25 resultados para Brown, Mary Moore, d. 1824.


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Ce travail n'a pas pour but d'établir une histoire du choeur tragique pour ainsi dire 'd'anthologie', mais bien plutôt de tracer un parcours sélectif et dynamique, en suivant l'évolution de ses formes et de ses fonctions dans la tragédie italienne, à partir du ©but du XVIe siècle jusqu' à la production alfiérienne et au retour du choeur dans le théâtre de Manzoni ; à cela s'ajoute un exercice en dehors du genre dramatique tel que le Dialogo di Federico Ruysch e delle sue mummie dans les Operette morali di Giacomo Leopardi. Dans la première partie - la plus ample et complexe, portant sur l'emploi du choeur dans la tragédie de la Renaissance - on essaye de cerner le contexte qui favorise la persistance d'un espace choral en examinant plusieurs commentaires de la Poétique aristotélicienne, et des essais de théorie dramaturgique comme Della poesia rappresentativa de Angelo Ingegneri, ou le Discorso intorno al comporre de Giambattista Giraldi Cinzio. À côté de la discussion sur le rôle du choeur on envisage aussi le profil formel des sections chorales, en s'appuyant sur l'analyse métrique, dans le cadre plus général du 'petrarchismo metrico', et en particulier de la réception de la chanson pétrarquesque. Interroger la présence de trois constantes thématiques - par exemple la forme de l'hymne à Éros - signifie en suite relever l'importance de Sophocle pour le théâtre de la Renaissance dans la perspective du choeur. Cette première section est complétée par un chapitre entièrement consacré à Torquato Tasso et à son Re Torrismondo, qui présente un troisième chant choral de grande épaisseur philosophique, central dans l'économie du drame et analysé ici à travers un exercice de lecture qui utilise à la fois les instruments de la stylistique, de l'intertextualité, et de l'intratextualité concernant l'entier corpus poétique et philosophique tassien, de ses Rime aux Dialoghi. La deuxième section, qui commence par une exploration théorique de la question du choeur, conduite par exemple sur les textes de Paolo Beni e Tommaso Campanella, a pour cible principale de expliquer comment le choeur assume le rôle d'un vrai 'personnage collectif' dans le théâtre de Federico Della Valle : un choeur bien installé dans l'action tragique, mais conservant au même temps les qualités lyriques et philosophiques d'un chant riche de mémoire culturelle et intertextuelle, de la Phaedra de Sénèque à la Commedia dantesque dans la Reina di Scozia, centre principal de l'analyse et coeur du catholicisme contreréformiste dellavallien. Dans la troisième partie le discours se concentre sur les formes de la métamorphose, pour ainsi dire, du choeur : par exemple la figure du confident, conçu comme un substitut du groupe choral dans les discussions des théoriciens et des auteurs français - voir Corneille, D'Aubignac, Dacier - et italiens, de Riccoboni à Calepio et Maffei. Cependant dans cette section il est surtout question de la ©finition de l'aria mélodramatique compris comme le 'nouveau choeur' des Modernes, formulée par Ranieri Calzabigi et par Metastasio. Il s'agit donc ici de mettre en relation l'élaboration théorique contenue dans la Dissertazione de Calzabigi et dans l'Estratto de l'Arte poetica de Metastasio avec le premier et unique essai tragique de jeunesse de ce dernier, le Giustino, et le livret de son Artaserse. On essaye de montrer le profond lien entre l'aria et l'action dramatique : donc c'est le dramma musicale qui est capable d'accueillir la seule forme de choeur - l'aria - encore possible dans le théâtre moderne, tandis que le choeur proprement tragique est ©sormais consi©ré inutilisable et pour ainsi dire hors-contexte (sans toutefois oublier qu'à la fin du siècle Vittorio Alfieri essayait de ne pas renoncer au choeur dans sa traduction des Perses d'Eschyle ; et surtout dans un essai tragique comme l'Alceste seconda ou dans sa tramelogedia, l'Abele). Comme conclusion une section contenant des remarques qui voudrait juste indiquer trois possibles directions de recherche ultérieure : une comparaison entre Manzoni et Leopardi - dans la perspective de leur intérêt pour le choeur et de la différence entre le sujet lyrique manzonien et celui léopardien ; une incursion dans le livret du mélodrame verdien, afin de comprendre la fonction du choeur manzonien et sa persistance dans le texte pour l'opéra ; et enfin quelque note sur la réception du choeur manzonien et du Coro di morti léopardien dans le XXe siècle, en assumant comme point d'observation la poésie de Carlo Michelstaedter, Andrea Zanzotto et Franco Fortini. Il lavoro non intende tracciare una storia 'da manuale' del coro tragico, ma piuttosto indicare un percorso selettivo e dinamico, seguendo l'evoluzione delle sue forme e delle sue funzioni nella tragedia italiana, a partire dall'inizio del sedicesimo secolo per arrivare alla produzione alfieriana e al ritorno del coro nel teatro di Manzoni; a ciò si aggiunge una prova estranea al genere drammatico come il Dialogo di Federico Ruysch e delle sue mummie nelle Operette morali di Giacomo Leopardi. Nella prima parte - la più ampia e complessa, riguardante l'impiego del coro nella tragedia rinascimentale - si cerca di ricostruire il contesto che favorisce la persistenza dello spazio corale attraverso l'esame di diversi commenti alla Poetica aristotelica, e di alcuni saggi di teoria drammaturgica come Della poesia rappresentativa di Angelo Ingegneri, o il Discorso intorno al comporre di Giambattista Giraldi Cinzio. La discussione sul ruolo del coro è affiancata dall'esame del profilo formale delle sezioni corali, grazie a un'indagine metrica nel quadro del più ampio petrarchismo metrico cinquecentesco, e in particolare nel quadro della ricezione della formacanzone petrarchesca. Interrogare la presenza di tre costanti tematiche - per esempio la forma dell'inno a Eros - significherà in seguito rilevare l'importanza di Sofocle per il teatro rinascimentale anche nella prospettiva angolata del coro. Questa prima sezione è completata da un capitolo interamente dedicato a Torquato Tasso e al suo Re Torrismondo, che presenta un terzo canto corale di grande spessore stilistico e filosofico, centrale nell'economia del dramma e analizzato qui attraverso un esercizio di lettura che si serve degli strumenti della stilistica e dell'intertestualità, oltre che del rapporto intratestuale fra i vari luoghi del corpus tassiano, dalle Rime ai suoi Dialoghi. La seconda sezione, che si avvia con un'esplorazione teorica della questione del coro nel Seicento - condotta per esempio sui testi di Paolo Beni e Tommaso Campanella - ha per fulcro la descrizione di un coro quale 'personaggio collettivo' nelle tragedie di Federico Della Valle: un coro ben inserito nell'azione tragica, ma che conserva allo stesso tempo le qualità liriche e filosofiche di un canto ricco di memoria culturale e intertestuale, dalla Fedra di Seneca alla Commedia dantesca, nella sua Reina di Scozia, centro dell'analisi e cardine del cattolicesimo controriformista dellavalliano. Nella terza sezione il discorso si concentra sulle forme della metamorfosi, per così dire, del coro: per esempio la figura del confidente, interpretato come un sostituto del gruppo corale nelle discussioni di teorici e autori francesi - Corneille, D'Aubignac, Dacier - e italiani, da Riccoboni a Calepio e Maffei. Ma qui ci si rivolge anzitutto alla definizione dell'aria melodrammatica, sentita quale 'nuovo coro' dei Moderni da Ranieri Calzabigi e Pietro Metastasio. Si tratterà dunque di mettere in relazione l'elaborazione teorica svolta nella Dissertazione di Calzabigi e nell'Estratto dell'arte poetica di Metastasio con il primo e unico - e giovanile - tentativo tragico di quest'ultimo, il Giustino, e con il libretto del suo Artaserse. L'intenzione è quella di mostrare il profondo legame tra l'aria e l'azione drammatica: è perciò il dramma musicale che è capace di accogliere la sola forma di coro - l'aria - ancora possibile nel teatro moderno, mentre il vero e proprio coro tragico si rassegna ormai a essere considerato inutile e per così dire fuori contesto (senza dimenticare, tuttavia, che al chiudersi del secolo Vittorio Alfieri tentava di non rinunciare al coro nella sua traduzione dei Persiani di Eschilo; e soprattutto in un tentativo tragico come la sua Alceste seconda o nella tramelogedia Abele). In conclusione una più veloce sezione che vorrebbe semplicemente indicare qualche altra possibile direzione di ricerca: un confronto fra Manzoni e Leopardi - nella prospettiva del coro interesse per il coro, e della differenza fra il soggetto lirico manzoniano e quello leopardiano; un'incursione nel libretto del melodramma verdiano, per misurarvi la funzione del coro manzoniano e la sua persistenza nel testo operistico; e infine qualche appunto sulla ricezione del coro manzoniano e del Coro di morti di Leopardi nel Novecento, assumendo quale punto d'osservazione la poesia di Carlo Michelstaedter, Andrea Zanzotto e Franco Fortini.

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Infectious and inflammatory diseases have repeatedly shown strong genetic associations within the major histocompatibility complex (MHC); however, the basis for these associations remains elusive. To define host genetic effects on the outcome of a chronic viral infection, we performed genome-wide association analysis in a multiethnic cohort of HIV-1 controllers and progressors, and we analyzed the effects of individual amino acids within the classical human leukocyte antigen (HLA) proteins. We identified >300 genome-wide significant single-nucleotide polymorphisms (SNPs) within the MHC and none elsewhere. Specific amino acids in the HLA-B peptide binding groove, as well as an independent HLA-C effect, explain the SNP associations and reconcile both protective and risk HLA alleles. These results implicate the nature of the HLA-viral peptide interaction as the major factor modulating durable control of HIV infection.

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Arising from M. A. Nowak, C. E. Tarnita & E. O. Wilson 466, 1057-1062 (2010); Nowak et al. reply. Nowak et al. argue that inclusive fitness theory has been of little value in explaining the natural world, and that it has led to negligible progress in explaining the evolution of eusociality. However, we believe that their arguments are based upon a misunderstanding of evolutionary theory and a misrepresentation of the empirical literature. We will focus our comments on three general issues.

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Obesity results from chronic energy surplus and excess lipid storage in white adipose tissue (WAT). In contrast, brown adipose tissue (BAT) efficiently burns lipids through adaptive thermogenesis. Studying mouse models, we show that cyclooxygenase (COX)-2, a rate-limiting enzyme in prostaglandin (PG) synthesis, is a downstream effector of beta-adrenergic signaling in WAT and is required for the induction of BAT in WAT depots. PG shifted the differentiation of defined mesenchymal progenitors toward a brown adipocyte phenotype. Overexpression of COX-2 in WAT induced de novo BAT recruitment in WAT, increased systemic energy expenditure, and protected mice against high-fat diet-induced obesity. Thus, COX-2 appears integral to de novo BAT recruitment, which suggests that the PG pathway regulates systemic energy homeostasis.

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Cette étude envisage le film de Gus Van Sant à partir des théories de l'énonciation narrative, rediscutées à travers cet exemple singulier où le spectateur est convié - du moins en apparence - à adopter successivement, grâce à une « caméra subjective » dont on sonde toute l'ambiguïté, le point de vue de différents personnages. Ce contexte théorique permet de ©voiler certains mécanismes de l'organisation du film et les raisons de l'enraiement de l'identification aux figures de l'écran, fantômes qui semblent s'effacer devant une présence appuyée de la caméra rappelant qu'il s'agit avant tout d'un regard porté sur un fait divers, non d'une explication basée sur des phénomènes d'intériorisation psychologique - Elephant trouve à cet égard, comme l'auteur le montre ici, une position intermédiaire entre le film homonyme réalisé par Alan Clarke en 1989 pour la BBC et Bowling for Columbine de Michael Moore (2002). On y envisage la ©marche du cinéaste de façon concrète, comme une manière d'arpenter un espace en prenant des personnages en « filature ».

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Studies of hybrid zones can inform our understanding of reproductive isolation and speciation. Two species of brown lemur (Eulemur rufifrons and E. cinereiceps) form an apparently stable hybrid zone in the Andringitra region of south-eastern Madagascar. The aim of this study was to identify factors that contribute to this stability. We sampled animals at 11 sites along a 90-km transect through the hybrid zone and examined variation in 26 microsatellites, the D-loop region of mitochondrial DNA, six pelage and nine morphological traits; we also included samples collected in more distant allopatric sites. Clines in these traits were noncoincident, and there was no increase in either inbreeding coefficients or linkage disequilibrium at the centre of the zone. These results could suggest that the hybrid zone is maintained by weak selection against hybrids, conforming to either the tension zone or geographical selection-gradient model. However, a closer examination of clines in pelage and microsatellites indicates that these clines are not sigmoid or stepped in shape but instead plateau at their centre. Sites within the hybrid zone also occur in a distinct habitat, characterized by greater seasonality in precipitation and lower seasonality in temperature. Together, these findings suggest that the hybrid zone may follow the bounded superiority model, with exogenous selection favouring hybrids within the transitional zone. These findings are noteworthy, as examples supporting the bounded superiority model are rare and may indicate a process of ecologically driven speciation without geographical isolation.

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The peroxisome proliferator-activated receptor gamma (PPARgamma) mediates the activity of the insulin-sensitizing thiazolidinediones and plays an important role in adipocyte differentiation and fat accretion. The analysis of PPARgamma functions in mature adipocytes is precluded by lethality of PPARgamma(-/-) fetuses and tetraploid-rescued pups. Therefore we have selectively ablated PPARgamma in adipocytes of adult mice by using the tamoxifen-dependent Cre-ER(T2) recombination system. We show that mature PPARgamma-null white and brown adipocytes die within a few days and are replaced by newly formed PPARgamma-positive adipocytes, demonstrating that PPARgamma is essential for the in vivo survival of mature adipocytes, in addition to its well established requirement for their differentiation. Our data suggest that potent PPARgamma antagonists could be used to acutely reduce obesity.

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To understand the biology and evolution of ruminants, the cattle genome was sequenced to about sevenfold coverage. The cattle genome contains a minimum of 22,000 genes, with a core set of 14,345 orthologs shared among seven mammalian species of which 1217 are absent or undetected in noneutherian (marsupial or monotreme) genomes. Cattle-specific evolutionary breakpoint regions in chromosomes have a higher density of segmental duplications, enrichment of repetitive elements, and species-specific variations in genes associated with lactation and immune responsiveness. Genes involved in metabolism are generally highly conserved, although five metabolic genes are deleted or extensively diverged from their human orthologs. The cattle genome sequence thus provides a resource for understanding mammalian evolution and accelerating livestock genetic improvement for milk and meat production.