97 resultados para viaggio, traduzione
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La ricerca Portogallo: corporativismo e tradizionalismo cattolico percorre circa mezzo secolo di storia lusitana, dalla fine dell’Ottocento fino ai primi anni Quaranta. Oggetto della tesi le dottrine corporatiste che influenzarono i legislatori dell’Estado Novo, primo tra tutti il capo del Governo, António Oliveira Salazar. Un viaggio dal dibattito corporativo cattolico, filtrato dall’ideologia d’Action française, a quello fascista, cercherà di dimostrare l’assoluta originalità del corporativismo lusitano, che influenzato da entrambi, come avvenne in quasi tutti i paesi, dopo la Prima guerra mondiale, intraprese politiche economico sociali per dare risposte concrete alla crisi economica.
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La tesi ha per oggetto i tre copioni danteschi di Edoardo Sanguineti, Mario Luzi e Giovanni Giudici, traspositori, rispettivamente, di Inferno, Purgatorio e Paradiso, nell’ambito del progetto di drammaturgia della Commedia ideato e commissionato dai Magazzini negli anni 1989-1991. L’analisi dei copioni si basa sulle teorie espresse da Genette in Palinsesti, e si sviluppa come lettura comparativa fra ipotesto (Commedia) e ipertesti (riscritture). Contestualmente, viene approfondito il tema della ricezione di Dante nel Novecento, specie nelle forme della traduzione in immagini, e fornita un'interpretazione − alla luce delle acquisizioni della critica dantesca novecentesca e della narratologia − della duplice natura del poema, materia prima oscillante tra vocazione e resistenza alla trasposizione drammatica.
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Although in Europe and in the USA many studies focus on organic, little is known on the topic in China. This research provides an insight on Shanghai consumers’ perception of organic, aiming at understanding and representing in graphic form the network of mental associations that stems from the organic concept. To acquire, process and aggregate the individual networks it was used the “Brand concept mapping” methodology (Roedder et al., 2006), while the data analysis was carried out also using analytic procedures. The results achieved suggest that organic food is perceived as healthy, safe and costly. Although these attributes are pretty much consistent with the European perception, some relevant differences emerged. First, organic is not necessarily synonymous with natural product in China, also due to a poor translation of the term in the Chinese language that conveys the idea of a manufactured product. Secondly, the organic label has to deal with the competition with the green food label in terms of image and positioning on the market, since they are easily associated and often confused. “Environmental protection” also emerged as relevant association, while the ethical and social values were not mentioned. In conclusion, health care and security concerns are the factors that influence most the food consumption in China (many people are so concerned about food safety that they found it difficult to shop), and the associations “Safe”, “Pure and natural”, “without chemicals” and “healthy” have been identified as the best candidates for leveraging a sound image of organic food .
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La ricerca svolta ha individuato fra i suoi elementi promotori l’orientamento determinato da parte della comunità europea di dare vita e sostegno ad ambiti territoriali intermedi sub nazionali di tipo regionale all’interno dei quali i sistemi di città potessero raggiungere le massime prestazioni tecnologiche per cogliere gli effetti positivi delle innovazioni. L’orientamento europeo si è confrontato con una realtà storica e geografica molto variata in quanto accanto a stati membri, nei quali le gerarchie fra città sono storicamente radicate e funzionalmente differenziate secondo un ordine che vede la città capitale dominante su città subalterne nelle quali la cultura di dominio del territorio non è né continua né gerarchizzata sussistono invece territori nazionali compositi con una città capitale di riconosciuto potere ma con città di minor dimensione che da secoli esprimono una radicata incisività nella organizzazione del territorio di appartenenza. Alla prima tipologia di stati appartengono ad esempio i Paesi del Nord Europa e l’Inghilterra, esprimendo nella Francia una situazione emblematica, alla seconda tipologia appartengono invece i Paesi dell’aera mediterranea, Italia in primis, con la grande eccezione della Germania. Applicando gli intendimenti comunitari alla realtà locale nazionale, questa tesi ha avviato un approfondimento di tipo metodologico e procedurale sulla possibile organizzazione a sistema di una regione fortemente policentrica nel suo sviluppo e “artificiosamente” rinata ad unità, dopo le vicende del XIX secolo: l’Emilia-Romagna. Anche nelle regioni che si presentano come storicamente organizzate sulla pluralità di centri emergenti, il rapporto col territorio è mediato da centri urbani minori che governano il tessuto cellulare delle aggregazioni di servizi di chiara origine agraria. Questo stato di cose comporta a livello politico -istituzionale una dialettica vivace fra territori voluti dalle istituzioni e territori legittimati dal consolidamento delle tradizioni confermato dall’uso attuale. La crescente domanda di capacità di governo dello sviluppo formulata dagli operatori economici locali e sostenuta dalle istituzioni europee si confronta con la scarsa capacità degli enti territoriali attuali: Regioni, Comuni e Province di raggiungere un livello di efficienza sufficiente ad organizzare sistemi di servizi adeguati a sostegno della crescita economica. Nel primo capitolo, dopo un breve approfondimento sulle “figure retoriche comunitarie”, quali il policentrismo, la governance, la coesione territoriale, utilizzate per descrivere questi fenomeni in atto, si analizzano gli strumenti programmatici europei e lo S.S.S.E,. in primis, che recita “Per garantire uno sviluppo regionale equilibrato nella piena integrazione anche nell’economia mondiale, va perseguito un modello di sviluppo policentrico, al fine di impedire un’ulteriore eccessiva concentrazione della forza economica e della popolazione nei territori centrali dell’UE. Solo sviluppando ulteriormente la struttura, relativamente decentrata, degli insediamenti è possibile sfruttare il potenziale economico di tutte le regioni europee.” La tesi si inserisce nella fase storica in cui si tenta di definire quali siano i nuovi territori funzionali e su quali criteri si basa la loro riconoscibilità; nel tentativo di adeguare ad essi, riformandoli, i territori istituzionali. Ai territori funzionali occorre riportare la futura fiscalità, ed è la scala adeguata per l'impostazione della maggior parte delle politiche, tutti aspetti che richiederanno anche la necessità di avere una traduzione in termini di rappresentanza/sanzionabilità politica da parte dei cittadini. Il nuovo governo auspicato dalla Comunità Europea prevede una gestione attraverso Sistemi Locali Territoriali (S.Lo.t.) definiti dalla combinazione di milieu locale e reti di attori che si comportano come un attore collettivo. Infatti il secondo capitolo parte con l’indagare il concetto di “regione funzionale”, definito sulla base della presenza di un nucleo e di una corrispondente area di influenza; che interagisce con altre realtà territoriali in base a relazioni di tipo funzionale, per poi arrivare alla definizione di un Sistema Locale territoriale, modello evoluto di regione funzionale che può essere pensato come una rete locale di soggetti i quali, in funzione degli specifici rapporti che intrattengono fra loro e con le specificità territoriali del milieu locale in cui operano e agiscono, si comportano come un soggetto collettivo. Identificare un sistema territoriale, è una condizione necessaria, ma non sufficiente, per definire qualsiasi forma di pianificazione o governance territoriale, perchè si deve soprattutto tener conto dei processi di integrazione funzionale e di networking che si vengono a generare tra i diversi sistemi urbani e che sono specchio di come il territorio viene realmente fruito., perciò solo un approccio metodologico capace di sfumare e di sovrapporre le diverse perimetrazioni territoriali riesce a definire delle aree sulle quali definire un’azione di governo del territorio. Sin dall’inizio del 2000 il Servizio Sviluppo Territoriale dell’OCSE ha condotto un’indagine per capire come i diversi paesi identificavano empiricamente le regioni funzionali. La stragrande maggioranza dei paesi adotta una definizione di regione funzionale basata sul pendolarismo. I confini delle regioni funzionali sono stati definiti infatti sulla base di “contorni” determinati dai mercati locali del lavoro, a loro volta identificati sulla base di indicatori relativi alla mobilità del lavoro. In Italia, la definizione di area urbana funzionale viene a coincidere di fatto con quella di Sistema Locale del Lavoro (SLL). Il fatto di scegliere dati statistici legati a caratteristiche demografiche è un elemento fondamentale che determina l’ubicazione di alcuni servizi ed attrezzature e una mappa per gli investimenti nel settore sia pubblico che privato. Nell’ambito dei programmi europei aventi come obiettivo lo sviluppo sostenibile ed equilibrato del territorio fatto di aree funzionali in relazione fra loro, uno degli studi di maggior rilievo è stato condotto da ESPON (European Spatial Planning Observation Network) e riguarda l’adeguamento delle politiche alle caratteristiche dei territori d’Europa, creando un sistema permanente di monitoraggio del territorio europeo. Sulla base di tali indicatori vengono costruiti i ranking dei diversi FUA e quelli che presentano punteggi (medi) elevati vengono classificati come MEGA. In questo senso, i MEGA sono FUA/SLL particolarmente performanti. In Italia ve ne sono complessivamente sei, di cui uno nella regione Emilia-Romagna (Bologna). Le FUA sono spazialmente interconnesse ed è possibile sovrapporre le loro aree di influenza. Tuttavia, occorre considerare il fatto che la prossimità spaziale è solo uno degli aspetti di interazione tra le città, l’altro aspetto importante è quello delle reti. Per capire quanto siano policentrici o monocentrici i paesi europei, il Progetto Espon ha esaminato per ogni FUA tre differenti parametri: la grandezza, la posizione ed i collegamenti fra i centri. La fase di analisi della tesi ricostruisce l’evoluzione storica degli strumenti della pianificazione regionale analizzandone gli aspetti organizzativi del livello intermedio, evidenziando motivazioni e criteri adottati nella suddivisione del territorio emilianoromagnolo (i comprensori, i distretti industriali, i sistemi locali del lavoro…). La fase comprensoriale e quella dei distretti, anche se per certi versi effimere, hanno avuto comunque il merito di confermare l’esigenza di avere un forte organismo intermedio di programmazione e pianificazione. Nel 2007 la Regione Emilia Romagna, nell’interpretare le proprie articolazioni territoriali interne, ha adeguato le proprie tecniche analitiche interpretative alle direttive contenute nel Progetto E.S.P.O.N. del 2001, ciò ha permesso di individuare sei S.Lo.T ( Sistemi Territoriali ad alta polarizzazione urbana; Sistemi Urbani Metropolitani; Sistemi Città – Territorio; Sistemi a media polarizzazione urbana; Sistemi a bassa polarizzazione urbana; Reti di centri urbani di piccole dimensioni). Altra linea di lavoro della tesi di dottorato ha riguardato la controriprova empirica degli effettivi confini degli S.Lo.T del PTR 2007 . Dal punto di vista metodologico si è utilizzato lo strumento delle Cluster Analisys per impiegare il singolo comune come polo di partenza dei movimenti per la mia analisi, eliminare inevitabili approssimazioni introdotte dalle perimetrazioni legate agli SLL e soprattutto cogliere al meglio le sfumature dei confini amministrativi dei diversi comuni e province spesso sovrapposti fra loro. La novità è costituita dal fatto che fino al 2001 la regione aveva definito sullo stesso territorio una pluralità di ambiti intermedi non univocamente circoscritti per tutte le funzioni ma definiti secondo un criterio analitico matematico dipendente dall’attività settoriale dominante. In contemporanea col processo di rinnovamento della politica locale in atto nei principali Paesi dell’Europa Comunitaria si va delineando una significativa evoluzione per adeguare le istituzioni pubbliche che in Italia comporta l’attuazione del Titolo V della Costituzione. In tale titolo si disegna un nuovo assetto dei vari livelli Istituzionali, assumendo come criteri di riferimento la semplificazione dell’assetto amministrativo e la razionalizzazione della spesa pubblica complessiva. In questa prospettiva la dimensione provinciale parrebbe essere quella tecnicamente più idonea per il minimo livello di pianificazione territoriale decentrata ma nel contempo la provincia come ente amministrativo intermedio palesa forti carenze motivazionali in quanto l’ente storico di riferimento della pianificazione è il comune e l’ente di gestione delegato dallo stato è la regione: in generale troppo piccolo il comune per fare una programmazione di sviluppo, troppo grande la regione per cogliere gli impulsi alla crescita dei territori e delle realtà locali. Questa considerazione poi deve trovare elementi di compatibilità con la piccola dimensione territoriale delle regioni italiane se confrontate con le regioni europee ed i Laender tedeschi. L'individuazione di criteri oggettivi (funzionali e non formali) per l'individuazione/delimitazione di territori funzionali e lo scambio di prestazioni tra di essi sono la condizione necessaria per superare l'attuale natura opzionale dei processi di cooperazione interistituzionale (tra comuni, ad esempio appartenenti allo stesso territorio funzionale). A questo riguardo molto utile è l'esperienza delle associazioni, ma anche delle unioni di comuni. Le esigenze della pianificazione nel riordino delle istituzioni politico territoriali decentrate, costituiscono il punto finale della ricerca svolta, che vede confermato il livello intermedio come ottimale per la pianificazione. Tale livello è da intendere come dimensione geografica di riferimento e non come ambito di decisioni amministrative, di governance e potrebbe essere validamente gestito attraverso un’agenzia privato-pubblica dello sviluppo, alla quale affidare la formulazione del piano e la sua gestione. E perché ciò avvenga è necessario che il piano regionale formulato da organi politici autonomi, coordinati dall’attività dello stato abbia caratteri definiti e fattibilità economico concreta.
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L’argomento affrontato nel presente lavoro di tesi dal titolo “Come tradurre il metadiscorso letterario. Esempi di scrittura femminile nell’Ottocento austriaco” è la versione interlinguistica di testi saggistici afferenti all’ambito del metadiscorso letterario. Nello specifico, non vengono analizzati testi di critica e/o metodologia ma scritti funzionali, di forte carattere pragmatico, che pur tuttavia rientrano tra le testimonianze di alta caratura letteraria, perché dovuti ad autrici che hanno fatto dell’espressione estetica la propria finalità primaria. I materiali scelti per l’analisi linguistico-testuale, compresi in un arco temporale tra la fine del Settecento e la metà dell’Ottocento, sono realizzati da donne che hanno operato in ambito teatrale facendo dell’attività di scrittura lo strumento della propria emancipazione intellettuale ed economica. La necessità di trovare una via alla pubblicazione le ha indotte a strategie di scrittura connotate da particolari stilemi e artifici retorici atti a favorire l’accettazione e la diffusione delle proposte editoriali di cui questi “paratesti” costituivano il momento giustificante. Il “lavoro di penna” è un’esperienza che viene ad assumere molteplici contorni, non privi di ricadute al momento della scelta delle strategie traduttive. Dal punto di vista formale, le testimonianze si collocano in una zona di modalità espressiva contigua alla testimonianza autobiografica. Il periodo storico e l’area di provenienza delle autrici hanno reso necessario un approccio capace di incrociare il piano diacronico con la dimensione diatopica, rendendo conto delle componenti diamesiche di una scrittura che nasce dal teatro per il teatro e ad esso e ai suoi frequentatori deve rapportarsi. Il modello traduttologico applicato ricava le sue linee fondamentali dalle riflessioni della linguistica testuale e dall’approccio integrato/multidisciplinare della “prototipologia dinamica”.
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Il presente lavoro affronta il problema della traduzione dei termini culturo-specifici nella letteratura contemporanea di lingua tedesca ambientata nella DDR. L’analisi della produzione narrativa della Wendeliteratur consente di osservare come il lessico e le espressioni tipiche della DDR vengano utilizzati nelle opere letterarie in funzione citazionale per denotare e connotare la realtà della Germania dell’Est. Attraverso un approccio integrato che coniuga i contributi teorici degli studi sulla traduzione con gli aspetti della pratica traduttiva il lavoro indaga il tema dei realia attraverso una presentazione delle ricerche esistenti, propone una classificazione specifica per i realia della DDR e procede a una ricognizione delle strategie e dei procedimenti traduttivi concreti, che consente di evidenziare le diverse scelte adottate dai traduttori. Attraverso un’analisi ermeneutica dei testi e lo strumento dell’isotopia come indicatore di coerenza le traduzioni italiane delle opere della Wendeliteratur sono oggetto di un’analisi critica. I risultati dell’analisi vengono infine utilizzati come riferimento per la traduzione dei realia nel racconto di F.C. Delius, Die Birnen von Ribbeck.
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Il carcinoma epatocellulare (HCC) è il più frequente tumore maligno del fegato e rappresenta il sesto tipo di tumore più comune nel mondo. Spesso i pazienti con HCC vengono diagnosticati a stadi piuttosto avanzati, quando le uniche opzioni terapeutiche in grado di migliorarne la sopravvivenza sono la chemoembolizzazione dell'arteria epatica ed il trattamento con l'inibitore multi-cinasico, Sorafenib. In questo contesto, la scoperta del ruolo centrale dei microRNA (miRNA) nella tumorigenesi umana risulta di fondamentale importanza per lo sviluppo di nuovi marcatori diagnostici e bersagli terapeutici. I microRNA (miRNA) sono delle piccole molecole di RNA non codificante, della lunghezza di 19-22 nucleotidi, filogeneticamente molto conservati, ed esercitano un ruolo cruciale nella regolazione di importanti processi fisiologici, quali sviluppo, proliferazione, differenziamento, apoptosi e risposta a numerosi segnali extracellulari e di stress. I miRNA sono inoltre responsabile della fine regolazione dell'espressione di centinaia di geni bersaglio attraverso il blocco della traduzione o la degradazione dell'mRNA target. Studi di profiling hanno evidenziato l'espressione aberrante di specifici miRNA in numerosi tipi di tumore umano. Lo scopo del presente lavoro è stato quello di individuare un pannello di miRNA deregolati nell'epatocarcinoma umano e di caratterizzare il ruolo biologico di tre miRNA deregolati nell'HCC, al fine di individuare alcuni dei meccanismi molecolari alla base della trasformazione maligna miRNA-associata. La nostra ricerca è stata inoltre focalizzata nell'individuazione di nuovi bersagli e strumenti terapeutici, quali i microRNA, per il trattamento combinato di HCC in stadio intermedio-avanzato.
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Il progetto di tesi dottorale qui presentato intende proporsi come il proseguimento e l’approfondimento del progetto di ricerca - svoltosi tra il e il 2006 e il 2008 grazie alla collaborazione tra l’Università di Bologna, la Cineteca del Comune e dalla Fondazione Istituto Gramsci Emilia-Romagna - dal titolo Analisi e catalogazione dell’Archivio audiovisivo del PCI dell’Emilia-Romagna di proprietà dell’Istituto Gramsci. La ricerca ha indagato la menzionata collezione che costituiva, in un arco temporale che va dagli anni Cinquanta agli anni Ottanta, una sorta di cineteca interna alla Federazione del Partito Comunista Italiano di Bologna, gestita da un gruppo di volontari denominato “Gruppo Audiovisivi della Federazione del PCI”. Il fondo, entrato in possesso dell’Istituto Gramsci nel 1993, è composto, oltre che da documenti cartacei, anche e sopratutto da un nutrito numero di film e documentari in grado di raccontare sia la storia dell’associazione (in particolare, delle sue relazioni con le sezioni e i circoli della regione) sia, in una prospettiva più ampia, di ricostruire il particolare rapporto che la sede centrale del partito intratteneva con una delle sue cellule regionali più importanti e rappresentative. Il lavoro svolto sul fondo Gramsci ha suscitato una serie di riflessioni che hanno costituito la base per il progetto della ricerca presentata in queste pagine: prima fra tutte, l’idea di realizzare un censimento, da effettuarsi su base regionale, per verificare quali e quanti audiovisivi di propaganda comunista fossero ancora conservati sul territorio. La ricerca, i cui esiti sono consultabili nell’appendice di questo scritto, si è concentrata prevalentemente sugli archivi e sui principali istituti di ricerca dell’Emilia-Romagna: sono questi i luoghi in cui, di fatto, le federazioni e le sezioni del PCI depositarono (o alle quali donarono) le proprie realizzazioni o le proprie collezioni audiovisive al momento della loro chiusura. Il risultato dell’indagine è un nutrito gruppo di film e documentari, registrati sui supporti più diversi e dalle provenienze più disparate: produzioni locali, regionali, nazionali (inviati dalla sede centrale del partito e dalle istituzioni addette alla propaganda), si mescolano a pellicole provenienti dall’estero - testimoni della rete di contatti, in particolare con i paesi comunisti, che il PCI aveva intessuto nel tempo - e a documenti realizzati all’interno dell’articolato contesto associazionistico italiano, composto sia da organizzazioni nazionali ben strutturate sul territorio 8 sia da entità più sporadiche, nate sull’onda di particolari avvenimenti di natura politica e sociale (per esempio i movimenti giovanili e studenteschi sorti durante il ’68). L’incontro con questa tipologia di documenti - così ricchi di informazioni differenti e capaci, per loro stessa natura, di offrire stimoli e spunti di ricerca assolutamente variegati - ha fatto sorgere una serie di domande di diversa natura, che fanno riferimento non solo all’audiovisivo in quanto tale (inteso in termini di contenuti, modalità espressive e narrative, contesto di produzione) ma anche e soprattutto alla natura e alle potenzialità dell’oggetto indagato, concepito in questo caso come una fonte. In altri termini, la raccolta e la catalogazione del materiale, insieme alle ricerche volte a ricostruirne le modalità produttive, gli argomenti, i tratti ricorrenti nell’ambito della comunicazione propagandistica, ha dato adito a una riflessione di carattere più generale, che guarda al rapporto tra mezzo cinematografico e storiografia e, più in dettaglio, all’utilizzo dell’immagine filmica come fonte per la ricerca. Il tutto inserito nel contesto della nostra epoca e, più in particolare, delle possibilità offerte dai mezzi di comunicazione contemporanei. Di fatti, il percorso di riflessione compiuto in queste pagine intende concludersi con una disamina del rapporto tra cinema e storia alla luce delle novità introdotte dalla tecnologia moderna, basata sui concetti chiave di riuso e di intermedialità. Processi di integrazione e rielaborazione mediale capaci di fornire nuove potenzialità anche ai documenti audiovisivi oggetto dei questa analisi: sia per ciò che riguarda il loro utilizzo come fonte storica, sia per quanto concerne un loro impiego nella didattica e nell’insegnamento - nel rispetto della necessaria interdisciplinarietà richiesta nell’utilizzo di questi documenti - all’interno di una più generale rivoluzione mediale che mette in discussione anche il classico concetto di “archivio”, di “fonte” e di “documento”. Nel tentativo di bilanciare i differenti aspetti che questa ricerca intende prendere in esame, la struttura del volume è stata pensata, in termini generali, come ad un percorso suddiviso in tre tappe: la prima, che guarda al passato, quando gli audiovisivi oggetto della ricerca vennero prodotti e distribuiti; una seconda sezione, che fa riferimento all’oggi, momento della riflessione e dell’analisi; per concludere in una terza area, dedicata alla disamina delle potenzialità di questi documenti alla luce delle nuove tecnologie multimediali. Un viaggio che è anche il percorso “ideale” condotto dal ricercatore: dalla scoperta all’analisi, fino alla rimessa in circolo (anche sotto un’altra forma) degli oggetti indagati, all’interno di un altrettanto ideale universo culturale capace di valorizzare qualsiasi tipo di fonte e documento. All’interno di questa struttura generale, la ricerca è stata compiuta cercando di conciliare diversi piani d’analisi, necessari per un adeguato studio dei documenti rintracciati i quali, come si è detto, si presentano estremamente articolati e sfaccettati. 9 Dal punto di vista dei contenuti, infatti, il corpus documentale presenta praticamente tutta la storia italiana del tentennio considerato: non solo storia del Partito Comunista e delle sue campagne di propaganda, ma anche storia sociale, culturale ed economica, in un percorso di crescita e di evoluzione che, dagli anni Cinquanta, portò la nazione ad assumere lo status di paese moderno. In secondo luogo, questi documenti audiovisivi sono prodotti di propaganda realizzati da un partito politico con il preciso scopo di convincere e coinvolgere le masse (degli iscritti e non). Osservarne le modalità produttive, il contesto di realizzazione e le dinamiche culturali interne alla compagine oggetto della ricerca assume un valore centrale per comprendere al meglio la natura dei documenti stessi. I quali, in ultima istanza, sono anche e soprattutto dei film, realizzati in un preciso contesto storico, che è anche storia della settima arte: più in particolare, di quella cinematografia che si propone come “alternativa” al circuito commerciale, strettamente collegata a quella “cultura di sinistra” sulla quale il PCI (almeno fino alla fine degli anni Sessanta) poté godere di un dominio incontrastato. Nel tentativo di condurre una ricerca che tenesse conto di questi differenti aspetti, il lavoro è stato suddiviso in tre sezioni distinte. La prima (che comprende i capitoli 1 e 2) sarà interamente dedicata alla ricostruzione del panorama storico all’interno del quale questi audiovisivi nacquero e vennero distribuiti. Una ricostruzione che intende osservare, in parallelo, i principali eventi della storia nazionale (siano essi di natura politica, sociale ed economica), la storia interna del Partito Comunista e, non da ultimo, la storia della cinematografia nazionale (interna ed esterna al partito). Questo non solo per fornire il contesto adeguato all’interno del quale inserire i documenti osservati, ma anche per spiegarne i contenuti: questi audiovisivi, infatti, non solo sono testimoni degli eventi salienti della storia politica nazionale, ma raccontano anche delle crisi e dei “boom” economici; della vita quotidiana della popolazione e dei suoi problemi, dell’emigrazione, della sanità e della speculazione edilizia; delle rivendicazioni sociali, del movimento delle donne, delle lotte dei giovani sessantottini. C’è, all’interno di questi materiali, tutta la storia del paese, che è contesto di produzione ma anche soggetto del racconto. Un racconto che, una volta spiegato nei contenuti, va indagato nella forma. In questo senso, il terzo capitolo di questo scritto si concentrerà sul concetto di “propaganda” e nella sua verifica pratica attraverso l’analisi dei documenti reperiti. Si cercherà quindi di realizzare una mappatura dei temi portanti della comunicazione politica comunista osservata nel suo evolversi e, in secondo luogo, di analizzare come questi stessi temi-chiave vengano di volta in volta declinati e 10 rappresentati tramite le immagini in movimento. L’alterità positiva del partito - concetto cardine che rappresenta il nucleo ideologico fondante la struttura stessa del Partito Comunista Italiano - verrà quindi osservato nelle sue variegate forme di rappresentazione, nel suo incarnare, di volta in volta, a seconda dei temi e degli argomenti rilevanti, la possibilità della pace; il buongoverno; la verità (contro la menzogna democristiana); la libertà (contro il bigottismo cattolico); la possibilità di un generale cambiamento. La realizzazione di alcuni percorsi d’analisi tra le pellicole reperite presso gli archivi della regione viene proposto, in questa sede, come l’ideale conclusione di un excursus storico che, all’interno dei capitoli precedenti, ha preso in considerazione la storia della cinematografia nazionale (in particolare del contesto produttivo alternativo a quello commerciale) e, in parallelo, l’analisi della produzione audiovisiva interna al PCI, dove si sono voluti osservare non solo gli enti e le istituzioni che internamente al partito si occupavano della cultura e della propaganda - in una distinzione terminologica non solo formale - ma anche le reti di relazioni e i contatti con il contesto cinematografico di cui si è detto. L’intenzione è duplice: da un lato, per inserire la storia del PCI e dei suoi prodotti di propaganda in un contesto socio-culturale reale, senza considerare queste produzioni - così come la vita stessa del partito - come avulsa da una realtà con la quale necessariamente entrava in contatto; in secondo luogo, per portare avanti un altro tipo di discorso, di carattere più speculativo, esplicitato all’interno del quarto capitolo. Ciò che si è voluto indagare, di fatto, non è solo la natura e i contenti di questi documenti audiovisivi, ma anche il loro ruolo nel sistema di comunicazione e di propaganda di partito, dove quest’ultima è identificata come il punto di contatto tra l’intellighenzia comunista (la cultura alta, legittima) e la cultura popolare (in termini gramsciani, subalterna). Il PCI, in questi termini, viene osservato come un microcosmo in grado di ripropone su scala ridotta le dinamiche e le problematiche tipiche della società moderna. L’analisi della storia della sua relazione con la società (cfr. capitolo 2) viene qui letta alla luce di alcune delle principali teorie della storia del consumi e delle interpretazioni circa l’avvento della società di massa. Lo scopo ultimo è quello di verificare se, con l’affermazione dell’industria culturale moderna si sia effettivamente verificata la rottura delle tradizionali divisioni di classe, della classica distinzione tra cultura alta e bassa, se esiste realmente una zona intermedia - nel caso del partito, identificata nella propaganda - in cui si attui concretamente questo rimescolamento, in cui si realizzi realmente la nascita di una “terza cultura” effettivamente nuova e dal carattere comunitario. Il quinto e ultimo capitolo di questo scritto fa invece riferimento a un altro ordine di problemi e argomenti, di cui in parte si è già detto. La ricerca, in questo caso, si è indirizzata verso una 11 riflessione circa l’oggetto stesso dello studio: l’audiovisivo come fonte. La rassegna delle diverse problematiche scaturite dal rapporto tra cinema e storia è corredata dall’analisi delle principali teorie che hanno permesso l’evoluzione di questa relazione, evidenziando di volta in volta le diverse potenzialità che essa può esprimere le sue possibilità d’impiego all’interno di ambiti di ricerca differenti. Il capitolo si completa con una panoramica circa le attuali possibilità di impiego e di riuso di queste fonti: la rassegna e l’analisi dei portali on-line aperti dai principali archivi storici nazionali (e la relativa messa a disposizione dei documenti); il progetto per la creazione di un “museo multimediale del lavoro” e, a seguire, il progetto didattico dei Learning Objects intendono fornire degli spunti per un futuro, possibile utilizzo di questi documenti audiovisivi, di cui questo scritto ha voluto porre in rilievo il valore e le numerose potenzialità.
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Con questa tesi abbiamo messo a punto una metodologia per l'applicazione del "corpus-based approach" allo studio dell'interpretazione simultanea, creando DIRSI-C, un corpus elettronico parallelo (italiano-inglese) e allineato di trascrizioni di registrazioni tratte da convegni medici, mediati da interpreti simultaneisti. Poiché gli interpreti professionisti coinvolti hanno lavorato dalla lingua straniera alla loro lingua materna e viceversa, il fattore direzionalità è il parametro di analisi delle prestazioni degli interpreti secondo i metodi di indagine della linguistica dei corpora. In this doctoral thesis a methodology was developed to fully apply the corpus-based approach to simultaneous interpreting research. DIRSI-C is a parallel (Italian-English/English-Italian) and aligned electronic corpus, containing transcripts of recorded medical international conferences with professional simultaneous interpreters working both from and into their foreign language. Against this backdrop, directionality represents the research parameter used to analyze interpreters' performance by means of corpus linguistics tools.
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La tesi si occupa della traduzione di Measure for Measure di Shakespeare scritta da Cesare Garboli e pubblicata nel 1992 con Einaudi nella collana «Scrittori tradotti da scrittori». La traduzione fu concepita per il Teatro Stabile di Torino diretto da Luca Ronconi, che debuttò al teatro Carignano nel 1992 e venne successivamente ripresa, con alcune varianti, dalla compagnia di Carlo Cecchi nel 1998, per una nuova messinscena al teatro Garibaldi di Palermo. A partire dagli esiti più recenti dei Translation Studies, il lavoro sviluppa uno studio comparato, dal punto di vista linguistico e sotto il profilo ermeneutico, fra la traduzione di Garboli, il testo originale nelle due edizioni Arden e Cambridge e le traduzioni italiane di Measure for Measure pubblicate nel Novecento. La parte finale della tesi è dedicata alle messinscene a Torino e a Palermo: un confronto per evidenziare gli elementi che in entrambe appartengono alla strutturazione del testo tradotto e i caratteri specifici degli universi di finzione raffigurati dai due registi.
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Abstract This dissertation investigates the notion of equivalence with particular reference to lexical cohesion in the translation of political speeches. Lexical cohesion poses a particular challenge to the translators of political speeches and thus preserving lexical cohesion elements as one of the major elements of cohesion is undoubtedly crucial to their translation equivalence. We rely on Halliday’s (1994) classification of lexical cohesion which comprises: repetition, synonymy, antonymy, meronymy and hyponymy. Other traditional models of lexical cohesion are examined. We include Grammatical Parallelism for its role in creating textual semantic unity which is what cohesion is all about. The study shed light on the function of lexical cohesion elements as rhetorical device. The study also deals with lexical problems resulting from the transfer of lexical cohesion elements from the SL into the TL, which is often beset by many problems that most often result from the differences between languages. Three key issues are identified as being fundamental to equivalence and lexical cohesion in the translation of political speeches: sociosemiotic approach, register analysis, rhetoric, and poetic function. The study also investigates the lexical cohesion elements in the translation of political speeches from English into Arabic, Italian and French in relation to ideology, and its control, through bias and distortion. The findings are discussed, implications examined and topics for further research suggested.
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Abstract The academic environment has recently recognized the importance and benefits that an extensive research on the translation of advertising can have for translation studies. Despite the growing interest and increasing research activity in the field it is still difficult to speak about a theory of advertising translation in general. There is a need for further study encompassing different languages and both heterogeneous and homogenous cultures that will give the possibility to receive a more complete map of what the translation of advertising is and should be. Previous studies have been concentrated, for the most part, on Western European language pairs. This study is a research into perfume and cosmetics print advertisements translated from English into Russian where both visual and verbal elements are considered. Three broad translation approaches have been identified in what concerns the verbal message: Translated message, parallel translation, recreated adverts, and three approaches in dealing with the image: similar images, modified images, completely different images. The thesis shows that where Russian advertisements for perfume products tend to have a message, or create one, this is often lacking in the English copy. The article ends by suggesting that perfume advertisements favor the standardization approach when entering Russian market. The attempts to localize the advert have also been noticed although they are obviously less numerous in perfume adverts and are rather instances of adaptation - a mix between the localization and standardization approaches since they keep drawing on the same globally accepted universals about female beauty and concern for ‘woman’s identity’ (we focused our analysis on products designed for female consumers). This study, complementing previous studies, aims to be a contribution to the description of laws and strategies that guide the translation of advertising texts into Russian.