147 resultados para DIDATTICA DELLA LINGUA ITALIANA,15317,Scienze della Formazione,0013,Scienze della formazione primaria,1313,ESAME INTEGRATO DI LINGUISTICA ITALIANA - DIDATTICA DELLA LINGUA ITALIANA (II MODULO),22123,SCUOLA ELEMENTARE,253,MAIOR DELLA MATEMATICA E DELLE SCIENZE SPERIMENTALI,231,2007,3


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Il lavoro svolto nel corso del mio dottorato ha avuto per oggetto lo studio dell’ inibizione della glicolisi aerobia (il principale processo metabolico utilizzato dalle cellule neoplastiche per produrre energia) ottenuta mediante il blocco dell’enzima lattato deidrogenasi (LDH). La mia attività si è concentrata sulla possibilità di utilizzare questo approccio allo scopo di migliorare l’efficacia della terapia antitumorale, valutandone gli effetti su colture di carcinoma epatocellulare umano Inizialmente, per valutare gli effetti della inibizione della LDH, è stato usato l’acido ossamico ( OXA). Questo composto è l’unico inibitore noto specifico per LDH ; è una molecola non tossica in vivo, ma attiva a concentrazioni troppo elevate per consentirne un uso terapeutico. Un importante risultato ottenuto è stata la dimostrazione che l’ inibizione della LDH ottenuta con OXA non è solo in grado di innescare una risposta di morte nelle cellule trattate, ma, associata alla somministrazione di sorafenib, aumenta fortemente l’efficacia di questo farmaco, determinando un effetto di sinergismo. Questo forte effetto di potenziamento dell’azione del farmaco è stato spiegato con la dimostrazione che il sorafenib ha la capacità di inibire il consumo di ossigeno delle cellule trattate, rendendole più dipendenti dalla glicolisi. Grazie alla collaborazione con il Dipartimento di Scienze Farmaceutiche il nostro gruppo di ricerca è arrivato alla identificazione di un composto (galloflavina) che inibisce la LDH con una efficienza molto maggiore di OXA. I risultati preliminari ottenuti sulle cellule di epatocarcinoma suggeriscono che la galloflavina potrebbe essere un composto promettente nel campo degli inibitori metabolici tumorali e inducono a una sua valutazione più approfondita come potenziale farmaco antineoplastico.

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Self-assembly relies on the association of pre-programmed building blocks through non-covalent interactions to give complex supramolecular architectures. Previous studies provided evidence for the unique self-assembly properties of semi-synthetic lipophilic guanosine derivatives which can sequestrate ions from an aqueous phase, carry them into an organic phase where they promote the generation of well-defined supramolecular assemblies. In the presence of cations lipophilic guanosines form columnar aggregates while in their absence they generate supramolecular ribbons. The aim of this thesis has been the synthesis of guanine derivatives, in particular N9-alkylated guanines and a guanosine functionalized as a perchlorotriphenylmetil moiety (Gace-a-HPTM) in order to observe their supramolecular behaviour in the absence of sugar (ribose or deoxyribose) and in the presence of a bulky and chiral substituent respectively. By using guanine instead of guanosine, while maintaining all the hydrogen bond acceptor and donor groups required for supramolecular aggregation, the steric hindrance to supramolecular aggregation is notably reduced because (i.e. guanines with groups in N9 different from sugar are expected to have a greatest conformational freedom even in presence of bulky groups in C8). Supramolecular self-assembly of these derivatives has been accomplished in solutions by NMR and CD spectroscopy and on surface by STM technique. In analogy with other guanosine derivatives, also N9-substituted guanines and GAceHPTM form either ribbon-like aggregates or cation-templated G-quartet based columnar structures.

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Scopo della tesi è verificare se i pazienti affetti da psoriasi puramente ungueale sviluppano psoriasi artropatica e se esistono parametri clinici che possano permettere di predire lo sviluppo del danno articolare. Viene inoltre valutato l'impatto che la psoriasi ungueale, associata alla psoriasi artropatica, determina sulla qualità di vita dei nostri pazienti. L'artrite psoriasica è spesso associata a psoriasi ungueale, che è più frequente nei pazienti con artrite psoriasica rispetto ai pazienti con psoriasi cutanea. Vi è una stretta relazione funzionale tra l'unghia e l'articolazione interfalangea distale, i tendini e i legamenti: lo sviluppo di entesite della falange distale è infatti associato ad una infiammazione dell'apparato ungueale. Riportiamo i dati preliminari emersi dal nostro studio pilota, che conferma come siano necessari e doverosi ulteriori studi su popolazioni più ampie per determinare la relazione che sussiste fra psoriasi ungueale e psoriasi artropatica

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Solo il 60% dei candidati alla resincronizzazione cardiaca risponde in termini di rimodellamento ventricolare inverso che è il più forte predittore di riduzione della mortalità e delle ospedalizzazioni. Due cause possibili della mancata risposta sono la programmazione del dispositivo e i limiti dell’ approccio transvenoso. Nel corso degli anni di dottorato ho effettuato tre studi per ridurre il numero di non responder. Il primo studio valuta il ritardo interventricolare. Al fine di ottimizzare le risorse e fornire un reale beneficio per il paziente ho ricercato la presenza di predittori di ritardo interventricolare diverso dal simultaneo, impostato nella programmazione di base. L'unico predittore è risultato essere l’ intervallo QRS> 160 ms, quindi ho proposto una flow chart per ottimizzare solo i pazienti che avranno nella programmazione ottimale un intervallo interventricolare non simultaneo. Il secondo lavoro valuta la fissazione attiva del ventricolo sinistro con stent. I dislocamenti, la soglia alta di stimolazione del miocardio e la stimolazione del nervo frenico sono tre problematiche che limitano la stimolazione biventricolare. Abbiamo analizzato più di 200 angiografie per vedere le condizioni anatomiche predisponenti la dislocazione del catetere. Prospetticamente abbiamo deciso di utilizzare uno stent per fissare attivamente il catetere ventricolare sinistro in tutti i pazienti che presentavano le caratteristiche anatomiche favorenti la dislocazione. Non ci sono più state dislocazioni, c’è stata una migliore risposta in termini di rimodellamento ventricolare inverso e non ci sono state modifiche dei parametri elettrici del catetere. Il terzo lavoro ha valutato sicurezza ed efficacia della stimolazione endoventricolare sinistra. Abbiamo impiantato 26 pazienti giudicati non responder alla terapia di resincronizzazione cardiaca. La procedura è risultata sicura, il rischio di complicanze è simile alla stimolazione biventricolare classica, ed efficace nell’arrestare la disfunzione ventricolare sinistra e / o migliorare gli effetti clinici in un follow-up medio.

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Lo scopo del progetto triennale del dottorato di ricerca è lo studio delle alterazioni genetiche in un gruppo di pazienti affetti da micosi fungoide ed un gruppo di pazienti affetti da sindrome di Sezary. Dalle biopsie cutanee è stato estratto il DNA e analizzato, comparandolo con DNA sano di riferimento, utilizzando la tecnica array-CGH, allo scopo di identificare la presenza di geni potenzialmente implicati nel processo di oncogenesi. Questa analisi è stata eseguita, per ogni paziente, su biopsie effettuate ad una fase iniziale di malattia e ad una fase di progressione della stessa. Sugli stessi pazienti è stata inoltre eseguita un’analisi miRNA. Si ipotizza che il profilo d’espressione dei miRNA possa infatti dare informazioni utili per predire lo stato di malattia, il decorso clinico, la progressione tumorale e la riposta terapeutica. Questo lavoro è stato poi eseguito su biopsie effettuate in pazienti affetti da sindrome di Sezary che, quando non insorge primitivamente come tale, si può considerare una fase evolutiva della micosi fungoide. La valutazione delle alterazioni genetiche, ed in particolare la correlazione esistente tra duplicazione e delezione genetica e sovra/sottoespressione genetica, è stata possibile attraverso l’interpretazione e la comparazione dei dati ottenuti attraverso le tecniche array-CGH e miRNA. Sono stati comparati i risultati ottenuti per valutare quali fossero le alterazioni cromosomiche riscontrate nei diversi stadi di malattia. L’applicazione dell’array-CGH e della metodica di analisi mi-RNA si sono rivelate molto utili per l’identificazione delle diverse aberrazioni cromosomiche presenti nel genoma dei pazienti affetti da micosi fungoide e sindrome di Sezary, per valutare la prognosi del paziente e per cercare di migliorare o trovare nuove linee terapeutiche per il trattamento delle due patologie. Lo studio di questi profili può rappresentare quindi uno strumento di grande importanza nella classificazione e nella diagnosi dei tumori.

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La presente ricerca affronta lo studio della formazione delle realtà urbane nell'area dell'antico Ager Gallicus, grossomodo corrispondente all'attuale territorio delle Marche settentrionali. Nel quadro della colonizzazione romana il fenomeno urbano rappresenta, infatti, l'elemento cardine nell'organizzazione di un territorio. Per tale ragione, si è scelto di condurre un lavoro finalizzato alla comprensione dei tempi e dei modi che portarono alla formazione dei municipi e delle colonie nella strutturazione romana del territorio, cercando anche di comprendere le scelte insediative alla base delle singole forme strutturali. L'analisi della genesi e dello sviluppo del fenomeno urbano nell'ager Gallicus ha come obiettivo ultimo l'approfondimento della conoscenza sulla colonizzazione e romanizzazione in area medio adriatica. La ricerca si articola in: uno stato dell'arte delle più recenti interpretazioni storiografiche; una sintesi sulle cosiddette “forme della conquista” (frequentazioni “precoloniali”, realtà santuariali, fondazioni coloniarie, realtà proto-urbane legate all'agro); una dettagliata e aggiornata schedatura storico-archeologica e urbanistico-topografica delle singole realtà urbane dell'ager Gallicus (le colonie di Sena Gallica, Pisaurum, Fanum Fortunae e Aesis, e i municipi di Forum Sempronii, Suasa e Ostra, e Sentinum); una parte conclusiva dove, mettendo a confronto gli elementi alla base della definizione urbana delle realtà esaminate, vengono delineati e sintetizzati i principali modelli di formazione delle città nell'ager Gallicus così individuati (fondazione coloniaria; fondazione coloniaria preceduta da una fase precoloniale nella forma di conciliabulum; nucleo di aggregazione precedente (conciliabulum) scelto quale polo di riferimento del popolamento sparso nel territorio al momento delle distribuzioni viritane; centro di servizio creato in funzione di assegnazioni di terre ai coloni). Infine, viene tracciato un quadro complessivo della romanizzazione dell'ager Gallicus, che, in estrema sintesi, si configura come un processo progressivo di occupazione del territorio rispecchiato dallo sviluppo stesso del fenomeno urbano, ma che si differenzia dalle aree limitrofe o dall'area cisalpina per alcune importanti dinamiche etnico-demografiche.

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A 7 anni dall’avvio dell’ attuazione della Politica di Coesione dell’Unione Europea 2007- 2013, l’Italia ha il tasso di assorbimento dei Fondi Strutturali più basso d’Europa, insieme alla Romania, e rischia di subire un disimpegno delle risorse, che rappresenterebbe un gravissimo fallimento economico e politico. Il contributo di questo lavoro al dibattito sull’uso dei Fondi strutturali in Italia è duplice. Da una parte, per la prima volta, si propone uno studio sistematico delle criticità nella gestione del periodo 2007-2013, che hanno causato l’attuale ritardo nella spesa. Dall’altra, si affronta il problema italiano sia da una prospettiva europea sia nella sua dimensione nazionale, indagando le differenze regionali nella performance di spesa e proponendo un’analisi basata su tre dimensioni principali delle criticità: finanziaria, politica, amministrativa. L’approccio della ricerca consiste nella convergenza di dati quantitativi e qualitativi, raccolti durante un periodo di ricerca a Bruxelles e presso le Autorità di Gestione dei Programmi Operativi cofinanziati dal FESR. La questione dell’assorbimento finanziario e del ritardo nell’attuazione è stata indagata da tre punti di vista. Una prospettiva “storica”, che ha raccontato il ritardo strutturale nell’utilizzo dei Fondi Strutturali in Italia e che ha chiarito come il problema italiano, prima dell’attuale ciclo 2007-2013, sia stato non di quantità, ma di qualità della spesa. La seconda prospettiva è stata di respiro europeo, ed è servita a indagare le cause del basso livello di assorbimento finanziario dell’Italia suggerendo alcuni elementi utili a comprendere le ragioni di un simile divario con gli altri Paesi. Infine, la prospettiva nazionale e regionale ha svelato l’esistenza di un mix complesso, e micidiale, che ha letteralmente paralizzato la spesa italiana dei Fondi. Un mix di fattori finanziari, politici e amministrativi che non ha avuto eguali negli altri Paesi, e che si è concentrato soprattutto, ma non esclusivamente, nelle regioni dell’Obiettivo Convergenza.

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La distrofia muscolare di Emery-Dreifuss (EDMD) è una miopatia degenerativa ereditaria caratterizzata da debolezza e atrofia dei muscoli senza coinvolgimento del sistema nervoso. Individui EDMD presentano, inoltre, cardiomiopatia con difetto di conduzione che provoca rischio di morte improvvisa. Diversi studi evidenziano un coinvolgimento di citochine in diverse distrofie muscolari causanti infiammazione cronica, riassorbimento osseo, necrosi cellulare. Abbiamo effettuato una valutazione simultanea della concentrazione di citochine, chemochine, fattori di crescita, presenti nel siero di un gruppo di 25 pazienti EDMD. L’analisi effettuata ha evidenziato un aumento di citochine quali IL-17, TGFβ2, INF-γ e del TGFβ1. Inoltre, una riduzione del fattore di crescita VEGF e della chemochina RANTES è stata rilevata nel siero dei pazienti EDMD rispetto ai pazienti controllo. Ulteriori analisi effettuate tramite saggio ELISA hanno evidenziato un aumento dei livelli di TGFβ2 e IL-6 nel terreno di coltura di fibroblasti EDMD2. Per testare l’effetto nei muscoli, di citochine alterate, abbiamo utilizzato terreno condizionante di fibroblasti EDMD per differenziare mioblasti murini C2C12. Una riduzione del grado di differenziamento è stata osservata nei mioblasti condizionati con terreno EDMD. Trattando queste cellule con anticorpi neutralizzanti contro TGFβ2 e IL-6 si è avuto un miglioramento del grado di differenziamento. In C2C12 che esprimevano la mutazione H222P del gene Lmna,non sono state osservate alterazioni di citochine e benefici di anticorpi neutralizzanti. I dati mostrano un effetto patogenetico delle citochine alterate come osservato in fibroblasti e siero di pazienti, suggerendo un effetto sul tessuto fibrotico di muscoli EDMD. Un effetto intrinseco alla mutazione della lamina A è stato rilevato sul espressione di caveolina 3 in mioblasti differenziati EDMD. I risultati si aggiungono a dati forniti sulla patogenesi dell' EDMD confermando che fattori intrinseci ed estrinseci contribuiscono alla malattia. Utilizzo di anticorpi neutralizzanti specifici contro fattori estrinseci potrebbe rappresentare un approccio terapeutico come mostrato in questo studio.

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Durante il secolo scorso sono state individuate alcune mutazioni per il colore della buccia della varietà William che invece di essere giallo arriva a maturazione con diverse tonalità di colore rosso. L’intensità e la tipologia del fenotipo dovuto a questa mutazione mostra una variabilità all’interno dei diversi cloni rossi di questa cultivar: Max Red Bartlett, Rosired e Sensation. Questa mutazione è ereditabile e usando come genitore uno dei sopra-citati mutanti per il rosso sono state prodotte altre cultivar caratterizzate da buccia rossa come Cascade. Max Red Bartlett presenta una intensa colorazione rossa nelle prime fasi di maturazione per poi striarsi perdendo di lucentezza e non ricoprendo totalmente la superficie del frutto. Max Red Bartlett ha inoltre il problema di regressione del colore. Questa mutazione infatti non è stabile e dopo qualche anno può regredire e presentare il fenotipo di William. Diverso è invece lo sviluppo per esempio di Rosired che durante le prime fasi di accrescimento del frutto è identica a Williams (di colore verde con la parte del frutto rivolta verso il sole leggermente rossastra) per poi virare e mantenere un vivo colore rosso su tutta la superficie del frutto. Questa tesi si è proposta di caratterizzare questa mutazione che coinvolge in qualche modo la via biosintetica per la sintesi del colore. In particolare si è cercato di investigare sui probabili geni della via degli antociani coinvolti e in quale modo vengono espressi durante la maturazione del frutto, inoltre si è cercato di trovare quali specifiche molecole venissero diversamente sintetizzate. Le cultivar utilizzate sono state William e Max Red Bartlett. Di quest’ultima era già disponibile una mappa molecolare, ottenuta sulla popolazione di’incrocio di Abate Fetel (gialla) x MRB (rossa) con AFLP e SSR, quest’ultimi hanno permesso di denominare i diversi linkage group grazie alla sintenia con le altre mappe di pero e di melo. I semenzali appartenenti a questa popolazione, oltre a dimostrare l’ereditarietà del carattere, erano per il 50% gialli e 50% rossi. Questo ha permesso il mappaggio di questo carattere/mutazione che si è posizionato nel linkage group 4. Una ricerca in banca dati eseguita in parallelo ha permesso di trovare sequenze di melo dei geni coinvolti nella via biosintetica degli antociani (CHS, CHI, F3H, DFR, ANS e UFGT), sulle quali è stato possibile disegnare primer degenerati che amplificassero su DNA genomico di pero. Le amplificazioni hanno dato frammenti di lunghezza diversa. Infatti nel caso di F3H e DFR l’altissima omologia tra melo e pero ha permesso l’amplificazione quasi totale del gene, negli altri casi invece è stato necessario utilizzare primer sempre più vicini in modo da facilitare l’amplificazione. I frammenti ottenuti sono stati clonati sequenziati per confermare la specificità degli amplificati. Non sono stati evidenziati polimorfismi di sequenza in nessuna delle sei sequenze tra William e Max Red Bartlett e nessun polimorfismo con Abate, per questo motivo non è stato possibile mapparli e vedere se qualcuno di questi geni era localizzato nella medesima posizione in cui era stato mappato il “colore/mutazione”. Sulle le sequenze ottenute è stato possibile disegnare altri primer, questa volta specifici, sia per analisi d’espressione. Inizialmente è stato sintetizzato il cDNA dei geni suddetti per retrotrascrizione da RNA estratto sia da bucce sia da foglie appena germogliate (le quali presentano solo in questa fase una colorazione rossastra in MRB ma non in William). Al fine di osservare come varia l’espressione dei geni della via biosintetica delle antocianine durante la fase di maturazione dei frutti, sono stati fatti 4 campionamenti, il primo a 45gg dalla piena fioritura, poi a 60, 90, 120 giorni. Foglie e bucce sono state prelevate in campo e poste immediatamente in azoto liquido. Dai risultati con Real Time è emerso che vi è una maggiore espressione nelle prime fasi di sviluppo in Max Red Bartlett per poi calare enormemente in giugno. Si potrebbe ipotizzare che ci sia una reazione di feed back da parte della piante considerando che in questa fase il frutto non si accresce. I livelli di espressione poi aumentano verso la fase finale della maturazione del frutto. In agosto, con l’ultimo campionamento vi è una espressione assai maggiore in Max Red Bartlett per quei geni posti a valle della via biosintetica per la sintesi delle antocianine. Questo risultato è confermato anche dal livello di espressione che si riscontra nelle foglie. In cui i geni F3H, LDOX e UFGT hanno un livello di espressione nettamente maggiore in Max Red Bartlett rispetto a William. Recentemente Takos et al (2006) hanno pubblicato uno studio su un gene regolatore della famiglia Myb e ciò ha permesso di ampliare i nostri studi anche su questo gene. L’altissima omologia di sequenza, anche a livello di introni, non ha permesso di individuare polimorfismi tra le varietà Abate Fetel e Max Red Bartlett, per nessun gene ad eccezione proprio del gene regolatore Myb. I risultati ottenuti in questa tesi dimostrano che in pero l’espressione relativa del gene Myb codificante per una proteina regolatrice mostra una netta sovra-espressione nel primo stadio di maturazione del frutto, in Max Red Bartlett 25 volte maggiore che in William. All’interno della sequenza del gene un polimorfismo prodotto da un microsatellite ha permesso il mappaggio del gene nel linkage group 9 in Max Red Bartlett e in Abate Fetel. Confrontando questo dato di mappa con quello del carattere morfologico rosso, mappato nel linkage group 4, si deduce che la mutazione non agisce direttamente sulla sequenza di questo gene regolatore, benché sia espresso maggiormente in Max Red Bartlett rispetto a William ma agisca in un altro modo ancora da scoprire. Infine per entrambe le varietà (William e Max Red Bartlett) sono state effettuate analisi fenotipiche in diversi step. Innanzi tutto si è proceduto con una analisi preliminare in HPLC per osservare se vi fossero differenze nella produzione di composti con assorbenza specifica delle antocianine e dei flavonoidi in generale. Si è potuto quindi osservare la presenza di due picchi in Max Red Bartlett ma non in William. La mancanza di standard che coincidessero con i picchi rilevati dallo spettro non ha permesso in questa fase di fare alcuna ipotesi riguardo alla loro natura. Partendo da questo risultato l’investigazione è proceduta attraverso analisi di spettrometria di massa associate ad una cromatografia liquida identificando con una certa precisione due composti: la cianidina-3-0-glucoside e la quercitina-3-o-glucoside. In particolare la cianidina sembra essere la molecola responsabile della colorazione della buccia nei frutti di pero. Successive analisi sono state fatte sempre con lo spettrometro di massa ma collegato ad un gas cromatografo per verificare se vi fossero delle differenze anche nella produzione di zuccheri e più in generale di molecole volatili. L’assenza di variazioni significative ha dimostrato che la mutazione coinvolge solo il colore della buccia e non le caratteristiche gustative e organolettiche di William che restano inalterate nel mutante.

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L’analisi del movimento umano ha come obiettivo la descrizione del movimento assoluto e relativo dei segmenti ossei del soggetto e, ove richiesto, dei relativi tessuti molli durante l’esecuzione di esercizi fisici. La bioingegneria mette a disposizione dell’analisi del movimento gli strumenti ed i metodi necessari per una valutazione quantitativa di efficacia, funzione e/o qualità del movimento umano, consentendo al clinico l’analisi di aspetti non individuabili con gli esami tradizionali. Tali valutazioni possono essere di ausilio all’analisi clinica di pazienti e, specialmente con riferimento a problemi ortopedici, richiedono una elevata accuratezza e precisione perché il loro uso sia valido. Il miglioramento della affidabilità dell’analisi del movimento ha quindi un impatto positivo sia sulla metodologia utilizzata, sia sulle ricadute cliniche della stessa. Per perseguire gli obiettivi scientifici descritti, è necessario effettuare una stima precisa ed accurata della posizione e orientamento nello spazio dei segmenti ossei in esame durante l’esecuzione di un qualsiasi atto motorio. Tale descrizione può essere ottenuta mediante la definizione di un modello della porzione del corpo sotto analisi e la misura di due tipi di informazione: una relativa al movimento ed una alla morfologia. L’obiettivo è quindi stimare il vettore posizione e la matrice di orientamento necessari a descrivere la collocazione nello spazio virtuale 3D di un osso utilizzando le posizioni di punti, definiti sulla superficie cutanea ottenute attraverso la stereofotogrammetria. Le traiettorie dei marker, così ottenute, vengono utilizzate per la ricostruzione della posizione e dell’orientamento istantaneo di un sistema di assi solidale con il segmento sotto esame (sistema tecnico) (Cappozzo et al. 2005). Tali traiettorie e conseguentemente i sistemi tecnici, sono affetti da due tipi di errore, uno associato allo strumento di misura e l’altro associato alla presenza di tessuti molli interposti tra osso e cute. La propagazione di quest’ultimo ai risultati finali è molto più distruttiva rispetto a quella dell’errore strumentale che è facilmente minimizzabile attraverso semplici tecniche di filtraggio (Chiari et al. 2005). In letteratura è stato evidenziato che l’errore dovuto alla deformabilità dei tessuti molli durante l’analisi del movimento umano provoca inaccuratezze tali da mettere a rischio l’utilizzabilità dei risultati. A tal proposito Andriacchi scrive: “attualmente, uno dei fattori critici che rallentano il progresso negli studi del movimento umano è la misura del movimento scheletrico partendo dai marcatori posti sulla cute” (Andriacchi et al. 2000). Relativamente alla morfologia, essa può essere acquisita, ad esempio, attraverso l’utilizzazione di tecniche per bioimmagini. Queste vengono fornite con riferimento a sistemi di assi locali in generale diversi dai sistemi tecnici. Per integrare i dati relativi al movimento con i dati morfologici occorre determinare l’operatore che consente la trasformazione tra questi due sistemi di assi (matrice di registrazione) e di conseguenza è fondamentale l’individuazione di particolari terne di riferimento, dette terne anatomiche. L’identificazione di queste terne richiede la localizzazione sul segmento osseo di particolari punti notevoli, detti repere anatomici, rispetto ad un sistema di riferimento solidale con l’osso sotto esame. Tale operazione prende il nome di calibrazione anatomica. Nella maggior parte dei laboratori di analisi del movimento viene implementata una calibrazione anatomica a “bassa risoluzione” che prevede la descrizione della morfologia dell’osso a partire dall’informazione relativa alla posizione di alcuni repere corrispondenti a prominenze ossee individuabili tramite palpazione. Attraverso la stereofotogrammetria è quindi possibile registrare la posizione di questi repere rispetto ad un sistema tecnico. Un diverso approccio di calibrazione anatomica può essere realizzato avvalendosi delle tecniche ad “alta risoluzione”, ovvero attraverso l’uso di bioimmagini. In questo caso è necessario disporre di una rappresentazione digitale dell’osso in un sistema di riferimento morfologico e localizzare i repere d’interesse attraverso palpazione in ambiente virtuale (Benedetti et al. 1994 ; Van Sint Jan et al. 2002; Van Sint Jan et al. 2003). Un simile approccio è difficilmente applicabile nella maggior parte dei laboratori di analisi del movimento, in quanto normalmente non si dispone della strumentazione necessaria per ottenere le bioimmagini; inoltre è noto che tale strumentazione in alcuni casi può essere invasiva. Per entrambe le calibrazioni anatomiche rimane da tenere in considerazione che, generalmente, i repere anatomici sono dei punti definiti arbitrariamente all’interno di un’area più vasta e irregolare che i manuali di anatomia definiscono essere il repere anatomico. L’identificazione dei repere attraverso una loro descrizione verbale è quindi povera in precisione e la difficoltà nella loro identificazione tramite palpazione manuale, a causa della presenza dei tessuti molli interposti, genera errori sia in precisione che in accuratezza. Tali errori si propagano alla stima della cinematica e della dinamica articolare (Ramakrishnan et al. 1991; Della Croce et al. 1999). Della Croce (Della Croce et al. 1999) ha inoltre evidenziato che gli errori che influenzano la collocazione nello spazio delle terne anatomiche non dipendono soltanto dalla precisione con cui vengono identificati i repere anatomici, ma anche dalle regole che si utilizzano per definire le terne. E’ infine necessario evidenziare che la palpazione manuale richiede tempo e può essere effettuata esclusivamente da personale altamente specializzato, risultando quindi molto onerosa (Simon 2004). La presente tesi prende lo spunto dai problemi sopra elencati e ha come obiettivo quello di migliorare la qualità delle informazioni necessarie alla ricostruzione della cinematica 3D dei segmenti ossei in esame affrontando i problemi posti dall’artefatto di tessuto molle e le limitazioni intrinseche nelle attuali procedure di calibrazione anatomica. I problemi sono stati affrontati sia mediante procedure di elaborazione dei dati, sia apportando modifiche ai protocolli sperimentali che consentano di conseguire tale obiettivo. Per quanto riguarda l’artefatto da tessuto molle, si è affrontato l’obiettivo di sviluppare un metodo di stima che fosse specifico per il soggetto e per l’atto motorio in esame e, conseguentemente, di elaborare un metodo che ne consentisse la minimizzazione. Il metodo di stima è non invasivo, non impone restrizione al movimento dei tessuti molli, utilizza la sola misura stereofotogrammetrica ed è basato sul principio della media correlata. Le prestazioni del metodo sono state valutate su dati ottenuti mediante una misura 3D stereofotogrammetrica e fluoroscopica sincrona (Stagni et al. 2005), (Stagni et al. 2005). La coerenza dei risultati raggiunti attraverso i due differenti metodi permette di considerare ragionevoli le stime dell’artefatto ottenute con il nuovo metodo. Tale metodo fornisce informazioni sull’artefatto di pelle in differenti porzioni della coscia del soggetto e durante diversi compiti motori, può quindi essere utilizzato come base per un piazzamento ottimo dei marcatori. Lo si è quindi utilizzato come punto di partenza per elaborare un metodo di compensazione dell’errore dovuto all’artefatto di pelle che lo modella come combinazione lineare degli angoli articolari di anca e ginocchio. Il metodo di compensazione è stato validato attraverso una procedura di simulazione sviluppata ad-hoc. Relativamente alla calibrazione anatomica si è ritenuto prioritario affrontare il problema associato all’identificazione dei repere anatomici perseguendo i seguenti obiettivi: 1. migliorare la precisione nell’identificazione dei repere e, di conseguenza, la ripetibilità dell’identificazione delle terne anatomiche e della cinematica articolare, 2. diminuire il tempo richiesto, 3. permettere che la procedura di identificazione possa essere eseguita anche da personale non specializzato. Il perseguimento di tali obiettivi ha portato alla implementazione dei seguenti metodi: • Inizialmente è stata sviluppata una procedura di palpazione virtuale automatica. Dato un osso digitale, la procedura identifica automaticamente i punti di repere più significativi, nella maniera più precisa possibile e senza l'ausilio di un operatore esperto, sulla base delle informazioni ricavabili da un osso digitale di riferimento (template), preliminarmente palpato manualmente. • E’ stato poi condotto uno studio volto ad indagare i fattori metodologici che influenzano le prestazioni del metodo funzionale nell’individuazione del centro articolare d’anca, come prerequisito fondamentale per migliorare la procedura di calibrazione anatomica. A tale scopo sono stati confrontati diversi algoritmi, diversi cluster di marcatori ed è stata valutata la prestazione del metodo in presenza di compensazione dell’artefatto di pelle. • E’stato infine proposto un metodo alternativo di calibrazione anatomica basato sull’individuazione di un insieme di punti non etichettati, giacenti sulla superficie dell’osso e ricostruiti rispetto ad un TF (UP-CAST). A partire dalla posizione di questi punti, misurati su pelvi coscia e gamba, la morfologia del relativo segmento osseo è stata stimata senza identificare i repere, bensì effettuando un’operazione di matching dei punti misurati con un modello digitale dell’osso in esame. La procedura di individuazione dei punti è stata eseguita da personale non specializzato nell’individuazione dei repere anatomici. Ai soggetti in esame è stato richiesto di effettuare dei cicli di cammino in modo tale da poter indagare gli effetti della nuova procedura di calibrazione anatomica sulla determinazione della cinematica articolare. I risultati ottenuti hanno mostrato, per quel che riguarda la identificazione dei repere, che il metodo proposto migliora sia la precisione inter- che intraoperatore, rispetto alla palpazione convenzionale (Della Croce et al. 1999). E’ stato inoltre riscontrato un notevole miglioramento, rispetto ad altri protocolli (Charlton et al. 2004; Schwartz et al. 2004), nella ripetibilità della cinematica 3D di anca e ginocchio. Bisogna inoltre evidenziare che il protocollo è stato applicato da operatori non specializzati nell’identificazione dei repere anatomici. Grazie a questo miglioramento, la presenza di diversi operatori nel laboratorio non genera una riduzione di ripetibilità. Infine, il tempo richiesto per la procedura è drasticamente diminuito. Per una analisi che include la pelvi e i due arti inferiori, ad esempio, l’identificazione dei 16 repere caratteristici usando la calibrazione convenzionale richiede circa 15 minuti, mentre col nuovo metodo tra i 5 e i 10 minuti.

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Con il presente lavoro, che ha ad oggetto l’istituto dello scioglimento anticipato delle Camere nell’ordinamento costituzionale italiano, il candidato si propone tre obiettivi. Il primo è quello della ricostruzione dogmatica dell’istituto che sconta inevitabilmente un grosso debito nei confronti della vasta letteratura giuridica che si è sviluppata nel corso dei decenni. Il secondo obiettivo è quello, ben più originale, dell’indagine sulla prassi che ha contraddistinto il ricorso allo scioglimento nella peculiare realtà italiana. In questo modo si viene colmando uno spazio di ricerca diretto a leggere gli avvenimenti e a ricondurli in un quadro costituzionale sistematico, anche al fine di ricavare utili riflessioni circa la conformità della prassi stessa al dato normativo, nonché sulle modalità di funzionamento concreto dell'istituto. Il terzo obiettivo, quello più ambizioso, è utilizzare le considerazioni così sviluppate per ricercare soluzioni interpretative adeguate all’evoluzione subita dall’assetto politico-istituzionale italiano negli ultimi due decenni. Quanto al metodo, la scelta del candidato è stata quella di ricorrere ad uno strumentario che pone in necessaria sequenza logica: a) i presupposti storici/comparatistici e il dibattito in Assemblea costituente, utili per l’acquisizione del patrimonio del parlamentarismo europeo del tempo e per la comprensione del substrato su cui si costruisce l’edificio costituzionale; b) il testo costituzionale, avvalendosi anche delle importanti considerazioni svolte dalla dottrina più autorevole; c) la prassi costituzionale, consistente nella fase di implementazione concreta del disposto normativo. La finalità che il candidato si pone è dimostrare la possibilità di configurare lo scioglimento secondo un modello di tipo “primoministeriale”. Per quanto riguarda la prima parte della ricerca, dalla pur sintetica descrizione dei precedenti storici (sia rispetto alle realtà europee, inglese e francese in primis, che al periodo prerepubblicano) si trae conferma che l’operatività dell’istituto è intrinsecamente influenzata dalla forma di governo. Una prima indicazione che emerge con forza è come la strutturazione del sistema partitico e il grado di legame tra Assemblea rappresentativa e Gabinetto condizionino la ratio del potere di scioglimento, la sua titolarità ed il suo effettivo rendimento. Infatti, in presenza di regimi bipartitici e di impianti istituzionali che accentuano il raccordo fiduciario, il Capo dello Stato tende all’emarginazione, e lo scioglimento acquisisce carattere di automaticità tutte le volte in cui si verificano crisi ministeriali (eventualità però piuttosto rara); più consueto è invece lo scioglimento primoministeriale libero, come arma politica vera e propria attraverso cui il Governo in carica tende a sfruttare il momento migliore per ricercare il giudizio del popolo. Al contrario, dove il sistema politico è più dinamico, e il pluralismo sociale radicalizzato, il Capo dello Stato interferisce fortemente nella vita istituzionale e, in particolare, nella formazione dell’indirizzo politico: in quest’ottica lo scioglimento viene da questi inglobato, ed il suo ricorso subordinato ad esigenze di recupero della funzionalità perduta; soprattutto, quando si verificano crisi ministeriali (invero frequenti) il ricorso alle urne non è conseguenza automatica, ma semmai gli viene preferita la via della formazione di un Gabinetto poggiante su una maggioranza alternativa. L’indagine svolta dal candidato sui lavori preparatori mostra come il Costituente abbia voluto perseguire l'obiettivo di allargare le maglie della disciplina costituzionale il più possibile, in modo da poter successivamente ammettere più soluzioni interpretative. Questa conclusione è il frutto del modo in cui si sono svolte le discussioni. Le maggiori opzioni prospettate si collocavano lungo una linea che aveva ad un estremo una tassativa preordinazione delle condizioni legittimanti, ed all’altro estremo l’esclusiva e pressoché arbitraria facoltà decisionale dello scioglimento nelle mani del Capo dello Stato; in mezzo, la via mediana (e maggiormente gradita) del potere sì presidenziale, benché circondato da tutta una serie di limiti e garanzie, nel quadro della costruzione di una figura moderatrice dei conflitti tra Esecutivo e Legislativo. Ma non bisogna tralasciare che, seppure rare, diverse voci propendevano per la delineazione di un potere governativo di scioglimento la quale impedisse che la subordinazione del Governo al Parlamento si potesse trasformare in degenerazione assemblearista. Quindi, il candidato intende sottolineare come l’adamantina prescrizione dell’art. 88 non postuli, nell’ambito dell’interpretazione teleologica che è stata data, alcuno specifico indirizzo interpretativo dominante: il che, in altri termini, è l’ammissione di una pluralità di concezioni teoricamente valide. L'analisi del dettato costituzionale non ha potuto prescindere dalla consolidata tripartizione delle teorie interpretative. Dall'analisi della letteratura emerge la preferenza per la prospettiva dualistica, anche in virtù del richiamo che la Costituzione svolge nei confronti delle competenze sia del Presidente della Repubblica (art. 88) che del Governo (art. 89), il che lo convince dell’inopportunità di imporre una visione esclusivista, come invece sovente hanno fatto i sostenitori della tesi presidenziale. Sull’altro versante ciò gli permette di riconferire una certa dignità alla tesi governativa, che a partire dal primo decennio repubblicano era stata accantonata in sede di dibattito dottrinario: in questo modo, entrambe le teoriche fondate su una titolarità esclusiva assumono una pari dignità, benchè parimenti nessuna delle due risulti persuasiva. Invece, accedere alla tesi della partecipazione complessa significa intrinsecamente riconoscere una grande flessibilità nell’esercizio del potere in questione, permettendo così una sua più adeguata idoneità a mutare le proprie sembianze in fase applicativa e a calarsi di volta in volta nelle situazioni contingenti. Questa costruzione si inserisce nella scelta costituente di rafforzare le garanzie, ed il reciproco controllo che si instaura tra Presidente e Governo rappresenta la principale forma di tutela contro potenziali abusi di potere. Ad ognuno dei due organi spettano però compiti differenti, poiché le finalità perseguite sono differenti: come l’Esecutivo agisce normalmente secondo canoni politici, in quanto principale responsabile dell’indirizzo politico, al Capo dello Stato si addice soprattutto il compito di sorvegliare il regolare svolgimento dei meccanismi istituzionali, in posizione di imparzialità. Lo schema costituzionale, secondo il candidato, sembra perciò puntare sulla leale collaborazione tra i poteri in questione, senza però predefinire uno ruolo fisso ed immutabile, ma esaltando le potenzialità di una configurazione così eclettica. Assumendo questa concezione, si ha buon gioco a conferire piena cittadinanza costituzionale all’ipotesi di scioglimento disposto su proposta del Presidente del Consiglio, che si può ricavare in via interpretativa dalla valorizzazione dell’art. 89 Cost. anche secondo il suo significato letterale. Al discorso della titolarità del potere di scioglimento, il candidato lega quello circa i presupposti legittimanti, altro nodo irrisolto. La problematica relativa alla loro definizione troverebbe un decisivo ridimensionamento nel momento in cui si ammette la compartecipazione di Governo e Presidente della Repubblica: il diverso titolo con il quale essi cooperano consentirebbe di prevenire valutazioni pretestuose circa la presenza delle condizioni legittimanti, poichè è nel reciproco controllo che entrambi gli organi individuano i confini entro cui svolgere le rispettive funzioni. Si giustificano così sia ragioni legate ad esigenze di funzionalità del sistema (le più ricorrenti in un sistema politico pluripartitico), sia quelle scaturenti dalla divaricazione tra orientamento dei rappresentati e orientamento dei rappresentanti: purchè, sottolinea il candidato, ciò non conduca il Presidente della Repubblica ad assumere un ruolo improprio di interferenza con le prerogative proprie della sfera di indirizzo politico. Il carattere aperto della disciplina costituzionale spinge inevitabilmente il candidato ad approfondire l'analisi della prassi, la cui conoscenza costituisce un fondamentale modo sia per comprendere il significato delle disposizioni positive che per apprezzare l’utilità reale ed il rendimento sistemico dell’istituto. Infatti, è proprio dall'indagine sulla pratica che affiorano in maniera prepotente le molteplici virtualità dello strumento dissolutorio, con modalità operative che, a seconda delle singole fasi individuate, trovano una strutturazione casistica variabile. In pratica: nel 1953 e nel 1958 è l'interesse del partito di maggioranza relativa ad influenzare il Governo circa la scelta di anticipare la scadenza del Senato; nel 1963 e nel 1968 invece si fa strada l'idea del consenso diffuso allo scioglimento, seppure nel primo caso l'anticipo valga ancora una volta per il solo Senato, e nel secondo ci si trovi di fronte all'unica ipotesi di fine naturale della legislatura; nel 1972, nel 1976, nel 1979, nel 1983 e nel 1987 (con una significativa variante) si manifesta con tutta la sua forza la pratica consociativa, figlia della degenerazione partitocratica che ha svuotato le istituzioni giuridiche (a partire dal Governo) e cristallizzato nei partiti politici il centro di gravità della vita pubblica; nel 1992, a chiusura della prima epoca repubblicana, caratterizzata dal dominio della proporzionale (con tutte le sue implicazioni), si presentano elementi atipici, i quali vanno a combinarsi con le consolidate tendenze, aprendo così la via all'incertezza sulle tendenze future. È con l'avvento della logica maggioritaria, prepotentemente affacciatasi per il tramite dei referendum elettorali, a sconvolgere il quadro delle relazioni fra gli organi costituzionali, anche per quanto concerne ratio e caratteristiche del potere di scioglimento delle Camere. Soprattutto, nella fase di stretta transizione che ha attraversato il quadriennio 1992-1996, il candidato mette in luce come i continui smottamenti del sistema politico abbiano condotto ad una fase di destabilizzazione anche per quanto riguarda la prassi, incrinando le vecchie regolarità e dando vita a potenzialità fino allora sconosciute, addirittura al limite della conformità a Costituzione. La Presidenza Scalfaro avvia un processo di netta appropriazione del potere di scioglimento, esercitandolo in maniera esclusiva, grazie anche alla controfirma offerta da un Governo compiacente (“tecnicco”, perciò debitore della piena fiducia quirinalizia). La piena paternità presidenziale, nel 1994, è accompagnata da un altro elemento di brusca rottura con il passato, ossia quello della ragione legittimante: infatti, per la prima volta viene addotta palesemente la motivazione del deficit di rappresentatività. Altro momento ad aver costituito da spartiacque nell’evoluzione della forma di governo è stato il mancato scioglimento a seguito della crisi del I Governo Berlusconi, in cui forti erano state le pressioni perché si adeguasse il parlamentarismo secondo i canoni del bipolarismo e del concetto di mandato di governo conferito direttamente dagli elettori ad una maggioranza (che si voleva predefinita, nonostante essa in verità non lo fosse affatto). Dopo questa parentesi, secondo il candidato la configurazione dello strumento dissolutorio si allinea su ben altri binari. Dal punto di vista della titolarità, sono i partiti politici a riprendere vigorosamente un certo protagonismo decisionale, ma con una netta differenza rispetto al passato consociativo: ora, il quadro politico pare saldamente attestato su una dinamica bipolare, per cui anche in relazione all’opzione da adottare a seguito di crisi ministeriale sono le forze della maggioranza che decidono se proseguire la legislatura (qualora trovino l’accordo tra di loro) o se sciogliere (allorchè invece si raggiunga una sorta di maggioranza per lo scioglimento). Dal punto di vista dei presupposti, sembra consolidarsi l’idea che lo scioglimento rappresenti solo l’extrema ratio, chiamando gli elettori ad esprimersi solo nel momento in cui si certifica l’assoluta impossibilità di ripristinare la funzionalità perduta. Conclusioni. Il rafforzamento della prospettiva bipolare dovrebbe postulare una riconfigurazione del potere di scioglimento tesa a valorizzare la potestà decisionale del Governo. Ciò discenderebbe dal principio secondo cui il rafforzamento del circuito che unisce corpo elettorale, maggioranza parlamentare e Governo, grazie al collante di un programma politico condiviso, una coalizione che si presenta alle elezioni ed un candidato alla Presidenza del Consiglio che incarna la perfetta sintesi di tutte queste istanze, comporta che alla sua rottura non si può che tornare al giudizio elettorale: e quindi sciogliere le Camere, evitando la composizione di maggioranze che non rappresentano la diretta volontà popolare. Il candidato però non ritiene auspicabile l’adozione di un automatismo analogo alla regola dell'aut simul stabunt aut simul cadent proprio dell’esperienza regionale post 1999, perché soluzione eccessivamente rigida, che ingesserebbe in maniera inappropriata una forma parlamentare che comunque richiede margini di flessiblità. La proposta è invece di rileggere il testo costituzionale, rebus sic stantibus, nel senso di far prevalere un potere libero di proposta da parte del Governo, cui il Capo dello Stato non potrebbe non consentire, salvo svolgere un generale controllo di costituzionalità volto ad accertare l’insussistenza di alcuna forma di abuso. Su queste conclusioni il lavoro esprime solo prime idee, che meritano di essere approfondite. Come è da approfondire un tema che rappresenta forse l’elemento di maggiore originalità: trattasi della qualificazione e descrizione di un mandato a governare, ossia della compatibilità costituzionale (si pensi, in primis, al rapporto con il divieto di mandato imperativo di cui all’art. 67 Cost.) di un compito di governo che, tramite le elezioni, gli elettori affidano ad una determinata maggioranza, e che va ad arricchire il significato del voto rispetto a quello classico della mera rappresentanza delle istanze dei cittadini (e propria del parlamentarismo ottocentesco): riflessi di tali considerazioni si avrebbero inevitabilmente anche rispetto alla concezione del potere di scioglimento, che in siffatta maniera verrebbe percepito come strumento per il ripristino del “circuito di consonanza politica” che in qualche modo si sarebbe venuto a rompere. Ad ogni buon conto, già emergono dei riflessi in questo senso, per cui la strada intrapresa dal candidato pare quella giusta affinchè l’opera risulti completa, ben argomentata ed innovativa.

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Background: Kasashima et al hanno individuato nella popolazione giapponese un sottogruppo di aneurismi aortici addominali (AAA) infiammatori con le caratteristiche clinico patologiche della Malattia autoimmune Sistemica IgG4 Correlata. La distinzione tra i diversi gruppi di AAA è clinicamente importante sia per il follow up che per il trattamento di questa patologia. Obiettivo dello studio era la valutazione della componente flogistica, vascolare e stromale della parete aortica aneurismatica, la ricerca di aneurismi infiammatori ed in particolare di AAA- IgG4 correlati anche nella popolazione caucasica. Materiali e metodi: Sono stati esaminati i dati relativi a 21 pazienti trattati chirurgicamente per AAA presso l’Unità Operativa di Chirurgia Vascolare di Ferrara. Sono state eseguite analisi immunoistochimiche di prelievi intraoperatori di parete aortica aneurismatica. Risultati: I dati emersi hanno identificato 3 sottopopolazioni di pazienti con AAA: aneurismi di tipo aterosclerotico con negatività ai markers infiammatori (AAAa), aneurismi infiammatori con positività ai markers infiammatori e negatività per le IgG4 (AAAI) ed infine aneurismi infiammatori con positività alle IgG4 (AAAI-IgG4). Conclusioni: Questo studio ha confermato l’ipotesi che la malattia aneurismatica IgG4 correlata è presente anche nella popolazione caucasica. Con il proseguimento del nostro studio sarà interessante verificare la conferma di questi dati anche in altri pazienti al fine di ricercare la miglior strategia terapeutica e minimizzare il rischio di complicanze.

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Introduzione. La movimentazione manuale di carichi è stata recentemente proposta come un possibile determinante del distacco di retina. Al fine di confortare quest’ipotesi, sono stati analizzati i tassi di incidenza di distacco di retina regmatogeno (DRR) idiopatico, trattato chirurgicamente, tra i residenti in Toscana addetti ad attività lavorative manuali, non manuali e casalinghe. Metodi. Le schede di dimissione ospedaliera (SDO) della Toscana contengono anche informazioni codificate sulla categoria generica di impiego. Sono stati utilizzati i dati di tutti i pazienti residenti in Toscana con una SDO emessa da un qualsiasi ospedale italiano nel periodo 1997-2009, con diagnosi principale di DRR (ICD-9: 361,0-361,07 e 361,9) e con DRG 36 (“interventi sulla retina”). Dopo l’eliminazione dei soggetti che non soddisfacevano i criteri di eligibilità, è stato deciso di restringere la popolazione in studio ai soggetti di età 25-59 anni, successivamente classificati in addetti ad attività lavorative manuali, non manuali o casalinghe. Risultati. Sono stati identificati 1.946 casi. Tra gli uomini, gli addetti ad attività lavorative manuali hanno riportato un tasso di incidenza standardizzato per età 1,8 volte più alto rispetto agli addetti ad attività lavorative non manuali (17,4 [IC95%, 16,1–18,7] vs. 9,8 [IC95%, 8,8–10,8]). Tra le donne, i tassi di incidenza standardizzati per eerano 1,9 volte più alti negli addetti ad attività lavorative manuali (11,1 [IC95%, 9,8–12,3]) e 1,7 volte più alti nelle casalinghe (9,5 [IC95%, 8,3–10,8]) rispetto agli addetti ad attività lavorative non manuali (5,7 [IC95%, 4,8–6,6]). Conclusioni. Lo studio mette in evidenza come gli addetti ad attività lavorative manuali siano maggiormente affetti da DRR idiopatico rispetto agli addetti ad attività lavorative non manuali. Questi risultati supportano l’ipotesi che la movimentazione manuale di carichi, che difficilmente può ritrovarsi come compito di attività lavorative non manuali, possa avere un ruolo causale nella genesi della patologia.

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L’approccio innovativo di questa tesi alla pianificazione ciclabile consiste nell’integrare le linee guida per la redazione di un biciplan con aspetti, metodologie e strumenti nuovi, per rendere più efficace la programmazione di interventi. I limiti del biciplan risiedono nella fase di pianificazione e di monitoraggio, quindi, nel 1° capitolo, vengono esaminate le differenze esistenti tra la normativa americana (AASHTO) e quella italiana (D.P.R. 557/99). Nel 2° capitolo vengono analizzati gli indicatori usati nella fase di monitoraggio e la loro evoluzione fino alla definizione degli attuali indici per la determinazione del LOS delle infrastrutture ciclabili: BLOS e BCI. L’analisi è integrata con le nuove applicazioni di questi indici e con lo studio del LOS de HCM 2010. BCI e BISI sono stati applicati alla rete di Bologna per risolvere problemi di pianificazione e per capire se esistessero problemi di trasferibilità. Gli indici analizzati prendono in considerazione solo il lato offerta del sistema di trasporto ciclabile; manca un giudizio sui flussi, per verificare l’efficacia delle policy. Perciò il 3° capitolo è dedicato alla metodologia sul monitoraggio dei flussi, mediante l’utilizzo di comuni traffic counter per le rilevazioni dei flussi veicolari. Dal monitoraggio è possibile ricavare informazioni sul numero di passaggi, periodi di punta, esistenza di percorsi preferiti, influenza delle condizioni climatiche, utili ai progettisti; si possono creare serie storiche di dati per controllare l’evoluzione della mobilità ciclabile e determinare l’esistenza di criticità dell’infrastruttura. L’efficacia della pianificazione ciclabile è legata al grado di soddisfazione dell’utente e all’appetibilità delle infrastrutture, perciò il progettista deve conoscere degli elementi che influenzano le scelte del ciclista. Nel 4° capitolo sono analizzate le tecniche e gli studi sulle scelte dell’itinerario dei ciclisti, e lo studio pilota fatto a Bologna per definire le variabili che influenzano le scelte dei ciclisti e il loro peso.