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Resumo:
Il presente elaborato si prefigge di analizzare il processo di liberalizzazione, comunitario e nazionale, del mercato del trasporto ferroviario di merci e di passeggeri, unitamente all'approfondimento della normativa dettata ai fini della tutela della sicurezza in ambito ferroviario.
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Il tema generale del dottorato di ricerca è l'analisi delle politiche di attivazione in Italia durante la crisi economica. La combinazione di politiche attive e passive del lavoro viene interpretata ricorrendo al quadro teorico proposto da Amartya Sen e basato sul concetto di capability. Abbiamo considerato le misure nazionali e regionali nel quadro delle linee guida europee e analizzato le tendenze verso l'empowerment dei beneficiari di politiche del lavoro attraverso il concetto di capability proposto da Sen. La ricerca empirica ha utilizzato diversi strumenti per la raccolta dei dati: focus group, un questionario inviato ad un campione di 1.200 lavoratori, e interviste.
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Il primo studio ha verificato l'affidabilità del software Polimedicus e gli effetti indotti d'allenamento arobico all’intensità del FatMax. 16 soggetti sovrappeso, di circa 40-55anni, sono stati arruolati e sottoposti a un test incrementale fino a raggiungere un RER di 0,95, e da quel momento il carico è stato aumentato di 1 km/ h ogni minuto fino a esaurimento. Successivamente, è stato verificato se i valori estrapolati dal programma erano quelli che si possono verificare durante a un test a carico costante di 1ora. I soggetti dopo 8 settimane di allenamento hanno fatto un altro test incrementale. Il dati hanno mostrato che Polimedicus non è molto affidabile, soprattutto l'HR. Nel secondo studio è stato sviluppato un nuovo programma, Inca, ed i risultati sono stati confrontati con i dati ottenuti dal primo studio con Polimedicus. I risultati finali hanno mostrato che Inca è più affidabile. Nel terzo studio, abbiamo voluto verificare l'esattezza del calcolo del FatMax con Inca e il test FATmaxwork. 25 soggetti in sovrappeso, tra 40-55 anni, sono stati arruolati e sottoposti al FATmaxwork test. Successivamente, è stato verificato se i valori estrapolati da INCA erano quelli che possono verificarsi durante un carico di prova costante di un'ora. L'analisi ha mostrato una precisione del calcolo della FatMax durante il carico di lavoro. Conclusione: E’ emersa una certa difficoltà nel determinare questo parametro, sia per la variabilità inter-individuale che intra-individuale. In futuro bisognerà migliorare INCA per ottenere protocolli di allenamento ancora più validi.
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La ricerca ha preso in esame l’analisi archeologica di un territorio medievale e la sperimentazione di strumenti informatici per la gestione e l’analisi dei dati prodotti dalla ricerca stessa. Il Montalbano, oggetto della ricerca, è una microregione caratterizzata da elementi che la rendono molto interessante. Si tratta di una catena submontana che divide la piana di Firenze-Prato-Pistoia dal Valdarno inferiore. Questa posizione di frontiera ne ha fatto l’oggetto di mire espansionistiche da parte delle principali famiglie signorili prima, dei comuni poi. In una prima fase sono stati censiti i siti attestati dalle fonti documentarie e materiali per capire le dinamiche insediative del popolamento medievale e le strategie di controllo di un territorio caratterizzato dall’assenza di un’egemonia da parte di un solo potere (almeno fino a metà ‘300). L’analisi stratigrafica si è poi concentrata sulle strutture architettoniche religiose, in quanto offrono la maggior quantità di dati dal punto di vista documentario e archeologico. È stato così possibile ottenere un quadro delle tecniche costruttive medievali e delle influenze culturali che lo hanno prodotto. I dati archeologici sono stati gestiti attraverso una piattaforma gis sviluppata all’interno del Laboratorio di Archeologia Medievale dell’Università di Firenze in collaborazione con il laboratorio LSIS del CNRS di Marsiglia. Questa è stata appositamente strutturata secondo le procedure di raccolta e organizzazione dati utilizzate durante l’analisi archeologica. Le singole strutture indagate sono inoltre state oggetto di un rilievo 3d fotogrammetrico che in alcuni casi studio è stato anche utilizzato come base di accesso ai dati derivanti dall’analisi stratigrafica, all’interno di un’applicazione gis 3d (Arpenteur). Questo ha permesso di connettere all’interno di un’unica piattaforma i dati geometrici ed archeometrici con quelli archeologici, utilizzando i primi come interfaccia di accesso ai secondi.
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Pistoia rientra a buon diritto, nel quadro della Toscana medievale, in quella rete di centri urbani di antica origine e tradizione diocesana che riuscirono a costruire, nella dialettica fra città e territorio, un organismo politico autonomo, il comune cittadino. La ricerca prende in considerazione i resti materiali delle strutture conservate nel tessuto urbano attuale, in particolare l'edilizia civile, prediligendo la cosiddetta “edilizia minore”, ovvero gli edifici residenziali non monumentali che, proprio per questo motivo, sono generalmente poco conosciuti. Le strutture, censite ed inserite in una piattaforma GIS (Arpenteur), sono analizzate con metodo archeologico al fine di distinguere le diverse fasi costruttive, medievali e post-medievali, con cui sono giunte fino ad oggi. L'analisi stratigrafica, effettuata su rilievi realizzati mediante modellazione 3D (Photomodeler), ha permesso di costruire un primo “atlante” delle tipologie murarie medievali della città: i tipi murari assumono quindi la funzione di indicatori cronologici degli edifici analizzati. I dati stratigrafici, uniti al dato topologico dei complessi architettonici (localizzati prevalentemente nel centro storico, all'interno del circuito murario della metà del XII secolo), hanno fornito informazioni sia per quanto riguarda l'aspetto materiale degli edifici di abitazione (forma, dimensioni, materiali) sia per quanto riguarda temi di topografia storica (viabilità maggiore e minore, formazione dei borghi, orizzonte sociale degli abitanti, distribuzione della proprietà), nel periodo della “parabola” della Pistoia comunale (XII-XIII secolo). In conclusione, la ricerca vuole essere sia uno strumento di analisi per la storia delle trasformazioni delle città nel periodo comunale, sia uno strumento di conoscenza e tutela di un patrimonio storico-archeologico che, per la sua natura non-monumentale spesso sfugge all'attenzione di amministratori ed urbanisti.
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La presente indagine mira ad esaminare, in chiave innovativa, i rapporti tra l’Europa ed un reato prettamente europeo: il negazionismo. Sviluppatosi in maniera assolutamente predominante nel nostro continente, le ragioni della sua diffusione sono molteplici. Al di là della lotta a razzismo ed antisemitismo, il motivo principale va identificato nel ruolo “fondativo” che riveste la memoria dell’Olocausto in Europa, collocata nel cuore dell’universo valoriale su cui si reggono i due principali attori europei, ovverosia l’Unione europea e la Corte europea dei diritti dell’uomo. La ricerca, dunque, ruota attorno a due poli tematici. Da un lato, sono state esaminate le politiche normative dell’Unione europea in materia di razzismo e xenofobia, entro cui spicca la promozione dell’incriminazione del negazionismo “allargato”, cioè esteso alle condotte di negazione non solo dell’Olocausto, ma anche degli altri crimini internazionali. Dall’altro lato, l’analisi della trentennale giurisprudenza della Corte di Strasburgo in materia ha evidenziato come, con riguardo alle manifestazioni negazioniste, sia stato elaborato uno “statuto speciale”, che si risolve nel perentorio diniego di tutela per questa categoria di opinioni, sottratte a monte all’ordinario giudizio di bilanciamento in quanto giudicate incompatibili con i valori sottesi alla CEDU. Lo scopo di questo lavoro riposa nel tentativo di individuare le interazioni tra questi due sistemi istituzionali, per interpretare una tendenza che converge con nettezza verso un incremento della repressione penale della parola. Da questo complesso intreccio di norme e principi, di hard law e soft law, sarà possibile enucleare la natura giuridica ed il contenuto delle richieste di incriminazione rivolte agli Stati membri. Una volta appurato che agli Stati è concesso di restringere il campo di applicazione del reato di negazionismo, adottando degli indici di pericolosità delle condotte, sarà analizzata la tenuta di questi “elementi opzionali del reato” alla luce dei principi penalistici di tassatività, materialità, offensività e laicità.
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L’elaborato ha lo scopo di presentare le nuove opportunità di business offerte dal Web. Il rivoluzionario cambiamento che la pervasività della Rete e tutte le attività correlate stanno portando, ha posto le aziende davanti ad un diverso modo di relazionarsi con i propri consumatori, che sono sempre più informati, consapevoli ed esigenti, e con la concorrenza. La sfida da accettare per rimanere competitivi sul mercato è significativa e il mutamento in rapido sviluppo: gli aspetti che contraddistinguono questo nuovo paradigma digitale sono, infatti, velocità, mutevolezza, ma al tempo stesso misurabilità, ponderabilità, previsione. Grazie agli strumenti tecnologici a disposizione e alle dinamiche proprie dei diversi spazi web (siti, social network, blog, forum) è possibile tracciare più facilmente, rispetto al passato, l’impatto di iniziative, lanci di prodotto, promozioni e pubblicità, misurandone il ritorno sull’investimento, oltre che la percezione dell’utente finale. Un approccio datacentrico al marketing, attraverso analisi di monitoraggio della rete, permette quindi al brand investimenti più mirati e ponderati sulla base di stime e previsioni. Tra le più significative strategie di marketing digitale sono citate: social advertising, keyword advertising, digital PR, social media, email marketing e molte altre. Sono riportate anche due case history: una come ottimo esempio di co-creation in cui il brand ha coinvolto direttamente il pubblico nel processo di produzione del prodotto, affidando ai fan della Pagina Facebook ufficiale la scelta dei gusti degli yogurt da mettere in vendita. La seconda, caso internazionale di lead generation, ha permesso al brand di misurare la conversione dei visitatori del sito (previa compilazione di popin) in reali acquirenti, collegando i dati di traffico del sito a quelli delle vendite. Esempio di come online e offline comunichino strettamente.
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Il lavoro è stato strutturato in due parti distinte. La prima riguarda il riordino delle informazioni contenute nella Banca Dati sui Castelli dell’Emilia Romagna ultimata nel 2004, arricchendo le informazioni con nuove fonti sia edite che inedite e fotografie, mettendo poi tutti i dati online sul sito Geologia Storia Turismo della Regione Emilia Romagna. La seconda parte ha riguardato invece l’analisi dell’area reggiana e, in particolare, di tre castelli: Rubiera, Salvaterra e Dinazzano che, a partire dalla fine del XII secolo, hanno costituito quella che è stata definita la Cintura sul Secchia, una vera e propria catena difensiva costruita dal comune di Reggio Emilia a protezione del suo confine orientale, quello con Modena. Nella prima parte si è predisposto l’avvio di un Atlante dei castelli esistenti e scomparsi dell’Emilia Romagna, strutturato provincia per provincia, con corredo di piante e grafici che indicano la consistenza del fenomeno nelle diverse aree della Regione; poi, per l’area reggiana, si è completata la disamina con una serie di grafici che mettono in luce la dislocazione per aree, la localizzazione sicura dei castelli in rapporto alla loro condizione attuale e la densità per aree del fenomeno. Infine si sono inserite informazioni ricavate da materiale inedito per verificare possibili sviluppi della Banca Dati. La seconda parte ha ricostruito non solo le vicende storico-costruttive dei castelli di Rubiera, Salvaterra e Dinazzano, ma ha approfondito anche la genesi e l’evoluzione di questo progetto di difesa territoriale: studiare questo progetto significa capire come il comune di Reggio Emilia, nell’arco di oltre un secolo, ha governato i propri castelli, come ne ha organizzato la difesa e la manutenzione e come ne ha progettato il popolamento.
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Introduzione: la leishmaniosi canina (CanL) è una malattia infettiva, trasmessa da vettore e sostenuta da un protozoo, la Leishmania infantum. La CanL ha assunto sempre più importanza sia in medicina veterinaria che in medicina umana. La leishmaniosi è fortemente associata allo sviluppo di una nefropatia cronica. Disegno dello studio: studio di coorte retrospettivo. Obiettivo: individuare le alterazioni clinico-patologiche prevalenti al momento dell’ammissione e durante il follow-up del paziente, per identificare quelle con un valore prognostico maggiore. Materiali e metodi: 167 cani, per un totale di 187 casi trattati, con diagnosi sierologica e/o citologica di Leishmaniosi e dati ematobiochimici completi, elettroforesi sierica, analisi delle urine e biochimica urinaria comprensiva di proteinuria (UPC) ed albuminuria (UAC), profilo coagulativo (ATIII, d-Dimeri, Fibrinogeno) e marker d’infiammazione (CRP). Dei pazienti inclusi è stato seguito il follow-up clinico e clinicopatologico per un periodo di tempo di due anni e sono stati considerati. Risultati: Le alterazione clinicopatologiche principali sono state anemia (41%), iperprotidemia (42%), iperglobulinemia (75%), ipoalbuminemia (66%), aumento della CRP (57%), incremento dell’UAC (78%), aumento dell’UPC (70%), peso specifico inadeguato (54%) e riduzione dell’ATIII (52%). Il 37% dei pazienti non era proteinurico e di questi il 27% aveva già un’albuminuria patologica. Il 38% dei pazienti aveva una proteinuria nefrosica (UPC>2,5) e il 22% era iperazotemico. I parametri clinicopatologici hanno mostrato una tendenza a rientrare nella normalità dopo il 90° giorno di follow-up. La creatinina sierica, tramite un analisi multivariata, è risultata essere il parametro correlato maggiormente con l’outcome del paziente. Conclusione: i risultati ottenuti in funzione dell’outcome dei pazienti hanno mostrato che i soggetti deceduti durante il follow-up, al momento dell’ammissione avevano valori di creatinina, UPC e UAC più elevati e ingravescenti. Inoltre l’UAC può venire considerato un marker precoce di nefropatia e la presenza di iperazotemia all’ammissione, in questi pazienti, ha un valore prognostico negativo.
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Numerose evidenze sperimentali hanno dimostrato il contributo delle cellule staminali (SC) di derivazione midollare nei processi di rigenerazione epatica dopo danno tissutale. E’ cresciuto pertanto l’interesse sul loro potenziale impiego in pazienti con cirrosi. Questo studio si proponeva di valutare la fattibilità e la sicurezza della reinfusione intraepatica di cellule staminali midollari autologhe CD133+ in 12 pazienti con insufficienza epatica terminale. Previa mobilizzazione nel sangue periferico mediante somministrazione di granulocyte-colony stimulating factor (G-CSF) alla dose di 7,5 mcg/Kg/b.i.d. e raccolta per leucoaferesi (solo se la concentrazione di CD133 + SC era > 8/μL), le cellule CD133+ altamente purificate sono state reinfuse in arteria epatica a partire da 5x104/Kg fino a 1x106/kg. Nei tre giorni successivi è stato somministrato G-CSF per favorire l’espansione e l’attecchimento delle cellule. Durante la fase della mobilizzazione e quella della reinfusione sono stati eseguiti saggi biologici quali: caratterizzazione fenotipica delle SC circolanti, saggi clonogenici, valutazione della concentrazione sierica del Hepatocyte Growth Factor (HGF), Stromal-Derived Factor-1 (SDF-1) ed il Vascular-Endotelial Growth Factor (VEGF) e caratterizzazione fenotipica delle CD133+SC purificate. Fino ad oggi sono stati reinfusi 12 pazienti. Questi dati preliminari suggeriscono che è possibile mobilizzare e reinfondere un numero considerevole di SC autologhe CD133+ altamente purificate in pazienti con ESLD . Gli studi biologici mostrano che: il numero di progenitori ematopoietici ed endoteliali circolanti è aumentato dopo il trattamento con G–CSF; le SCs CD133+ altamente purificato esprimono marcatori emopoietici ed endoteliali; la concentrazione sierica di HGF, SDF-1, VEGF e la capacità clonogenica di progenitori emopoietici sono aumentati durante la mobilitazione e nelle fasi di reinfusione; il potenziale clonogenico dei progenitori endoteliali mostra espressione variabile.
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Tra i liposarcomi, il tumore lipomatoso atipico/liposarcoma ben differenziato e il liposarcoma dedifferenziato rappresentano i sottotipi più frequenti. Spesso è difficile distinguere questi tumori da altri con caratteristiche morfologiche simili. Da un punto di vista citogenetico sono caratterizzati dalla presenza di cromosomi soprannumerari giganti e cromosomi ad anello costituiti principalmente da sequenze amplificate della regione 12q13-15. In questa regione mappano numerosi geni tra cui il gene MDM2 (murine double minute-2). La caratterizzazione molecolare di tali sottotipi diventa estremamente importante sia a fini diagnostici sia per un corretto indirizzo terapeutico, soprattutto oggi, dopo l’introduzione nella pratica clinica di terapie biologiche mirate (targeted therapies). Nel presente studio viene analizzato il ruolo dell’analisi FISH per la valutazione dello status di MDM2 nelle neoplasie lipomatose e per stabilire se questo marcatore possa essere utilizzato nella diagnosi differenziale di questi tumori. Sebbene questo studio confermi l’utilità diagnostica dell’amplificazione di MDM2 nella diagnosi del tumore lipomatoso atipico/liposarcoma ben differenziato ed il liposarcoma dedifferenziato, questo marcatore potrebbe avere in futuro anche una più ampia applicazione. Data la recente introduzione degli inibitori selettivi di MDM2 tale ricerca risulta importante non solo a fini diagnostici ma anche per la selezione dei pazienti che potranno in futuro beneficiare del trattamento con tali inibitori. Questo studio è stato effettuato anche per analizzare la rilevanza biologica del percorso che vede coinvolto il gene AKT nel liposarcoma ben differenziato e dedifferenziato e per stabilire se questo percorso possa rappresentare un utile bersaglio terapeutico in questi tumori. I dati ottenuti dimostrano che AKT è espresso ed attivato in tutti i casi di tumore lipomatoso atipico/liposarcoma ben differenziato e liposarcoma dedifferenziato.
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E' stato sviluppato un algoritmo predittivo del rischio di consolidazione ossea (ARRCO – Algoritmo Rischio Ritardo Consolidazione Ossea - IGEA, Carpi, Italy) che combina diversi fattori correlati al rischio di ritardata o mancata guarigione di una frattura. Questo algoritmo ha permesso di idntificare una popolazione di pazienti affetti da fratture con aumentato rischio di ritardo di consolidazione o mancata guarigione. Questi pazienti sono stati sottoposti precocemente a stimolazione biofisica precoce mediante Campi Elettromagnetici Pulsati a bassa frequenza (CEMP), ottenendo la guarigione della frattura nella maggior parte dei casi e in tempi considerati fisiologici. Pertanto in un gruppo selezionato di pazienti, il trattamento può essere indirizzato all'applicazione precoce di CEMP, al fine di promuovere la consolidazione ossea di una frattura "a richio", il cui trattamento richiederebbe altrimenti tempi più prolungati e un costo virtuale maggiore dell'intero trattamento sanitario.
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L’ipotesi di fondo su cui si basa l’intero lavoro è che il dolore oncologico debba essere riconosciuto come “malattia nella malattia”: non si può considerare tale dolore mero “sintomo” del cancro ma esperienza totale che coinvolge l’intera persona. Il dolore oncologico è carico di valenze e significati personali, è associato a rappresentazioni sociali e, come ogni malattia, è disease, illness e sickness. Partendo da questo presupposto, la dissertazione si è posta come obiettivo generale quello di studiare il dolore oncologico tra le donne con tumore al seno, le sue componenti sociali, psicologiche, individuali oltre che fisiche; si è voluto inoltre studiare la specificità del vissuto e dei significati associati all’esperienza dolorosa. Il lavoro è articolato in due parti fondamentali, una teorica ed una empirica. La prima presenta un inquadramento dei principali concetti della sociologia della salute riguardanti il dolore. Per quanto riguarda la parte empirica, si è fatto ricorso ad una ricerca mista, fatta di metodi misti e fondata su un approccio metodologico di natura integrativa che si avvale di tecniche quantitative e qualitative. La parte quantitativa si basa su una parte dei dati della ricerca nazionale ESOPO - Epidemiological Study of Pain in Oncology. Dall’intero campione sono state isolate le sole donne con tumore al seno (n=846). Si è proceduto quindi allo studio di tale campione, alle elaborazioni statistiche con il programma SPSS e all’interpretazione dei risultati. Per quanto riguarda la parte qualitativa, invece, è stata condotta un’analisi delle fonti che si è avvalsa di un approccio netnografico: è stata condotta un’osservazione non intrusiva di 12 blog scritti da donne con tumore al seno, con lo scopo di indagare le narrazioni di malattia, i vissuti personali, i significati di dolore e malattia e le loro ripercussioni sulla vita quotidiana.
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La rottura del Legamento Crociato Craniale (LCCr) rappresenta una delle patologie ortopediche di maggiore riscontro clinico nella specie canina. In seguito a rottura del LCCr si presenta un continuo slittamento craniale della tibia il quale esita in un processo osteoartrosico. La risoluzione chirurgica rappresenta la migliore soluzione terapeutica. Le tecniche chirurgiche extra-articolari con sfruttamento dei punti isometrici del ginocchio si presentano come delle procedure molto diffuse e utilizzate. Questa tesi propone di validare l’uso di un nuovo sistema di navigazione computerizzato-assistito per la valutazione cinematica durante la ricostruzione del LCCr nel cane, ma soprattutto di studiare e confrontare il comportamento e l’efficacia dopo ricostruzione TightRope (TR) in due diverse coppie di punti isometrici. Abbiamo effettuato due analisi in parallelo. La prima eseguendo interventi chirurgici con tecnica TR su 18 casi clinici e sfruttando il punto isometrico del femore (F2) e due diversi punti isometrici della tibia (T2 o T3). L’analisi prevedeva dei controlli postoperatori a 1, 3 e 6 mesi. Ad ogni controllo veniva effettuata una visita ortopedica, esami radiografici, un questionario di valutazione clinico e di soddisfazione del proprietario. Mentre nella ricerca Ex-Vivo abbiamo eseguito dei test su 14 preparati anatomici con l’utilizzo di un sistema di navigazione computerizzato per la rilevazione dei dati. L’analisi prevedeva la valutazione dell’articolazione in diversi stadi: LCCr intatto; LCCr rotto; dopo ricostruzione con TR in F2-T2 e tensionato a 22N, 44N e 99N; dopo ricostruzione con TR in F2-T3 e tensionato a 22N, 44N e 99N. Ad ogni stadio si eseguivano cinque test di valutazione, tra cui: Test del Cassetto, Test di compressione tibiale (TCT), Rotazione Interna/Esterna, Flesso/Estensione e Varo/Valgo. Lo scopo di tale studio è quello di confrontare tra loro i punti isometrici del ginocchio e di analizzare l’efficacia della tecnica TR nelle due differenti condizioni di isometria (F2-T2 e F2-T3).
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L’insorgenza di fenomeni coinvolti nello sviluppo della farmacoresistenza costituisce al momento la principale causa di mancata risposta al trattamento chemioterapico nell’osteosarcoma. Questo è in parte dovuto ad una sovraespressione di diversi trasportatori ABC nelle cellule tumorali che causano un aumento dell’efflusso extracellulare del chemioterapico e pertanto una ridotta risposta al trattamento farmacologico. L'oncogene C-MYC è coinvolto nella resistenza al metothrexate, alla doxorubicina e al cisplatino ed è un fattore prognostico avverso, se sovraespresso al momento della diagnosi, in pazienti affetti da osteosarcoma. C-MYC è in grado di regolare l'espressione di diversi trasportatori ABC, probabilmente coinvolti nella resistenza ai farmaci nell’osteosarcoma, e questo potrebbe spiegare l’impatto prognostico avverso dell’oncogene in questo tumore. L’espressione genica di C-MYC e di 16 trasportatori ABC, regolati da C-MYC e / o responsabili dell'efflusso di diversi chemioterapici, è stata valutata su due diverse casistiche cliniche e su un pannello di linee cellulari di osteosarcoma umano mediante real-time PCR. L'espressione della proteina è stata valutata per i 9 trasportatori ABC risultati più rilevanti.Infine l'efficacia in vitro di un inibitore, specifico per ABCB1 e ABCC1, è stata valutata su linee cellulari di osteosarcoma. ABCB1 e ABCC1 sono i trasportatori più espressi nelle linee cellulari di osteosarcoma. ABCB1 è sovraespresso al momento della diagnosi in circa il 40-45% dei pazienti affetti da osteosarcoma e si conferma essere un fattore prognostico avverso se sovraespresso al momento della diagnosi. Pertanto ABCB1 diventa il bersaglio di elezione per lo sviluppo di strategie terapeutiche alternative, nel trattamento dell’osteosarcoma, atte al superamento della farmacoresistenza. L’inibizione dell'attività di tale trasportatore causa un aumento della sensibilità al trattamento chemioterapico nelle linee cellulari di osteosarcoma farmacoresistenti, indicando questo approccio come una possibile strategia per superare il problema della mancata risposta al trattamento farmacologico nei pazienti con osteosarcoma che sovraesprimono ABCB1.