457 resultados para FEM, Fatica, Fretting, Fattore di concentrazione degli sforzi, Kt, Macchina di Moore


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Analisi tecnico-economica di 2 impianti a biogas: uno da 100 kW e l'altro da 300 kW alla luce del nuovo sistema incentivante per gli impianti entrati in funzione dal 01/01/2013

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Dal punto di vista geometrico, il tracciato delle linee AV/AC è determinato in funzione delle velocità di progetto, attualmente variabili tra 250 e 300 km/h, e in modo da limitare i parametri cinematici. In questa maniera è assicurata la corretta qualità di marcia dei treni ad alta velocità. La sovrastruttura ferroviaria è realizzata in modo da sopportare i carichi dinamici trasmessi dai convogli transitanti a elevate velocità, e da garantire la sicurezza della circolazione e il comfort di marcia. In particolare, la qualità del binario ferroviario è determinata attraverso una serie di parametri geometrici fondamentali, definiti da Rete Ferroviaria Italiana. A seconda dei valori assunti da tali parametri, il binario rientra in un livello di qualità geometrica: sono definiti tre livelli per i quali la circolazione ferroviaria avviene senza limitazioni e un livello che richiede l’imposizione di vincoli all’esercizio (rallentamenti o interruzioni). L’introduzione dei parametri geometrici e dei rispettivi valori di riferimento ha lo scopo di mantenere elevati livelli qualitativi e di sicurezza per l’infrastruttura ferroviaria, in materia di geometria dell’armamento. Infatti, il superamento di certe soglie da parte dei parametri, implica l’intervento manutentivo sul binario, al fine di ripristinare la corretta geometria e di garantire così la qualità della marcia dei treni. La politica è quella d’intervento prima del raggiungimento del quarto livello di qualità, per il quale sono necessarie restrizioni alla circolazione e interventi correttivi immediati.

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Il suolo è soggetto all’attacco di svariati contaminanti rilasciati nell’ambiente da parte dell’uomo, fra questi troviamo i metalli pesanti. Alcuni metalli pesanti risultano tossici per organismi animali e vegetali se superano certe soglie di concentrazione. Nei suoli i metalli pesanti si trovano sia per cause naturali che antropiche. La fonte naturale dei metalli è legata alla struttura, composizione mineralogica, granulometrica dei sedimenti, e al grado di alterazione dovuta ai vari processi pedogenetici da cui è nato il suolo. In questo lavoro di tesi ho realizzato un campionamento che fosse rappresentativo dell’area presa in esame. In base alle geologia della zona, sono state individuate 32 stazioni dove è stata effettuata la perforazione, ottenendo un totale di 58 campioni. Lo scopo di questa tesi consiste nella determinazione e caratterizzazione cartografica del contenuto dei metalli pesanti nei suoli posti a ovest di Mantova. Per ogni campione è stata eseguita l’analisi per la determinazione del contenuto totale degli elementi maggiori e di quelli in traccia tramite fluorescenza a raggi X (XRF) ,il calcolo della LOI. Dai dati ottenuti dall’analisi XRF è stato applicato l’indice di geoaccumulo, il quale ha fornito il livello di arricchimento superficiale per Cromo, Nichel, Rame, Zinco, Piombo, Arsenico e Vanadio, permettendo di effettuare una stima della contaminazione puntiforme dell’area. Lo studio si è concluso con la realizzazione di mappe di concentrazione di metalli pesanti. La creazione di mappe pedogeochimiche diviene sempre più importante per una completa gestione territoriale ed ambientale.

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L’emissione spontanea di fluidi profondi in superficie è stata storicamente oggetto d’interesse, soprattutto per le informazioni che può fornire per l’esplorazione d’idrocarburi presenti in diverse tipologie di reservoirs associati a tale fenomeno. In questo lavoro di tesi è stato esplorato il fenomeno legato all’emissione spontanea di fluidi ricchi di metano in ambiente sottomarino che genera la precipitazione di carbonati autigeni metano-derivati (MDAC), come conseguenza dell’ossidazione anaerobica del metano da parte di consorzi formati da batteri solfato-riducenti e Archaea. In particolar modo sono state studiate le caratteristiche geochimiche e mineralogiche di una concrezione carbonatica (camino EN5) fossile campionata nell’Appennino settentrionale e dei sedimenti incassanti, che sono peliti di ambiente di piattaforma continentale. Questo perché è stato dimostrato che le concrezioni carbonatiche possono avere relazioni con i sedimenti in cui sono contenute. La scansione XRD ha evidenziato che il camino è composto all’80% da dolomite, poi contiene quarzo, plagioclasi e calcite ma soltanto nella fascia esterna (a contatto con il sedimento). Il sedimento invece è composto da quarzo, plagioclasi (in quantità maggiori rispetto al camino), calcite (di origine biogenica) e dolomite soltanto in tracce. L’analisi elementare del TOC mostra una concentrazione media di 0,5% comune sia al camino sia al sedimento. Le concentrazioni assolute degli altri elementi investigati sono minori nel camino che nei sedimenti, anche se i valori normalizzati all’Al mostrano un arricchimento di alcuni elementi nella parte interna del camino. Questo studio ha permesso di stabilire che la formazione di carbonati autigeni metano-derivati in un ambiente di piattaforma, è possibile solo quando sono presenti le giuste condizioni sedimentarie e un flusso di metano piuttosto intenso. Inoltre la formazione dei carbonati non risente, se non in minima parte, della composizione dei sedimenti ospitanti, ma è regolata dai processi accoppiati di solfato-riduzione e ossidazione del metano.

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Il suolo, oltre a rappresentare la base su cui si sviluppa la vita, è anche il luogo in cui si sviluppano l’industrializzazione, le reti viarie, i commerci; è quindi sottoposto a continue pressioni di tipo antropico che inducono modificazioni chimiche, biologiche della sua composizione. I metalli pesanti sono tra i più importanti inquinanti del suolo, sebbene siano presenti all’interno di esso come materiale costituente, le loro concentrazioni possono aumentare a causa di immissioni antropiche, modificando quindi la struttura del suolo rendendolo inquinato. In questo lavoro di tesi, avente come area d’interesse una porzione della provincia di Mantova precisamente ad est della città e parte della provincia di Verona e Rovigo si è voluto analizzare le caratteristiche composizionali dei suoli, al fine di determinare situazioni di arricchimento imputabili o all’uso del suolo o all’origine del sedimento. A questo proposito si è ritenuto opportuno impostare un confronto tra le concentrazioni totali dei metalli in superficie e quelle in profondità, questo non è stato sempre possibile in quanto la litologia dell’area non ha permesso, in alcuni casi, il prelievo del campione profondo. I suoli sono stati sottoposti ad analisi per il contenuto totale degli elementi maggiori e in traccia tramite analisi XRF, è stata poi eseguita la Loi per determinare la percentuale di perdita della materia organica, applicato l’indice di geoaccumolo ed infine sono state create grazie all’ausilio del software Qgis mappe di concentrazione di metalli pesanti quali Cromo, Nichel, Rame, Zinco, Piombo, Arsenico e Vanadio relative all’area di interesse di questo lavoro di tesi.

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Bone is continually being removed and replaced through the actions of basic multicellular units (BMU). This constant upkeep is necessary to remove microdamage formed naturally due to fatigue and thus maintain the integrity of the bone. The repair process in bone is targeted, meaning that a BMU travels directly to the site of damage and repairs it. It is still unclear how targeted remodelling is stimulated and directed but it is highly likely that osteocytes play a role. A number of theories have been advanced to explain the microcrack osteocyte interaction but no complete mechanism has been demonstrated. Osteocytes are connected to each other by dendritic processes. The “scissors model" proposed that the rupture of these processes where they cross microcracks signals the degree of damage and the urgency of the necessary repair. In its original form it was proposed that under applied compressive loading, microcrack faces will be pressed together and undergo relative shear movement. If this movement is greater than the width of an osteocyte process, then the process will be cut in a “scissors like" motion, releasing RANKL, a cytokine known to be essential in the formation of osteoclasts from pre-osteoclasts. The main aim of this thesis was to investigate this theoretical model with a specific focus on microscopy and finite element modelling. Previous studies had proved that cyclic stress was necessary for osteocyte process rupture to occur. This was a divergence from the original “scissors model" which had proposed that the cutting of cell material occurred in one single action. The present thesis is the first study to show fatigue failure in cellular processes spanning naturally occurring cracks and it's the first study to estimate the cyclic strain range and relate it to the number of cycles to failure, for any type of cell. Rupture due to shear movement was ruled out as microcrack closing never occurred, as a result of plastic deformation of the bone. Fatigue failure was found to occur due to cyclic tensile stress in the locality of the damage. The strain range necessary for osteocyte process rupture was quantified. It was found that the lower the process strain range the greater the number of cycles to cell process failure. FEM modelling allowed to predict stress in the vicinity of an osteocyte process and to analyse its interaction with the bone surrounding it: simulations revealed evident creep effects in bone during cyclic loading. This thesis confirms and dismisses aspects of the “scissors model". The observations support the model as a viable mechanism of microcrack detection by the osteocyte network, albeit in a slightly modified form where cyclic loading is necessary and the method of rupture is fatigue failure due to cyclic tensile motion. An in depth study was performed focusing on microscopy analysis of naturally occurring cracks in bone and FEM simulation analysis of an osteocyte process spanning a microcrack in bone under cyclic load.

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Obiettivo della presente ricerca è stato la valutazione dell’utilizzo degli scarti derivanti dal processo di vinificazione come substrato per la digestione anerobica finalizzata alla produzione di VFA (“Volatile Fatty Acids”). I VFA sono acidi grassi a corta catena, convenzionalmente fino a 6 atomi di carbonio, che possono essere utilizzati industrialmente nell’ambito della “Carboxilation Platfrorm” per produrre energia, prodotti chimici, o biomateriali. La sperimentazione si è articolata in due fasi principali: 1) Produzione di VFA in processi batch alimentati con vinacce e fecce come substrato; 2) Recupero dei VFA prodotti dall’effluente anaerobico (digestato) mediante processi di adsorbimento con resine a scambio anionico. Nella prima fase sono stati studiati i profili di concentrazione dei principali VFA nel brodo di fermentazione al variare della tipologia di substrato (vinacce e fecce, bianche e rosse) e della temperatura di incubazione (35 °C e 55 °C). La condizione ottimale rilevata per la produzione di VFA è stata la digestione anaerobica di vinacce rosse disidratate e defenolizzate alla temperatura di 35 °C (mesofilia), che ha permesso di raggiungere una concentrazione di VFA totali nel digestato di circa 30 g/L in 16 giorni di monitoraggio. Nella seconda fase è stato analizzato il processo di estrazione in fase solida (Solid Phase Extraction, SPE) con resine a scambio anionico per il recupero dei VFA dal digestato di vinacce rosse. Sono state messe a confronto le prestazioni di quattro diverse resine a scambio anionico: Sepra SAX, Sepra SAX-ZT, Sepra NH2, Amberlyst A21. I parametri operativi ottimali per l’adsorbimento sono risultati essere condizioni di pH acido pari al valore naturale delle soluzioni indicate sopra (~2.5) e tempo di contatto di 2 ore. Tra le quattro resine quella che ha fornito i migliori risultati è stata la Amberlyst A21, una resina polimerica a scambio anionico debolmente basica il cui gruppo funzionale caratteristico è un’ammina terziaria. Infine è stato valutato il processo di desorbimento dei VFA adsorbiti dalla resina con tre diverse soluzioni desorbenti: acqua demineralizzata, etanolo (EtOH) ed acqua basificata con NaOH (1 mol/L). I risultati migliori sono stati conseguiti nel caso dell’EtOH, ottenendo un recupero finale del 9,1% dei VFA inizialmente presenti nel digestato di vinacce rosse incubate in termofilia.

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Approfondita analisi strutturare di un bilanciere di scarico di un motore navale attraverso l'utilizzo di un software che sfrutta il metodo degli elementi finiti.

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Il lavoro di tesi ha come obiettivo lo studio e lo sviluppo tramite simulazioni numeriche di due celle in silicio ad eterogiunzione, una con parametri forniti dal CNR (Comitato Nazionale delle Ricerche) ed un’altra di tipo HIT (Heterojunction with Intrinsic Thin-layer). Lo studio e lo sviluppo delle due celle sono stati effettuati mediante un flusso TCAD il quale permette una maggiore flessibilità e completezza nella descrizione dei modelli fisici ed elettrici.

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The aim of Tissue Engineering is to develop biological substitutes that will restore lost morphological and functional features of diseased or damaged portions of organs. Recently computer-aided technology has received considerable attention in the area of tissue engineering and the advance of additive manufacture (AM) techniques has significantly improved control over the pore network architecture of tissue engineering scaffolds. To regenerate tissues more efficiently, an ideal scaffold should have appropriate porosity and pore structure. More sophisticated porous configurations with higher architectures of the pore network and scaffolding structures that mimic the intricate architecture and complexity of native organs and tissues are then required. This study adopts a macro-structural shape design approach to the production of open porous materials (Titanium foams), which utilizes spatial periodicity as a simple way to generate the models. From among various pore architectures which have been studied, this work simulated pore structure by triply-periodic minimal surfaces (TPMS) for the construction of tissue engineering scaffolds. TPMS are shown to be a versatile source of biomorphic scaffold design. A set of tissue scaffolds using the TPMS-based unit cell libraries was designed. TPMS-based Titanium foams were meant to be printed three dimensional with the relative predicted geometry, microstructure and consequently mechanical properties. Trough a finite element analysis (FEA) the mechanical properties of the designed scaffolds were determined in compression and analyzed in terms of their porosity and assemblies of unit cells. The purpose of this work was to investigate the mechanical performance of TPMS models trying to understand the best compromise between mechanical and geometrical requirements of the scaffolds. The intention was to predict the structural modulus in open porous materials via structural design of interconnected three-dimensional lattices, hence optimising geometrical properties. With the aid of FEA results, it is expected that the effective mechanical properties for the TPMS-based scaffold units can be used to design optimized scaffolds for tissue engineering applications. Regardless of the influence of fabrication method, it is desirable to calculate scaffold properties so that the effect of these properties on tissue regeneration may be better understood.

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Lo scopo della presente tesi è la riprogettazione di un cogeneratore solare a concetrazione. Dai test sul campo della precedente versione erano emerse criticità costruttive che pregiudicavano la prestazione dell'impianto. Dopo aver calcolato le forze agenti sul cogeneratore, si è andato a disegnare, dimensionare e produrre in officina la nuova versione del cogeneratore.

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Questo elaborato di tesi si propone di indicare due esempi di strutture in grado di misurare con una certa precisione i coefficienti di attrito che agiscono su un giunto filettato distinguendoli tra coefficiente di attrito nel sottotesta della vite e coefficiente di attrito sul filetto. I macchinari ideati saranno anche in grado di misurare la forza di precarico applicata e permetteranno l’analisi dei segni d’usura attorno ai fori che ospiteranno le viti.

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L’attività sperimentale presentata in questo elaborato riguarda lo studio di una particolare applicazione che impiega la tecnologia laser per la lavorazione di materiali compositi ed è stata interamente svolta, in particolar modo nella sua parte operativa, presso i laboratori della Facoltà di Ingegneria a Bologna. Il lavoro di tesi ha come obiettivo fondamentale la valutazione degli effetti che i parametri di processo possono avere sulla qualità risultante nel procedimento di ablazione per i materiali compositi. Per questa indagine sono stati utilizzati campioni piani (tutti identici tra loro) con rinforzo in fibra di carbonio e matrice in resina epossidica, i quali sono stati lavorati con un laser Nd:YAG (λ = 1064 nm) funzionante in regime continuo. L’idea alla base dell’intera attività sperimentale è stata quella di realizzare una ablazione ottimale, rimuovendo dai campioni esclusivamente la resina (in maniera locale) e tentando, allo stesso tempo, di ottenere il minimo danneggiamento possibile per le fibre. Le prove effettuate non costituiscono naturalmente un punto di arrivo, bensì rappresentano piuttosto un punto di partenza per acquisire informazioni preliminari che potranno consentire, nel prossimo futuro, di proseguire con il perfezionamento del processo e la messa a punto dei parametri, al fine di conseguire una lavorazione che dia risultati effettivamente ottimali ed interessanti per l’eventuale applicazione industriale.

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Nel seguente elaborato si propone lo sviluppo di un modello agli elementi finiti (FEM) del processo di friction welding del quale, attraverso i dati rilevati da prove sperimentali di validazione termica, vengono valutati i parametri ottimali di simulazione. Ai risultati così ottenuti vengono applicati anche algoritmi per la valutazione della microstruttura e della qualità della saldatura, sviluppati originariamente per l'analisi dell'estrusione: in entrambi i casi a seguito del confronto con le analisi metallografiche dei provini è stato possibile validare ulteriormente il modello creato.

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Il primo obiettivo di questo lavoro di tesi è quello di sviluppare il primo modello matematico di potenziale d'azione pacemaker umano: è vero che gli studi elettrofisiologici pubblicati sull'uomo non hanno ancora raggiunto la mole di risultati ottenuti, invece, sugli altri mammiferi da laboratorio, ma i tempi possono ritenersi "maturi", in quanto i dati disponibili in letteratura sono sufficienti e adeguati allo scopo. Il secondo obiettivo di questo lavoro di tesi nasce direttamente dall'esigenza clinica di definire le relazioni causa-effetto tra la mutazione T78M della proteina caveolina-3 e le varie forme di aritmie cardiache riscontrate, ad essa associate. Lo scopo è quello di stabilire quale sia il link tra genotipo della mutazione e fenotipo risultante, ovvero colmare il gap esistente tra i dati sperimentali in vitro in possesso ed i meccanismi di alterazione delle correnti ioniche affette, per arrivare a osservare l'effetto che ne deriva sull'attività elettrica delle cellule. Proprio in relazione a quest'ultimo punto, i due obiettivi del lavoro convergono: l'analisi degli effetti indotti dalla mutazione T78M è, infatti, effettuata sul modello di potenziale d'azione di nodo senoatriale umano sviluppato (oltre che su altri modelli atriali).