464 resultados para teoria di Galois estensioni radicali estensioni risolubili gruppi risolubili


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Nel seguente lavoro di tesi sperimentale è stato svolto uno studio su film di poli(esametilen furanoato) additivato con filler antiossidanti estratti da una materia prima lignocellulosica, la corteccia di betulla. Tale studio ha lo scopo di incrementare le proprietà meccaniche e soprattutto conservative dei film di PHF per applicazioni nel campo del packaging alimentare. Il poli(esametilen furanoato) è un poliestere i cui monomeri di sintesi possono essere ottenuti da fonti rinnovabili, tale caratteristica lo rende completamente bio-based e di elevato interesse per l’ottenimento di materiali sostenibili. Nella fase iniziale dello studio è stato sintetizzato il polimero in esame tramite una sintesi di tipo solvent-free, in accordo con le attuali strategie sintetiche che mirano a ridurre l’impatto del solvente. Tale polimero è stato quindi caratterizzato tramite NMR e GPC. Sono state poi preparate quattro miscele di polimero additivato, due differenti composizioni per ciascuno dei due filler disponibili. Le miscele sono state preparate tramite solvent casting e in seguito stampate tramite pressofusione per ottenere dei film. È stata svolta una caratterizzazione dei film ottenuti, di tipo morfologica (SEM), termica (TGA e DSC), meccanica, comportamento barriera e con analisi antiossidanti. I filler hanno mostrato una buona miscibilità con l’omopolimero e non hanno causato interferenze nel comportamento termico. È stato osservato un miglioramento nella flessibilità dei film in tutte le miscele studiate e un aumento dell’allungamento a rottura nelle composizioni con quantità di filler pari al 5%. Le proprietà barriera si sono mantenute in linea con quelle dell’omopolimero e ancora migliori dei poliesteri attualmente in commercio. Infine, l’aggiunta del filler ha reso il film attivo per lo scavenging di radicali, valutato attraverso il test con DPPH, confermando il trasferimento delle proprietà antiossidanti dei filler alle miscele polimeriche.

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Lo scopo di questa tesi è studiare alcune proprietà di base delle algebre di Hopf, strutture algebriche emerse intorno agli anni ’50 dalla topologica algebrica e dalla teoria dei gruppi algebrici, e mostrare un collegamento tra esse e le algebre di Lie. Il primo capitolo è un’introduzione basilare al concetto di prodotto tensoriale di spazi vettoriali, che verrà utilizzato nel secondo capitolo per definire le strutture di algebra, co-algebra e bi-algebra. Il terzo capitolo introduce le definizioni e alcune proprietà di base delle algebre di Hopf e di Lie, con particolare attenzione al legame tra le prime e l’algebra universale inviluppante di un’algebra di Lie. Questo legame sarà approfondito nel quarto capitolo, dedicato allo studio di una particolare classe di algebre di Hopf, quelle graduate e connesse, che terminerà con il teorema di Cartier-Quillen-Milnor-Moore, un teorema strutturale che fornisce condizioni sufficienti affinché un’algebra di Hopf sia isomorfa all’algebra universale inviluppante dei suoi elementi primitivi.

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Il lavoro svolto in questa tesi era finalizzato allo studio di 14 ceppi di Companilactobacillus alimentarius isolati da salami spagnoli con un duplice obiettivo: da una parte aumentare la conoscenza relativa a questa specie, le cui informazioni in letteratura sono ancora scarse, dall’altra valutarne i caratteri di sicurezza e le performance tecnologiche per selezionare ceppi da utilizzare eventualmente come colture starter e/o bioprotettive in salumi fermentati o altri prodotti alimentari. I ceppi sono stati prima testati per la loro capacità di produrre ammine biogene, con circa la metà dei ceppi in grado di produrre tiramina, mentre solo 4 accumulavano istamina e due putrescina. Dai dati relativi all’antibiotico resistenza è emerso che la metà dei ceppi erano sensibili agli 8 antibiotici testati. È stata valutata poi la capacità dei ceppi di crescere a diverse temperature (10, 20 e 30°C) e a diverse concentrazioni di NaCl (0, 2,5, 5%). I risultati hanno mostrato un andamento variabile: un solo ceppo non era in grado di crescere a 10°C, mentre a 30°C i ceppi si dividevano in due gruppi, ed i ceppi caratterizzati da maggiori velocità di sviluppo a questa temperatura erano anche quelli dotati delle migliori performance a 20 e 10°C. Mentre per la capacità di crescere a diverse concentrazioni di sale, la variabilità era più evidente alla più alta concentrazione di NaCl (5%). Infine, è stata valutata la capacità di produrre molecole che potessero avere un impatto sul profilo sensoriale del prodotto, tra cui i composti derivanti dall’acido piruvico (acetoino, diacetile, 2-butanone), acido acetico, etanolo, benzeneacetaldeide e benzaldeide, ed anche in questo caso i ceppi hanno mostrato attitudini diverse all’accumulo di questi metaboliti. Sulla base dei dati ottenuti in questo lavoro sperimentale, 2 ceppi tra i 14 testati sono stati scelti per future sperimentazioni, dapprima in vitro e poi in sistemi reali, per valutare il loro potenziale come nuove colture starter.

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L'obiettivo di questa tesi è di fornire un'introduzione alla teoria dei q-analoghi in ambito combinatorio e alcune sue applicazioni allo studio di problemi legati a successioni numeriche. Lo scopo di questa teoria è quello di ricavare informazioni e proprietà aggiuntive su alcuni oggetti matematici discreti attraverso una loro generalizzazione di tipo polinomiale. In particolare sono proposti alcuni risultati legati al conteggio delle permutazioni di insiemi e multiinsiemi, delle partizioni di interi e dei cammini di Dyck.

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Studio della teoria dei processi di semi-Markov nella modellizzazione a tempo discreto. Introduzione delle catene di rinnovo di Markov, del nucleo di semi-Markov e delle catene di semi-Markov, risultati ad essi relativi. Analisi delle equazioni di rinnovo di Markov, caratterizzazione degli stati di una catena di semi-Markov, teorema di esistenza e unicità dell'equazione di rinnovo di Markov. Un esempio concreto.

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La tesi sperimentale svolta presso IZSLER (Istituto Zooprofilattico Sperimentale della Lombardia e dell’Emilia Romagna) tratta la migrazione di sostanze dai MOCA (Materiali ed Oggetti a Contatto con gli Alimenti) in materiale plastico agli alimenti, in un’ottica di sicurezza alimentare. In particolare, ci si è concentrati sul rilascio di metalli e semimetalli (rispettivamente 17 e 2) nell’acqua minerale naturale confezionata in bottiglie in PET (Polietilene Tereftalato). Si sono presi in considerazione 14 marchi commerciali di acqua. In particolare, si sono studiate le variabili tempo e radiazione solare per comprendere se queste avessero effetto sul rilascio di tali metalli e semimetalli e in che misura potessero influenzarlo. Due gruppi di bottiglie, ciascuno composto dagli stessi marchi commerciali di acqua minerale naturale, sono stati posizionati e stoccati per un periodo di 8 mesi in differenti condizioni. Un gruppo è stato collocato in un armadio, al buio a temperatura ambiente, mentre l’altro è stato posizionato in ambiente esterno, esposto ai raggi UV e alle temperature ambientali. Le analisi, eseguite mediante strumentazione ICP-MS (Inductively Coupled Plasma-Mass Spectrometry), sono state svolte direttamente sull’acqua imbottigliata, all'inizio e al termine del periodo di stoccaggio, per entrambi i gruppi di campioni. È stato valutato il rilascio, per singolo elemento e per marchio commerciale, considerando le due differenti modalità di conservazione (buio e luce). I risultati ottenuti sono stati confrontati con i Limiti di Migrazione Specifica (LMS) indicata dalla normativa (Reg. (UE) 10/2011 e successive modifiche) per comprendere se i campioni analizzati risultassero conformi o meno, e sono stati commentati anche in relazione a quanto noto dalla letteratura scientifica. Un focus specifico è stato dedicato al caso dell’antimonio.

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Il presente lavoro di tesi ha avuto lo scopo di valutare l’effetto del trattamento con campi elettrici pulsati sulla funzionalità delle proteine e sul livello di ossidazione lipidica e proteica di filetti di branzino (Dicentrarchus labrax) durante 12 giorni di conservazione refrigerata. A tale scopo, un totale di 50 filetti è stato sottoposto a salagione mediante salamoia contenente il 5% di NaCl per 24 ore e successivamente diviso in 2 gruppi sperimentali (n=25/gruppo): CONT, filetti non sottoposti a trattamento e PEF, filetti trattati con campi elettrici pulsati aventi intensità di 0,6 kV/cm, ampiezza degli impulsi di 10 μs per un tempo totale di trattamento pari a 10 s. I filetti sono stati confezionati in atmosfera protettiva (20% di CO2 e 80% di N2) e conservati a temperatura di refrigerazione per i 12 giorni successivi. Nel complesso, i risultati ottenuti suggeriscono come il trattamento PEF non abbia esercitato un effetto né migliorativo né peggiorativo sulla funzionalità delle proteine, determinata tramite analisi della solubilità, risultato piuttosto inatteso data la potenzialità del PEF di migliorare la funzionalità proteica. Si può ipotizzare che il processo di salatura a cui sono stati sottoposti i campioni possa avere in qualche modo mascherato un possibile effetto positivo del trattamento a causa della solubilizzazione delle proteine avvenuta già in fase di salatura. Inoltre, nonostante il PEF possa innescare fenomeni ossidativi a carico della matrice lipidica e proteica, in questo studio non sono state osservate modificazioni, suggerendo come il trattamento non abbia alterato la stabilità ossidativa dei filetti. In conclusione, i risultati ottenuti nel presente studio sono da considerarsi positivi, in quanto è possibile evincere come il trattamento effettuato abbia consentito di migliorare le rese di processo, senza però influenzare la stabilità ossidativa di lipidi e proteine, lasciando quindi inalterata la funzionalità delle stesse.

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La tesi ha lo scopo di illustrare come sia possibile l’applicazione del metodo biodinamico prendendo come caso studio Tenuta Mara, un’azienda situata nelle colline riminesi. Dapprima viene analizzato il pensiero di Rudolf Steiner, ideatore della teoria che, attraverso le otto conferenze tenute nel 1924 a Koberwitz, rende noti i risultati delle sue ricerche sperimentali avviate nel 1922, derivate da una visione del mondo dove le forze cosmiche, i pianeti e le costellazioni creano un equilibrio tra loro, dove l’uomo si integra pienamente rispettando i voleri della terra. Viene anche affrontata una parte relativa al quadro normativo, facendo un excursus dal marchio Demeter del 1927, al primo Regolamento CEE 2092/ 91 relativo al biologico, fino alla recente legge n. 23 del 9 Marzo 2022 in Italia. Si passa così da una prima parte teorica alla seconda, dove questa viene messa in pratica. Tenuta Mara ha fatto dell’attenzione verso la sostenibilità, riguardante i materiali ecologici utilizzati nella struttura, del risparmio energetico su tutto il processo produttivo e della gestione delle acque consapevoli i propri punti cardine. Le pratiche della viticoltura biodinamica si fondono con la passione per il vino, per l’arte e la musica, con la decisione di ridurre al minimo l’intervento dell’uomo durante tutto il processo enologico, dando alla natura il potere di sceglierne il percorso. Attraverso il supporto dell’enologo viene compreso appieno lo spirito della Tenuta, ponendo particolare attenzione sul processo di vinificazione in bianco per la produzione del Maramato, un vino color del rame, derivato dalle uve di Sangiovese.

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L’obiettivo del presente lavoro di tesi è stato quello di valutare l’effetto di diverse modalità di affumicatura sulla funzionalità della frazione proteica di filetti di salmoni norvegesi, valutata tramite la determinazione della solubilità e dell’ossidazione delle proteine. A tale scopo, 60 filetti di salmone dal peso omogeneo di circa 600g sono stati sottoposti a salagione e successivamente suddivisi in 3 gruppi sperimentali in funzione del processo di affumicatura (n=20/gruppo): ad aria a 20°C (AR-20), ad azoto a 20°C (AZ-20) e a 5°C (AZ-5). Al termine dei trattamenti tutti i filetti sono stati confezionati sottovuoto, conservati in cella frigorifera e sottoposti alle determinazioni analitiche a 5 diversi tempi di campionamento, per un totale di 17 giorni di conservazione. Dai dati ottenuti si evince come la tecnica di affumicatura commerciale (AR-20) determini, nel complesso, una riduzione della solubilità totale delle proteine, presumibilmente dovuta all’innesco di fenomeni ossidativi che hanno causato un accumulo di composti carbonilici, prevalentemente riscontrabile al termine della conservazione. L’affumicatura con azoto ha fatto invece registrare un miglioramento della funzionalità proteica a prescindere dalla temperatura impiegata, se paragonata all’affumicatura commerciale. A discapito di quanto atteso, l’affumicatura con azoto a 5°C non ha determinato un miglioramento in termini di solubilità ed ossidazione proteica, se paragonato alla controparte affumicata a 20°C; infatti i campioni appartenenti al gruppo AZ-20 hanno mostrato valori di solubilità proteica più elevati congiuntamente ad un contenuto di carbonili significativamente ridotto rispetto agli altri gruppi sperimentali. Alla luce di questi aspetti, ulteriori studi sono necessari al fine di confermare i risultati ottenuti ed approfondire l’effetto delle diverse modalità di affumicatura sulle proprietà funzionali e tecnologiche dei filetti di salmone.

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Background:La letteratura dimostra che nei soggetti con insufficienza cardiaca grave l'impianto del Dispositivo di Assistenza Ventricolare (VAD) migliora la sopravvivenza in attesa del trapianto cardiaco. Nei soggetti portatori di VAD si rende sempre più indicato il trattamento fisioterapico, ma esistono ancora poche evidenze circa la sua efficacia. Obiettivo:Obiettivo primario di questa Revisione Sistematica è quello di valutare, nelle persone con VAD, le prove di efficacia della fisioterapia sulla funzionalità cardio-respiratoria, l’autonomia funzionale e la qualità della vita, ma anche l’incidenza di eventi avversi. Obiettivo secondario è la definizione di un possibile protocollo fisioterapico, accompagnato da appropriati strumenti di misura, indicato nei soggetti con VAD. Metodi:Sono stati ricercati dal 1/06 al 30/09/22 nei database PubMed, Cochrane Library, Scopus e PEDro, studi clinici randomizzati e controllati che valutassero l'impatto della fisioterapia dopo impianto di VAD rispetto all’usual care, in seguito stimati nel loro rischio di bias con il Cochrane RoB2tool. La sintesi dei dati è stata effettuata in forma qualitativa. Risultati:Sono stati inclusi 4 RCT per un totale di 82 partecipanti. Negli studi il trattamento è durato fino a 12 settimane ed è consistito in allenamento aerobico e/o esercizi di rinforzo e/o fisioterapia respiratoria, con una frequenza media di 3 vv/settimana. È stato registrato un solo evento avverso legato alla fisioterapia in uno studio. I risultati hanno mostrato miglioramenti nei valori di assorbimento del picco di ossigeno, nella distanza percorsa con il 6MWT e nei punteggi della QoL, senza tuttavia differenze statisticamente significative tra i due gruppi. Conclusioni:La fisioterapia dopo l'impianto di VAD migliora la capacità funzionale e la QoL. Tuttavia, sono necessari ulteriori studi, preferibilmente multicentrici e con follow-up più lunghi, per valutare i reali benefici clinici della fisioterapia in tale popolazione.

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Background: Gli infortuni muscolari generano grande preoccupazione nella medicina sportiva e costituiscono la più frequente causa di assenza dal campo nel calcio. Nello specifico , a causa dei gesti tecnici caratteristici di questo sport, le HSI (lesioni muscolari agli Hamstring) sono le più frequenti nei calciatori, costringendoli all’assenza dal campo più di qualsiasi altro infortunio. Il protocollo di Askling è uno degli studi più popolari e riconosciuti nella riabilitazione delle HSI. Obiettivi: L’obiettivo della revisione sistematica è valutare l’efficacia del protocollo di Askling nel RTP del calciatore post lesione muscolare agli Hamstring. Questo contributo, quindi, discuterà gli attuali concetti clinici riguardanti la riabilitazione delle HSI, analizzando trial clinici randomizzati che confrontino gli effetti del protocollo di Askling con altri protocolli.

 Materiali e Metodi: Nella selezione degli articoli, sono state indagate le seguenti banche dati: “PubMed”, “PEDro” e “Cochrane Library”. Una volta realizzato il PICOS, questo è stato convertito nelle parole chiave pertinenti all’argomento di interesse della revisione. Sono stati presi in esame unicamente studi RCTs, di qualsiasi anno di pubblicazione e lingua, reperibili in modalità Full Text attraverso il servizio proxy offerto dall’Università di Bologna. Gli studi per essere inclusi devono avere un punteggio PEDro score > 5. Risultati: Il tempo medio del Return To Play è stato ridotto di 23 giorni, da 51 (C-Protocol) a 28 giorni (L-Protocol). Non vi è però alcuna differenza significativa tra i gruppi per i tassi di re-injury entro 2 mesi, da 2 a 6 mesi e da 6 a 12 mesi.
 Conclusioni: Emerge dalla letteratura che un protocollo riabilitativo costituito principalmente da esercizi che prediligono l’allungamento muscolare risulta più efficace di un protocollo convenzionale nel ridurre il tempo trascorso dall'infortunio all'allenamento completo senza restrizioni e/o al match play.

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Background: Attualmente, diversi approcci riabilitatavi vengono proposti per il miglioramento del dolore e della funzione a seguito di intervento chirurgico alla spalla. La teleriabilitazione si è rivelata una valida alternativa per l’erogazione dei servizi riabilitativi a distanza: grazie all’utilizzo delle tecnologie di telecomunicazione, è possibile fornire consulenza, valutazione, monitoraggio, intervento e educazione, superando le barriere geografiche, temporali, sociali ed economiche. Obiettivo: Lo scopo della revisione è valutare le prove di efficacia presenti in letteratura in merito all’utilizzo della teleriabilitazione per il miglioramento funzionale dei pazienti operati di spalla. Metodi: La revisione è stata redatta secondo la checklist del PRISMA statement. La ricerca è stata condotta da aprile a settembre 2022, consultando le banche dati Cochrane Library, PubMed e PEDro. La ricerca è stata limitata a studi primari sperimentali e quasi, con full-text reperibile in lingua italiana o inglese e senza limiti temporali, inerenti soggetti operati alla spalla trattati con diverse modalità di teleriabilitazione. Come elemento di confronto è stato incluso qualsiasi tipo di intervento riabilitativo convenzionale. La qualità metodologica è stata valutata con la PEDro scale. Risultati: sono stati inclusi 4 RCT e 1 CCT, che hanno indagato misure di outcome relative a: dolore, mobilità articolare, forza, abilità funzionale e qualità della vita. Dall’analisi qualitativa dei risultati degli studi si è osservato che in tutti i gruppi sperimentali si sono ottenuti miglioramenti significativi negli outcome d’interesse; in due studi è stata evidenziata una superiorità statisticamente significativa della teleriabilitazione. Conclusioni: Nonostante la revisione non sia giunta a risultati generalizzabili e di validità assoluta, la teleriabilitazione ha dimostrato di essere una modalità sicura ed efficace nel miglioramento clinico e funzionale dei soggetti operati alla spalla.

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Background: La Malattia di Parkinson è una malattia neurodegenerativa che dà disturbi del movimento tipici: tremore a riposo, ipocinesia o bradicinesia, rigidità e instabilità posturale; inoltre, include anche disturbi non motori quali: ansia, depressione, disturbi del sonno, disfagia, disartria e deterioramento cognitivo. L’insieme dei sintomi motori e non motori influenza la quotidianità del paziente, riduce la partecipazione e la qualità di vita in tutte le fasi della malattia. La riabilitazione motoria può aiutare a mitigare gli effetti dei sintomi motori e migliorare la qualità della vita del soggetto con PD[6,7], ma non esiste un protocollo univoco per il trattamento di questa malattia. Obiettivo: l’obiettivo di questa Scoping Review è di individuare strategie terapeutiche alternative al trattamento convenzionale nel percorso riabilitativo del paziente affetto da Malattia di Parkinson. Disegno dello studio: sono stati presi in considerazione studi pubblicati tra il 2020 e il 2022 su diverse attività non tradizionali proposte a pazienti con Parkinson. Le banche dati utilizzate sono PubMed, PEDro e Cochrane Library. Sono stati posti come criteri di inclusione: soggetti esclusivamente con Malattia di Parkinson di età > 18 anni e articoli in lingua inglese. Sono stati inclusi quindi Review, RCT e articoli di giornali che soddisfacessero la checklist della PRISMA Extension per le Scoping Review. Risultati: al termine della selezione, sono stati inclusi 6 studi che facevano riferimento ad attività come il ballo, l’arrampicata sportiva, l’esercizio in acqua, lo Yoga, il Nordic Walking e la teleriabilitazione nel PD. Conclusioni: la letteratura analizzata fornisce buoni risultati legati alle attività per il trattamento di sintomi motori e non motori del soggetto con PD. Tuttavia, gli studi hanno riportato la necessità di eseguire ulteriori prove per una conferma dell’efficacia statisticamente significativa sui disturbi del PD, con gruppi di pazienti più ampi.

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Background:La gonartrosi è una patologia degenerativa che colpisce l’articolazione del ginocchio. Rappresenta un grave problema di salute pubblica mondiale e comporta dolore e riduzione della funzionalità. Sono presenti studi che confrontano l’uso di iniezioni intra articolari con la fisioterapia per ridurre il dolore, ma ad oggi non vi è ancora un gold standard per la gestione della malattia. Scopo della ricerca:Valutare l’efficacia della fisioterapia rispetto all’uso di iniezioni intra articolari in pazienti affetti da gonartrosi, sul dolore e sulla qualità di vita. Disegno dello studio:Revisione Sistematica della Letteratura effettuata seguendo il PRISMA Statement. Metodi:La ricerca è stata condotta nelle banche dati PubMed, PEDro, Cochrane Library. Sono stati inclusi trial randomizzati controllati (RCT) in lingua inglese e italiana, che confrontavano l’efficacia del trattamento fisioterapico rispetto all’utilizzo di iniezioni intra articolari, con outcome relativi a riduzione del dolore e al miglioramento della qualità di vita. La qualità metodologica e il rischio di bias sono stati valutati utilizzando la PEDro Scale. Risultati:Cinque studi sono stati inclusi in questa Revisione Sistematica. Ci sono stati due studi che hanno dimostrato la maggiore efficacia di altri trattamenti rispetto alla fisioterapia. Altri due trials hanno confrontato il trattamento fisioterapico con l’uso di iniezioni di acido ialuronico e si sono osservati risultati pressoché uguali tra i gruppi. Solo uno studio ha dimostrato la superiorità del trattamento combinato di iniezioni e programma riabilitativo nella gestione della gonartrosi, rispetto al solo utilizzo di iniezioni intra articolari. Conclusioni:I risultati contrastanti che si sono osservati non permettono di affermare con certezza la superiorità della fisioterapia rispetto all’utilizzo di iniezioni intra articolari, sebbene rappresenti una valida scelta terapeutica grazie al suo basso costo e alla sua ridotta invasività.

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Il Disturbo Evitante/Restrittivo dell’Assunzione di Cibo (ARFID) è un Disturbo della Nutrizione e dell’Alimentazione con tre possibili sottotipi, accomunati dalla persistente insoddisfazione di fabbisogni nutrizionali e/o energetici. Crescenti sono le prove di sovrapposizione con il Disturbo dello Spettro Autistico (ASD), per comuni difficoltà alimentari e sottostanti fattori di sensorialità e rigidità. Lo studio ha caratterizzato un campione di affetti da ARFID e da ASD in età evolutiva; i due gruppi sono stati confrontati per storia clinico-terapeutica e profili indagati ai test: BAMBI-R (Brief Autism Mealtime Behavior Inventory-Revised) per i comportamenti disfunzionali al pasto, SSP-2 (Short Sensory Profile-2) per le alterazioni della sensorialità e RBS-R (Repetitive Behavior Scale-Revised) per i comportamenti stereotipati e ristretti. Il gruppo con ARFID è stato inoltre analizzato per variabili antropometrico-nutrizionali e sottotipi clinici. I soggetti con ARFID presentavano età superiore e più frequenti tratti ansioso-fobici in comorbilità. Ai test sopracitati, gli affetti da ARFID e da ASD convergevano per numerosi aspetti; tuttavia, le difficoltà alimentari (in particolare, la selettività) prevalevano tra i primi, mentre maggiori livelli di sensibilità sensoriale e di comportamenti ristretti, stereotipati e compulsivi caratterizzavano i secondi. Tra i sottotipi clinici di ARFID, spesso co-occorrenti, prevaleva quello selettivo; i tre quadri erano perlopiù comparabili per le variabili indagate e non differivano per aspetti alimentari, comportamentali o sensoriali. In conclusione, gli affetti da ARFID e da ASD si distinguono per alcune peculiari caratteristiche ma collidono per numerose altre. Approfondire lo studio dei fattori implicati nelle difficoltà alimentari condivise, oltre che caratterizzare i fenotipi del DNA in campioni più numerosi, saranno obiettivi da perseguire per un’implementazione di interventi medico-nutrizionali sempre più specifici.