneficio della profilassi risulta conservato solo nei pazienti trattati con MMF mentre l’EVE sembra fornire un ulteriore protezione nel ridurre gli eventi da CMV senza necessità di un estensivo trattamento antivirale.

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In questo lavoro ci siamo posti come obiettivo lo studio della disfunzione atrio-ventricolare mediante tecniche ecocardiografiche avanzate (come il Tissue Doppler Imaging - TDI) in cani affetti da malattia mitralica cronica (MVD). Una prima parte è volta alla valutazione della funzionalità diastolica del ventricolo destro. Ci siamo proposti di analizzare la funzione del ventricolo destro in cani affetti da malattia del cuore sinistro per comprendere se quest’ultima possa condizionare direttamente la performance del settore cardiaco controlaterale. I risultati più importanti che abbiamo riscontrato sono: l’assenza di differenze significative nella disfunzione sisto-diastolica del ventricolo destro in cani con MVD a diverso stadio; la diretta correlazione tra le variabili TDI di funzionalità del ventricolo destro con il grado di disfunzione del ventricolo sinistro, come indicatori di interdipendenza ventricolare; ed infine il riscontro di una maggior tendenza ad alterazioni diastoliche del ventricolo sinistro in cani con ipertensione polmonare. A quest’ultimo proposito, per quanto riguarda le variabili TDI, il rapporto E/e’ dell’anulus mitralico laterale e settale è risultato avere una differenza significativa tra i cani con ipertensione polmonare e quelli privi di ipertensione polmonare (P<0,01). Nel secondo studio abbiamo applicato il TDI per l’analisi della funzione sisto-diastolica dell’atrio sinistro. Il lavoro è stato articolato in una parte di validazione della metodica su cani normali ed una su animali affetti da MDV. I risultati ottenuti mostrano che la valutazione ecocardiografica delle proprietà di deformazione dell’atrio sinistro basata sul TDI è attuabile e riproducibile nel cane. Abbiamo fornito dei valori di normalità per questa specie e confrontato questi dati con quelli ricavati in cani portatori di MVD. Le differenza tra le varie classi di malattia, nei diversi gradi di dilatazione atriale, sono risultate limitate, ma abbiamo individuato delle correlazioni tra i parametri TDI ed alcune variabili di funzionalità atriale.

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La tricuspide è la valvola meno studiata tra quelle cardiache e per questo motivo le conoscenze su questa sono in genere approssimative. Le poche conoscenze sulla valvola, inoltre, non garantiscono una elevata percentuale di successo di un intervento chirurgico. Fino a qualche anno fa i parametri utilizzati per studiare la valvola e determinare il grado di severità delle patologie che la colpiscono (insufficienza e stenosi) erano ricavati da immagini ecografie bidimensionali. Questi però molto spesso risultano inadeguati. Così i ricercatori, negli ultimi tempi, hanno elaborato metodi che utilizzano l’ecocardiografia tridimensionale anche per la valvola tricuspide (prima l’ecocardiografia in clinica era utilizzata per valutare le valvole della parte sinistra del cuore) e si sono potuti così rivalutare i parametri precedentemente ricavati con analisi bidimensionale. Tutto ciò ha avuto ricadute positive sulla terapia chirurgica che si è potuta avvalere di protesi valvolari più fisiologiche derivate dalle più precise conoscenze anatomiche e funzionali con ovvie conseguenze positive sul benessere dei pazienti trattati. Naturalmente questi sono solamente i primi passi che la ricerca ha compiuto in questo campo e si prospettano nuovi sviluppi soprattutto per quanto riguarda il software che dovrebbe essere implementato in modo tale che lo studio della valvola tricuspide diventi di routine anche nella pratica clinica. In particolare, lo studio della valvola tricuspide mediante eco 3D consentirebbe anche la valutazione pre- operatoria ed il planning paziente-specifico dell'intervento da effettuare. In particolare questo elaborato prevede nel capitolo 1 la trattazione dell’anatomia e della fisiologia della valvola, nel capitolo 2 la descrizione delle patologie che colpiscono la tricuspide, nel capitolo 3 i parametri che si possono ricavare con esami strumentali e in particolare con ecocardiografia bidimensionale e infine nel capitolo 4 lo studio della valvola tricuspide con ecocardiografia tridimensionale.

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Il presente lavoro di tesi è finalizzato allo sviluppo di un dispositivo indossabile, e minimamente invasivo, in grado di registrare in maniera continua segnali legati all’attività elettromeccanica del muscolo cardiaco, al fine di rilevare eventuali anomalie cardiache. In tal senso il sistema non si limita alla sola acquisizione di un segnale ECG, ma è in grado di rilevare anche i toni cardiaci, ovvero le vibrazioni generate dalla chiusura delle valvole cardiache, la cui ampiezza è espressione della forza contrattile (funzione meccanica) del cuore. Il presente lavoro di tesi ha riguardato sia la progettazione che la realizzazione di un prototipo di tale dispositivo ed è stato svolto presso il laboratorio di Bioingegneria del Dipartimento di Medicina Specialistica Diagnostica e Sperimentale dell’Università di Bologna, sito presso l’Azienda Ospedaliero-Universitaria Policlinico Sant’Orsola-Malpighi. Il sistema finale consiste in un dispositivo applicabile al torace che, attraverso una serie di sensori, è in grado di rilevare dati legati alla meccanica del cuore (toni cardiaci), dati elettrici cardiaci (ECG) e dati accelerometrici di attività fisica. Nello specifico, il sensing dei toni cardiaci avviene attraverso un accelerometro in grado di misurare le vibrazioni trasmesse al torace. I tracciati, raccolti con l’ausilio di una piattaforma Arduino, vengono inviati, tramite tecnologia Bluetooth, ad un PC che, attraverso un applicativo software sviluppato in LabVIEW™, ne effettua l’analisi, il salvataggio e l’elaborazione in real-time, permettendo un monitoraggio wireless ed in tempo reale dello stato del paziente.

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It is widely accepted that edema occurs early in the ischemic zone and persists in stable form for at least 1 week after myocardial ischemia/reperfusion. However, there are no longitudinal studies covering from very early (minutes) to late (1 week) reperfusion stages confirming this phenomenon. This study sought to perform a comprehensive longitudinal imaging and histological characterization of the edematous reaction after experimental myocardial ischemia/reperfusion. The study population consisted of 25 instrumented Large-White pigs (30 kg to 40 kg). Closed-chest 40-min ischemia/reperfusion was performed in 20 pigs, which were sacrificed at 120 min (n = 5), 24 h (n = 5), 4 days (n = 5), and 7 days (n = 5) after reperfusion and processed for histological quantification of myocardial water content. Cardiac magnetic resonance (CMR) scans with T2-weighted short-tau inversion recovery and T2-mapping sequences were performed at every follow-up stage until sacrifice. Five additional pigs sacrificed after baseline CMR served as controls. In all pigs, reperfusion was associated with a significant increase in T2 relaxation times in the ischemic region. On 24-h CMR, ischemic myocardium T2 times returned to normal values (similar to those seen pre-infarction). Thereafter, ischemic myocardium-T2 times in CMR performed on days 4 and 7 after reperfusion progressively and systematically increased. On day 7 CMR, T2 relaxation times were as high as those observed at reperfusion. Myocardial water content analysis in the ischemic region showed a parallel bimodal pattern: 2 high water content peaks at reperfusion and at day 7, and a significant decrease at 24 h. Contrary to the accepted view, myocardial edema during the first week after ischemia/reperfusion follows a bimodal pattern. The initial wave appears abruptly upon reperfusion and dissipates at 24 h. Conversely, the deferred wave of edema appears progressively days after ischemia/reperfusion and is maximal around day 7 after reperfusion.

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Nel seguente elaborato viene trattata la tematica del pacemaker, vista in prima battuta come funzione di autogenerazione elettrica da parte del cuore, con la descrizione dei fenomeni fisiologici alla base di questo fenomeno. Poi successivamente viene data una panoramica sugli studi che hanno portato alla realizzazione dei primi prototipi o dispositivi elettronici utili a sopperire a mancanze o a disturbi legati al sistema di conduzione. In particolare, si evidenzia come la sede dello stimolo, ovvero il nodo senoatriale, sia stata in modo efficiente sostituito da apparecchi biocompatibili e facilmente impiantabili, poiché di piccole dimensioni. Tuttavia, a causa, ad esempio, di alcuni limiti imposti dal consumo di potenza o dal degradarsi della batteria, ci si è chiesti se si potessero trovare delle alternative, altresì utili, per il ripristino dell’attività cardiaca. Per queste ragioni, come suggerito dal titolo, la trattazione di questo elaborato va ad incentrarsi su un ambito diverso ma complementare, quello biologico; in particolare, vengono messi in luce i principali approcci che si sono susseguiti nel corso dei decenni nello studio e nella ricerca per il ripristino dell’autostimolazione del battito, come alternative o compartecipazione, all’impianto di dispositivi elettronici. Viene messo il focus sul concetto di Biopacemaker, il quale riassume la commistione che c’è stata e che tuttora si cerca di fortificare tra l’ambito elettronico e quello legato alla biologia, alla genetica ed all’ingegneria tissutale.

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Split-plot design (SPD) and near-infrared chemical imaging were used to study the homogeneity of the drug paracetamol loaded in films and prepared from mixtures of the biocompatible polymers hydroxypropyl methylcellulose, polyvinylpyrrolidone, and polyethyleneglycol. The study was split into two parts: a partial least-squares (PLS) model was developed for a pixel-to-pixel quantification of the drug loaded into films. Afterwards, a SPD was developed to study the influence of the polymeric composition of films and the two process conditions related to their preparation (percentage of the drug in the formulations and curing temperature) on the homogeneity of the drug dispersed in the polymeric matrix. Chemical images of each formulation of the SPD were obtained by pixel-to-pixel predictions of the drug using the PLS model of the first part, and macropixel analyses were performed for each image to obtain the y-responses (homogeneity parameter). The design was modeled using PLS regression, allowing only the most relevant factors to remain in the final model. The interpretation of the SPD was enhanced by utilizing the orthogonal PLS algorithm, where the y-orthogonal variations in the design were separated from the y-correlated variation.

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The aim of this study is to test the feasibility and reproducibility of diffusion-weighted magnetic resonance imaging (DW-MRI) evaluations of the fetal brains in cases of twin-twin transfusion syndrome (TTTS). From May 2011 to June 2012, 24 patients with severe TTTS underwent MRI scans for evaluation of the fetal brains. Datasets were analyzed offline on axial DW images and apparent diffusion coefficient (ADC) maps by two radiologists. The subjective evaluation was described as the absence or presence of water diffusion restriction. The objective evaluation was performed by the placement of 20-mm(2) circular regions of interest on the DW image and ADC maps. Subjective interobserver agreement was assessed by the kappa correlation coefficient. Objective intraobserver and interobserver agreements were assessed by proportionate Bland-Altman tests. Seventy-four DW-MRI scans were performed. Sixty of them (81.1%) were considered to be of good quality. Agreement between the radiologists was 100% for the absence or presence of diffusion restriction of water. For both intraobserver and interobserver agreement of ADC measurements, proportionate Bland-Altman tests showed average percentage differences of less than 1.5% and 95% CI of less than 18% for all sites evaluated. Our data demonstrate that DW-MRI evaluation of the fetal brain in TTTS is feasible and reproducible.

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The present essay is illustrated with magnetic resonance images obtained at the authors' institution over the past 15 years and discusses the main imaging findings of intraventricular tumor-like lesions (ependymoma, pilocytic astrocytoma, central neurocytoma, ganglioglioma, choroid plexus papilloma, primitive neuroectodermal tumors, meningioma, epidermoid tumor). Such lesions represent a subgroup of intracranial lesions with unique characteristics and some image patterns that may facilitate the differential diagnosis.

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The present essay is illustrated with magnetic resonance images obtained at the authors' institution over the past 15 years and discusses the main imaging findings of intraventricular tumor-like lesions (colloid cyst, oligodendroglioma, astroblastoma, lipoma, cavernoma) and of inflammatory/infectious lesions (neurocysticercosis and an atypical presentation of neurohistoplasmosis). Such lesions represent a subgroup of intracranial lesions with unique characteristics and some imaging patterns that may facilitate the differential diagnosis.

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Chronic pain has been often associated with myofascial pain syndrome (MPS), which is determined by myofascial trigger points (MTrP). New features have been tested for MTrP diagnosis. The aim of this study was to evaluate two-dimensional ultrasonography (2D US) and ultrasound elastography (UE) images and elastograms of upper trapezius MTrP during electroacupuncture (EA) and acupuncture (AC) treatment. 24 women participated, aged between 20 and 40 years (M ± SD = 27.33 ± 5.05) with a body mass index ranging from 18.03 to 27.59 kg/m2 (22.59 ± 3.11), a regular menstrual cycle, at least one active MTrP at both right (RTPz) and left trapezius (LTPz) and local or referred pain for up to six months. Subjects were randomized into EA and AC treatment groups and the control sham AC (SHAM) group. Intensity of pain was assessed by visual analogue scale; MTrP mean area and strain ratio (SR) by 2D US and UE. A significant decrease of intensity in general, RTPz, and LTPz pain was observed in the EA group (p = 0.027; p < 0.001; p = 0.005, respectively) and in general pain in the AC group (p < 0.001). Decreased MTrP area in RTPz and LTPz were observed in AC (p < 0.001) and EA groups (RTPz, p = 0.003; LTPz, p = 0.005). Post-treatment SR in RTPz and LTPz was lower than pre-treatment in both treatment groups. 2D US and UE effectively characterized MTrP and surrounding tissue, pointing to the possibility of objective confirmation of subjective EA and AC treatment effects.

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The aim of this study was to develop a methodology using Raman hyperspectral imaging and chemometric methods for identification of pre- and post-blast explosive residues on banknote surfaces. The explosives studied were of military, commercial and propellant uses. After the acquisition of the hyperspectral imaging, independent component analysis (ICA) was applied to extract the pure spectra and the distribution of the corresponding image constituents. The performance of the methodology was evaluated by the explained variance and the lack of fit of the models, by comparing the ICA recovered spectra with the reference spectra using correlation coefficients and by the presence of rotational ambiguity in the ICA solutions. The methodology was applied to forensic samples to solve an automated teller machine explosion case. Independent component analysis proved to be a suitable method of resolving curves, achieving equivalent performance with the multivariate curve resolution with alternating least squares (MCR-ALS) method. At low concentrations, MCR-ALS presents some limitations, as it did not provide the correct solution. The detection limit of the methodology presented in this study was 50μgcm(-2).

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A method using the ring-oven technique for pre-concentration in filter paper discs and near infrared hyperspectral imaging is proposed to identify four detergent and dispersant additives, and to determine their concentration in gasoline. Different approaches were used to select the best image data processing in order to gather the relevant spectral information. This was attained by selecting the pixels of the region of interest (ROI), using a pre-calculated threshold value of the PCA scores arranged as histograms, to select the spectra set; summing up the selected spectra to achieve representativeness; and compensating for the superimposed filter paper spectral information, also supported by scores histograms for each individual sample. The best classification model was achieved using linear discriminant analysis and genetic algorithm (LDA/GA), whose correct classification rate in the external validation set was 92%. Previous classification of the type of additive present in the gasoline is necessary to define the PLS model required for its quantitative determination. Considering that two of the additives studied present high spectral similarity, a PLS regression model was constructed to predict their content in gasoline, while two additional models were used for the remaining additives. The results for the external validation of these regression models showed a mean percentage error of prediction varying from 5 to 15%.