234 resultados para diritto alla salute


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La forte crescita nella pescicoltura ha portato ad una significativa pressione ambientale di origine antropica nei sistemi costieri. Il bivalve locale Scrobicularia plana è stato usato come bioindicatore per valutare la qualità ambientale di un ecosistema affetto da scarichi di acque residuali di una piscifattoria nel braccio di mare Rio San Pedro (Spagna sud-occidentale). I bivalvi sono stati raccolti nei sedimenti intertidali nell'ottobre del 2010 da cinque siti del braccio di mare, seguendo un gradiente di inquinamento decrescente dall'effluente al sito di controllo. Per valutare l'esposizione e l'effetto di contaminanti legati alle acque residuali delle piscifattorie è stata selezionata una batteria di biomarker. Sono state misurate nei tessuti delle ghiandole digestive dei bivalvi: l'attività di enzimi del sistema di detossificazione della Fase I (etossiresorufina-O-deetilasi, EROD e dibenzilfluoresceina, DBF) l'attività di un enzima del sistema di detossificazione di Fase II (glutatione S-transferasi, GST), l'attività di enzimi antiossidanti (glutatione perossidasi, GPX e glutatione reduttasi, GR) e parametri di stress ossidativo (perossidazione lipidica, LPO, e danno al DNA). In parallelo sono state misurate in situ, nelle aree di studio, temperatura, pH, salinità e ossigeno disciolto nelle acque superficiali; nelle acque interstiziali sono stati misurati gli stessi parametri con l'aggiunta del potenziale redox. Sono state trovate differenze significative (p<0,05) tra siti di impatto e sito di controllo per quanto riguarda l'attività di EROD e GR, LPO e danno al DNA; è stato osservato un chiaro gradiente di stress riconducibile alla contaminazione, con alte attività di questi biomarker nell'area di scarico delle acque residuali della pescicoltura e livelli più bassi nel sito di controllo. È stata trovata inoltre una correlazione negativa significativa (p<0,01) tra la distanza alla fonte di inquinamento e l’induzione dei biomarker. Sono state analizzate le componenti abiotiche, inserendole inoltre in una mappa georeferenziata a supporto. Ossigeno disciolto, pH, salinità e potenziale redox mostrano valori bassi vicino alla fonte di inquinamento, aumentando man mano che ci si allontana da esso. I dati ottenuti indicano nel loro insieme che lo scarico di acque residuali dalle attività di pescicoltura nel braccio di mare del Rio San Pedro può indurre stress ossidativo negli organismi esposti che può portare ad un'alterazione dello stato di salute degli organismi.

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La Rocca delle Caminate nella coscienza e nell’immaginario Ben volentieri mi sono occupato dell’ambizioso progetto di restauro e recupero funzionale della Rocca delle Caminate, perché se è vero che il complesso ha rivestito un’importanza rilevante sotto il profilo storico e politico di questa parte di Romagna, è pur vero che vive nei miei ricordi fin dall’epoca dell’infanzia, ed è venuto acquistando nel tempo un preciso valore nella mia coscienza e nel mio immaginario. Questa rocca, questa fortificazione, questa torre che si staglia all’orizzonte dominando con austerità le amene vallate, l’ho sempre veduta e ha sempre sollevato in me suggestioni e interrogativi che però non mi ero mai preoccupato di chiarire: ero, per così dire, rimasto fedele alla mia emotività e mi erano bastati i racconti di nonna che andava spesso rammentando di quando, durante il ventennio fascista, insieme alle sorelle percorreva a piedi i sentieri che dalla vicina Dogheria conducevano alle Caminate, in occasione di una tal festa o di una tal funzione religiosa. Le sue parole e i suoi racconti continuano a donarmi un po’ del profumo dell’epoca, e fa specie notare come ancora oggi – in un tempo che fa dello sfavillio delle luci sfoggio di opulenza e miraggio di benessere – vengano puntualmente traditi dall’ammirazione per un faro che all’epoca ruotava emanando luce verde, bianca e rossa: quella del tricolore italiano. La Rocca delle Caminate – dicevo – è sempre stata una veduta familiare e fin troppo consuetudinaria, nei cui riguardi ero quasi giunto a una sorta d’indolenza intellettuale. Eppure, alla vigilia di decidere l’oggetto di questa tesi, ho volto lo sguardo ancora verso la “torre che domina a meraviglia il circostante paese”, ma in questa circostanza trovandomi cambiato: non più solo emozionato dal racconto nella memoria degli anziani, bensì spinto a una sfida anche per onorare il loro attaccamento verso questa fortificazione. È un popolo, quello che ho trovato, che mi ha stupito alquanto per la capacità di ricordare. Voglio dire ricordo, non trasognata visione; sottolineo fulgida testimonianza, non di rado animata dalla fierezza di chi sente fortemente il radicamento a una terra e rivendica il diritto di poter un giorno rivedere la ‘propria’ Rocca come l’ha veduta un tempo, poterla finalmente visitare e toccare, al di là di ogni colore politico, al di là di ogni vicenda passata, bella o brutta che sia. Poterla, in concreto, vivere. Così, un giorno ho varcato il limite dell’ingresso della Rocca e ho iniziato a camminare lungo il viale che conduce al castello; mi sono immerso nel parco e ho goduto della frescura dei pini, dei frassini e dei cipressi che fanno da contorno alla fortificazione. Certamente, ho avvertito un po’ di soggezione giunto ai piedi dell’arce, e mi è sorto spontaneo pormi alcune domande: quanti fanti e cavalieri saranno giunti a questa sommità in armi? Quanti ne saranno morti travolti nella furia della battaglia? Quanti uomini avranno provveduto alla sicurezza di questi bastioni oggi privati per sempre delle originarie mura difensive? Quanti castellani avranno presieduto alla difesa del castro? Ma più che a ogni altra cosa, il mio pensiero è andato a un protagonista della storia recente, a Benito Mussolini, che fra la fine degli anni venti e l’inizio degli anni trenta aveva eletto questo luogo a dimora estiva. Camminando lungo i corridoi della residenza e visitando le ampie stanze, nel rimbombo dei miei passi è stato pressoché impossibile non pensare a quest’uomo che si riconosceva in un duce e che qui ha passato le sue giornate, qui ha indetto feste, qui ha tenuto incontri politici e ha preso importanti decisioni. Come dimenticare quel mezzobusto, quella testa, quella postura impettita? Come dimenticare quello sguardo sempre un po’ accigliato e quei proclami che coglievano il plauso delle masse prima ancora di essere compiutamente formulati? In questo clima, fra castellani, capitani, cavalieri e duces di ogni epoca, sono entrato in punta di piedi, procedendo ai rilevamenti e ai calcoli per la realizzazione di questo progetto. È vero, non è stato facile muoversi nel silenzio che avvolge questo posto magico senza romperne l’incanto, e se a volte, maldestramente, ho fatto più rumore del solito, me ne rammarico. Sono sicuro che questi illustri signori sapranno scusarmene.

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IMPARARE LA SOSTENIBILITA’ Oggetto di questa tesi di laurea è la progettazione di un asilo nido in prossimità della scuola dell’infanzia “Coccinella” di Bertinoro (FC) per rispondere alle esigenze espresse dalla’Amministrazione Comunale, orientate a realizzare un ampliamento della struttura esistente, completando così il polo scolastico comprendente anche la scuola elementare comunale adiacente. La strategia di intervento che il progetto ha adottato prevede due scenari: uno che assume integralmente gli obiettivi dell’Amministrazione e prevede la realizzazione di una struttura per la prima infanzia ad ampliamento di quella esistente, e un secondo che invece propone anche la realizzazione di una nuova scuola materna, in sostituzione di quella attualmente presente. Il progetto ha adottato un approccio integrato dal punto di vista formale e costruttivo, mostrando particolari attenzioni alle tematiche ambientali, assunte come determinanti per ottenere elevati livelli di benessere per i fruitori. La scuola diventa così promotrice di una progettazione orientata a principi di sostenibilità ambientale, efficienza e risparmio energetico, attraverso scelte in cui, sin dalle prime fasi, tecnologia, ambiente, comfort e salute cercano un reciproco equilibrio. A scala urbana si è scelto di recuperare e ampliare il sistema di percorsi pedonali che consente il collegamento tra le diverse parti della città, valorizzando il paesaggio quale risorsa primaria. A scala locale, per garantire l’integrazione del nuovo intervento con l’ambiente e il territorio, il progetto ha richiesto un’approfondita analisi preliminare del sito, comprendente lo studio di elementi del contesto sociale, culturale, ambientale e paesaggistico. A questi si sono affiancati gli aspetti climatologici, funzionali alla scelta dell’esposizione da attribuire all’edificio in modo da mitigare gli effetti delle variazioni climatiche e ottimizzare la qualità indoor. Dal punto di vista funzionale e distributivo il progetto ha risposto a criteri di massima flessibilità e fruibilità degli ambienti interni, assecondando le esigenze di educatori e bambini. Particolare attenzione è stata rivolta alla scelta della tipologia costruttiva, adottando elementi prefabbricati in legno assemblati a secco. Questo sistema consente la realizzazione di strutture affidabili, durevoli nel tempo e rispondenti a tre criteri fondamentali nell’ottica della sostenibilità: impiego di materiali rinnovabili, minimizzazione dei rifiuti e del consumo di acqua in cantiere e possibilità di recupero tramite smontaggio. Per garantire un corretto rapporto tra costruito e contesto urbano si è deciso di utilizzare materiali da rivestimento della tradizione locale, quali la pietra, e di attenuare l’impatto visivo dell’intervento attraverso l’impiego di coperture verdi. Queste, oltre a restituire in copertura il suolo occupato dai volumi edificati, contribuiscono alla mitigazione del microclima, sia all’interno dell’edificio che nel suo intorno. Rispetto agli obiettivi di benessere degli utenti, il progetto si è posto l’obiettivo di superare i confini determinati dalla normativa sui requisiti energetici, puntando al raggiungimento di condizioni ottimali in termini di salubrità del costruito e confort abitativo. Questo intervento si propone di sperimentare un approccio ecologico di sensibilizzazione ai criteri di sostenibilità, capace di coinvolgere tutti i protagonisti della vita scolastica: i bambini, gli insegnanti, i genitori e la città. “Imparare la sostenibilità” è l’obiettivo del progetto e la linea guida della tesi, i “percorsi di sostenibilità”, rappresenta il frutto degli studi, delle analisi, delle scelte che ci hanno spinto ad ottenere lo scopo prefissato e racchiude in un significato sia fisico che metaforico i risultati finali, sia a scala urbana, che a scala dell’edificio. Il termine “percorsi” ci permette di comprendere sia la nuova rete di collegamenti tra l’area di intervento e il resto della città quali strumento di rigenerazione e di contatto con il paesaggio, ma anche il processo di crescita e formativo che il bambino, destinatario e protagonista del progetto, intraprenderà in questi luoghi. La realizzazione di edifici tecnologicamente efficienti dal punto di vista delle prestazioni energetiche (raggiungimento classe B per la struttura esistente, classe A per le ipotesi di ampliamento) ma anche dal punto di vista del confort luminoso rappresenta la premessa per la formazione di una nuova generazione più responsabile e rispettosa nei confronti dell’ambiente che la circonda.

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La mobilità nelle aree urbane di medie e grandi dimensioni risente di molte criticità e spesso è causa di numerose discussioni. L'utilizzo sempre crescente del mezzo di trasporto privato ha prodotto conseguenze negative: l'aumento del traffico e degli incidenti stradali, dell'inquinamento atmosferico e del rumore sono accompagnati da un forte spreco energetico. Dall'altra parte, il trasporto pubblico locale (TPL) non è riuscito a costruirsi canali preferenziali all'interno dell'immaginario cittadino, poiché sottomesso da un modello economico e un mercato fortemente dipendenti dall'automobile. Una via d'uscita dalla mobilità non sostenibile basata sull'utilizzo di combustibili fossili porta a concepire un trasporto pubblico locale gratuito, fruibile dal cittadino in qualsiasi momento della giornata. Attraverso un'analisi dell'azienda del trasporto pubblico bolognese (ATC) e dei dati provenienti dalla sanità regionale, questa tesi intende mostrare che vi sarà un miglioramento della qualità di vita in aree urbane nel momento in cui la teoria della decrescita venga condivisa da tutti i cittadini. Così sarà possibile liberare i centri urbani dai mezzi privati e quindi dagli alti livelli di inquinamento acustico e atmosferico, e dare ai cittadini la vera libertà di movimento. Mobility in medium and large sized urban areas is critical and often a cause for numerous debates. The use of private transport is in constant increase and has generated negative consequences: congestion and road accidents, air and noise pollutio as well as a considerable waste of energy. On the other hand, the local public transport (LPT) has not succeeded in representing the preferred choice by citizens in the urban imaginary. Its potential has been subdued by economic models and markets that are largely dependant on the production of vehicles. An alternative to the current non sustainable mobility based on the combustion of fossil fuels could be the provision of a free local transport network available to the citizen from anywhere at any time. This dissertation's objective is to show how an improvement of the quality of life in urban areas is connected to a collective awareness on the degrowth theory. I intend to achieve this by analysing thoroughly the system of the public transportation agency in Bologna (ATC) and considering data from the local health department. Only then we will be able to limit private vehicles from city centres and as a result of that drastically decrease air and noise pollution whilst providing a true service for a free moving citizen.

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L'argomento trattato in questa tesi riguarda lo studio geometrico delle curve piane. Una prima parte è dedicata alle varie definizioni di curva in matematica, la seconda tratta invece la presentazione delle curve da un punto di vista scolastico. Il mio lavoro è stato quello di analizzare alcuni testi delle scuole superiori allo scopo di evidenziare, laddove è stato possibile, il tipo di appproccio didattico utilizzato per presentare tali argomenti.

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Il presente studio ha come obiettivi l’analisi, la modellazione numerica e la caratterizzazione del rischio idrogeologico di due siti dell’Appennino bolognese interessati negli ultimi due anni da colate detritiche, Serraglio (Comune di Castiglione dei Pepoli) e Chiapporato (Comune di Camugnano). Lo studio è stato condotto in collaborazione con il Servizio Tecnico di Bacino Reno della Regione Emilia-Romagna, che ha reso disponibile la documentazione relativa ai due eventi analizzati. I predetti eventi possono esser definiti “anomali” in relazione sia alla loro collocazione – essendo il fenomeno delle colate detritiche diffuso principalmente in aree montuose caratterizzate da un’altitudine media rilevante, come l’arco alpino – sia al fatto che non sono né catalogati né ricordati a memoria d’uomo eventi, in tali località, precedenti a quelli in esame. Il rischio idrogeologico, indotto dalla possibilità non remota di nuovi eventi, è dato non dal volume o dall’area interessata dai fenomeni, ma piuttosto dall’estrema velocità caratterizzante le colate detritiche, appunto definite come manifestazioni parossistiche lungo la rete idrografica secondaria con trasporto in massa di sedimenti. L’analisi effettuata ha anche fornito l’occasione per effettuare un confronto tra due realtà, quella di Serraglio e quella di Chiapporato, accomunate dalla stessa tipologia di evento, ma differenti in relazione all’uso del suolo, alle caratteristiche geomorfologiche e alle modalità di propagazione nel corso dell’evento. L’abitato di Serraglio, sito nella frazione di Baragazza, è stato colpito da una colata detritica il 20 gennaio 2009. Da un punto di vista geologico e geomorfologico la località è sovrastata da un versante boscato notevolmente acclive, caratterizzato dall’affioramento della cosiddetta Formazione di Cervarola: tali rocce, appartenenti alla categoria delle arenarie e solitamente presenti in strati compatti, in seguito alla naturale degradazione dovuta agli agenti atmosferici hanno dato luogo ad un detrito composto da blocchi e ciottoli di varia dimensione immersi in una matrice sabbiosa. Il distacco è avvenuto proprio in questo materiale detritico, reso instabile dal notevole apporto pluviometrico verificatosi nei giorni precedenti. La colata, sviluppatasi in seguito alla fluidificazione del materiale coinvolto in uno scivolamento di detrito di ridotta volumetria, si è incanalata in uno dei rii effimeri che drenano il versante con traiettorie tra loro pseudo parallele. Il debris flow, accelerato da un dislivello complessivo di 125 m, ha poi raggiunto due abitazioni, fortunatamente non abitate al momento dell’evento, depositando uno spessore detritico di oltre 1,5 m nella zona di transito prima di proseguire verso valle nella sua frazione più fine, incanalandosi di fatto lungo lo stradello asfaltato di accesso alle abitazioni e interessando la strada provinciale che collega Castiglione dei Pepoli all’uscita autostradale di Roncobilaccio. Da un punto di vista meteo-climatico il mese di gennaio 2009 è stato caratterizzato da precipitazioni fortemente superiori alla media, accompagnate da una ridotta insolazione. La continua oscillazione dello zero termico tra 0 e 900 m ha dato luogo alla formazione di uno spessore nivale al suolo di circa 20 cm tre giorni prima dell’evento e poi al suo rapido scioglimento contestualmente all’aumento termico, dato dalla risalita di aria calda umida di origine africana, accompagnata da quella perturbazione che ha poi di fatto innescato il fenomeno. Nelle 48 ore precedenti l’evento sono stati registrati apporti nivo-pluviometrici corrispondenti ad oltre 130 mm, che hanno causato la completa saturazione del detrito superficiale, l’innesco dello scivolamento di detrito e la sua successiva fluidificazione. Il distacco del materiale detritico, la sua movimentazione e la notevole erosione che ha caratterizzato l’alveo del rio durante il fenomeno – quantificata mediamente in 20 cm – sono state favorite dalle mediocri condizioni di salute del castagneto che copre il versante interessato dall’evento: la totale assenza di manutenzione e l’abbandono della coltivazione “a pali” del bosco hanno inibito la naturale funzione stabilizzante del boscato, trasformatosi da fattore inibente a fattore predisponente il fenomeno. La seconda colata detritica analizzata ha invece interessato la strada comunale che collega la frazione di Stagno all’abitato di Chiapporato, splendida borgata cinquecentesca, frequentata soprattutto da turisti ed escursionisti durante la stagione estiva. Il versante sede della colata, occorsa in data 8 novembre 2010, è caratterizzato da numerosi affioramenti della cosiddetta Formazione di Stagno, arenarie intervallate da strati marnoso-pelitici. Tale litotipo, soggetto alla naturale degradazione indotta dagli agenti atmosferici, origina un detrito composto da massi e ciottoli, raccoltisi, nell’area in esame, in un canalone posto ai piedi di una scarpata pseudo verticale delimitante il pianoro di “Val di Sasso”. Tale materiale detritico è stato poi fluidificato dalle abbondanti piogge, depositando, dopo oltre 320 metri di dislivello, circa un metro di detrito sul piano stradale per poi proseguire la sua corsa verso il Torrente Limentra e il Bacino di Suviana. L’evento è stato innescato da precipitazioni intense e persistenti che hanno depositato al suolo oltre 69 mm di pioggia in 25 ore. Nel mese precedente il fenomeno sono stati misurati oltre 530 mm di pioggia, quantitativi superiori alla media climatologica, che hanno sicuramente accelerato anche la degradazione della scarpata e l’accumulo di detriti nell’area sorgente. Le colate sopra descritte sono state poi simulate utilizzando il modello DAN-W (Dynamic ANalysis) del prof. Oldrich Hungr della University of British Columbia (Canada). Tale modello si basa su una discretizzazione della massa movimentata tramite il metodo degli “elementi di contorno” e sulla soluzione alle differenze finite di tipo Lagrangiano dell’equazione di De Saint Venant. L’equazione del moto, integrata verticalmente, è applicata a colonne strette di flusso (elementi di contorno). L’equazione di continuità è invece risolta riferendosi agli elementi di massa delimitati dai predetti elementi di contorno. Il numero di incognite principali eguaglia il numero di equazioni disponibili ed il problema è quindi completamente determinato. Gli altri parametri caratterizzanti la colata sono determinati tramite interpolazioni basate sull’ipotesi che sia la superficie del flusso sia quella della traiettoria siano ragionevolmente lisce. La soluzione è esplicita ed avviene per step temporali successivi. Al fine della determinazione dei parametri l’utilizzatore ha la possibilità di scegliere tra vari modelli reologici, quantificanti il termine di resistenza caratterizzante il moto. Su indicazione dell’autore del modello sono stati utilizzati il modello frizionale e quello di Voellmy, che, in casi simili, forniscono risultati più realistici (in relazione alla modellizzazione di colate di detrito). I parametri utilizzati per la calibrazione sono lo spessore di detrito depositato sul piano stradale, nel caso di Chiapporato, e a tergo della prima abitazione investita dalla colata nel caso di Serraglio, unitamente alla massima distanza raggiunta dai detriti. I risultati ottenuti utilizzando il modello reologico frizionale mostrano profili di velocità scarsamente rappresentativi, con una costante sovrastima della stessa, a fronte di una migliore capacità descrittiva degli spessori accumulatisi. Il modello di Voellmy ha invece prodotto andamenti di velocità più realistici, confrontabili con i valori forniti dalla letteratura internazionale, riuscendo al contempo a quantificare con precisione l’accumulo di detrito rilevato a seguito degli eventi. I valori dei parametri utilizzati nella modellazione sono stati ricavati dalle indicazioni dell’autore del modello affiancate dai range resi disponibili dalla letteratura. Entrambe le caratterizzazioni reologiche sono poi state oggetto di un’analisi di sensitività ai fini di quantificare il peso dei parametri utilizzati. Il modello frizionale si è rivelato particolarmente sensibile all’andamento del coefficiente di attrito basale e al coefficiente di pressione dei pori, con un lieve preponderanza del primo, mentre il modello reologico di Voellmy si è mostrato fortemente influenzato dal coefficiente di turbolenza e dal coefficiente di attrito, pressoché paritari nell’effettivo condizionamento dei risultati. Gli output ottenuti simulando l’evento di Serraglio sono risultati generalmente meno realistici di quelli ricavati nel caso di Chiapporato: ciò è probabilmente dovuto alle caratteristiche reologiche proprie del fenomeno occorso a Serraglio, classificabile come un ibrido tra un mud flow e un debris flow. Sono state infine avanzate proposte di intervento e di monitoraggio dei siti indagati, al fine di una mitigazione del rischio idrogeologico gravante sulle aree esaminate. Il caso di Serraglio presenta, a parere dello scrivente, un rischio idrogeologico più elevato, se paragonato a quello presente a Chiapporato, dati la vicinanza ad un centro abitato e lo status quo caratterizzante il versante sede del dissesto. Nei circa 18 mesi trascorsi dopo l’evento è stato possibile rilevare un progressivo ampliamento della nicchia di distacco dello scivolamento, poi evolutosi in colata con andamento tipicamente retrogressivo. Lo stato della vegetazione permane in condizioni problematiche, con frequenti ribaltamenti e sradicamenti (processi noti in letteratura come chablis) dei castagni presenti, con un conseguente aumento dell’erosione superficiale del versante e l’apporto detritico all’interno del rio. Tale detrito è poi trattenuto all’interno dell’alveo da una serie di briglie naturali formatesi a seguito della caduta di varie piante all’interno del canale stesso a causa del passaggio del debris flow o a fenomeni di chablis. La forte sovraescavazione occorsa in occasione della colata ha poi favorito l’innesco di una serie di piccoli scivolamenti superficiali confluenti nel rio stesso, anch’essi apportatori di detrito, ingrediente principale per un nuovo debris flow. È inoltre da notare come la zona di runout è tuttora parzialmente occupata dal detrito depositatosi a seguito dell’evento: tale configurazione, causando di fatto una riduzione della potenziale area di “sfogo” di un nuovo debris flow, acuisce il rischio di un’estensione areale verso valle degli effetti di un nuovo fenomeno, con un conseguente possibile maggior coinvolgimento dell’abitato di Serraglio. È stato quindi proposto di attuare un’adeguata regimazione dell’area boschiva caratterizzante il versante, unitamente ad una regimazione fluviale del rio, tramite la realizzazione di briglie in legno e pietrame – essendo l’area non cantierabile – e la rimozione degli accumuli detritici in seno all’alveo stesso. La nicchia di distacco principale e le nicchie secondarie dovranno poi essere oggetto di opportuna stabilizzazione. Più a valle è stata suggerita la rimozione dell’accumulo detritico presente nell’area di runout e la realizzazione di un’adeguata opera di ricezione delle acque del rio e di eventuali nuove colate: a tal fine si è ipotizzato il ripristino dell’antico alveo, successivamente deviato e tombato per permettere l’edificazione dell’abitazione poi investita dalla colata. È stato inoltre proposto un monitoraggio attraverso l’installazione di un pluviometro, tarato con opportune soglie di allarme, dotato di datalogger e modem GPRS al fine di comunicare in tempo reale, ai tecnici incaricati e agli abitanti, un eventuale superamento della soglia di allarme. Il caso di Chiapporato è invece caratterizzato da problematiche connesse al rischio idrogeologico meno rilevanti di quelle presenti a Serraglio. Ciò è dovuto allo scarso traffico caratterizzante la strada comunale e all’assenza di altri edifici o infrastrutture potenzialmente coinvolgibili da un nuovo evento. La probabilità del verificarsi di una nuova colata è però concreta, considerata la forte erosione caratterizzante il versante: trascorsi sei mesi dall’evento, è stato possibile rilevare nell’area sorgente un accumulo medio di detrito di circa mezzo metro di spessore. Le cause del dissesto, a differenza di Serraglio, non sono in alcun modo imputabili all’azione antropica: si tratta infatti della naturale evoluzione del versante sovrastante il piano stradale. Si propone quindi la collocazione di cartelli stradali indicanti il pericolo di caduta massi e colate detritiche agli automobilisti e ai pedoni, unitamente all’installazione di un cavo a strappo posto lungo l’alveo torrentizio collegato ad un semaforo dislocato nei pressi del guado della strada comunale sul rio Casale. L’eventuale verificarsi di un nuovo evento comporterebbe la lacerazione del cavo installato e l’attivazione del semaforo – e di un eventuale allarme acustico – con conseguente inibizione del traffico stradale in occasione del transito del debris flow. Nel contesto geologico e geomorfologico dell’Appennino tosco-emiliano i debris flow rappresentano una tipologia di dissesto da frana poco diffusa, ma comunque potenzialmente presente nelle aree dove i processi di alterazione e degradazione degli ammassi rocciosi affioranti generino accumuli di detrito e in condizioni morfologiche caratterizzate da elevate pendenze dei versanti. Questo studio ha permesso di approfondire la conoscenza di questi fenomeni, che presentano una magnitudo notevolmente inferiore rispetto al contesto alpino, ma la cui interferenza con l’attività antropica acuisce notevolmente il rischio idrogeologico nelle zone interessate. Si sottolinea, inoltre, che nell’attuale contesto climatico caratterizzato da sempre più frequenti piogge brevi ed intense ed eventi cosiddetti di rain on snow, la frequenza sia temporale che spaziale di tali fenomeni di dissesto appare destinata ad aumentare, anche in aree in precedenza non interessate.

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In questo elaborato prenderemo in esame la questione della progettazione di un sistema software atto a gestire alcuni dei problemi legati alla raccolta dei dati in ambito medico. Da tempo infatti si è capita l'importanza di una speciale tecnica di raccolta dei dati clinici, nota in letteratura col nome di "patient-reported outcome", che prevede che siano i pazienti stessi a fornire le informazioni circa l'andamento di una cura, di un test clinico o, più semplicemente, informazioni sul loro stato di salute fisica o mentale. Vedremo in questa trattazione come ciò sia possibile e, soprattutto, come le tecniche e le tecnologie informatiche possano dare un grande contributo ai problemi di questo ambito. Mostreremo non solo come sia conveniente l'uso, in campo clinico, di tecniche automatiche di raccolta dei dati, della loro manipolazione, aggregazione e condivisione, ma anche come sia possibile realizzare un sistema moderno che risolva tutti questi problemi attraverso l'utilizzo di tecnologie esistenti, tecniche di modellazione dei dati strutturati e un approccio che, mediante un processo di generalizzazione, aiuti a semplificare lo sviluppo del software stesso.

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Il percorso parte dall'analisi delle strategie della Teoria dei giochi, si sofferma sul concetto di razionalità nelle decisioni(economiche); continua con la descrizione del funzionamento del baratto in tempi antichi e le declinazioni che ha avuto(economie del dono, baratto muto); esamina la teoria del valore di Carl Menger, per poi allargare la visione alle teorie del valore enunciate dagli economisti dal XVIII secolo, anni in cui si iniziavano ad esaminare i meccanismi alla base degli scambi di mercato; si precisa il funzionamento del ciclo economico(non è eterno), la possibilità di crollo del sistema economico, le ripercussioni di questo sulla moneta(ricerca di sistemi economici alternativi). Nella seconda parte si analizzano i risultati delle più recenti simulazioni relative alla nascita della moneta e, non meno importante, al suo collasso.