87 resultados para livelli paleo-freatici, terrazzi glaciali, Val del Mis, cattura fluviale.


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Il sistema carsico dei Piani Eterni e la Valle del Mis si trovano in provincia di Belluno, all'interno del parco Nazionale delle Dolomiti Bellunesi. Questi due sistemi geologici sono attualmente in fase di studio e la presente tesi, ha come scopo la correlazione tra i livelli paleo-freatici di grotta dei Piani Eterni e le superfici a bassa pendenza (terrazzi glaciali, kame e superfici di spianamento) dell'adiacente Val del Mis. L'elaborato è stato sviluppato prevalentemente su ArcMap (Gis) e su Excel, mentre su Datagraph sono stati ottenuti i grafici che mostrano i confronti altimetrici e quantitativi tra condotte e superfici. I risultati ottenuti dalla fase di analisi della tesi, mostrano che le correlazioni sono evidenti e grazie alle datazione U-Th di alcuni speleotemi del sistema carsico, sono state avanzate sia una ipotetica ricostruzione dell'antico reticolo di drenaggio della Valle del Mis, sia la causa per la quale questo drenaggio, attualmente, si presenti in maniera estremamente diversa da quello passato.

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I componenti del carbonio in ambito strutturale (aeronautico, navale, automobilistico) sono soggetti a deterioramenti ambientali di difficile determinazione, in particolare alla temperatura e all'umidità. Scopo di questa tesi è determinare i danneggiamenti dei materiali compositi CFRP in funzione di un invecchiamento a diverse percentuali della temperatura di transizione vetrosa Tg. In particolare si vuole studiare e approfondire il processo di reazione della matrice e del carbonio. Per meglio descrivere il procedimento di deterioramento e reazione del materiale composito dovuto ad alti livelli di temperatura, mi sono avvalso del supporto pratico dell’azienda “Riba Composites” di Faenza che in particolare si occupa della prototipazione e produzione di componenti strutturali in materiali compositi avanzati e che si è dimostrata leader nel settore dei compositi CFRP. Pochi studi sono stati condotti su tale argomento. Da qui il mio interesse specifico nel volere studiare e dimostrare come questo processo possa ulteriormente apportare un aiuto agli studi in ambito strutturale già effettuati e pubblicati precedentemente. La dimostrazione pratica della seguente tesi è avvenuta, con l’aiuto dell’Ing. Paolo Proli, nel laboratorio di MaSTeR Lab dell’Università di Bologna, dove si è deciso di eseguire vari invecchiamenti termici a diverse temperature per constatare i livelli di deterioramento e influenza delle variazioni di temperatura sulla matrice del composito preso in analisi. Gli effetti di tale studi sono stati sostenuti anche grazie alla guida del Professore Lorenzo Donati, e verranno dettagliatamente evidenziati nello specifico con spiegazioni in ambito teorico e dimostrazioni pratiche affiancate da schemi dimostrativi e supporto grafico.

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Oggetto di studio di questa tesi è la spettroscopia di livelli profondi (DLTS) in due set di nanofili di silicio cresciuti con metodo MaCE presso l’Università di Jena (Germania)nel team di ricerca del Prof. Vladimir Sivakov, utilizzando oro come catalizzatore. Il primo set di nanofili non ha subito ulteriori procedure dopo la crescita, mentre il secondo set è stato sottoposto ad annealing (stress termico) per 60 minuti alla temperatura di 700C. Scopo delle misure DLTS è quello di rivelare i livelli elettronici intragap e determinare l’influenza del processo di annealing su tali livelli. Dai risultati sperimentali si è osservata la presenza di due trappole per elettroni in entrambi i campioni: nel campione non soggetto ad annealing sono stati trovati i seguenti stati intragap: A, con energia di attivazione EA = EC - 0,20eV e sezione di cattura SA = 7E-18cm2; B, con energia di attivazione EB = EC - 0,46eV e sezione di cattura SB = 8E-18cm2; nel campione soggetto ad annealing sono stati trovati i seguenti stati intragap: C, con energia di attivazione EC = EC - 0,17eV e sezione di cattura SC = 3E-17cm2; D, con energia di attivazione ED = EC - 0,30eV e sezione di cattura SD = 3E-19cm2. Risulta quindi evidente che il processo di annealing determina una modifica della configurazione dei livelli intragap. In particolare la trappola B, posizionata nelle vicinanze della metà del bandgap, scompare in seguito allo stress termico. Dalle ricerche fatte in letteratura, potrebbe trattarsi di un livello energetico generato dalla presenza di idrogeno, incorporato nei nanofili durante la crescita. Questi risultati si propongono come una base di partenza per studi futuri riguardanti l’identificazione certa dei difetti responsabili di ciascun livello intragap rivelato, mediante ricerche approfondite in letteratura (riguardo i livelli intragap del silicio bulk) e simulazioni.

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La tesi analizza le dinamiche a macroinvertebrati bentonici marini lungo la “Sezione Ideale” di Montalbano Jonico (Matera) che era stata candidata a GSSP per il Pleistocene medio. Obiettivo è quello determinare se le associazioni a molluschi avessero risposto alle dinamiche glaciale interglaciale, individuate dagli isotopi stabili dell’ossigeno, anche in contesti relativamente profondi. Unendo tutti i dati raccolti è stato possibile affermare che le associazioni a macroinvertebrati bentonici abbiano risposto alle variazioni climatiche e hanno permesso di quantificare le oscillazioni del livello marino alla scala glaciale interglaciale. Inoltre, analizzando i depositi messisi in posto durante il MIS 19, sono state ricostruite delle oscillazioni a scala sub-milankoviana. Questo ha permesso di constatare che negli stadiali del MIS 19a siano documentate delle associazioni a macroinvertebrati bentonici con strutture tassonomiche simili a quelle rinvenute nel MIS 20. Le evidenze raccolte ci permettono di affermare che alla scala della ciclicità climatica di 104-5 anni il turnover faunistico sia associabile alle variazioni batimetriche, ad una scala a più alta frequenza (103-4 anni), il turnover sia invece maggiormente influenzato dalla stabilità dei parametri ambientali che contraddistinguono gli ambienti deposizionali campionati. Nel dettaglio periodi glaciali e stadiali del MIS 19a, sono caratterizzati da associazioni dominate da Ditrupa che indicata instabilità legata ad apporti sedimentari e/o torbidità dell’acqua. Mentre, periodi di interstadiali e interglaciali presentano depositi caratterizzati da associazioni dominate da Tritia e Alvania che testimoniano contesti di piattaforma esterna e ridotti apporti terrigeni. In conclusione, l’analisi delle associazioni a macroinvertebrati marini ha permesso di identificare i principali “driver” ambientali del turnover faunistico a diverse scale temporali e ricostruire le dinamiche paleoambientali lungo la Sezione Ideale.

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Il trattamento “Steady Wine” rappresenta una possibile risorsa per combattere l’insorgenza di fenomeni di casse proteica nei vini. Per il trattamento viene utilizzato un materiale adsorbente ottenuto funzionalizzando sfere inerti in vetro con nanopolveri di TiO2 sinterizzate a formare uno strato sottile. Lo scopo di questo elaborato è di analizzare gli eventuali effetti dell’impiego di biossido di titanio sulla shelf-life dei vini. Il TiO2 è infatti un materiale catalizzatore in grado di velocizzare le reazioni di ossidazione chimica che avvengono all’interno del vino. Per le analisi sono analizzati vini commerciali e soluzioni similvino. Tutti i vini e le soluzioni modello sono stati suddivisi e classificati in tre tesi che includevano il vino ottenuto dal trattamento e i relativi controlli. I campioni sono stati conservati in diverse condizioni di invecchiamento, aspetto fondamentale, specialmente l’eventuale esposizione a raggi luminosi, poiché capace di influenzare l’attività foto-catalizzante del TiO2. Sono stati monitorati nel tempo vari parametri relativi alle cinetiche di ossidazione come DO440nm e DO420nm (indice di imbrunimento) per verificare un eventuale effetto catalitico del TiO2. Sono stati osservati anche i livelli di SO2 e della speciazione del Fe per verificare il consumo di O2 da parte del materiale. Utilizzando l’ICP-AES sono stata analizzate le concentrazioni di metalli, per evidenziare eventuali cessioni all’interno del vino; particolare attenzione è stata data all’analisi ai metalli catalizzatori presenti (Cu e Fe), per verificare un possibile effetto di rimozione. Infine, una breve parte della sperimentazione è stata dedicata allo studio della capacità del materiale adsorbente di rimuovere riboflavina e metionina, come premessa per una futura sperimentazione volta a studiare il potenziale effetto del trattamento nella prevenzione del difetto di luce.

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Tutti gli apparati elettronici richiedono un'alimentazione in tensione continua. Qualunque sia la fonte di energia elettrica, una batteria (in DC) o la rete di distribuzione (in AC), l’alimentatore ha il compito di regolare la tensione continua di uscita per consentire il corretto funzionamento del dispositivo alimentato. La stabilizzazione della tensione DC in uscita deve avvenire nonostante la presenza di ripple e di disturbi sulla alimentazione primaria, di ampie variazioni sulle correnti assorbite dal carico, di ampie escursioni di temperatura e deve essere garantita nel tempo, anche a fronte di sostituzione di alcuni componenti del circuito. In questa tesi si prenderanno in considerazione i regolatori lineari. Sebbene si tratti di circuiti che operano in condizioni di linearità e quindi, quasi per definizione, poco efficienti, in realtà il loro impiego diventa quasi obbligatorio per applicazioni in cui è richiesta una tensione di alimentazione poco rumorosa. Se utilizzati a valle di un alimentatore switching possono aumentare notevolmente la qualità della tensione di uscita operando con livelli di efficienza e di dissipazione del tutto accettabili e con minimo aumento di costo del sistema. Gli alimentatori lineari non sono dunque “superati” dai più recenti alimentatori switching ma sono, piuttosto, “alternativi” e, in molti alimentatori moderni, di complemento. Per questo motivo, anche di recente, sono stati sviluppati e trovano importanti quote di mercato innovative architetture di regolatori lineari dalle prestazioni molto migliorate e vi sono circuiti come il regolatore di John Linsley Hood che non possono non suscitare il più vivo interesse della comunità audiofila

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I pattern di espressione genica permettono di valutare se gli organismi siano soggetti a stress ambientali, spesso associati a stress ossidativo e produzione di specie reattive dell’ossigeno, che possono essere analizzate per studiare gli effetti sub-letali indotti dall’ambiente negli organismi. Scopo di questa ricerca è stato valutare la possibilità di utilizzo dell’ascidia coloniale B. schlosseri come biomarker in ambiente lagunare. Le colonie, esposte a diverse condizioni ambientali nella Laguna di Venezia, sono state confrontate con esemplari allevati in condizioni di controllo. La ricerca si è concentrata in 2 siti con diverso grado di idrodinamicità e impatto antropico. Mentre nel sito 1, più vicino alla bocca di porto, si è rilevata la presenza di Tunicati, il sito 2 ne è privo. Il sito 2 ha registrato valori di pH e temperatura più alti. Inoltre, nel sito 2 è stata rilevata una mortalità maggiore delle colonie e alterazioni della morfologia nelle colonie sopravvissute. Ciò suggerisce che il sito 2 presenti condizioni avverse per B. schlosseri. Sui campioni di B. schlosseri sono state eseguite PCR semiquantitative per analizzare l’espressione di un gruppo di geni coinvolto nella risposta allo stress ossidativo: la glutammato cistein ligasi la glutatione sintetasi, 2 isoforme di glutatione perossidasi e la superossido dismutasi (SOD). Tutti i geni presentano livelli di trascrizione doppi nelle colonie del sito 1 rispetto al controllo. Viceversa, il sito 2 mostra livelli di espressione di poco superiori al controllo. Analisi spettrofotometriche evidenziano che le attività enzimatiche di SOD e catalasi sono più alte nel sito 2 rispetto al sito 1. Si può pertanto ipotizzare che le colonie esposte al sito 2 siano soggette a un maggiore stress. B. schlosseri appare dunque un buon indicatore dello stato ecologico dell’ambiente lagunare, entro parametri di pH e temperatura in cui abitualmente vive.

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Il litorale emiliano romagnolo nell’ultimo secolo risulta sempre più soggetto al fenomeno dell’erosione (Arpae, 2020), incrementata dall’urbanizzazione della costa, dalla riduzione del trasporto solido fluviale e dal fenomeno della subsidenza. Il tratto di costa preso in considerazione nella tesi riguarda l’area di Cesenatico sud: esso non è tra i più critici del litorale regionale, ed è considerato come un settore relativamente stabile dal punto di vita dell’erosione costiera (Arpae, 2020). Ciò è attribuibile in parte alla presenza di barriere frangiflutti lungo tutta l’estensione del paraggio, ma soprattutto a quella del molo sud del Portocanale che intercetta il trasporto solido lungo costa avente verso sud-nord. Per contrastare l’erosione costiera vengono comunque messe in atto a scala locale una serie di “buone pratiche” di gestione del sedimento (linee guida MATTM-Regioni, 2018) come la creazione di un “argine invernale” nel retrospiaggia e lo scraping: una tecnica con la quale, tramite mezzi meccanici, viene rimosso sedimento da accumuli nella spiaggia sommersa ridepositato sulla spiaggia emersa, per aumentarne la superficie in vista dell’avvio della stagione balneare. Il monitoraggio della spiaggia emersa e sommersa è un’attività fondamentale per comprendere gli effetti associati a questi interventi, anche nell’ottica di una gestione sostenibile della costa. Nel 2020 e 2021 sono stati eseguiti a Cesenatico sud una serie di rilievi topografici e batimetrici, all’ultimo dei quali ho personalmente preso parte. I dati sono stati acquisiti con GNSS ed ecoscandaglio single-beam e poi elaborati con software GIS per ottenere mappe di quota/profondità, DTM delle differenze tra rilievi e per ricostruire i profili di spiaggia. Dalle analisi svolte è possibile cogliere i cambiamenti morfologici della spiaggia in seguito alla movimentazione del sedimento in risposta ad attività antropiche e a processi naturali (come significativi eventi di mareggiata).

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Questo elaborato ha come obiettivo l'analisi petrografica di rocce ultramafiche facenti parte del basamento metamorfico cristallino affiorante in Alta Val di Non (Provincia autonoma di Trento). Tali rocce appartengono all'Unità di Ultimo (Falda del Tonale, Austroalpino superiore), caratterizzata da corpi ultramafici che affiorano al contatto tra i sottostanti paragneiss a granato e cianite e le soprastanti migmatiti. Il metamorfismo e l'anatessi registrati dalle rocce dell'Unità di Ultimo hanno età Ercinica (Carbonifero Sup.). Lo studio si è concentrato su un corpo ultramafico situato in Alta Val di Bresimo, in località Passo Val Clapa, costituito da una lente di harzburgite a granato attraversato da livelli di olivin-websterite a granato e anfibolo. L'harzburgite è costituita al 65% da olivina, al 20% da serpentino (cresciuto a spese dell'olivina) e al 15% da ortopirosseno; sono presenti spinelli e clinopirosseni accessori. Nel campione analizzato, il granato è sostituito da aggregati policristallini costituiti da kelifite e da anfibolo secondario. La websterite è costituita al 40% da pirosseni (orto e clinopirosseni in uguale quantità), al 25% da anfibolo primario, al 25% da granato, al 5% da olivina e al 5% da minerali opachi. Sono presenti strutture coronitiche attorno ai granati (costituite da kelifite e anfibolo); si nota clorite cresciuta a spese di anfibolo e pirosseni e hyddingsite cresciuta a spese dell'olivina. L'olivin-websterite mostra gli stessi minerali indice riscontrati nell'harzburgite ospitante, segno che entrambi i corpi hanno seguito la medesima evoluzione P-T. In una prima fase la pirossenite si trovava, come la peridotite, in facies a spinello: ciò è confermato dalla presenza di spinelli relitti al nucleo dei granati. Questi ultimi si sono formati a spese dello spinello durante l'aumento di P, una volta superata la soglia di transizione tra le due facies. Le corone kelifitiche, presenti sia nella harzburgite che nella olivin-websterite, rappresentano un'evidenza di metamorfismo retrogrado.

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Questo elaborato ha come obiettivo il rilevamento geologico di dettaglio di alcuni affioramenti del basamento polimetamorfico della Falda del Tonale, nella zona del Passo Val Clapa (Alta Val di Non, TN), e di verificare l’attribuzione delle litologie all’Unità d’Ultimo, di alto grado metamorfico, o a quella del Tonale, di più basso grado. In due affioramenti nelle immediate vicinanze del Passo Val Clapa sono stati rinvenuti principalmente gneiss e gneiss migmatitici a granato e cianite, anfiboliti e miloniti, mentre in un affioramento a E del passo gneiss migmatitici a granato e cianite, migmatiti (stromatiti e nebuliti) e ultramafiti. Le foliazioni, definite dall’orientazione preferenziale dei minerali, indicano due direzioni principali: un’orientazione NNE-SSW, immergente verso ESE, rilevata nelle rocce milonitiche, che è stata correlata alla presenza della linea della Val Clapa; un’orientazione NW-SE, immergente verso NE, insieme ad una blanda piega con asse orientato NNE-SSW, rilevata nelle ultramafiti e nelle loro rocce incassanti. Sono state inoltre misurate le giaciture dei principali set di fratture che interessano gli ammassi ed è stata documentata la presenza di pseudotachiliti all’interno delle miloniti. Il corpo ultramafico è stato cartografato al contatto fra stromatiti e nebuliti e quindi all’interno dell’Unità d’Ultimo. Le miloniti, invece, rimangono di attribuzione incerta, anche se il loro ritrovamento in associazione con anfiboliti retrocesse in facies scisti verdi e di pegmatiti faccia propendere per un’assegnazione all’Unità del Tonale. Un’analisi di dettaglio degli gneiss affioranti nelle vicinanze delle miloniti permetterebbe di classificarli come paragneiss a sillimanite, caratteristici dell’Unità del Tonale, o come paragneiss a granato e cianite, diagnostici dell’Unità d’Ultimo, contribuendo alla corretta attribuzione geologica di questi terreni.

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Il presente lavoro di tesi si inquadra nel programma di rilevamento geologico del Foglio 027 Bolzano, nell’area della Val di Tires – Passo Nigra, Alta Val d’Ega (Bolzano), la cui realizzazione è in corso a cura della Provincia Autonoma di Bolzano, nell’ambito del progetto CARG. Durante la campagna di rilevamento sono stati prelevati 33 campioni presso Tires, in Alta Val d’Ega, appartenenti alle vulcaniti permiane del Gruppo Vulcanico Atesino (GVA), 18 dei quali sono stati sottoposti ad analisi ottico-petrografica e chimica in XRF. I campioni sono stati prelevati dalle tre principali formazioni geologiche affioranti nell’area: la Formazione di Gargazzone (IGG), la Formazione di Cornedo (COR) e la Formazione di Ora (ORA). Dalle analisi è emerso che i campioni prelevati dalla Formazione di Gargazzone risultano di composizione riodacitica, quelli della Formazione di Cornedo hanno composizione andesitica e andesitico-dacitica, quelli della Formazione di Ora hanno composizione riolitica e riodacitica. Sono state distinte tre litofacies all’interno della Formazione di Ora: una litofacies basale, caratterizzata da un’elevata concentrazione di componenti litiche; una litofacies intermedia, decisamente più massiccia ed omogenea, che presenta al suo interno sporadici corpi lenticolari di ignimbriti ricche in pomici; una litofacies di tetto, ricca in pomici. Generalmente le ignimbriti della Formazione di Ora si caratterizzano per la composizione riolitica ricca in sanidino, ma la presenza di ignimbriti di composizione riodacitica all’interno della formazione e precisamente nell’area di studio, si può imputare alla modificazione della composizione mineralogica e chimica originaria a causa dei fenomeni metasomatici, particolarmente intensi lungo il bordo calderico. Sono stati inoltre prelevati cinque campioni che tagliano le formazioni affioranti, due dei quali hanno composizione riolitica, due hanno composizione basaltica e uno ha composizione alcali-basaltica.

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All’interno del Parco Naturale Paneveggio – Pale di S. Martino, si trova, ad un’altitudine di 1989 m s.l.m., il Passo Rolle, nelle cui vicinanze nasce il torrente Cismon. In questo elaborato viene discussa la geologia a grande scala dell’area di Passo Rolle, esaminata attraverso un rilevamento geologico che ha permesso la suddivisione della Formazione di Werfen in nove Membri. Oltre ad essi, la geologia dell’areale comprende anche due Unità litologicamente molto diverse dal Werfen, ovvero il Piastrone Porfirico Atesino, composto da porfidi, e le arenarie di Val Gardena. Ogni Membro ha infatti caratteristiche distinguibili dagli altri, non solo dal punto di vista litologico, ma anche morfologico e fossilifero. Dal punto di vista sismotettonico, quest’area è particolarmente complessa, in quanto la sua evoluzione comincia nel Permiano Inferiore con la messa in posto delle vulcaniti, per poi terminare nel Neogene, quando si formò il sovrascorrimento della Valsugana. L’areale rilevato corrisponde alla zona 1, che si trova a Nord-Ovest del Passo Rolle e comprende Malga Juribello, parte del Rio Juribello e del Bosco di Costoncella. In base alla colonna stratigrafica, sono affioranti i porfidi, le arenarie e il Werfen Inferiore; significativi sono anche i depositi glaciali e di versante. I dati delle giaciture sono stati suddivisi in due campioni e ognuno è stato inserito all’interno di due stereonet. Tra i due set è stata trovata una correlazione sia per l’immersione sia per l’inclinazione. Sono poi stati trascritti in tabella i dati più significativi. L’approfondimento tematico, dopo un inquadramento generale relativo al clima della Provincia Autonoma di Trento, prende in esame con particolare attenzione le precipitazioni e l’idrogeologia del territorio. Attraverso una ricerca realizzata consultando un database regionale, vengono infine forniti dati sulle sorgenti presenti nell’areale di rilevamento e nelle aree limitrofe alla zona 1.