46 resultados para Autoclave, pressione, ILSS, moduli di elasticità
em AMS Tesi di Dottorato - Alm@DL - Università di Bologna
Resumo:
Oggetto di studio del dottorato sono stati i suoli forestali in ambiente litoraneo della Regione Emilia-Romagna. In particolare sono state considerate quattro zone di studio in Provincia di Ravenna: Pineta di San Vitale, aree boscate di Bellocchio, Pineta di Classe e Pineta di Pinarella di Cervia. Lo studio in una prima fase si è articolato nella definizione dello stato del sistema suolo, mediante la caratterizzazione pedologica delle zone di studio. A tale scopo è stata messa a punto un’adeguata metodologia d’indagine costituita da un’indagine ambientale e successivamente da un’indagine pedologica. L’indagine ambientale, mediante fotointerpretazione ed elaborazione di livelli informativi in ambito GIS, ha permesso di individuare ambiti pedogenetici omogenei. L’indagine pedologica in campo ha messo in luce l’elevata variabilità spaziale di alcuni fattori della pedogenesi, in particolar modo l’andamento microtopografico tipico dei sistemi dunali costieri e la profondità della falda freatica del piano campagna. Complessivamente sono stati aperti descritti e campionati 40 profili pedologici. Sugli orizzonti diagnostici di questi sono state eseguite le seguenti analisi: tessitura, pH, calcare totale, carbonio organico, azoto kjeldahl, conduttività elettrica (CE), capacità di scambio cationico (CSC) e calcare attivo. I suoli presentano, ad eccezione della tessitura (generalmente grossolana), un’elevata variabilità delle proprietà chimico fisiche in funzione della morfologia, della profondità e della vicinanza della falda freatica. Sono state riscontrate diverse correlazioni, tra le più significative quelle tra carbonio organico e calcare totale (coeff. di correlazione R = -0.805 per Pineta di Classe) e tra calcare totale e pH (R = 0.736), dalle quali si è compreso in che misura l’effetto della decarbonatazione agisce nei diversi ambiti pedogenetici e tra suoli con diversa età di formazione. Il calcare totale varia da 0 a oltre 400 g.kg-1 e aumenta dalla superficie in profondità, dall’entroterra verso la costa e da nord verso sud. Il carbonio organico, estremamente variabile (0.1 - 107 g.kg-1), è concentrato soprattutto nel primo orizzonte superficiale. Il rapporto C/N (>10 in superficie e molto variabile in profondità) evidenzia una efficienza di umificazione non sempre ottimale specialmente negli orizzonti prossimi alla falda freatica. I tipi di suoli presenti, classificati secondo la Soil Taxonomy, sono risultati essere Mollic/Sodic/Typic Psammaquents nelle zone interdunali, Typic Ustipsamments sulle sommità dunali e Oxiaquic/Aquic Ustipsamments negli ambienti morfologici intermedi. Come sintesi della caratterizzazione pedologica sono state prodotte due carte dei suoli, rispettivamente per Pineta di San Vitale (scala 1:20000) e per le aree boscate di Bellocchio (scala 1:10000), rappresentanti la distribuzione dei pedotipi osservati. In una seconda fase si è focalizzata l’attenzione sugli impatti che le principali pressioni naturali ed antropiche, possono esercitare sul suolo, condizionandone la qualità in virtù delle esigenze del soprasuolo forestale. Si è scelta la zona sud di Pineta San Vitale come area campione per monitorarne mensilmente, su quattro siti rappresentativi, le principali caratteristiche chimico-fisiche dei suoli e delle acque di falda, onde evidenziare possibili correlazioni. Le principali determinazioni svolte sia nel suolo in pasta satura che nelle acque di falda hanno riguardato CE, Ca2+, Mg2+, K+, Na+, Cl-, SO4 2-, HCO3 - e SAR (Sodium Adsorption Ratio). Per ogni sito indagato sono emersi andamenti diversi dei vari parametri lungo i profili, correlabili in diversa misura tra di loro. Si sono osservati forti trend di aumento di CE e degli ioni solubili verso gli orizzonti profondi in profili con acqua di falda più salina (19 – 28 dS.m-1) e profonda (1 – 1.6 m dalla superficie), mentre molto significativi sono apparsi gli accumuli di sali in superficie nei mesi estivi (CE in pasta satura da 17.6 a 28.2 dS.m-1) nei profili con falda a meno di 50 cm dalla superficie. Si è messo successivamente in relazione la CE nel suolo con diversi parametri ambientali più facilmente monitorabili quali profondità e CE di falda, temperatura e precipitazioni, onde trovarne una relazione statistica. Dai dati di tre dei quattro siti monitorati è stato possibile definire tali relazioni con equazioni di regressione lineare a più variabili. Si è cercato poi di estendere l’estrapolabilità della CE del suolo per tutte le altre casistiche possibili di Pineta San Vitale mediante la formulazione di un modello empirico. I dati relativi alla CE nel suolo sia reali che estrapolati dal modello, sono stati messi in relazione con le esigenze di alcune specie forestali presenti nelle zone di studio e con diverso grado di tolleranza alla salinità ed al livello di umidità nel suolo. Da tali confronti è emerso che per alcune specie moderatamente tolleranti la salinità (Pinus pinea, Pinus pinaster e Juniperus communis) le condizioni critiche allo sviluppo e alla sopravvivenza sono da ricondursi, per la maggior parte dei casi, alla falda non abbastanza profonda e non tanto alla salinità che essa trasmette sull’intero profilo del suolo. Per altre specie quali Quercus robur, Populus alba, Fraxinus oxycarpa e Ulmus minor moderatamente sensibili alla salinità, ma abituate a vivere in suoli più umidi, la salinità di una falda troppo prossima alla superficie può ripercuotersi su tutto il profilo e generare condizioni critiche di sviluppo. Nei suoli di Pineta San Vitale sono stati inoltre studiati gli aspetti relativi all’inquinamento da accumulo di alcuni microtossici nei suoli quali Ag, Cd, Ni e Pb. In alcuni punti di rilievo sono stati osservati moderati fattori di arricchimento superficiale per Pb e Cd riconducibili all’attività antropica, mentre le aliquote biodisponibili risultano maggiori in superficie, ma all’interno dei valori medi dei suoli italiani. Lo studio svolto ha permesso di meglio conoscere gli impatti sul suolo, causati dalle principali pressioni esistenti, in un contesto dinamico. In particolare, si è constatato come i suoli delle zone studiate abbiano un effetto tampone piuttosto ridotto sulla mitigazione degli effetti indotti dalle pressioni esterne prese in esame (salinizzazione, sodicizzazione e innalzamento della falda freatica). Questo è dovuto principalmente alla ridotta presenza di scambiatori sulla matrice solida atti a mantenere un equilibrio dinamico con le frazioni solubili. Infine le variabili ambientali considerate sono state inserite in un modello concettuale DPSIR (Driving forces, Pressures, States, Impacts, Responces) dove sono stati prospettati, in via qualitativa, alcuni scenari in funzione di possibili risposte gestionali verosimilmente attuabili, al fine di modificare le pressioni che insistono sul sistema suolo-vegetazione delle pinete ravennati.
Resumo:
Se il lavoro dello storico è capire il passato come è stato compreso dalla gente che lo ha vissuto, allora forse non è azzardato pensare che sia anche necessario comunicare i risultati delle ricerche con strumenti propri che appartengono a un'epoca e che influenzano la mentalità di chi in quell'epoca vive. Emergenti tecnologie, specialmente nell’area della multimedialità come la realtà virtuale, permettono agli storici di comunicare l’esperienza del passato in più sensi. In che modo la storia collabora con le tecnologie informatiche soffermandosi sulla possibilità di fare ricostruzioni storiche virtuali, con relativi esempi e recensioni? Quello che maggiormente preoccupa gli storici è se una ricostruzione di un fatto passato vissuto attraverso la sua ricreazione in pixels sia un metodo di conoscenza della storia che possa essere considerato valido. Ovvero l'emozione che la navigazione in una realtà 3D può suscitare, è un mezzo in grado di trasmettere conoscenza? O forse l'idea che abbiamo del passato e del suo studio viene sottilmente cambiato nel momento in cui lo si divulga attraverso la grafica 3D? Da tempo però la disciplina ha cominciato a fare i conti con questa situazione, costretta soprattutto dall'invasività di questo tipo di media, dalla spettacolarizzazione del passato e da una divulgazione del passato parziale e antiscientifica. In un mondo post letterario bisogna cominciare a pensare che la cultura visuale nella quale siamo immersi sta cambiando il nostro rapporto con il passato: non per questo le conoscenze maturate fino ad oggi sono false, ma è necessario riconoscere che esiste più di una verità storica, a volte scritta a volte visuale. Il computer è diventato una piattaforma onnipresente per la rappresentazione e diffusione dell’informazione. I metodi di interazione e rappresentazione stanno evolvendo di continuo. Ed è su questi due binari che è si muove l’offerta delle tecnologie informatiche al servizio della storia. Lo scopo di questa tesi è proprio quello di esplorare, attraverso l’utilizzo e la sperimentazione di diversi strumenti e tecnologie informatiche, come si può raccontare efficacemente il passato attraverso oggetti tridimensionali e gli ambienti virtuali, e come, nel loro essere elementi caratterizzanti di comunicazione, in che modo possono collaborare, in questo caso particolare, con la disciplina storica. La presente ricerca ricostruisce alcune linee di storia delle principali fabbriche attive a Torino durante la seconda guerra mondiale, ricordando stretta relazione che esiste tra strutture ed individui e in questa città in particolare tra fabbrica e movimento operaio, è inevitabile addentrarsi nelle vicende del movimento operaio torinese che nel periodo della lotta di Liberazione in città fu un soggetto politico e sociale di primo rilievo. Nella città, intesa come entità biologica coinvolta nella guerra, la fabbrica (o le fabbriche) diventa il nucleo concettuale attraverso il quale leggere la città: sono le fabbriche gli obiettivi principali dei bombardamenti ed è nelle fabbriche che si combatte una guerra di liberazione tra classe operaia e autorità, di fabbrica e cittadine. La fabbrica diventa il luogo di "usurpazione del potere" di cui parla Weber, il palcoscenico in cui si tengono i diversi episodi della guerra: scioperi, deportazioni, occupazioni .... Il modello della città qui rappresentata non è una semplice visualizzazione ma un sistema informativo dove la realtà modellata è rappresentata da oggetti, che fanno da teatro allo svolgimento di avvenimenti con una precisa collocazione cronologica, al cui interno è possibile effettuare operazioni di selezione di render statici (immagini), di filmati precalcolati (animazioni) e di scenari navigabili interattivamente oltre ad attività di ricerca di fonti bibliografiche e commenti di studiosi segnatamente legati all'evento in oggetto. Obiettivo di questo lavoro è far interagire, attraverso diversi progetti, le discipline storiche e l’informatica, nelle diverse opportunità tecnologiche che questa presenta. Le possibilità di ricostruzione offerte dal 3D vengono così messe a servizio della ricerca, offrendo una visione integrale in grado di avvicinarci alla realtà dell’epoca presa in considerazione e convogliando in un’unica piattaforma espositiva tutti i risultati. Divulgazione Progetto Mappa Informativa Multimediale Torino 1945 Sul piano pratico il progetto prevede una interfaccia navigabile (tecnologia Flash) che rappresenti la pianta della città dell’epoca, attraverso la quale sia possibile avere una visione dei luoghi e dei tempi in cui la Liberazione prese forma, sia a livello concettuale, sia a livello pratico. Questo intreccio di coordinate nello spazio e nel tempo non solo migliora la comprensione dei fenomeni, ma crea un maggiore interesse sull’argomento attraverso l’utilizzo di strumenti divulgativi di grande efficacia (e appeal) senza perdere di vista la necessità di valicare le tesi storiche proponendosi come piattaforma didattica. Un tale contesto richiede uno studio approfondito degli eventi storici al fine di ricostruire con chiarezza una mappa della città che sia precisa sia topograficamente sia a livello di navigazione multimediale. La preparazione della cartina deve seguire gli standard del momento, perciò le soluzioni informatiche utilizzate sono quelle fornite da Adobe Illustrator per la realizzazione della topografia, e da Macromedia Flash per la creazione di un’interfaccia di navigazione. La base dei dati descrittivi è ovviamente consultabile essendo contenuta nel supporto media e totalmente annotata nella bibliografia. È il continuo evolvere delle tecnologie d'informazione e la massiccia diffusione dell’uso dei computer che ci porta a un cambiamento sostanziale nello studio e nell’apprendimento storico; le strutture accademiche e gli operatori economici hanno fatto propria la richiesta che giunge dall'utenza (insegnanti, studenti, operatori dei Beni Culturali) di una maggiore diffusione della conoscenza storica attraverso la sua rappresentazione informatizzata. Sul fronte didattico la ricostruzione di una realtà storica attraverso strumenti informatici consente anche ai non-storici di toccare con mano quelle che sono le problematiche della ricerca quali fonti mancanti, buchi della cronologia e valutazione della veridicità dei fatti attraverso prove. Le tecnologie informatiche permettono una visione completa, unitaria ed esauriente del passato, convogliando tutte le informazioni su un'unica piattaforma, permettendo anche a chi non è specializzato di comprendere immediatamente di cosa si parla. Il miglior libro di storia, per sua natura, non può farlo in quanto divide e organizza le notizie in modo diverso. In questo modo agli studenti viene data l'opportunità di apprendere tramite una rappresentazione diversa rispetto a quelle a cui sono abituati. La premessa centrale del progetto è che i risultati nell'apprendimento degli studenti possono essere migliorati se un concetto o un contenuto viene comunicato attraverso più canali di espressione, nel nostro caso attraverso un testo, immagini e un oggetto multimediale. Didattica La Conceria Fiorio è uno dei luoghi-simbolo della Resistenza torinese. Il progetto è una ricostruzione in realtà virtuale della Conceria Fiorio di Torino. La ricostruzione serve a arricchire la cultura storica sia a chi la produce, attraverso una ricerca accurata delle fonti, sia a chi può poi usufruirne, soprattutto i giovani, che, attratti dall’aspetto ludico della ricostruzione, apprendono con più facilità. La costruzione di un manufatto in 3D fornisce agli studenti le basi per riconoscere ed esprimere la giusta relazione fra il modello e l’oggetto storico. Le fasi di lavoro attraverso cui si è giunti alla ricostruzione in 3D della Conceria: . una ricerca storica approfondita, basata sulle fonti, che possono essere documenti degli archivi o scavi archeologici, fonti iconografiche, cartografiche, ecc.; . La modellazione degli edifici sulla base delle ricerche storiche, per fornire la struttura geometrica poligonale che permetta la navigazione tridimensionale; . La realizzazione, attraverso gli strumenti della computer graphic della navigazione in 3D. Unreal Technology è il nome dato al motore grafico utilizzato in numerosi videogiochi commerciali. Una delle caratteristiche fondamentali di tale prodotto è quella di avere uno strumento chiamato Unreal editor con cui è possibile costruire mondi virtuali, e che è quello utilizzato per questo progetto. UnrealEd (Ued) è il software per creare livelli per Unreal e i giochi basati sul motore di Unreal. E’ stata utilizzata la versione gratuita dell’editor. Il risultato finale del progetto è un ambiente virtuale navigabile raffigurante una ricostruzione accurata della Conceria Fiorio ai tempi della Resistenza. L’utente può visitare l’edificio e visualizzare informazioni specifiche su alcuni punti di interesse. La navigazione viene effettuata in prima persona, un processo di “spettacolarizzazione” degli ambienti visitati attraverso un arredamento consono permette all'utente una maggiore immersività rendendo l’ambiente più credibile e immediatamente codificabile. L’architettura Unreal Technology ha permesso di ottenere un buon risultato in un tempo brevissimo, senza che fossero necessari interventi di programmazione. Questo motore è, quindi, particolarmente adatto alla realizzazione rapida di prototipi di una discreta qualità, La presenza di un certo numero di bug lo rende, però, in parte inaffidabile. Utilizzare un editor da videogame per questa ricostruzione auspica la possibilità di un suo impiego nella didattica, quello che le simulazioni in 3D permettono nel caso specifico è di permettere agli studenti di sperimentare il lavoro della ricostruzione storica, con tutti i problemi che lo storico deve affrontare nel ricreare il passato. Questo lavoro vuole essere per gli storici una esperienza nella direzione della creazione di un repertorio espressivo più ampio, che includa gli ambienti tridimensionali. Il rischio di impiegare del tempo per imparare come funziona questa tecnologia per generare spazi virtuali rende scettici quanti si impegnano nell'insegnamento, ma le esperienze di progetti sviluppati, soprattutto all’estero, servono a capire che sono un buon investimento. Il fatto che una software house, che crea un videogame di grande successo di pubblico, includa nel suo prodotto, una serie di strumenti che consentano all'utente la creazione di mondi propri in cui giocare, è sintomatico che l'alfabetizzazione informatica degli utenti medi sta crescendo sempre più rapidamente e che l'utilizzo di un editor come Unreal Engine sarà in futuro una attività alla portata di un pubblico sempre più vasto. Questo ci mette nelle condizioni di progettare moduli di insegnamento più immersivi, in cui l'esperienza della ricerca e della ricostruzione del passato si intreccino con lo studio più tradizionale degli avvenimenti di una certa epoca. I mondi virtuali interattivi vengono spesso definiti come la forma culturale chiave del XXI secolo, come il cinema lo è stato per il XX. Lo scopo di questo lavoro è stato quello di suggerire che vi sono grosse opportunità per gli storici impiegando gli oggetti e le ambientazioni in 3D, e che essi devono coglierle. Si consideri il fatto che l’estetica abbia un effetto sull’epistemologia. O almeno sulla forma che i risultati delle ricerche storiche assumono nel momento in cui devono essere diffuse. Un’analisi storica fatta in maniera superficiale o con presupposti errati può comunque essere diffusa e avere credito in numerosi ambienti se diffusa con mezzi accattivanti e moderni. Ecco perchè non conviene seppellire un buon lavoro in qualche biblioteca, in attesa che qualcuno lo scopra. Ecco perchè gli storici non devono ignorare il 3D. La nostra capacità, come studiosi e studenti, di percepire idee ed orientamenti importanti dipende spesso dai metodi che impieghiamo per rappresentare i dati e l’evidenza. Perché gli storici possano ottenere il beneficio che il 3D porta con sè, tuttavia, devono sviluppare un’agenda di ricerca volta ad accertarsi che il 3D sostenga i loro obiettivi di ricercatori e insegnanti. Una ricostruzione storica può essere molto utile dal punto di vista educativo non sono da chi la visita ma, anche da chi la realizza. La fase di ricerca necessaria per la ricostruzione non può fare altro che aumentare il background culturale dello sviluppatore. Conclusioni La cosa più importante è stata la possibilità di fare esperienze nell’uso di mezzi di comunicazione di questo genere per raccontare e far conoscere il passato. Rovesciando il paradigma conoscitivo che avevo appreso negli studi umanistici, ho cercato di desumere quelle che potremo chiamare “leggi universali” dai dati oggettivi emersi da questi esperimenti. Da punto di vista epistemologico l’informatica, con la sua capacità di gestire masse impressionanti di dati, dà agli studiosi la possibilità di formulare delle ipotesi e poi accertarle o smentirle tramite ricostruzioni e simulazioni. Il mio lavoro è andato in questa direzione, cercando conoscere e usare strumenti attuali che nel futuro avranno sempre maggiore presenza nella comunicazione (anche scientifica) e che sono i mezzi di comunicazione d’eccellenza per determinate fasce d’età (adolescenti). Volendo spingere all’estremo i termini possiamo dire che la sfida che oggi la cultura visuale pone ai metodi tradizionali del fare storia è la stessa che Erodoto e Tucidide contrapposero ai narratori di miti e leggende. Prima di Erodoto esisteva il mito, che era un mezzo perfettamente adeguato per raccontare e dare significato al passato di una tribù o di una città. In un mondo post letterario la nostra conoscenza del passato sta sottilmente mutando nel momento in cui lo vediamo rappresentato da pixel o quando le informazioni scaturiscono non da sole, ma grazie all’interattività con il mezzo. La nostra capacità come studiosi e studenti di percepire idee ed orientamenti importanti dipende spesso dai metodi che impieghiamo per rappresentare i dati e l’evidenza. Perché gli storici possano ottenere il beneficio sottinteso al 3D, tuttavia, devono sviluppare un’agenda di ricerca volta ad accertarsi che il 3D sostenga i loro obiettivi di ricercatori e insegnanti. Le esperienze raccolte nelle pagine precedenti ci portano a pensare che in un futuro non troppo lontano uno strumento come il computer sarà l’unico mezzo attraverso cui trasmettere conoscenze, e dal punto di vista didattico la sua interattività consente coinvolgimento negli studenti come nessun altro mezzo di comunicazione moderno.
Resumo:
Il rachide è stato suddiviso in tre colonne da Denis: anteriore e centrale comprendono la metà anteriore del corpo vertebrale, la metà posteriore e l’inizio dei peduncoli, mentre la colonna posteriore comprende l’arco e i peduncoli stessi. In caso di resezione o lesione della colonna anteriore e media è indicata la ricostruzione. Diverse tecniche e materiali possono essere usati per ricostruire il corpo vertebrale. Innesti vascolarizzati, autograft, allograft sono stati usati, così come impianti sintetici di titanio o materiale plastico come il PEEK (Poly etere etere ketone). Tutti questi materiali hanno vantaggi e svantaggi in termini di proprietà intrinseche, resistenza meccanica, modulo di elasticità, possibilità di trasmissione malattie, capacità di fondersi con l’osso ospite o meno. Le soluzioni più usate sono le cage in titanio o carbonio, il PMMA ( Poli methil metacrilato), gli innesti ossei massivi. Si è effettuato uno studio di coorte retrospettivo paragonando due gruppi di pazienti oncologici spinali trattati da due chirurghi esperti in un centro di riferimento, con vertebrectomia e ricostruzione della colonna anteriore: un gruppo con cage in carbonio o titanio, l’altro gruppo con allograft massivo armato di innesto autoplastico o mesh in titanio. Si sono confrontati i risultati in termini di cifosi segmenterai evolutiva, fusione ossea e qualità di vita del paziente. Il gruppo delle cage in carbonio / titanio ha avuto risultati leggermente migliori dal punto di vista biomeccanico ma non statisticamente significativo, mentre dal punto di vista della qualità di vita i risultati sono stati migliori nel gruppo allograft. Non ci sono stati fallimenti meccanici della colonna anteriore in entrambi i gruppi, con un Fu tra 12 e 60 mesi. Si sono paragonati anche i costi delle due tecniche. In conclusione l’allogar è una tecnica sicura ed efficace, con proprietà meccaniche solide, soprattutto se armato con autograft o mesi in titanio.
Resumo:
Enterobacteriaceae genomes evolve through mutations, rearrangements and horizontal gene transfer (HGT). The latter evolutionary pathway works through the acquisition DNA (GEI) modules of foreign origin that enhances fitness of the host to a given environment. The genome of E. coli IHE3034, a strain isolated from a case of neonatal meningitis, has recently been sequenced and its subsequent sequence analysis has predicted 18 possible GEIs, of which: 8 have not been previously described, 5 fully meet the pathogenic island definition and at least 10 that seem to be of prophagic origin. In order to study the GEI distribution of our reference strain, we screened for the presence 18 GEIs a panel of 132 strains, representative of E. coli diversity. Also, using an inverse nested PCR approach we identified 9 GEI that can form an extrachromosomal circular intermediate (CI) and their respective attachment sites (att). Further, we set up a qPCR approach that allowed us to determine the excision rates of 5 genomic islands in different growth conditions. Four islands, specific for strains appertaining to the sequence type complex 95 (STC95), have been deleted in order to assess their function in a Dictyostelium discoideum grazing assays. Overall, the distribution data presented here indicate that 16 IHE3034 GEIs are more associated to the STC95 strains. Also the functional and genetic characterization has uncovered that GEI 13, 17 and 19 are involved in the resistance to phagocitation by Dictyostelium d thus suggesting a possible role in the adaptation of the pathogen during certain stages of infection.
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Low-pressure/high-temperature (LP/HT) metamorphic belts are characterised by rocks that experienced abnormal heat flow in shallow crustal levels (T > 600 °C; P < 4 kbar) resulting in anomalous geothermal gradients (60-150 °C/km). The abnormal amount of heat has been related to crustal underplating of mantle-derived basic magmas or to thermal perturbation linked to intrusion of large volumes of granitoids in the intermediate crust. In particular, in this latter context, magmatic or aqueous fluids are able to transport relevant amounts of heat by advection, thus favouring regional LP/HT metamorphism. However, the thermal perturbation consequent to heat released by cooling magmas is responsible also for contact metamorphic effects. A first problem is that time and space relationships between regional LP/HT metamorphism and contact metamorphism are usually unclear. A second problem is related to the high temperature conditions reached at different crustal levels. These, in some cases, can completely erase the previous metamorphic history. Notwithstanding this problem is very marked in lower crustal levels, petrologic and geochronologic studies usually concentrate in these attractive portions of the crust. However, only in the intermediate/upper-crustal levels of a LP/HT metamorphic belt the tectono-metamorphic events preceding the temperature peak, usually not preserved in the lower crustal portions, can be readily unravelled. The Hercynian Orogen of Western Europe is a well-documented example of a continental collision zone with widespread LP/HT metamorphism, intense crustal anatexis and granite magmatism. Owing to the exposure of a nearly continuous cross-section of the Hercynian continental crust, the Sila massif (northern Calabria) represents a favourable area to understand large-scale relationships between granitoids and LP/HT metamorphic rocks, and to discriminate regional LP/HT metamorphic events from contact metamorphic effects. Granulite-facies rocks of the lower crust and greenschist- to amphibolite-facies rocks of the intermediate-upper crust are separated by granitoids emplaced into the intermediate level during the late stages of the Hercynian orogeny. Up to now, advanced petrologic studies have been focused mostly in understanding P-T evolution of deeper crustal levels and magmatic bodies, whereas the metamorphic history of the shallower crustal levels is poorly constrained. The Hercynian upper crust exposed in Sila has been subdivided in two different metamorphic complexes by previous authors: the low- to very low-grade Bocchigliero complex and the greenschist- to amphibolite-facies Mandatoriccio complex. The latter contains favourable mineral assemblages in order to unravel the tectono-metamorphic evolution of the Hercynian upper crust. The Mandatoriccio complex consists mainly of metapelites, meta-arenites, acid metavolcanites and metabasites with rare intercalations of marbles and orthogneisses. Siliciclastic metasediments show a static porphyroblastic growth mainly of biotite, garnet, andalusite, staurolite and muscovite, whereas cordierite and fibrolite are less common. U-Pb ages and internal features of zircons suggest that the protoliths of the Mandatoriccio complex formed in a sedimentary basin filled by Cambrian to Silurian magmatic products as well as by siliciclastic sediments derived from older igneous and metamorphic rocks. In some localities, metamorphic rocks are injected by numerous aplite/pegmatite veins. Small granite bodies are also present and are always associated to spotted schists with large porphyroblasts. They occur along a NW-SE trending transcurrent cataclastic fault zone, which represents the tectonic contact between the Bocchigliero and the Mandatoriccio complexes. This cataclastic fault zone shows evidence of activity at least from middle-Miocene to Recent, indicating that brittle deformation post-dated the Hercynian orogeny. P-T pseudosections show that micaschists and paragneisses of the Mandatoriccio complex followed a clockwise P-T path characterised by four main prograde phases: thickening, peak-pressure condition, decompression and peak-temperature condition. During the thickening phase, garnet blastesis started up with spessartine-rich syntectonic core developed within micaschists and paragneisses. Coevally (340 ± 9.6 Ma), mafic sills and dykes injected the upper crustal volcaniclastic sedimentary sequence of the Mandatoriccio complex. After reaching the peak-pressure condition (≈4 kbar), the upper crust experienced a period of deformation quiescence marked by the static overgrowths of S2 by Almandine-rich-garnet rims and by porphyroblasts of biotite and staurolite. Probably, this metamorphic phase is related to isotherms relaxation after the thickening episode recorder by the Rb/Sr isotopic system (326 ± 6 Ma isochron age). The post-collisional period was mainly characterised by decompression with increasing temperature. This stage is documented by the andalusite+biotite coronas overgrown on staurolite porphyroblasts and represents a critical point of the metamorphic history, since metamorphic rocks begin to record a significant thermal perturbation. Peak-temperature conditions (≈620 °C) were reached at the end of this stage. They are well constrained by some reaction textures and mineral assemblages observed almost exclusively within paragneisses. The later appearance of fibrolitic sillimanite documents a small excursion of the P-T path across the And-Sil boundary due to the heating. Stephanian U-Pb ages of monazite crystals from the paragneiss, can be related to this heating phase. Similar monazite U-Pb ages from the micaschist combined with the lack of fibrolitic sillimanite suggest that, during the same thermal perturbation, micaschists recorded temperatures slightly lower than those reached by paragneisses. The metamorphic history ended with the crystallisation of cordierite mainly at the expense of andalusite. Consequently, the Ms+Bt+St+And+Sill+Crd mineral assemblage observed in the paragneisses is the result of a polyphasic evolution and is characterised by the metastable persistence of the staurolite in the stability fields of the cordierite. Geologic, geochronologic and petrographic data suggest that the thermal peak recorded by the intermediate/upper crust could be strictly connected with the emplacement of large amounts of granitoid magmas in the middle crust. Probably, the lithospheric extension in the relatively heated crust favoured ascent and emplacement of granitoids and further exhumation of metamorphic rocks. After a comparison among the tectono-metamorphic evolutions of the different Hercynian crustal levels exposed in Sila, it is concluded that the intermediate/upper crustal level offers the possibility to reconstruct a more detailed tectono-metamorphic history. The P-T paths proposed for the lower crustal levels probably underestimate the amount of the decompression. Apart from these considerations, the comparative analysis indicates that P-T paths at various crustal levels in the Sila cross section are well compatible with a unique geologic scenario, characterized by post-collisional extensional tectonics and magmas ascent.
Resumo:
Durante il periodo di dottorato, l’attività di ricerca di cui mi sono occupato è stata finalizzata allo sviluppo di metodologie per la diagnostica e l’analisi delle prestazioni di un motore automobilistico. Un primo filone di ricerca è relativo allo sviluppo di strategie per l’identificazione delle mancate combustioni (misfires) in un motore a benzina. La sperimentazione si è svolta nella sala prove della Facoltà di Ingegneria dell’Università di Bologna, nei quali è presente un motore Fiat 1.200 Fire, accoppiato ad un freno a correnti parassite, e comandato da una centralina virtuale, creata mediante un modello Simulink, ed interfacciata al motore tramite una scheda di input/output dSpace. Per quanto riguarda la campagna sperimentale, sono stati realizzati delle prove al banco in diverse condizioni di funzionamento (sia stazionarie, che transitorie), durante le quali sono stati indotti dei misfires, sia singoli che multipli. Durante tali test sono stati registrati i segnali provenienti sia dalla ruota fonica usata per il controllo motore (che, nel caso in esame, era affacciata al volano), sia da quella collegata al freno a correnti parassite. Partendo da tali segnali, ed utilizzando un modello torsionale del sistema motoregiunto-freno, è possibile ottenere una stima sia della coppia motrice erogata dal motore, sia della coppia resistente dissipata dal freno. La prontezza di risposta di tali osservatori è tale da garantirci la possibilità di effettuare una diagnosi misfire. In particolare, si è visto che l’indice meglio correlato ala mancata combustione risultaessere la differenza fra la coppia motrice e la coppia resistente; tale indice risulta inoltre essere quello più semplice da calibrare sperimentalmente, in quanto non dipende dalle caratteristiche del giunto, ma solamente dalle inerzie del sistema. Una seconda attività della quale mi sono occupato è relativa alla stima della coppia indicata in un motore diesel automobilistico. A tale scopo, è stata realizzata una campagna sperimentale presso i laboratori della Magneti Marelli Powertrain (Bologna), nella quale sono state effettuati test in molteplici punti motori, sia in condizioni di funzionamento “nominale”, sia variando artificiosamente alcuni dei fattori di controllo (quali Start of Injection, pressione nel rail e, nei punti ove è stato possibile, tasso di EGR e pressione di sovralimentazione), sia effettuando degli sbilanciamenti di combustibile fra un cilindro e l’altro. Utilizzando il solo segnale proveniente da una ruota fonica posta sul lato motore, e sfruttando un modello torsionale simile a quello utilizzato nella campagna di prove relativa alla diagnosi del misfire, è possibile correlare la componente armonica con frequenza di combustione della velocità all’armonica di pari ordine della coppia indicata; una volta stimata tale componente in frequenza, mediante un’analisi di tipo statistico, è possibile eseguire una stima della coppia indicata erogata dal motore. A completamento dell’algoritmo, sfruttando l’analisi delle altre componenti armoniche presenti nel segnale, è possibile avere una stima dello sbilanciamento di coppia fra i vari cilindri. Per la verifica dei risultati ottenuti, sono stati acquisiti i segnali di pressione provenienti da tutti e quattro i cilindri del motore in esame.
Resumo:
L’uso frequente dei modelli predittivi per l’analisi di sistemi complessi, naturali o artificiali, sta cambiando il tradizionale approccio alle problematiche ambientali e di rischio. Il continuo miglioramento delle capacità di elaborazione dei computer facilita l’utilizzo e la risoluzione di metodi numerici basati su una discretizzazione spazio-temporale che permette una modellizzazione predittiva di sistemi reali complessi, riproducendo l’evoluzione dei loro patterns spaziali ed calcolando il grado di precisione della simulazione. In questa tesi presentiamo una applicazione di differenti metodi predittivi (Geomatico, Reti Neurali, Land Cover Modeler e Dinamica EGO) in un’area test del Petén, Guatemala. Durante gli ultimi decenni questa regione, inclusa nella Riserva di Biosfera Maya, ha conosciuto una rapida crescita demografica ed un’incontrollata pressione sulle sue risorse naturali. L’area test puó essere suddivisa in sotto-regioni caratterizzate da differenti dinamiche di uso del suolo. Comprendere e quantificare queste differenze permette una migliore approssimazione del sistema reale; é inoltre necessario integrare tutti i parametri fisici e socio-economici, per una rappresentazione più completa della complessità dell’impatto antropico. Data l’assenza di informazioni dettagliate sull’area di studio, quasi tutti i dati sono stati ricavati dall’elaborazione di 11 immagini ETM+, TM e SPOT; abbiamo poi realizzato un’analisi multitemporale dei cambi uso del suolo passati e costruito l’input per alimentare i modelli predittivi. I dati del 1998 e 2000 sono stati usati per la fase di calibrazione per simulare i cambiamenti nella copertura terrestre del 2003, scelta come data di riferimento per la validazione dei risultati. Quest’ultima permette di evidenziare le qualità ed i limiti per ogni modello nelle differenti sub-regioni.
Resumo:
Questa tesi riguarda l'analisi delle trasmissioni ad ingranaggi e delle ruote dentate in generale, nell'ottica della minimizzazione delle perdite di energia. È stato messo a punto un modello per il calcolo della energia e del calore dissipati in un riduttore, sia ad assi paralleli sia epicicloidale. Tale modello consente di stimare la temperatura di equilibrio dell'olio al variare delle condizioni di funzionamento. Il calcolo termico è ancora poco diffuso nel progetto di riduttori, ma si è visto essere importante soprattutto per riduttori compatti, come i riduttori epicicloidali, per i quali la massima potenza trasmissibile è solitamente determinata proprio da considerazioni termiche. Il modello è stato implementato in un sistema di calcolo automatizzato, che può essere adattato a varie tipologie di riduttore. Tale sistema di calcolo consente, inoltre, di stimare l'energia dissipata in varie condizioni di lubrificazione ed è stato utilizzato per valutare le differenze tra lubrificazione tradizionale in bagno d'olio e lubrificazione a “carter secco” o a “carter umido”. Il modello è stato applicato al caso particolare di un riduttore ad ingranaggi a due stadi: il primo ad assi paralleli ed il secondo epicicloidale. Nell'ambito di un contratto di ricerca tra il DIEM e la Brevini S.p.A. di Reggio Emilia, sono state condotte prove sperimentali su un prototipo di tale riduttore, prove che hanno consentito di tarare il modello proposto [1]. Un ulteriore campo di indagine è stato lo studio dell’energia dissipata per ingranamento tra due ruote dentate utilizzando modelli che prevedano il calcolo di un coefficiente d'attrito variabile lungo il segmento di contatto. I modelli più comuni, al contrario, si basano su un coefficiente di attrito medio, mentre si può constatare che esso varia sensibilmente durante l’ingranamento. In particolare, non trovando in letteratura come varia il rendimento nel caso di ruote corrette, ci si è concentrati sul valore dell'energia dissipata negli ingranaggi al variare dello spostamento del profilo. Questo studio è riportato in [2]. È stata condotta una ricerca sul funzionamento di attuatori lineari vite-madrevite. Si sono studiati i meccanismi che determinano le condizioni di usura dell'accoppiamento vite-madrevite in attuatori lineari, con particolare riferimento agli aspetti termici del fenomeno. Si è visto, infatti, che la temperatura di contatto tra vite e chiocciola è il parametro più critico nel funzionamento di questi attuatori. Mediante una prova sperimentale, è stata trovata una legge che, data pressione, velocità e fattore di servizio, stima la temperatura di esercizio. Di tale legge sperimentale è stata data un'interpretazione sulla base dei modelli teorici noti. Questo studio è stato condotto nell'ambito di un contratto di ricerca tra il DIEM e la Ognibene Meccanica S.r.l. di Bologna ed è pubblicato in [3].
Resumo:
Benessere delle popolazioni, gestione sostenibile delle risorse, povertà e degrado ambientale sono dei concetti fortemente connessi in un mondo in cui il 20% della popolazione mondiale consuma più del 75% delle risorse naturali. Sin dal 1992 al Summit della Terra a Rio de Janeiro si è affermato il forte legame tra tutela dell’ambiente e riduzione della povertà, ed è anche stata riconosciuta l’importanza di un ecosistema sano per condurre una vita dignitosa, specialmente nelle zone rurali povere dell’Africa, dell’Asia e dell’America Latina. La natura infatti, soprattutto per le popolazioni rurali, rappresenta un bene quotidiano e prezioso, una forma essenziale per la sussistenza ed una fonte primaria di reddito. Accanto a questa constatazione vi è anche la consapevolezza che negli ultimi decenni gli ecosistemi naturali si stanno degradando ad un ritmo impressionate, senza precedenti nella storia della specie umana: consumiamo le risorse più velocemente di quanto la Terra sia capace di rigenerarle e di “metabolizzare” i nostri scarti. Allo stesso modo aumenta la povertà: attualmente ci sono 1,2 miliardi di persone che vivono con meno di un dollaro al giorno, mentre circa metà della popolazione mondiale sopravvive con meno di due dollari al giorno (UN). La connessione tra povertà ed ambiente non dipende solamente dalla scarsità di risorse che rende più difficili le condizioni di vita, ma anche dalla gestione delle stesse risorse naturali. Infatti in molti paesi o luoghi dove le risorse non sono carenti la popolazione più povera non vi ha accesso per motivi politici, economici e sociali. Inoltre se si paragona l’impronta ecologica con una misura riconosciuta dello “sviluppo umano”, l’Indice dello Sviluppo Umano (HDI) delle Nazioni Unite (Cfr. Cap 2), il rapporto dimostra chiaramente che ciò che noi accettiamo generalmente come “alto sviluppo” è molto lontano dal concetto di sviluppo sostenibile accettato universalmente, in quanto i paesi cosiddetti “sviluppati” sono quelli con una maggior impronta ecologica. Se allora lo “sviluppo” mette sotto pressione gli ecosistemi, dal cui benessere dipende direttamente il benessere dell’uomo, allora vuol dire che il concetto di “sviluppo” deve essere rivisitato, perché ha come conseguenza non il benessere del pianeta e delle popolazioni, ma il degrado ambientale e l’accrescimento delle disuguaglianze sociali. Quindi da una parte vi è la “società occidentale”, che promuove l’avanzamento della tecnologia e dell’industrializzazione per la crescita economica, spremendo un ecosistema sempre più stanco ed esausto al fine di ottenere dei benefici solo per una ristretta fetta della popolazione mondiale che segue un modello di vita consumistico degradando l’ambiente e sommergendolo di rifiuti; dall’altra parte ci sono le famiglie di contadini rurali, i “moradores” delle favelas o delle periferie delle grandi metropoli del Sud del Mondo, i senza terra, gli immigrati delle baraccopoli, i “waste pickers” delle periferie di Bombay che sopravvivono raccattando rifiuti, i profughi di guerre fatte per il controllo delle risorse, gli sfollati ambientali, gli eco-rifugiati, che vivono sotto la soglia di povertà, senza accesso alle risorse primarie per la sopravvivenza. La gestione sostenibile dell’ambiente, il produrre reddito dalla valorizzazione diretta dell’ecosistema e l’accesso alle risorse naturali sono tra gli strumenti più efficaci per migliorare le condizioni di vita degli individui, strumenti che possono anche garantire la distribuzione della ricchezza costruendo una società più equa, in quanto le merci ed i servizi dell’ecosistema fungono da beni per le comunità. La corretta gestione dell’ambiente e delle risorse quindi è di estrema importanza per la lotta alla povertà ed in questo caso il ruolo e la responsabilità dei tecnici ambientali è cruciale. Il lavoro di ricerca qui presentato, partendo dall’analisi del problema della gestione delle risorse naturali e dal suo stretto legame con la povertà, rivisitando il concetto tradizionale di “sviluppo” secondo i nuovi filoni di pensiero, vuole suggerire soluzioni e tecnologie per la gestione sostenibile delle risorse naturali che abbiano come obiettivo il benessere delle popolazioni più povere e degli ecosistemi, proponendo inoltre un metodo valutativo per la scelta delle alternative, soluzioni o tecnologie più adeguate al contesto di intervento. Dopo l’analisi dello “stato del Pianeta” (Capitolo 1) e delle risorse, sia a livello globale che a livello regionale, il secondo Capitolo prende in esame il concetto di povertà, di Paese in Via di Sviluppo (PVS), il concetto di “sviluppo sostenibile” e i nuovi filoni di pensiero: dalla teoria della Decrescita, al concetto di Sviluppo Umano. Dalla presa di coscienza dei reali fabbisogni umani, dall’analisi dello stato dell’ambiente, della povertà e delle sue diverse facce nei vari paesi, e dalla presa di coscienza del fallimento dell’economia della crescita (oggi visibile più che mai) si può comprendere che la soluzione per sconfiggere la povertà, il degrado dell’ambiente, e raggiungere lo sviluppo umano, non è il consumismo, la produzione, e nemmeno il trasferimento della tecnologia e l’industrializzazione; ma il “piccolo e bello” (F. Schumacher, 1982), ovvero gli stili di vita semplici, la tutela degli ecosistemi, e a livello tecnologico le “tecnologie appropriate”. Ed è proprio alle Tecnologie Appropriate a cui sono dedicati i Capitoli successivi (Capitolo 4 e Capitolo 5). Queste sono tecnologie semplici, a basso impatto ambientale, a basso costo, facilmente gestibili dalle comunità, tecnologie che permettono alle popolazioni più povere di avere accesso alle risorse naturali. Sono le tecnologie che meglio permettono, grazie alle loro caratteristiche, la tutela dei beni comuni naturali, quindi delle risorse e dell’ambiente, favorendo ed incentivando la partecipazione delle comunità locali e valorizzando i saperi tradizionali, grazie al coinvolgimento di tutti gli attori, al basso costo, alla sostenibilità ambientale, contribuendo all’affermazione dei diritti umani e alla salvaguardia dell’ambiente. Le Tecnologie Appropriate prese in esame sono quelle relative all’approvvigionamento idrico e alla depurazione dell’acqua tra cui: - la raccolta della nebbia, - metodi semplici per la perforazione di pozzi, - pompe a pedali e pompe manuali per l’approvvigionamento idrico, - la raccolta dell’acqua piovana, - il recupero delle sorgenti, - semplici metodi per la depurazione dell’acqua al punto d’uso (filtro in ceramica, filtro a sabbia, filtro in tessuto, disinfezione e distillazione solare). Il quinto Capitolo espone invece le Tecnolocie Appropriate per la gestione dei rifiuti nei PVS, in cui sono descritte: - soluzioni per la raccolta dei rifiuti nei PVS, - soluzioni per lo smaltimento dei rifiuti nei PVS, - semplici tecnologie per il riciclaggio dei rifiuti solidi. Il sesto Capitolo tratta tematiche riguardanti la Cooperazione Internazionale, la Cooperazione Decentrata e i progetti di Sviluppo Umano. Per progetti di sviluppo si intende, nell’ambito della Cooperazione, quei progetti che hanno come obiettivi la lotta alla povertà e il miglioramento delle condizioni di vita delle comunità beneficiarie dei PVS coinvolte nel progetto. All’interno dei progetti di cooperazione e di sviluppo umano gli interventi di tipo ambientale giocano un ruolo importante, visto che, come già detto, la povertà e il benessere delle popolazioni dipende dal benessere degli ecosistemi in cui vivono: favorire la tutela dell’ambiente, garantire l’accesso all’acqua potabile, la corretta gestione dei rifiuti e dei reflui nonché l’approvvigionamento energetico pulito sono aspetti necessari per permettere ad ogni individuo, soprattutto se vive in condizioni di “sviluppo”, di condurre una vita sana e produttiva. È importante quindi, negli interventi di sviluppo umano di carattere tecnico ed ambientale, scegliere soluzioni decentrate che prevedano l’adozione di Tecnologie Appropriate per contribuire a valorizzare l’ambiente e a tutelare la salute della comunità. I Capitoli 7 ed 8 prendono in esame i metodi per la valutazione degli interventi di sviluppo umano. Un altro aspetto fondamentale che rientra nel ruolo dei tecnici infatti è l’utilizzo di un corretto metodo valutativo per la scelta dei progetti possibili che tenga presente tutti gli aspetti, ovvero gli impatti sociali, ambientali, economici e che si cali bene alle realtà svantaggiate come quelle prese in considerazione in questo lavoro; un metodo cioè che consenta una valutazione specifica per i progetti di sviluppo umano e che possa permettere l’individuazione del progetto/intervento tecnologico e ambientale più appropriato ad ogni contesto specifico. Dall’analisi dei vari strumenti valutativi si è scelto di sviluppare un modello per la valutazione degli interventi di carattere ambientale nei progetti di Cooperazione Decentrata basato sull’Analisi Multi Criteria e sulla Analisi Gerarchica. L’oggetto di questa ricerca è stato quindi lo sviluppo di una metodologia, che tramite il supporto matematico e metodologico dell’Analisi Multi Criteria, permetta di valutare l’appropriatezza, la sostenibilità degli interventi di Sviluppo Umano di carattere ambientale, sviluppati all’interno di progetti di Cooperazione Internazionale e di Cooperazione Decentrata attraverso l’utilizzo di Tecnologie Appropriate. Nel Capitolo 9 viene proposta la metodologia, il modello di calcolo e i criteri su cui si basa la valutazione. I successivi capitoli (Capitolo 10 e Capitolo 11) sono invece dedicati alla sperimentazione della metodologia ai diversi casi studio: - “Progetto ambientale sulla gestione dei rifiuti presso i campi Profughi Saharawi”, Algeria, - “Programa 1 milhão de Cisternas, P1MC” e - “Programa Uma Terra e Duas Águas, P1+2”, Semi Arido brasiliano.
Resumo:
Questa tesi affronta lo studio di una tipologia di vibrazione autoeccitata, nota come chatter, che si manifesta nei processi di lavorazione ad asportazione di truciolo ed in particolare nelle lavorazioni di fresatura. La tesi discute inoltre lo sviluppo di una tecnica di monitoraggio e diagnostica del chatter basato sul rilievo di vibrazioni. Il fenomeno del chatter è caratterizzato da violente oscillazioni tra utensile e pezzo in lavorazione ed elevate emissioni acustiche. Il chatter, se non controllato, causa uno scadimento qualitativo della finitura superficiale e delle tolleranze dimensionali del lavorato, una riduzione della vita degli utensili e dei componenti della macchina. Questa vibrazione affligge negativamente la produttività e la qualità del processo di lavorazione e pregiudica l’interazione uomo-macchina-ambiente. Per una data combinazione di macchina, utensile e pezzo lavorato, i fattori che controllano la velocità di asportazione del materiale sono gli stessi che controllano l’insorgenza del chatter: la velocità di rotazione del mandrino, la profondità assiale di passata e la velocità di avanzamento dell’utensile. Per studiare il fenomeno di chatter, con l’obbiettivo di individuare possibili soluzioni per limitarne o controllarne l’insorgenza, vengono proposti in questa tesi alcuni modelli del processo di fresatura. Tali modelli comprendono il modello viscoelastico della macchina fresatrice e il modello delle azioni di taglio. Per le azioni di taglio è stato utilizzato un modello presente in letteratura, mentre per la macchina fresatrice sono stati utilizzato modelli a parametri concentrati e modelli modali analitico-sperimentali. Questi ultimi sono stati ottenuti accoppiando un modello modale sperimentale del telaio, completo di mandrino, della macchina fresatrice con un modello analitico, basato sulla teoria delle travi, dell’utensile. Le equazioni del moto, associate al processo di fresatura, risultano essere equazioni differenziali con ritardo a coefficienti periodici o PDDE (Periodic Delay Diefferential Equations). È stata implementata una procedura numerica per mappare, nello spazio dei parametri di taglio, la stabilità e le caratteristiche spettrali (frequenze caratteristiche della vibrazione di chatter) delle equazioni del moto associate ai modelli del processo di fresatura proposti. Per testare i modelli e le procedure numeriche proposte, una macchina fresatrice CNC 4 assi, di proprietà del Dipartimento di Ingegneria delle Costruzioni Meccaniche Nucleari e Metallurgiche (DIEM) dell’Università di Bologna, è stata strumentata con accelerometri, con una tavola dinamometrica per la misura delle forze di taglio e con un adeguato sistema di acquisizione. Eseguendo varie prove di lavorazione sono stati identificati i coefficienti di pressione di taglio contenuti nel modello delle forze di taglio. Sono stati condotti, a macchina ferma, rilievi di FRFs (Funzioni Risposta in Frequenza) per identificare, tramite tecniche di analisi modale sperimentale, i modelli del solo telaio e della macchina fresatrice completa di utensile. I segnali acquisiti durante le numerose prove di lavorazione eseguite, al variare dei parametri di taglio, sono stati analizzati per valutare la stabilità di ciascun punto di lavoro e le caratteristiche spettrali della vibrazione associata. Questi risultati sono stati confrontati con quelli ottenuti applicando la procedura numerica proposta ai diversi modelli di macchina fresatrice implementati. Sono state individuate le criticità della procedura di modellazione delle macchine fresatrici a parametri concentrati, proposta in letteratura, che portano a previsioni erronee sulla stabilità delle lavorazioni. È stato mostrato come tali criticità vengano solo in parte superate con l’utilizzo dei modelli modali analitico-sperimentali proposti. Sulla base dei risultati ottenuti, è stato proposto un sistema automatico, basato su misure accelerometriche, per diagnosticare, in tempo reale, l’insorgenza del chatter durante una lavorazione. È stato realizzato un prototipo di tale sistema di diagnostica il cui funzionamento è stato provato mediante prove di lavorazione eseguite su due diverse macchine fresatrici CNC.
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Calcolo della superficie curvilinea di scorrimento di un getto di litio in maniera che la pressione lungo il getto vari in maniera lineare. Formulazione di un codice di calcolo per la determinazione delle diverse possibili superfici. Studio termofluidodinamico del getto con codici CFD. Accoppiamento tra codici di sistema e codici CFD. Valutazioni delle condizioni di Incipient Boiling per il litio.