659 resultados para parametri cosmologici
Resumo:
In questa tesi si vuole fornire una descrizione generale dei principali parametri cosmologici e di come questi possano essere determinati attraverso osservazioni. In particolare saremo interessati alla natura dei parametri di densità, che hanno un ruolo fondamentale nella geometria dell'Universo, e al parametro di Hubble, che stabilisce una relazione lineare tra la distanza e la velocità di recessione, garantisce quindi una legge generale di espansione per l'Universo.
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Le SNe Ia vengono utilizzate in cosmologia come indicatori di distanza. Nel 1998 due team di ricerca, il Supernova Cosmology Project e l'High-z Supernova Search Team compirono degli studi su un campione di SNe in galassie lontane a z=0.2-0.9. Da questi lavori emerse che le luminosità apparenti erano tipicamente inferiori del 25% rispetto ai valori attesi. Questo indica che tali oggetti si trovano ad una distanza di luminosità superiore a quella prevista da modelli d'Universo dominati da materia. Venne quindi determinata per la prima volta l'evidenza di un Universo in condizione di espansione accelerata. Lo scopo del presente lavoro di tesi è quello di analizzare i vincoli cosmologici imposti da SNe Ia ad alto redshift. È stato compiuto uno studio sui moduli di distanza osservativi di un campione di 580 SNe Ia al fine di trovare i parametri cosmologici che meglio descrivono il loro andamento in funzione del redshift nell'ambito dei modelli cosmologici standard con costante cosmologica positiva. Nella prima parte si illustreranno i modelli d’Universo di Friedmann, introducendo i concetti di redshift, di fattore di scala e i vari tipi di distanza. Nella seconda parte si descriverà cosa sono le Supernovae, e in particolare, le SNe di tipo Ia, le proprietà che le rendono candele standard e l'importanza che hanno assunto in cosmologia. Nella terza parte verranno presentanti i risultati prodotti per i due modelli studiati, verrà inoltre discussa la compatibilità con i parametri prodotti nei lavori compiuti dai due team di ricerca.
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L'accurata determinazione dei parametri che costituiscono un modello cosmologico è fondamentale per caratterizzare correttamente l'evoluzione globale dell'universo e per spiegare le sue caratteristiche locali. Per quanto riguarda questo lavoro di Tesi abbiamo studiato l'efficienza di un particolare metodo per la stima del parametro di densità della materia detto test di Alcock-Paczynski. Con tale metodo si studiando le distorsioni geometriche che un’errata assunzione dei parametri cosmologici introduce nella funzione di correlazione a due punti bidimensionale. Abbiamo applicato il test a diversi cataloghi prodotti dalla simulazione Magneticum. In particolare abbiamo studiato come l'efficienza del metodo nel riconoscere il corretto valore del parametro di densità dipenda dal tipo di tracciante considerato, dal redshift d'osservazione e dai metodi di modelizzazione delle distorsioni dovute alla dinamica degli oggetti osservati. Si è potuto osservare come l’efficienza del metodo dipenda dalla densità d’oggetti contenuti nel catalogo (rendendo le galassie il tracciante migliore su cui applicare il test) e dall’ampiezza dell’effetto di distorsione geometrica, massimo per redshift vicini a 1. Abbiamo verificato che considerare come indipendenti le misure effettuate sui cataloghi a diversi redshift migliora l’identificazione del corretto valore del parametro di densità. Nella combinazione delle diverse misure, inoltre, si nota che i contributi meno significativi vengono dai redshift estremi dell’intervallo considerato, ma i singoli risultati, per quanto incerti, non intaccano il risultato finale. Infine si è osservato come ridurre il numero di parametri liberi attraverso i quali si introducono nei modelli le distorsioni dinamiche, in particolar modo gli effetti di distorsione a piccole scale, migliora sensibilmente l’efficacia del metodo.
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In questo lavoro di tesi si è studiato il clustering degli ammassi di galassie e la determinazione della posizione del picco BAO per ottenere vincoli sui parametri cosmologici. A tale scopo si è implementato un codice per la stima dell'errore tramite i metodi di jackknife e bootstrap. La misura del picco BAO confrontata con i modelli cosmologici, grazie all'errore stimato molto piccolo, è risultato in accordo con il modelli LambdaCDM, e permette di ottenere vincoli su alcuni parametri dei modelli cosmologici.
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Nel 2020 verrà lanciata la missione spaziale Euclid per investigare la natura dell’energia oscura. Euclid otterrà un’immensa quantità di dati fotometrici e spettrometrici finalizzati, soprattutto, alla misura di lenti gravitazionali deboli e oscillazioni acustiche barioniche. In questa tesi daremo una descrizione generale dello strumento e della scienza che potrà essere fatta grazie ad esso. In particolare, nel capitolo 2 verrà fornita una introduzione alla cosmologia e verranno introdotti i vari parametri cosmologici che Euclid sarà in grado di vincolare. Nel capitolo 3 si farà un’analisi dei principali fenomeni fisici che Euclid indagherà. Nel capitolo 4 verrà data una panoramica del satellite, descrivendo in dettaglio gli obiettivi, cosa osserverà e come farà le osservazioni, e quali sono gli strumenti che lo compongono (satellite, telescopio, VIS e NISP). Infine, nel capitolo 5 verranno mostrati dei primi risultati preliminari, ottenuti in questa tesi, riguardanti il test di un programma che servirà per la misura della funzione di correlazione a due punti di Euclid.
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Gli ammassi di galassie sono le strutture più grandi che possiamo osservare nell’Universo. La loro formazione deriva direttamente dalla crescita delle perturbazioni primordiali di densità e dal loro conseguente collasso gravitazionale indotto appunto dalla gravità. Gli ammassi di galassie sono molto importanti in Astrofisica in quanto possono essere considerati come dei laboratori per lo studio di molti aspetti fisici legati al gas, all’ICM e all’evoluzione delle galassie. Lo studio degli ammassi di galassie è molto importante anche per la Cosmologia in quanto è possibile effettuare delle stime sui parametri cosmologici ed ottenere dei vincoli sulla geometria dell’Universo andando a valutare la loro massa e la loro distribuzione nell’Universo. Diventa quindi fondamentale l’utilizzo di algoritmi che ci permettano di utilizzare i dati ottenuti dalle osservazioni per cercare ed individuare gli ammassi di galassie in modo tale da definire meglio la loro distribuzione nell’Universo. Le più recenti survey di galassie ci forniscono molteplici informazioni a riguardo delle galassie, come ad esempio la loro magnitudine in varie bande osservative, il loro colore, la loro velocità ecc. In questo lavoro abbiamo voluto testare la performance di un algoritmo Optimal Filtering nella ricerca degli ammassi di galassie utilizzando prima solo l’informazione della magnitudine delle galassie e successivamente anche l’informazione sul loro colore. Quello che abbiamo voluto fare, quindi, è stato valutare se l’utilizzo combinato della magnitudine delle galassie e del loro colore permette all’algoritmo di individuare più facilmente, e in numero maggiore, gli ammassi di galassie.
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Nel periodo storico compreso tra la seconda metà dell’Ottocento ed il primo ventennio del Novecento, un’ondata di innovazioni tecnologiche e scientifiche, unitamente all’espansione dell’industria siderurgica e la conseguente diffusione del ferro come materiale da costruzione, portarono alla realizzazione di strutture metalliche grandiose. Ciò fu reso possibile grazie ad una fervida attività di ricerca che permise la risoluzione di problematiche tecniche di assoluto rilievo, come la progettazione di grandi coperture o di ponti destinati al traffico ferroviario in grado di coprire luci sempre maggiori. In questo contesto si sviluppò il sistema della chiodatura come metodo di unione per il collegamento rigido e permanente dei vari elementi che compongono la struttura portante metallica. Ad oggi il sistema della chiodatura è stato quasi completamente sostituito dalla bullonatura di acciaio ad alta resistenza e dalla saldatura, che garantendo gli stessi standard di affidabilità e sicurezza, offrono vantaggi in termini economici e di rapidità esecutiva. Tuttavia lo studio delle unioni chiodate continua a rivestire notevole importanza in tutti quei casi in cui il progettista debba occuparsi di restauro, manutenzione o adeguamento di strutture esistenti che in molti casi continuano ad assolvere le funzioni per le quali erano state progettate. La valutazione delle strutture esistenti, in particolare i ponti, ha assunto un’importanza sempre crescente. L’incremento della mobilità e del traffico sulle infrastrutture di trasporto ha portato ad un incremento contemporaneo di carichi e velocità sui ponti. In particolare nelle ferrovie, i ponti rappresentano una parte strategica della rete ferroviaria e in molti casi, essi hanno già raggiunto i loro limiti di capacità di traffico, tanto è vero che l’età media del sessanta percento dei ponti metallici ferroviari è di un centinaio di anni. Pertanto i carichi di servizio, i cicli di sforzo accumulati a causa dei carichi da traffico e il conseguente invecchiamento delle strutture esistenti, inducono la necessità della valutazione della loro rimanente vita a fatica. In questo contesto, la valutazione delle condizioni del ponte e le conseguenti operazioni di manutenzione o sostituzione diventano indispensabili. Negli ultimi decenni sono state effettuate numerose iniziative di ricerca riguardo il comportamento a fatica dei ponti ferroviari chiodati, poiché le passate esperienze hanno mostrato che tali connessioni sono suscettibili di rotture per fatica. Da uno studio dell’ASCE Committee on Fatigue and Fracture Reliability è emerso che l’ottanta, novanta percento delle crisi nelle strutture metalliche è da relazionarsi ai fenomeni di fatica e frattura. Il danno per fatica riportato dai ponti chiodati è stato osservato principalmente sulle unioni tra elementi principali ed è causato dagli sforzi secondari, che si possono sviluppare in diverse parti delle connessioni. In realtà riguardo la valutazione della fatica sui ponti metallici chiodati, si è scoperto che giocano un ruolo importante molti fattori, anzitutto i ponti ferroviari sono soggetti a grandi variazioni delle tensioni indotte da carichi permanenti e accidentali, così come imperfezioni geometriche e inclinazioni o deviazioni di elementi strutturali comportano sforzi secondari che solitamente non vengono considerati nella valutazione del fenomeno della fatica. Vibrazioni, forze orizzontali trasversali, vincoli interni, difetti localizzati o diffusi come danni per la corrosione, rappresentano cause che concorrono al danneggiamento per fatica della struttura. Per questo motivo si studiano dei modelli agli elementi finiti (FE) che riguardino i particolari delle connessioni e che devono poi essere inseriti all’interno di un modello globale del ponte. L’identificazione degli elementi critici a fatica viene infatti solitamente svolta empiricamente, quindi è necessario che i modelli numerici di cui si dispone per analizzare la struttura nei particolari delle connessioni, così come nella sua totalità, siano il più corrispondenti possibile alla situazione reale. Ciò che ci si propone di sviluppare in questa tesi è un procedimento che consenta di affinare i modelli numerici in modo da ottenere un comportamento dinamico analogo a quello del sistema fisico reale. Si è presa in esame la seguente struttura, un ponte metallico ferroviario a binario unico sulla linea Bologna – Padova, che attraversa il fiume Po tra le località di Pontelagoscuro ed Occhiobello in provincia di Ferrara. Questo ponte fu realizzato intorno agli anni che vanno dal 1945 al 1949 e tra il 2002 e il 2006 ha subito interventi di innalzamento, ampliamento ed adeguamento nel contesto delle operazioni di potenziamento della linea ferroviaria, che hanno portato tra l’altro all’affiancamento di un nuovo ponte, anch’esso a singolo binario, per i convogli diretti nella direzione opposta. Le travate metalliche del ponte ferroviario sono costituite da travi principali a traliccio a gabbia chiusa, con uno schema statico di travi semplicemente appoggiate; tutte le aste delle travi reticolari sono formate da profilati metallici in composizione chiodata. In particolare si è rivolta l’attenzione verso una delle travate centrali, della quale si intende affrontare un’analisi numerica con caratterizzazione dinamica del modello agli Elementi Finiti (FEM), in modo da conoscerne lo specifico comportamento strutturale. Ad oggi infatti l’analisi strutturale si basa prevalentemente sulla previsione del comportamento delle strutture tramite modelli matematici basati su procedimenti risolutivi generali, primo fra tutti il Metodo agli Elementi Finiti. Tuttavia i risultati derivanti dal modello numerico possono discostarsi dal reale comportamento della struttura, proprio a causa delle ipotesi poste alla base della modellazione. Difficilmente infatti si ha la possibilità di riscontrare se le ipotesi assunte nel calcolo della struttura corrispondano effettivamente alla situazione reale, tanto più se come nella struttura in esame si tratta di una costruzione datata e della quale si hanno poche informazioni circa i dettagli relativi alla costruzione, considerando inoltre che, come già anticipato, sforzi secondari e altri fattori vengono trascurati nella valutazione del fenomeno della fatica. Nel seguito si prenderanno in esame le ipotesi su masse strutturali, rigidezze dei vincoli e momento d’inerzia delle aste di parete, grandezze che caratterizzano in particolare il comportamento dinamico della struttura; per questo sarebbe ancora più difficilmente verificabile se tali ipotesi corrispondano effettivamente alla costruzione reale. Da queste problematiche nasce l’esigenza di affinare il modello numerico agli Elementi Finiti, identificando a posteriori quei parametri meccanici ritenuti significativi per il comportamento dinamico della struttura in esame. In specifico si andrà a porre il problema di identificazione come un problema di ottimizzazione, dove i valori dei parametri meccanici vengono valutati in modo che le caratteristiche dinamiche del modello, siano il più simili possibile ai risultati ottenuti da elaborazioni sperimentali sulla struttura reale. La funzione costo è definita come la distanza tra frequenze proprie e deformate modali ottenute dalla struttura reale e dal modello matematico; questa funzione può presentare più minimi locali, ma la soluzione esatta del problema è rappresentata solo dal minimo globale. Quindi il successo del processo di ottimizzazione dipende proprio dalla definizione della funzione costo e dalla capacità dell’algoritmo di trovare il minimo globale. Per questo motivo è stato preso in considerazione per la risoluzione del problema, l’algoritmo di tipo evolutivo DE (Differential Evolution Algorithm), perché gli algoritmi genetici ed evolutivi vengono segnalati per robustezza ed efficienza, tra i metodi di ricerca globale caratterizzati dall’obiettivo di evitare la convergenza in minimi locali della funzione costo. Obiettivo della tesi infatti è l’utilizzo dell’algoritmo DE modificato con approssimazione quadratica (DE-Q), per affinare il modello numerico e quindi ottenere l’identificazione dei parametri meccanici che influenzano il comportamento dinamico di una struttura reale, il ponte ferroviario metallico a Pontelagoscuro.
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Lo studio condotto si propone l’approfondimento delle conoscenze sui processi di evoluzione spontanea di comunità vegetali erbacee di origine secondaria in cinque siti all’interno di un’area protetta del Parco di Monte Sole (Bologna, Italia), dove, come molte aree rurali marginali in Italia e in Europa, la cessazione o riduzione delle tradizionali pratiche gestionali negli ultimi cinquant’anni, ha determinato lo sviluppo di fitocenosi di ridotto valore floristico e produttivo. Tali siti si trovano in due aree distinte all’interno del parco, denominate Zannini e Stanzano, selezionate in quanto rappresentative di situazioni di comunità del Mesobrometo. Due siti appartenenti alla prima area e uno appartenente alla seconda, sono gestiti con sfalcio annuale, i rimanenti non hanno nessun tipo di gestione. Lo stato delle comunità erbacee di tali siti è stato valutato secondo più punti di vista. E’ stata fatta una caratterizzazione vegetazionale dei siti, mediante rilievo lineare secondo la metodologia Daget-Poissonet, permettendo una prima valutazione relativa al numero di specie presenti e alla loro abbondanza all’interno della comunità vegetale, determinando i Contributi Specifici delle famiglie principali e delle specie dominanti (B. pinnatum, B. erectus e D. glomerata). La produttività è stata calcolata utilizzando un indice di qualità foraggera, il Valore Pastorale, e con la determinazione della produzione di Fitomassa totale, Fitomassa fotosintetizzante e Necromassa. A questo proposito sono state trovate correlazioni negative tra la presenza di Graminacee, in particolare di B. pinnatum, e i Contributi Specifici delle altre specie, soprattutto a causa dello spesso strato di fitomassa e necromassa prodotto dallo stesso B. pinnatum che impedisce meccanicamente l’insediamento e la crescita di altre piante. E’ stata inoltre approfonditamente sviluppata un terza caratterizzazione, che si propone di quantificare la diversità funzionale dei siti medesimi, interpretando le risposte della vegetazione a fattori globali di cambiamento, sia abiotici che biotici, per cogliere gli effetti delle variazioni ambientali in atto sulla comunità, e più in generale, sull’intero ecosistema. In particolare, nello studio condotto, sono stati proposti alcuni caratteri funzionali, cosiddetti functional traits, scelti perché correlati all’acquisizione e alla conservazione delle risorse, e quindi al trade-off dei nutrienti all’interno della pianta, ossia: Superficie Fogliare Specifica, SLA, Tenore di Sostanza Secca, LDMC, Concentrazione di Azoto Fogliare, LNC, Contenuto in Fibra, LFC, separato nelle componenti di Emicellulosa, Cellulosa, Lignina e Ceneri. Questi caratteri sono stati misurati in relazione a tre specie dominanti: B. pinnatum, B. erectus e D. glomerata. Si tratta di specie comunemente presenti nelle praterie semi-mesofile dell’Appennino Settentrionale, ma caratterizzate da differenti proprietà ecologiche e adattative: B. pinnatum e B. erectus sono considerati competitori stress-toleranti, tipicamente di ambienti poveri di risorse, mentre D. glomerata, è una specie più mesofila, caratteristica di ambienti produttivi. Attraverso l’analisi dei traits in riferimento alle diverse strategie di queste specie, sono stati descritti specifici adattamenti alle variazioni delle condizioni ambientali, ed in particolare in risposta al periodo di stress durante l’estate dovuto a deficit idrico e in risposta alla diversa modalità di gestione dei siti, ossia alla pratica o meno dello sfalcio annuale. Tra i caratteri funzionali esaminati, è stato identificato LDMC come il migliore per descrivere le specie, in quanto più facilmente misurabile, meno variabile, e direttamente correlato con altri traits come SLA e le componenti della fibra. E’ stato quindi proposto il calcolo di un indice globale per caratterizzare i siti in esame, che tenesse conto di tutti questi aspetti, riunendo insieme sia i parametri di tipo vegetativo e produttivo, che i parametri funzionali. Tale indice ha permesso di disporre i siti lungo un gradiente e di cogliere differenti risposte in relazione a variazioni stagionali tra primavera o autunno e in relazione al tipo di gestione, valutando le posizioni occupate dai siti stessi e la modalità dei loro eventuali spostamenti lungo questo gradiente. Al fine di chiarire se le variazioni dei traits rilevate fossero dovute ad adattamento fenotipico dei singoli individui alle condizioni ambientali, o piuttosto fossero dovute a differenziazione genotipica tra popolazioni cresciute in siti diversi, è stato proposto un esperimento in condizioni controllate. All’interno di un’area naturale in UK, le Chiltern Hills, sono stati selezionati cinque siti, caratterizzati da diverse età di abbandono: Bradenham Road MaiColtivato e Small Dean MaiColtivato, di cui non si conosce storia di coltivazione, caratterizzati rispettivamente da vegetazione arborea e arbustiva prevalente, Butterfly Bank 1970, non più coltivato dal 1970, oggi prateria seminaturale occasionalmente pascolata, Park Wood 2001, non più coltivato dal 2001, oggi prateria seminaturale mantenuta con sfalcio annuale, e infine Manor Farm Coltivato, attualmente arato e coltivato. L’esperimento è stato condotto facendo crescere i semi delle tre specie più comuni, B. sylvaticum, D. glomerata e H. lanatus provenienti dai primi quattro siti, e semi delle stesse specie acquistati commercialmente, nei cinque differenti tipi di suolo dei medesimi siti. Sono stati misurati quattro caratteri funzionali: Massa Radicale Secca (DRM), Massa Epigea Secca (DBM), Superficie Fogliare Secca (SLA) e Tenore di Sostanza Secca (LDMC). I risultati ottenuti hanno evidenziato che ci sono significative differenze tra le popolazioni di una stessa specie ma con diversa provenienza, e tra individui appartenenti alla stessa popolazione se fatti crescere in suoli diversi. Tuttavia, queste differenze, sembrano essere dovute ad adattamenti locali legati alla presenza di nutrienti, in particolare N e P, nel suolo piuttosto che a sostanziali variazioni genotipiche tra popolazioni. Anche per questi siti è stato costruito un gradiente sulla base dei quattro caratteri funzionali analizzati. La disposizione dei siti lungo il gradiente ha evidenziato tre gruppi distinti: i siti più giovani, Park Wood 2001 e Manor Farm Coltivato, nettamente separati da Butterfly Bank 1970, e seguiti infine da Small Dean MaiColtivato e Bradenham Road MaiColtivato. L’applicazione di un indice così proposto potrebbe rivelarsi un utile strumento per descrivere ed indagare lo stato della prateria e dei processi evolutivi in atto, al fine di meglio comprendere e dominare tali dinamiche per proporre sistemi di gestione che ne consentano la conservazione anche in assenza delle tradizionali cure colturali.