53 resultados para porosité


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New concepts on porosity appraisal in ancient and modern construction materials. The role of Fractal Geometry on porosity characterization and transport phenomena. This work studied the potential of Fractal Geometry to the characterization of porous materials. Besides the descriptive aspects of the pore size distribution, the fractal dimensions have led to the development of rational relations for the prediction of permeability coefficients to fluid and heat transfer. The research considered natural materials used in historical buildings (rock and earth) as well as currently employed materials as hydraulic cement and technologically advanced materials such as silicon carbide or YSZ ceramics. The experimental results of porosity derived from the techniques of mercury intrusion and from the image analysis. Data elaboration was carried out according to established procedures of Fractal Geometry. It was found that certain classes of materials are clearly fractal and respond to simple patterns such as Sierpinski and Menger models. In several cases, however, the fractal character is not recognised because the microstructure of the material is based on different phases at different dimensional scales, and in consequence the “fractal dimensions” calculated from porosimetric data do not come within the standard range (less than 3). Using different type and numbers of fractal units is possible, however, to obtain “virtual” microstructures that have the fraction of voids and pore size distribution equivalent with the experimental ones for almost any material. Thus it was possible to take the expressions for the permeability and the thermal conduction which does not require empirical “constants”, these expressions have also provided values that are generally in agreement with the experimental available data. More problematic has been the fractal discussion of the geometry of the rupture of the material subjected to mechanical stress both external and internal applied. The results achieved on these issues are qualitative and prone to future studies. Keywords: Materials, Microstructure, Porosity, Fractal Geometry, Permeability, Thermal conduction, Mechanical strength.

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La presente ricerca si inquadra nell’ambito della risoluzione dei problemi legati alla chirurgia ossea, per la cura e la sostituzione di parti di osso in seguito a fratture, lesioni gravi, malformazioni e patologie quali osteoporosi, tumori, etc… Attualmente la progettazione di impianti per le sostituzioni/rigenerazioni ossee richiede che i materiali sviluppati siano in grado di “mimare” la composizione e la morfologia dei tessuti naturali, in modo da generare le specifiche interazioni chimiche esistenti nei tessuti dell’organismo con cui vengono a contatto e quindi di biointegrarsi e/o rigenerare l’osso mancante nel miglior modo possibile, in termini qualitativi e quantitativi. Per lo sviluppo di sostituti ossei porosi sono state sperimentate 2 tecnologie innovative: il freeze-casting ed il foaming. Gli impianti ceramici realizzati hanno presentano una dimensione dei pori ed un’interconnessione adeguata sia per l’abitazione cellulare che per la penetrazione dei fluidi fisiologici e la vascolarizzazione. In particolare l’elevata unidirezionalità nei campioni ottenuti mediante freeze-casting si presenta molto promettente poiché fornisce cammini guida che migliorano la vascolarizzazione dell’impianto e l’abitazione cellulare in tempi rapidi e nella parte più interna dello scaffold. D’altra parte, la tecnologia del foaming ha permesso l’ottenimento di materiali apatitici ad alta porosità multidimensionale ed interconnessa con proprietà meccaniche implementate rispetto a tipologie precedenti e, lavorabili dopo sinterizzazione mediante prototipazione rapida. Per questo motivo, questi materiali sono attualmente in corso di sperimentazione, con risultati preliminari adeguati promettenti per un’applicazione clinica, come sostituti ossei di condilo mandibolare, sito estremamente critico per gli sforzi meccanici presenti. È stata dimostrata la possibilità di utilizzare lo scaffold ceramico biomimetico con la duplice funzione di sostituto osseo bioattivo e sistema di rilascio in situ di ioni specifici e di antibiotico, in cui la cinetica di rilascio risulta fortemente dipendente dalle caratteristiche chimico-fisico morfologiche del dispositivo (solubilità, area di superficie specifica,…). Per simulare sempre di più la composizione del tessuto osseo e per indurre specifiche proprietà funzionali, è stata utilizzata la gelatina come fase proteica con cui rivestire/impregnare dispositivi porosi 3D a base di apatite, con cui miscelare direttamente la fase inorganica calcio-fosfatica e quindi realizzare materiali bio-ibridi in cui le due fasi contenenti siano intimamente interagenti. Inoltre al fine di ridurre gli innumerevoli problemi legati alle infezioni ossee alcuni dei materiali sviluppati sono stati quindi caricati con antibiotico e sono state valutate le cinetiche di rilascio. In questa maniera, nel sito dell’impianto sono state associate le funzioni di trasporto e di rilascio di farmaco, alla funzione di sostituzione/rigenerazione ossee. La sperimentazione con la gelatina ha messo in luce proprietà posatamente sfruttabili della stessa. Oltre a conferire allo scaffold un implementata mimesi composizionale del tessuto osseo, ha infatti consentito di aumentare le proprietà meccaniche, sia come resistenza a compressione che deformazione. Unitamente a quanto sopra, la gelatina ha consentito di modulare la funzionalità di dispensatore di farmaco; mediante controllo della cinetica di rilascio, tramite processi di reticolazione più o meno spinti.

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Nei processi di progettazione e produzione tramite tecnologie di colata di componenti in alluminio ad elevate prestazioni, risulta fondamentale poter prevedere la presenza e la quantità di difetti correlabili a design non corretti e a determinate condizioni di processo. Fra le difettologie più comuni di un getto in alluminio, le porosità con dimensioni di decine o centinaia di m, note come microporosità, hanno un impatto estremamente negativo sulle caratteristiche meccaniche, sia statiche che a fatica. In questo lavoro, dopo un’adeguata analisi bibliografica, sono state progettate e messe a punto attrezzature e procedure sperimentali che permettessero la produzione di materiale a difettologia e microstruttura differenziata, a partire da condizioni di processo note ed accuratamente misurabili, che riproducessero la variabilità delle stesse nell’ambito della reale produzione di componenti fusi. Tutte le attività di progettazione delle sperimentazioni, sono state coadiuvate dall’ausilio di software di simulazione del processo fusorio che hanno a loro volta beneficiato di tarature e validazioni sperimentali ad hoc. L’apparato sperimentale ha dimostrato la propria efficacia nella produzione di materiale a microstruttura e difettologia differenziata, in maniera robusta e ripetibile. Utilizzando i risultati sperimentali ottenuti, si è svolta la validazione di un modello numerico di previsione delle porosità da ritiro e gas, ritenuto ad oggi allo stato dell’arte e già implementato in alcuni codici commerciali di simulazione del processo fusorio. I risultati numerici e sperimentali, una volta comparati, hanno evidenziato una buona accuratezza del modello numerico nella previsione delle difettologie sia in termini di ordini di grandezza che di gradienti della porosità nei getti realizzati.

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[ES]Este proyecto tiene como objetivo servir de punto de partida al estudio del comportamiento acústico de las chapas perforadas como solución para el revestimiento de fachadas. Para ello se presentan dos posibles modelos de fachada analizados a través del software SoundFlow que determina su coeficiente de absorción. Con el fin de encontrar la solución más adecuada nos centraremos en las siguientes variables: separación de la chapa a la pared (d), diámetro del agujero de las chapas (Ø), y porcentaje de área perforada de la chapa o porosidad (p). Previamente se estudiarán las principales fuentes de contaminación acústica y su espectro de ruido para determinar la frecuencia en la que deben centrarse nuestros esfuerzos por aumentar el coeficiente de absorción.

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Les propriétés des matériaux moléculaires proviennent à la fois de la structure des composantes individuelles et de la façon dont elles s’associent. Ce dernier aspect reste difficile à contrôler, malgré de grandes avancées en science des matériaux. Pour mieux comprendre la relation structure-propriétés, nous avons entrepris une étude systématique de l'hexaphénylbenzène et de ses dérivés, qui offrent une charpente symétrique et rigide. En premier lieu, nous avons attaché six groupements diaminotriazinyles sur l’hexaphénylbenzène afin de produire des réseaux tridimensionnels hautement poreux maintenus par des ponts hydrogène. En modifiant systématiquement le coeur moléculaire, nous avons excisé près du tiers de la molécule-mère, générant des réseaux supramoléculaires dont la porosité s’est élevée graduellement jusqu’à 75%, équivalant ainsi le record pour ce type de matériaux. Ensuite, nous avons étudié le comportement de l’hexakis(4-nitrophényl)benzène. Dans les structures cristallines obtenues, des interactions non-covalentes entre groupements nitro démontrent leur potentiel en chimie supramoléculaire. Le coeur moléculaire ne joue qu’un rôle secondaire dans l’empilement des molécules : seules quelques interactions C-H•••π impliquant le cycle aromatique central de l’hexaphénylbenzène sont évidentes. Cette dernière observation nous a poussés à étudier le comportement à l’état cristallin de l’hexaphénylbenzène et ses dérivés. En scrutant attentivement neuf structures cristallines de ces composés, nous avons décerné la présence récurrente d’interactions C-H•••π impliquant le cycle aromatique central. Cette association caractéristique a été exploitée pour créer des réseaux supramoléculaires maintenus par des interactions C-H•••π sélectives entre un groupement éthynyle et le cycle aromatique central de l’hexaphénylbenzène. Finalement, nous avons joint le côté sombre de l’ingénierie cristalline en utilisant nos connaissances dans le but d’empêcher la formation d’interactions directionnelles. En protégeant le cycle aromatique central de l’hexaphénylbenzène à l’aide de groupements alkyles, les interactions C-H•••π ont été pratiquement éliminées. Ces résultats offrent la possibilité de créer de nouveaux matériaux amorphes. Dans ces études, focalisées sur le système hexaphénylbenzène, nous avons mis en relief des phénomènes qui sont obscurcis dans d'autres familles de molécules. De plus, ce système a grandement facilité l’utilisation d’une approche méthodique pour explorer la relation structure-propriétés. Nos travaux nous ont amenés à des conclusions de valeur universelle en science des matériaux moléculaires.

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De la mouvance du récit contemporain fragmenté, labyrinthique, se dégage un rapport significatif entre les personnages du récit et les lieux dans lesquels ils gravitent : lieux comme figures diverses et discontinues de l’histoire et des mythes y étant inscrits. Cette construction interactive entre lieu et sujet fait intervenir l’espace comme primordial, et, ainsi, redéfinit l’importance du temps dans l’écrit. Le temps n’adviendrait plus seulement dans le « raconté », comme le suggère Ricœur, mais dans les strates successives de son inscription dans les lieux : le lieu est vécu comme art combinatoire des expériences qui s’y rattachent. C’est par le projet continuel et imparfait du sujet à se situer, plus spécifiquement ici dans la ville et dans celles auxquelles il s’identifie, que surgit l’expression du récit. À travers trois œuvres de Julio Cortázar, le temps sera pensé comme une modalité de fragments « empilables », inscrite dans les lieux signifiants, qui saura émerger au conscient par l’entremise de la porosité de la ville, de sa capacité à susciter des « sauts », des passages. Ce qui lie les espaces architectoniques et le temps qui s’y imprime au sujet qui doit se dire pour exister, mettre en récit afin d’unifier les parties discontinues de son être, émergera dans le « devenir en mouvement », superposition du récit et de l’expérience réelle, par les tropes cortazariens de l’expérimentation, jeu, passage et langage. Là surgira dans l’acte créatif une dynamique spécifique à la ville qui envahit et guide le sujet: sa singularité plurielle.

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L’ablation de cibles d’Al nanocristallines (taille moyenne des cristallites d = 3,1 et 6,2 nm) par impulsions laser ultrabrèves (200 fs) a été étudiée par l’entremise de si- mulations combinant la dynamique moléculaire et le modèle à deux températures (two- temperature model, TTM) pour des fluences absorbées allant de 100 à 1300 J/m2. Nos simulations emploient un potentiel d’interaction de type EAM et les propriétés électro- niques des cibles en lien avec le TTM sont représentées par un modèle réaliste possédant une forme distincte dans le solide monocristallin, le solide nanocristallin et le liquide. Nous avons considéré l’effet de la taille moyenne des cristallites de même que celui de la porosité et nous avons procédé à une comparaison directe avec des cibles mono- cristallines. Nous avons pu montrer que le seuil d’ablation des métaux nanocristallins est significativement plus bas, se situant à 400 J/m2 plutôt qu’à 600 J/m2 dans le cas des cibles monocristallines, l’écart étant principalement dû à l’onde mécanique plus im- portante présente lors de l’ablation. Leur seuil de spallation de la face arrière est aussi significativement plus bas de par la résistance à la tension plus faible (5,40 GPa contre 7,24 GPa) des cibles nanocristallines. Il est aussi apparu que les contraintes résiduelles accompagnant généralement l’ablation laser sont absentes lors de l’ablation de cibles d’aluminium nanocristallines puisque la croissance cristalline leur permet d’abaisser leur volume spécifique. Nos résultats indiquent aussi que le seuil de fusion des cibles nano- cristallines est réduit de façon marquée dans ces cibles ce qui s’explique par la plus faible énergie de cohésion inhérente à ces matériaux. Nos simulations permettent de montrer que les propriétés structurelles et électroniques propres aux métaux nanocristallins ont toutes deux un impact important sur l’ablation.

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S’appuyant sur la sociologie des relations ethniques et de l’interactionnisme symbolique, ce mémoire vise à analyser la manière dont des femmes de culture musulmane engagées dans l’espace public québécois interagissent avec les stéréotypes par lesquels elles sont caractérisées dans la société, mais auxquels elles disent ne pas correspondre. Partant du postulat qu’il existe un discours dominant ethnicisant qui dépeint les femmes musulmanes comme des êtres « soumis » et « vulnérables », ces femmes engagées se voient assigner une identité dépréciative qu’elles ne partagent pas. Elles perçoivent donc un écart entre leur identité « réelle » qu’elles voudraient se voir reconnaître par autrui et l’identité « attribuée par autrui ». À partir d’entretiens semi-directifs, ce mémoire propose une typologie des femmes de culture musulmane engagées dans l’espace public québécois. Cette typologie permet d’analyser la manière dont celles-ci perçoivent le discours dominant et les réactions qu’il suscite chez elles. Les résultats de cette analyse suggèrent notamment que ces femmes engagées élaborent des stratégies identitaires afin de voir confirmer et renforcer l’identité qu’elles voudraient se voir reconnaître par la société majoritaire. La mise en place de ces stratégies révèle la porosité des frontières ethniques puisque certaines d’entre elles vont adopter des stratégies orientées vers la « similarisation » au majoritaire, alors que d’autres vont chercher à s’en différencier.

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Les expériences de spectroscopie ont été réalisées en collaboration avec Jean-François Allard du groupe de Denis Morris de l'Université de Sherbrooke.

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La chimie supramoléculaire est un domaine qui suscite depuis quelques années un intérêt grandissant. Le domaine s’appuie sur les interactions intermoléculaires de façon à contrôler l’organisation moléculaire et ainsi moduler les propriétés des matériaux. La sélection et le positionnement adéquat de groupes fonctionnels, utilisés en combinaison avec un squelette moléculaire particulier, permet d’anticiper la façon dont une molécule interagira avec les molécules avoisinantes. Cette stratégie de construction, nommé tectonique moléculaire, fait appel à la conception de molécules appelées tectons (du mot grec signifiant bâtisseur) pouvant s’orienter de façon prévisible par le biais d’interactions faibles et ainsi générer des architectures supramoléculaires inédites. Les tectons utilisent les forces intermoléculaires mises à leur disposition pour s’orienter de façon prédéterminée et ainsi contrecarrer la tendance à s’empiler de la manière la plus compacte possible. Pour ce faire, les tectons sont munies de diverses groupes fonctionnels, aussi appelés groupes de reconnaissance, qui agiront comme guide lors de l’assemblage moléculaire. Le choix du squelette moléculaire du tecton revêt une importance capitale puisqu’il doit permettre une orientation optimale des groupes de reconnaissance. La stratégie de la tectonique moléculaire, utilisée conjointement avec la cristallisation, ouvre la porte à un domaine de la chimie supramoléculaire appelé le génie cristallin. Le génie cristallin permet l’obtention de réseaux cristallins poreux soutenus par des interactions faibles, pouvant accueillir des molécules invitées. Bien que toutes les interactions faibles peuvent être mises à contribution, le pont hydrogène est l’interaction prédominante en ce qui a trait aux réseaux cristallins supramoléculaires. La force, la directionnalité ainsi que la versatilité font du pont hydrogène l’interaction qui, à ce jour, a eu le plus grand impact dans le domaine du génie cristallin. Un des groupements de reconnaissance particulièrement intéressants en génie cristallin, faisant appel aux ponts hydrogène et offrant plusieurs motifs d’interaction, est l’unité 2,4-diamino-1,3,5-triazinyle. L’utilisation de ce groupement de reconnaissance conjointement avec un cœur moléculaire en forme de croix d’Onsager, qui défavorise l’empilement compact, permet l’obtention de valeurs de porosités élevées, comme c’est le cas pour le 2,2’,7,7’-tétrakis(2,4-diamino-1,3,5-triazin-6-yl)-9,9’-spirobi[9H-fluorène]. Nous présentons ici une extension du travail effectué sur les cœurs spirobifluorényles en décrivant la synthèse et l’analyse structurale de molécules avec une unité dispirofluorène-indénofluorényle comme cœur moléculaire. Ce cœur moléculaire exhibe les mêmes caractéristiques structurales que le spirobifluorène, soit une topologie rigide en forme de croix d’Onsager défavorisant l’empilement compact. Nous avons combiné les cœurs dispirofluorène-indénofluorényles avec différents groupements de reconnaissance de façon à étudier l’influence de l’élongation du cœur moléculaire sur le réseau cristallin, en particulier sur le volume accessible aux molécules invitées.

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Cette thèse propose une redéfinition de la notion de frontière dans le contexte américain, avec pour point de départ les romans de trois voix littéraires issues de trois minorités ethniques : Sandra Cisneros (Caramelo), Cristina Garcia (The Agüero Sisters) et David Plante (The Family et The Native). Je conceptualise la frontière comme fluctuation entre mouvement et immobilité, entre porosité et imperméabilité. Dans le premier chapitre, je fournis des repères sur la théorie des frontières et j'analyse les avancées de ce champ d'étude, du concept de terre frontalière (“Borderland Theories”) jusqu'aux récits d'immigration. Je propose un cadre conceptuel que j'appelle « Écrire la frontière à partir de la perspective de la frontière », lequel permet une lecture neuve des récits de frontière, et une redéfinition de la notion elle-même. Prise comme perspective, la frontière est une dynamique vivante, ce qui la rend plurielle et impossible à fixer définitivement; aussi les récits de frontière présentent-ils une grande variété d’expériences, toutes liées à des moments et à des points de vue uniques. Dans le second chapitre, j’analyse la porosité des frontières dans le contexte géopolitique contemporain, en mettant en lumière comment la colonisation, la mondialisation économique et l’immigration sont autant de mécanismes de transgression des frontières qui suivent des orientations transnationales, dénationales et postnationales. Dans le troisième chapitre, j’étudie la résurgence des frontières dans la vie des immigrants qui habitent aux États-Unis. J’identifie l’insécurité capitaliste ainsi que la marchandisation de l’espace et de l’ethnicité comme étant à l'origine du renforcement des frontières délimitant les quartiers ethniques; génératrices de stéréotypes négatifs, ces divisions physiques deviennent une technologie d’exclusion et d’injustice sociale. Le dernier chapitre présente une lecture des aspects esthétiques de la frontière, voyant comment ils peuvent contribuer à écrire la frontière à partir de la perspective de la frontière. Dans les textes à l'étude, j'examine de près la problématisation du concept de représentation, la multiplicité des points de vue narratifs, l’inaccessibilité du réel, et la partialité de la médiation. Mots clés : Théories et écrits sur les frontières, minorités ethniques aux États-Unis, multiculturalisme, culture, immigration, mondialisation, espace, place, territoire, état-nation, nationalisme, histoire, langue et langage, représentation, communauté, justice sociale, citoyenneté

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Les réseaux organiques covalents (COFs) sont des réseaux bidimensionnels et tridimensionnels assemblés seulement par des atomes légers, c’est-à-dire de la première et deuxième rangée du tableau périodique. Ceux-ci ont montré des propriétés de porosité pouvant être exploitées dans le stockage, dans la catalyse et dans la séparation moléculaire. La plupart de ces matériaux ont été obtenus par une réaction finale de condensation, ce qui nuit à leurs cristallisations, donc à l’homogénéité et à la caractérisation détaillée de ces matériaux. Les p-xylylènes de Thiele et Tschitschibabin sont des molécules qui ont suscité l’intérêt pour leurs structures et leurs propriétés magnétiques. Subséquemment, Wittig a démontré que le remplacement des fragments diphénylméthylène par des fragments fluorénylidène sur le p-xylylène de Thiele donne des molécules pouvant s’oligomériser pour former un tétramère. Dans notre étude, nous avons examiné l’assemblage de dérivés fluorénylidène dans le but d’obtenir un COF. Tout d’abord, un dérivé linéaire similaire à ce que Wittig a obtenu a été synthétisé afin de vérifier l’assemblage à partir d’un cœur spirobifluorényle. Ces molécules se sont assemblées en tétramère, comme prévu, et en hexamère. Ces deux résultats ont pu être rationalisés par une étude à l’état solide par diffraction des rayons-X. L’empilement tridimensionnel a également été étudié pour ces deux molécules. Subséquemment, des dérivés tétraédriques ont été synthétisés afin d’étudier leurs assemblages. Un premier dérivé est resté sous sa forme quinoïdale et ne s’est pas assemblé, alors qu’un second dérivé a mené à un dimère partiellement assemblé. La structure de ce dernier suggère la formation d’un polymère linéaire pour ce composé dans le cas où il aurait été possible de l’assembler complètement.

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Cette recherche s’intéresse aux enjeux de l’habitat de demain de la génération des baby-boomers, tout particulièrement ceux nés entre 1945 et 1953, qui arrivent aujourd’hui à la retraite. C’est au carrefour de la vision de ce que signifie habiter selon des auteurs comme Benoit Goetz ( 2011), des philosophes comme Heidegger (1958), Bachelard (1957), Benjamin (1955), Büber (1962) ou encore Deleuze (1980) d’une part, soulignant les facteurs de porosité et les liens aux autres, et d’autre part les caractéristiques des baby-boomers telles que présentées par Jean François Sirinelli (2003) et Josée Garceau (2012), que se situe la recherche. Cette génération informée entend rester active et pratique des « adeptions » qui influencent par les gestes un savoir habiter et par là son habitat. L’étude de terrain a sondé les aspirations des baby-boomers en ce qui concerne leur choix résidentiel pour l’avenir, pour comprendre sur quelles valeurs et vers quels buts leur projet se construit. Le choix de méthodologies qualitatives s’appuie sur le visionnement préalable d’un film récent : Et si on vivait tous ensemble. Des entretiens semi-dirigés, auprès de cinq baby-boomers, de 60 à 65 ans, effectués en deux phases avec verbatim approuvés,étaient basés sur trois thèmes : la mémoire, l’adeption et le projet. Entre autres résultats, sont confirmés avec variantes, plusieurs concepts théoriques, comme ceux de porosité et d’ouverture par la fenêtre à la fois physique et virtuelle, mais soulignent le spectre de la maison de retraite et des préoccupations financières concernant l’avenir d’un habitat nécessairement autonome. Cette génération imprégnée par le monde technologique veut avoir accès à tout ce que propose la modernité sans pour autant perdre le sens de l’historicité de leur vie. Nés dans un monde en bouillonnement, les baby-boomers ont réinventé chaque étape de leur existence, ce qui laisse préfigurer que cette génération s’apprête à réinventer la retraite et ses sites domiciliaires. Aussi l’approche design devra-t-elle complètement se renouveler pour ces nouveaux usagers.

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Il traffico veicolare è la principale fonte antropogenica di NOx, idrocarburi (HC) e CO e, dato che la sostituzione dei motori a combustione interna con sistemi alternativi appare ancora lontana nel tempo, lo sviluppo di sistemi in grado di limitare al massimo le emissioni di questi mezzi di trasporto riveste un’importanza fondamentale. Sfortunatamente non esiste un rapporto ottimale aria/combustibile che permetta di avere basse emissioni, mentre la massima potenza ottenibile dal motore corrisponde alle condizioni di elevata formazione di CO e HC. Gli attuali sistemi di abbattimento permettono il controllo delle emissioni da sorgenti mobili tramite una centralina che collega il sistema di iniezione del motore e la concentrazione di ossigeno del sistema catalitico (posto nella marmitta) in modo da controllare il rapporto aria/combustibile (Fig. 1). Le marmitte catalitiche per motori a benzina utilizzano catalizzatori “three way” a base di Pt/Rh supportati su ossidi (allumina, zirconia e ceria), che, dovendo operare con un rapporto quasi stechiometrico combustibile/comburente, comportano una minore efficienza del motore e consumi maggiori del 20-30% rispetto alla combustione in eccesso di ossigeno. Inoltre, questa tecnologia non può essere utilizzata nei motori diesel, che lavorano in eccesso di ossigeno ed utilizzano carburanti con un tenore di zolfo relativamente elevato. In questi ultimi anni è cresciuto l’interesse per il controllo delle emissioni di NOx da fonti veicolari, con particolare attenzione alla riduzione catalitica in presenza di un eccesso di ossigeno, cioè in condizioni di combustione magra. Uno sviluppo recente è rappresentato dai catalizzatori tipo “Toyota” che sono basati sul concetto di accumulo e riduzione (storage/reduction), nei quali l’NO viene ossidato ed accumulato sul catalizzatore come nitrato in condizioni di eccesso di ossigeno. Modificando poi per brevi periodi di tempo le condizioni di alimentazione da ossidanti (aria/combustibile > 14,7 p/p) a riducenti (aria/combustibile < 14,7 p/p) il nitrato immagazzinato viene ridotto a N2 e H2O. Questi catalizzatori sono però molto sensibili alla presenza di zolfo e non possono essere utilizzati con i carburanti diesel attualmente in commercio. Obiettivo di questo lavoro di tesi è stato quello di ottimizzare e migliorare la comprensione del meccanismo di reazione dei catalizzatori “storage-reduction” per l’abbattimento degli NOx nelle emissioni di autoveicoli in presenza di un eccesso di ossigeno. In particolare lo studio è stato focalizzato dapprima sulle proprietà del Pt, fase attiva nei processi di storage-reduction, in funzione del tipo di precursore e sulle proprietà e composizione della fase di accumulo (Ba, Mg ed una loro miscela equimolare) e del supporto (γ-Al2O3 o Mg(Al)O). Lo studio è stato inizialmente focalizzato sulle proprietà dei precursori del Pt, fase attiva nei processi di storage-reduction, sulla composizione della fase di accumulo (Ba, Mg ed una loro miscela equimolare) e del supporto (γ-Al2O3 o Mg(Al)O). E’ stata effettuata una dettagliata caratterizzazione chimico-fisica dei materiali preparati tramite analisi a raggi X (XRD), area superficiale, porosimetria, analisi di dispersione metallica, analisi in riduzione e/o ossidazione in programmata di temperatura (TPR-O), che ha permesso una migliore comprensione delle proprietà dei catalizzatori. Vista la complessità delle miscele gassose reali, sono state utilizzate, nelle prove catalitiche di laboratorio, alcune miscele più semplici, che tuttavia potessero rappresentare in maniera significativa le condizioni reali di esercizio. Il comportamento dei catalizzatori è stato studiato utilizzando differenti miscele sintetiche, con composizioni che permettessero di comprendere meglio il meccanismo. L’intervallo di temperatura in cui si è operato è compreso tra 200-450°C. Al fine di migliorare i catalizzatori, per aumentarne la resistenza alla disattivazione da zolfo, sono state effettuate prove alimentando in continuo SO2 per verificare la resistenza alla disattivazione in funzione della composizione del catalizzatore. I principali risultati conseguiti possono essere così riassunti: A. Caratteristiche Fisiche. Dall’analisi XRD si osserva che l’impregnazione con Pt(NH3)2(NO2)2 o con la sospensione nanoparticellare in DEG, non modifica le proprietà chimico-fisiche del supporto, con l’eccezione del campione con sospensione nanoparticellare impregnata su ossido misto per il quale si è osservata sia la segregazione del Pt, sia la presenza di composti carboniosi sulla superficie. Viceversa l’impregnazione con Ba porta ad una significativa diminuzione dell’area superficiale e della porosità. B. Caratteristiche Chimiche. L’analisi di dispersione metallica, tramite il chemiassorbimento di H2, mostra per i catalizzatori impregnati con Pt nanoparticellare, una bassa dispersione metallica e di conseguenza elevate dimensioni delle particelle di Pt. I campioni impregnati con Pt(NH3)2(NO2)2 presentano una migliore dispersione. Infine dalle analisi TPR-O si è osservato che: Maggiore è la dispersione del metallo nobile maggiore è la sua interazione con il supporto, L’aumento della temperatura di riduzione del PtOx è proporzionale alla quantità dei metalli alcalino terrosi, C. Precursore Metallo Nobile. Nelle prove di attività catalitica, con cicli ossidanti e riducenti continui in presenza ed in assenza di CO2, i catalizzatori con Pt nanoparticellare mostrano una minore attività catalitica, specie in presenza di un competitore come la CO2. Al contrario i catalizzatori ottenuti per impregnazione con la soluzione acquosa di Pt(NH3)2(NO2)2 presentano un’ottima attività catalitica, stabile nel tempo, e sono meno influenzabili dalla presenza di CO2. D. Resistenza all’avvelenamento da SO2. Il catalizzatore di riferimento, 17Ba1Pt/γAl2O3, mostra un effetto di avvelenamento con formazione di solfati più stabili che sul sistema Ba-Mg; difatti il campione non recupera i valori iniziali di attività se non dopo molti cicli di rigenerazione e temperature superiori ai 300°C. Per questi catalizzatori l’avvelenamento da SO2 sembra essere di tipo reversibile, anche se a temperature e condizioni più favorevoli per il 1.5Mg8.5Ba-1Pt/γAl2O3. E. Capacità di Accumulo e Rigenerabilità. Tramite questo tipo di prova è stato possibile ipotizzare e verificare il meccanismo della riduzione. I catalizzatori ottenuti per impregnazione con la soluzione acquosa di Pt(NH3)2(NO2)2 hanno mostrato un’elevata capacità di accumulo. Questa è maggiore per il campione bimetallico (Ba-Mg) a T < 300°C, mentre per il riferimento è maggiore per T > 300°C. Per ambedue i catalizzatori è evidente la formazione di ammoniaca, che potrebbe essere utilizzata come un indice che la riduzione dei nitrati accumulati è arrivata al termine e che il tempo ottimale per la riduzione è stato raggiunto o superato. Per evitare la formazione di NH3, sul catalizzatore di riferimento, è stata variata la concentrazione del riducente e la temperatura in modo da permettere alle specie adsorbite sulla superficie e nel bulk di poter raggiungere il Pt prima che l’ambiente diventi troppo riducente e quindi meno selettivo. La presenza di CO2 riduce fortemente la formazione di NH3; probabilmente perché la CO2, occupando i siti degli elementi alcalino-terrosi lontani dal Pt, impedisce ai nitriti/nitrati o all’H2 attivato di percorrere “elevate” distanze prima di reagire, aumentando così le possibilità di una riduzione più breve e più selettiva. F. Tempo di Riduzione. Si è migliorata la comprensione del ruolo svolto dalla concentrazione dell’agente riducente e dell’effetto della durata della fase riducente. Una durata troppo breve porta, nel lungo periodo, alla saturazione dei siti attivi, un eccesso alla formazione di NH3 Attraverso queste ultime prove è stato possibile formulare un meccanismo di reazione, in particolare della fase riducente. G. Meccanismo di Riduzione. La mobilità dei reagenti, nitriti/nitrati o H2 attivato è un elemento fondamentale nel meccanismo della riduzione. La vicinanza tra i siti di accumulo e quelli redox è determinante per il tipo di prodotti che si possono ottenere. La diminuzione della concentrazione del riducente o l’aumento della temperatura concede maggiore tempo o energia alle specie adsorbite sulla superficie o nel bulk per migrare e reagire prima che l’ambiente diventi troppo riducente e quindi meno selettivo.

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Porous materials are widely used in many fields of industrial applications, to achieve the requirements of noise reduction, that nowadays derive from strict regulations. The modeling of porous materials is still a problematic issue. Numerical simulations are often problematic in case of real complex geometries, especially in terms of computational times and convergence. At the same time, analytical models, even if partly limited by restrictive simplificative hypotheses, represent a powerful instrument to capture quickly the physics of the problem and general trends. In this context, a recently developed numerical method, called the Cell Method, is described, is presented in the case of the Biot's theory and applied for representative cases. The peculiarity of the Cell Method is that it allows for a direct algebraic and geometrical discretization of the field equations, without any reduction to a weak integral form. Then, the second part of the thesis presents the case of interaction between two poroelastic materials under the context of double porosity. The idea of using periodically repeated inclusions of a second porous material into a layer composed by an original material is described. In particular, the problem is addressed considering the efficiency of the analytical method. A analytical procedure for the simulation of heterogeneous layers based is described and validated considering both conditions of absorption and transmission; a comparison with the available numerical methods is performed. ---------------- I materiali porosi sono ampiamente utilizzati per diverse applicazioni industriali, al fine di raggiungere gli obiettivi di riduzione del rumore, che sono resi impegnativi da norme al giorno d'oggi sempre più stringenti. La modellazione dei materiali porori per applicazioni vibro-acustiche rapprensenta un aspetto di una certa complessità. Le simulazioni numeriche sono spesso problematiche quando siano coinvolte geometrie di pezzi reali, in particolare riguardo i tempi computazionali e la convergenza. Allo stesso tempo, i modelli analitici, anche se parzialmente limitati a causa di ipotesi semplificative che ne restringono l'ambito di utilizzo, rappresentano uno strumento molto utile per comprendere rapidamente la fisica del problema e individuare tendenze generali. In questo contesto, un metodo numerico recentemente sviluppato, il Metodo delle Celle, viene descritto, implementato nel caso della teoria di Biot per la poroelasticità e applicato a casi rappresentativi. La peculiarità del Metodo delle Celle consiste nella discretizzazione diretta algebrica e geometrica delle equazioni di campo, senza alcuna riduzione a forme integrali deboli. Successivamente, nella seconda parte della tesi viene presentato il caso delle interazioni tra due materiali poroelastici a contatto, nel contesto dei materiali a doppia porosità. Viene descritta l'idea di utilizzare inclusioni periodicamente ripetute di un secondo materiale poroso all'interno di un layer a sua volta poroso. In particolare, il problema è studiando il metodo analitico e la sua efficienza. Una procedura analitica per il calcolo di strati eterogenei di materiale viene descritta e validata considerando sia condizioni di assorbimento, sia di trasmissione; viene effettuata una comparazione con i metodi numerici a disposizione.