1000 resultados para convergenza in misura


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Nella tesi viene studiata la nozione di convergenza in misura e poi viene messa in relazione con altri tipi di convergenze attraverso proposizioni,teoremi,esempi e controesempi.

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La presente dissertazione si apre con l’analisi della costa dell’Emilia Romagna, in particolare quella antistante la città di Cesenatico. Nel primo capitolo si è voluto fare un breve inquadramento delle problematiche che affliggono le acque costiere a debole ricambio. Il Mare Adriatico e in particolare le acque costiere, ormai da più di trent’anni, sono afflitti da una serie di problemi ambientali correlati all’inquinamento. Sulla costa romagnola, già verso la metà degli anni settanta, le prime estese morie di organismi viventi acquatici avevano posto sotto gli occhi dell’opinione pubblica l’insorgenza di situazioni drammatiche per l’ambiente, per la salute pubblica e per due importanti settori dell’economia regionale e nazionale quali il turismo e la pesca. Fino ad allora aveva dominato la diffusa convinzione che la diluizione nell’enorme quantità di acqua disponibile avrebbe consentito di immettere nel mare quantità crescenti di sostanze inquinanti senza intaccare in misura apprezzabile la qualità delle acque. Questa teoria si rivelò però clamorosamente errata per i mari interni con scarso ricambio di acqua (quali per esempio il Mare Adriatico), perché in essi le sostanze che entrano in mare dalla terraferma si mescolano per lungo tempo solo con un volume limitato di acqua antistante la costa. Solo se l’immissione di sostanze organiche è limitata, queste possono essere demolite agevolmente attraverso processi di autodepurazione per opera di microrganismi naturalmente presenti in mare. Una zona molto critica per questo processo è quella costiera, perché in essa si ha la transizione tra acque dolci e acque salate, che provoca la morte sia del plancton d’acqua dolce che di quello marino. Le sostanze estranee scaricate in mare giungono ad esso attraverso tre vie principali: • dalla terraferma: scarichi diretti in mare e scarichi indiretti attraverso corsi d’acqua che sfociano in mare; • da attività svolte sul mare: navigazione marittima e aerea, estrazione di materie prime dai fondali e scarico di rifiuti al largo; • dall’atmosfera: tramite venti e piogge che trasportano inquinanti provenienti da impianti e attività situati sulla terraferma. E’ evidente che gli scarichi provenienti dalla terraferma sono quelli più pericolosi per la salvaguardia delle acque costiere, in particolare vanno considerati: gli scarichi civili (enormemente accresciuti nel periodo estivo a causa del turismo), gli scarichi agricoli e gli scarichi industriali. Le sostanze estranee scaricate in mare contengono una grande abbondanza di sali nutrienti per i vegetali (in particolare nitrati e fosfati) che provengono dai concimi chimici, dai residui del trattamento biologico negli impianti di depurazione e dall’autodepurazione dei fiumi. Queste sostanze una volta giunte in mare subiscono un nuovo processo di autodepurazione che genera ulteriori quantità di nutrienti; i sali di fosforo e azoto così formati si concentrano soprattutto nelle acque basse e ferme della costa e vengono assimilati dalle alghe che possono svilupparsi in modo massivo: tale fenomeno prende il nome di eutrofizzazione. La produzione eccessiva di biomasse vegetali pone seri problemi per la balneazione in quanto può portare a colorazioni rossastre, brune, gialle o verdi delle acque; inoltre la decomposizione delle alghe impoverisce di ossigeno l’acqua, soprattutto sul fondo, provocando morie della fauna ittica. Nello specifico, in questo lavoro di tesi, si prende in considerazione il Porto Canale di Cesenatico, e come le acque da esso convogliate vadano ad influenzare il recettore finale, ovvero il Mar Adriatico. Attraverso l’uso di un particolare software, messo a mia disposizione dal D.I.C.A.M. è stata portata avanti un’analisi dettagliata, comprendente svariati parametri, quali la velocità dell’acqua, la salinità, la concentrazione dell’inquinante e la temperatura, considerando due possibili situazioni. A monte di ciò vi è stata una lunga fase preparatoria, in cui dapprima sono state recepite, attraverso una campagna di misure progettata ad hoc, ed elaborate le informazione necessarie per la compilazione del file di input; in seguito è stato necessario calibrare e tarare il programma, in quanto sono state apportate numerose variazioni di recepimento tutt’altro che immediato; dopodiché è stata introdotta la geometria rappresentante l’area presa in esame, geometria molto complessa in quanto trattasi di una zona molto ampia e non uniforme, infatti vi è la presenza di più barriere frangiflutti, sommerse ed emerse, che alterano in svariati punti la profondità del fondale. Non è stato semplice, a tal proposito, ricostruire l’area e ci si è avvalsi di una carta nautica riportante la batimetria del litorale antistante Cesenatico. Come è stato già detto, questa fase iniziale ha occupato molto tempo e si è dimostrata molto impegnativa. Non sono state comunque da meno le fasi successive. Inoltre, tale simulazione è stata effettuata su due scenari differenti, per poter valutare le differenti conclusioni alle quali essi hanno indotto. Dopo molti “tentativi”, l’eseguibile ha girato ed è arrivato al termine ricoprendo un lasso di tempo pari a ventiquattro ore. I risultati ottenuti in output, sono stati tradotti e vagliati in modo da essere graficati e resi più interpretabili. Segue infine la fase di analisi che ha portato alle deduzioni conclusive. Nei prossimi capitoli, si riporta nel dettaglio quello che in questo paragrafo è stato sinteticamente citato.

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Il territorio di Ferrara è caratterizzata da un’area ad elevata concentrazione di stabilimenti a rischio di incidente rilevante e dalla movimentazione di ingenti quantitativi di sostanze pericolose sulla rete stradale, ferroviaria ed in condotta. Basti pensare che nel solo Comune di Ferrara sono ben 5 le aziende che, per tipologia e quantità di sostanze presenti, rientrano nel campo di applicazione del D.Lgs. 334/99 (“Attuazione delle direttiva 96/82/CE relativa al controllo dei pericoli di incidenti rilevanti connessi con determinate sostanze pericolose”). Per questo motivo, il 24 febbraio 2012 è stato sottoscritto a Ferrara il protocollo d’intesa per l’avvio dello Studio di Sicurezza Integrato d’Area (SSIA) del polo chimico ferrarese da parte della Regione Emilia Romagna, dell’Agenzia Regionale di Protezione Civile, del Comune e della Provincia di Ferrara, dell’Ufficio Territoriale del Governo, della Direzione Regionale dei Vigili del Fuoco, dell’Agenzia Regionale Prevenzione e Ambiente e delle stesse aziende del polo chimico. L’Università di Bologna, tramite il Dipartimento di Ingegneria Chimica, Mineraria e delle Tecnologie Ambientali presso il quale è stato svolto il presente lavoro di tesi, prende parte al Consiglio Scientifico ed al Comitato Tecnico del SSIA, aventi funzioni di direzione e di gestione operativa della ricerca. Il progetto è modellato sulla precedente esperienza realizzata in regione per il polo industriale di Ravenna (progetto ARIPAR), la cui validità è stata ampiamente riconosciuta a livello nazionale ed internazionale. L’idea alla base dello studio deriva dal fatto che per avere un quadro della situazione in un’area così complessa, è necessario non solo valutare l’insieme dei rischi presenti, ma anche le loro correlazioni e le conseguenze sul territorio di riferimento. In un’analisi di rischio d’area risulta di primaria importanza l’analisi della vulnerabilità del territorio circostante il sito industriale, in quanto scenari attesi di danno di pari severità assumono una differente valenza in relazione all’effettiva presenza di bersagli nell’area di interesse. Per tale motivo il presente lavoro di tesi ha avuto l’obiettivo di istruire il censimento della vulnerabilità del territorio di Ferrara, con riferimento ai bersagli “uomo”, “ambiente” e “beni materiali”. In primo luogo si è provveduto, sulla base delle distanze di danno degli scenari incidentali attesi, a definire l’estensione dell’area in cui effettuare il censimento. Successivamente si è approfondito il censimento della vulnerabilità del bersaglio “uomo”, prendendo in considerazione sia la popolazione residente, sia i centri di vulnerabilità localizzati all’interno dell’area potenzialmente interessata da incidenti rilevanti. I centri di vulnerabilità non sono altro che luoghi ad elevata densità di persone (ad esempio scuole, ospedali, uffici pubblici, centri commerciali), spesso caratterizzati da una maggiore difficoltà di evacuazione, sia per l’elevato numero di persone presenti sia per la ridotta mobilità delle stesse. Nello specifico si è proceduto alla creazione di un database (grazie all’utilizzo del software ArcView GIS 3.2) di tutti i centri di vulnerabilità presenti, ai quali è stato possibile associare una precisa localizzazione territoriale ed altri dati di carattere informativo. In una fase successiva dello SSIA sarà possibile associare ai centri di vulnerabilità le relative categorie di popolazione, indicando per ciascuna il numero dei presenti. I dati inseriti nel database sono stati forniti in massima parte dal Comune di Ferrara e, in misura più limitata, dall’Agenzia Regionale di Protezione Civile e dalla Camera di Commercio. Presentando spesso tali dati un’aggregazione diversa da quella necessaria ai fini dello SSIA, è stato necessario un intenso lavoro di analisi, di depurazione e di riaggregazione allo scopo di renderli disponibili in una forma fruibile per lo SSIA stesso. Da ultimo si è effettuata una valutazione preliminare della vulnerabilità dei bersagli “ambiente” e “beni materiali”. Per quanto riguarda l’ambiente, si sono messe in luce le aree sottoposte a vincoli di tutela naturalistica e quindi particolarmente vulnerabili in caso di un rilascio accidentale di sostanze pericolose. Per il bersaglio “beni materiali”, non essendo stato possibile reperire dati, si è sono evidenziate le categorie di beni da censire. In conclusione, è possibile affermare che lo studio effettuato in questo lavoro di tesi, ha consentito non solo di conseguire l’obiettivo inizialmente stabilito – l’istruzione del censimento della vulnerabilità del territorio di Ferrara - ma ha contribuito anche alla definizione di una metodologia per il censimento di aree vaste che potrà essere utilmente applicata ad altre zone del territorio nazionale.

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Negli ultimi 10 anni i blooms attribuibili alla dinoflagellata bentonica Ostreopsis cf. ovata sono aumentati in termini di frequenza ed intensità lungo le coste del Mediterraneo, avendo ripercussioni negative sulla salute umana e forti impatti sulle comunità marine bentoniche, ciò a seguito della produzione di potenti tossine (composti palitossina-simili) da parte della microalga. Tra i fattori ecologici che innescano o regolano le dinamiche dei bloom tossici le interazioni tra microalghe e batteri sono in misura sempre maggiore oggetto di ricerca. In questo studio è stata analizzata la struttura filogenetica della comunità batterica associata ad O. cf. ovata in colture batch e valutate le dinamiche successionali della stessa in relazione alle differenti fasi di crescita della microalga (oltre che in relazione alle dinamiche di abbondanza virale). Lo studio filogenetico è stato effettuato tramite l’ausilio di metodiche molecolari di sequenziamento di next generation (Ion Torrent). Le abbondanze dei batteri e delle particelle virali sono state determinate tramite microscopia ad epifluorescenza; l’abbondanza cellulare algale è stata stimata tramite metodo Uthermohl. Il contributo della frazione batterica ad elevata attività respiratoria è stato determinato tramite doppia colorazione con coloranti DAPI e CTC. Dai dati emersi si evince che la comunità batterica attraversa due fasi di crescita distinte, una più marcata e concomitante con la fase esponenziale di O. cf. ovata, l'altra quando la microalga è in fase media stazionaria. Per quanto concerne la composizione filogenetica della comunità sono stati rilevati 12 phyla, 17 classi e 150 generi, sebbene i dati ottenuti abbiano rilevato una forte dominanza del phylum Proteobacteria con la classe Alphaproteobacteria, seguita dal phylum Bacteroidetes con la classe Sphingobacteria. Variazioni nella struttura filogenetica della comunità batterica, a livello di generi, tra le diverse fasi di crescita della microalga ha permesso di evidenziare ed ipotizzare particolari interazioni di tipo mutualistico e di tipo competitivo.

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Felicita Sartori, nata a Pordenone nel 1714 ca. come figlia del notaio Felice Sartori e di Tommasa Scotti, ricevette la sua prima formazione artistica intorno al 1724 da suo zio, il calcografo Antonio dall'Agata a Gorizia. Tramite lo zio la quattordicenne si trasferisce a Venezia dove entra nella bottega-casa di Rosalba Carriera per perfezionarsi nella miniatura e nella pittura a pastello senoché nelle varie tecniche della grafica. Durante gli anni seguenti Felicita diventa, accanto alle sorelle di Rosalba, la collaboratrice piú stretta della Carriera che in questi anni tocca il colmo della fama artistica, dovuto soprattutto al suo strepitoso successo riscosso durante il soggiorno a Parigi dal 1720 al 1721. I numerosissimi incarichi che le giungono da tutta l'Europa incrementano la produttivitá e lasciano supporre che la bottega abbia contribuito in misura notevole a contentare tali richieste. Negli anni dopo il 1730 l'attività di Felicita oltre le varie attività pittoriche entro la bottega della Carriera si estende alla produzione di incisioni per le pubblicazioni di Gaspare Stampa e di Jacques-Bénigne Bossuet. Incide inoltre le stampe dai disegni di Giovanni Battista Piazetta, pubblicati da Antonio Maria Zanetti. La finora anonima collaboratrice della famosa veneziana esce dall'ombra quando, nel 1741, viene nominata artista di corte da Augusto III, principe elettore di Sassonia e ré di Polonia. Trasferitosi a Dresda, si unisce poche settimane dopo la nomina in matrimonio al consigliere di corte Franz Joseph von Hoffmann, che probabilmente aveva concosciuto nel 1740 nello studio veneziano di Rosalba spesso frequentato dall'elettore e del suo seguito. Felicita continua la su attività a Dresda dove nella Gemäldegalerie Alte Meister si conservano tuttora 15 miniature di sua mano. Grazie alle ricerche dedicate a queste opere è stato possibile di aumentare l'œuvre della Sartori di altre opere tra cui una Betsabea al bagno (coll. priv. München) già nelle collezioni reali sassoni. Sembra che l'artista dopo la morte del marito nel 1749, si sia trasferito con un secondo marito a Bamberg ma altre fonti citano la sua presenza a Dresda nel 1753 dove secondo le notizie fornite da Jean Pierre Mariette muore nel 1760 all'età di soli 46 anni.

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As defined by the European Union, “ ’Nanomaterial’ (NM) means a natural, incidental or manufactured material containing particles, in an unbound state or as an aggregate or agglomerate, where, for 50 % or more of the particles in the number size distribution, one or more external dimensions is in the size range 1 nm-100 nm ” (2011/696/UE). Given their peculiar physico-chemical features, nanostructured materials are largely used in many industrial fields (e.g. cosmetics, electronics, agriculture, biomedical) and their applications have astonishingly increased in the last fifteen years. Nanostructured materials are endowed with very large specific surface area that, besides making them very useful in many industrial processes, renders them very reactive towards the biological systems and, hence, potentially endowed with significant hazard for human health. For these reasons, in recent years, many studies have been focused on the identification of toxic properties of nanostructured materials, investigating, in particular, the mechanisms behind their toxic effects as well as their determinants of toxicity. This thesis investigates two types of nanostructured TiO2 materials, TiO2 nanoparticles (NP), which are yearly produced in tonnage quantities, and TiO2 nanofibres (NF), a relatively novel nanomaterial. Moreover, several preparations of MultiWalled Carbon Nanotubes (MWCNT), another nanomaterial widely present in many products, are also investigated.- Although many in vitro and in vivo studies have characterized the toxic properties of these materials, the identification of their determinants of toxicity is still incomplete. The aim of this thesis is to identify the structural determinants of toxicity, using several in vitro models. Specific fields of investigation have been a) the role of shape and the aspect ratio in the determination of biological effects of TiO2 nanofibres of different length; b) the synergistic effect of LPS and TiO2 NP on the expression of inflammatory markers and the role played therein by TLR-4; c) the role of functionalization and agglomeration in the biological effects of MWCNT. As far as biological effects elicited by TiO2 NF are concerned, the first part of the thesis demonstrates that long TiO2 nanofibres caused frustrated phagocytosis, cytotoxicity, hemolysis, oxidative stress and epithelial barrier perturbation. All these effects were mitigated by fibre shortening through ball-milling. However, short TiO2 NF exhibited enhanced ability to activate acute pro-inflammatory effects in macrophages, an effect dependent on phagocytosis. Therefore, aspect ratio reduction mitigated toxic effects, while enhanced macrophage activation, likely rendering the NF more prone to phagocytosis. These results suggest that, under in vivo conditions, short NF will be associated with acute inflammatory reaction, but will undergo a relatively rapid clearance, while long NF, although associated with a relatively smaller acute activation of innate immunity cells, are not expected to be removed efficiently and, therefore, may be associated to chronic inflammatory responses. As far as the relationship between the effects of TiO2 NP and LPS, investigated in the second part of the thesis, are concerned, TiO2 NP markedly enhanced macrophage activation by LPS through a TLR-4-dependent intracellular pathway. The adsorption of LPS onto the surface of TiO2 NP led to the formation of a specific bio-corona, suggesting that, when bound to TiO2 NP, LPS exerts a much more powerful pro-inflammatory effect. These data suggest that the inflammatory changes observed upon exposure to TiO2 NP may be due, at least in part, to their capability to bind LPS and, possibly, other TLR agonists, thus enhancing their biological activities. Finally, the last part of the thesis demonstrates that surface functionalization of MWCNT with amino or carboxylic groups mitigates the toxic effects of MWCNT in terms of macrophage activation and capability to perturb epithelial barriers. Interestingly, surface chemistry (in particular surface charge) influenced the protein adsorption onto the MWCNT surface, allowing to the formation of different protein coronae and the tendency to form agglomerates of different size. In particular functionalization a) changed the amount and the type of proteins adsorbed to MWCNT and b) enhanced the tendency of MWCNT to form large agglomerates. These data suggest that the different biological behavior of functionalized and pristine MWCNT may be due, at least in part, to the different tendency to form large agglomerates, which is significantly influenced by their different capability to interact with proteins contained in biological fluids. All together, these data demonstrate that the interaction between physico-chemical properties of nanostructured materials and the environment (cells + biological fluids) in which these materials are present is of pivotal importance for the understanding of the biological effects of NM. In particular, bio-persistence and the capability to elicit an effective inflammatory response are attributable to the interaction between NM and macrophages. However, the interaction NM-cells is heavily influenced by the formation at the nano-bio interface of specific bio-coronae that confer a novel biological identity to the nanostructured materials, setting the basis for their specific biological activities.

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Il moto browniano è un argomento estremamente importante nella teoria della probabilità ed è alla base di molti modelli matematici che studiano fenomeni aleatori, in ambiti come la biologia, l'economia e la fisica. In questa tesi si affronta il problema dell'esistenza del moto browniano con un approccio differente rispetto a quello più tradizionale che utilizza il Teorema di estensione di Kolmogorov e il Teorema di continuità di Kolmogorov-Chentsov. Verranno presentate due costruzioni diverse. Con la prima, detta di Lévy-Ciesielski, si otterrà il moto browniano come limite di una successione di processi stocastici continui definiti ricorsivamente. Con la seconda, il moto browniano verrà costruito tramite la convergenza in legge di passeggiate aleatorie interpolate e riscalate, mediante il cosiddetto principio di invarianza di Donsker. Grazie a quest'ultima costruzione si potrà in particolare definire la misura di Wiener.

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La tesi è imperniata sulle modalità di rappresentazione letteraria del tempo e délia memoria (dunque sulla relazione fra tempo e narratività) nella produzione narrativa ad ampio respiro délia scrittrice Giovanna Zangrandi.¦Il canone delle opere prese in esame comprende, in particolar modo, i romanzi I Brusaz (1954) e Orsola nelle stagioni (1957), la narrazione a carattere autobiografico de II campo rosso (1959) e il diario resistenziale Igiorni Veri (1963).¦Il percorso di indagine si è awalso di strumenti teorici e analitici interdisciplinari: alla critica e alla prassi letteraria è stata affiancata una strumentazione di matrice storico-filosofica, sociologica e, in misura minore, psicanalitica.¦La tesi si articola in diverse sezioni. Nella prima parte del lavoro vengono esplorati alcuni nessi fondanti del lavoro: il rapporto fra storia e memoria, la relazione fra memoria individuale e memoria collettiva, la dialettica fra ricordo e oblio e quella fra memoria e narrazione, ossia ira contenuti mnestici individuali e loro configurazione letteraria; successivamente la tesi si focalizza sul nesso individuabile, soprattutto nelle opere più scopertamente autobiografiche di Giovanna Zangrandi, tra testo letterario e meccanismi individuali del ricordo, analizzando la dialettica tra pulsione autobiografica e sua rielaborazione tematica, tra piani memoriali soggettivi e loro traduzione narrativa.¦Nell'ultima parte del percorso critico la tesi si sofferma, in particolare, sulle complesse relazioni instaurate daU'autrice, nel diario I giorni veri, fra dimensioni storico-memoriali, piani autobiografïci e sistemi letterari. A taie fine, il punto di riferimento teorico fondamentale è costituito dalla prospettiva linguististica di Harald Weinrich, applicata alio studio dei tempi verbali, in base all'assunto secondo il quale il tempo verbale non esprime necessariamente una dimensione cronologica, quanto piuttosto una condizione psicologica délia soggettività narrante.¦Soffermandosi su un aspetto flnora inesplorato nell'ambito délia produzione narrativa di Giovanna Zangrandi, il lavoro evidenzia come la dialettica memoria/oblio e la corrispondente dicotomia tra passato e présente tendano a trasformarsi nella direttrice tematica fondamentale - nonchè in uno dei tratti più interessanti e significativi - dell'opera zangrandiana.

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Tra le figure più importanti del dibattito filosofico italiano del Novecento, Antonio Banfi ha svolto nell'Italia del secondo dopoguerra anche un ruolo politico di rilievo come senatore del PCI. La sua interpretazione del marxismo ha presentato una forte accentuazione umanistica. Tra i suoi scolari filosofi e storici della filosofia come Giulio Preti, Enzo Paci, Remo Cantoni, Paolo Rossi. Il saggio prende in esame la prima fase della riflessione filosofica di Banfi, nella quale ha una importanza decisiva la conoscenza diretta del dibattito tedesco tra le due guerre mondiali, in primo luogo della fenomenologia di Husserl e della ontologia di N. Hartmann. I Principi di una teoria della ragione - libro apparso alla fine degli anni '20 - e poi una serie di incisivi saggi degli anni '30 documentano una conoscenza approfondita e critica di un dibattito di cui mostrerà di nutrirsi in misura decisiva l'interpretazione di Banfi non solo di Hegel, ma anche di Marx.

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Pós-graduação em Direito - FCHS

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Nel periodo storico compreso tra la seconda metà dell’Ottocento ed il primo ventennio del Novecento, un’ondata di innovazioni tecnologiche e scientifiche, unitamente all’espansione dell’industria siderurgica e la conseguente diffusione del ferro come materiale da costruzione, portarono alla realizzazione di strutture metalliche grandiose. Ciò fu reso possibile grazie ad una fervida attività di ricerca che permise la risoluzione di problematiche tecniche di assoluto rilievo, come la progettazione di grandi coperture o di ponti destinati al traffico ferroviario in grado di coprire luci sempre maggiori. In questo contesto si sviluppò il sistema della chiodatura come metodo di unione per il collegamento rigido e permanente dei vari elementi che compongono la struttura portante metallica. Ad oggi il sistema della chiodatura è stato quasi completamente sostituito dalla bullonatura di acciaio ad alta resistenza e dalla saldatura, che garantendo gli stessi standard di affidabilità e sicurezza, offrono vantaggi in termini economici e di rapidità esecutiva. Tuttavia lo studio delle unioni chiodate continua a rivestire notevole importanza in tutti quei casi in cui il progettista debba occuparsi di restauro, manutenzione o adeguamento di strutture esistenti che in molti casi continuano ad assolvere le funzioni per le quali erano state progettate. La valutazione delle strutture esistenti, in particolare i ponti, ha assunto un’importanza sempre crescente. L’incremento della mobilità e del traffico sulle infrastrutture di trasporto ha portato ad un incremento contemporaneo di carichi e velocità sui ponti. In particolare nelle ferrovie, i ponti rappresentano una parte strategica della rete ferroviaria e in molti casi, essi hanno già raggiunto i loro limiti di capacità di traffico, tanto è vero che l’età media del sessanta percento dei ponti metallici ferroviari è di un centinaio di anni. Pertanto i carichi di servizio, i cicli di sforzo accumulati a causa dei carichi da traffico e il conseguente invecchiamento delle strutture esistenti, inducono la necessità della valutazione della loro rimanente vita a fatica. In questo contesto, la valutazione delle condizioni del ponte e le conseguenti operazioni di manutenzione o sostituzione diventano indispensabili. Negli ultimi decenni sono state effettuate numerose iniziative di ricerca riguardo il comportamento a fatica dei ponti ferroviari chiodati, poiché le passate esperienze hanno mostrato che tali connessioni sono suscettibili di rotture per fatica. Da uno studio dell’ASCE Committee on Fatigue and Fracture Reliability è emerso che l’ottanta, novanta percento delle crisi nelle strutture metalliche è da relazionarsi ai fenomeni di fatica e frattura. Il danno per fatica riportato dai ponti chiodati è stato osservato principalmente sulle unioni tra elementi principali ed è causato dagli sforzi secondari, che si possono sviluppare in diverse parti delle connessioni. In realtà riguardo la valutazione della fatica sui ponti metallici chiodati, si è scoperto che giocano un ruolo importante molti fattori, anzitutto i ponti ferroviari sono soggetti a grandi variazioni delle tensioni indotte da carichi permanenti e accidentali, così come imperfezioni geometriche e inclinazioni o deviazioni di elementi strutturali comportano sforzi secondari che solitamente non vengono considerati nella valutazione del fenomeno della fatica. Vibrazioni, forze orizzontali trasversali, vincoli interni, difetti localizzati o diffusi come danni per la corrosione, rappresentano cause che concorrono al danneggiamento per fatica della struttura. Per questo motivo si studiano dei modelli agli elementi finiti (FE) che riguardino i particolari delle connessioni e che devono poi essere inseriti all’interno di un modello globale del ponte. L’identificazione degli elementi critici a fatica viene infatti solitamente svolta empiricamente, quindi è necessario che i modelli numerici di cui si dispone per analizzare la struttura nei particolari delle connessioni, così come nella sua totalità, siano il più corrispondenti possibile alla situazione reale. Ciò che ci si propone di sviluppare in questa tesi è un procedimento che consenta di affinare i modelli numerici in modo da ottenere un comportamento dinamico analogo a quello del sistema fisico reale. Si è presa in esame la seguente struttura, un ponte metallico ferroviario a binario unico sulla linea Bologna – Padova, che attraversa il fiume Po tra le località di Pontelagoscuro ed Occhiobello in provincia di Ferrara. Questo ponte fu realizzato intorno agli anni che vanno dal 1945 al 1949 e tra il 2002 e il 2006 ha subito interventi di innalzamento, ampliamento ed adeguamento nel contesto delle operazioni di potenziamento della linea ferroviaria, che hanno portato tra l’altro all’affiancamento di un nuovo ponte, anch’esso a singolo binario, per i convogli diretti nella direzione opposta. Le travate metalliche del ponte ferroviario sono costituite da travi principali a traliccio a gabbia chiusa, con uno schema statico di travi semplicemente appoggiate; tutte le aste delle travi reticolari sono formate da profilati metallici in composizione chiodata. In particolare si è rivolta l’attenzione verso una delle travate centrali, della quale si intende affrontare un’analisi numerica con caratterizzazione dinamica del modello agli Elementi Finiti (FEM), in modo da conoscerne lo specifico comportamento strutturale. Ad oggi infatti l’analisi strutturale si basa prevalentemente sulla previsione del comportamento delle strutture tramite modelli matematici basati su procedimenti risolutivi generali, primo fra tutti il Metodo agli Elementi Finiti. Tuttavia i risultati derivanti dal modello numerico possono discostarsi dal reale comportamento della struttura, proprio a causa delle ipotesi poste alla base della modellazione. Difficilmente infatti si ha la possibilità di riscontrare se le ipotesi assunte nel calcolo della struttura corrispondano effettivamente alla situazione reale, tanto più se come nella struttura in esame si tratta di una costruzione datata e della quale si hanno poche informazioni circa i dettagli relativi alla costruzione, considerando inoltre che, come già anticipato, sforzi secondari e altri fattori vengono trascurati nella valutazione del fenomeno della fatica. Nel seguito si prenderanno in esame le ipotesi su masse strutturali, rigidezze dei vincoli e momento d’inerzia delle aste di parete, grandezze che caratterizzano in particolare il comportamento dinamico della struttura; per questo sarebbe ancora più difficilmente verificabile se tali ipotesi corrispondano effettivamente alla costruzione reale. Da queste problematiche nasce l’esigenza di affinare il modello numerico agli Elementi Finiti, identificando a posteriori quei parametri meccanici ritenuti significativi per il comportamento dinamico della struttura in esame. In specifico si andrà a porre il problema di identificazione come un problema di ottimizzazione, dove i valori dei parametri meccanici vengono valutati in modo che le caratteristiche dinamiche del modello, siano il più simili possibile ai risultati ottenuti da elaborazioni sperimentali sulla struttura reale. La funzione costo è definita come la distanza tra frequenze proprie e deformate modali ottenute dalla struttura reale e dal modello matematico; questa funzione può presentare più minimi locali, ma la soluzione esatta del problema è rappresentata solo dal minimo globale. Quindi il successo del processo di ottimizzazione dipende proprio dalla definizione della funzione costo e dalla capacità dell’algoritmo di trovare il minimo globale. Per questo motivo è stato preso in considerazione per la risoluzione del problema, l’algoritmo di tipo evolutivo DE (Differential Evolution Algorithm), perché gli algoritmi genetici ed evolutivi vengono segnalati per robustezza ed efficienza, tra i metodi di ricerca globale caratterizzati dall’obiettivo di evitare la convergenza in minimi locali della funzione costo. Obiettivo della tesi infatti è l’utilizzo dell’algoritmo DE modificato con approssimazione quadratica (DE-Q), per affinare il modello numerico e quindi ottenere l’identificazione dei parametri meccanici che influenzano il comportamento dinamico di una struttura reale, il ponte ferroviario metallico a Pontelagoscuro.

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La tesi affronta le problematiche relative ai nuovi scenari educativi nella cosiddetta Società della Conoscenza e alle sfide che essa richiede alla didattica nei nuovi “ambienti” formativi. Partendo dall’analisi della definizione della stessa come Società della Conoscenza si cerca di darne una lettura che ne metta in luce gli elementi principali che la caratterizzano aprendo alla riflessione sullo sguardo che essa dà al suo futuro e agli scenari verso i quali si orientano le sue sfide cognitive ed educative. In tale analisi non può mancare una riflessione sul legame tra la società contemporanea e le cosiddette nuove tecnologie (ICT: Information and Comunication Technologies). Le ICT, infatti, in misura sempre maggiore, hanno invaso la società e influenzato l’evoluzione della stessa assumendo un ruolo significativo nella vita quotidiana e nell’affermarsi della società della conoscenza. Il percorso di ricerca prende il via da questi interrogativi per ampliare la riflessione sulle nuove frontiere dell’educazione nella società della conoscenza. Quest’ultima, infatti, così come si caratterizza e come si evolve, identificando la sua priorità non solo nella diffusione dell’informazione, ma anche e soprattutto nella “costruzione” di conoscenza, impone un nuovo modo di pensare e approcciarsi all’educazione e alla formazione. Il longlife learning diventa l’elemento centrale ma non va inteso solo come possibilità date all’individuo adulto di riprendere percorsi formativi lasciati o intraprenderne di nuovi. Quello che cambia è la finalità stessa della formazione: è il concetto dell’apprendimento come potenzialità individuale (empowerment). Non basta avere accesso e acquisire un numero sempre maggiore di informazioni ma occorre sviluppare la capacità di acquisire strategicamente le informazioni per essere capaci di affrontare i continui cambiamenti e costruire nuove forme di sapere condiviso. Sul piano operativo le ICT permettono numerose nuove possibilità per la formazione, sia come strumenti a supporto della didattica, sia come mezzi di trasmissione delle informazioni e costruzione di conoscenza. L’e-learning si afferma con una sua impostazione e una sua metodologia, nonché con i suoi “oggetti” e i suoi “ambienti”. Nella tesi vengono illustrate le principali problematiche da considerare per la costruzione di percorsi formativi in rete (strumenti, contenuti, ruoli, comunicazione, valutazione) per presentare, infine, i materiali prodotti dall’autrice per l’erogazione on line di moduli didattici in due Unità Formative.

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Il concetto fondante e le motivazioni alla base di questo lavoro di tesi sono costituiti dalla volontà di analizzare a fondo la problematica energetica ed ambientale, focalizzando l‟indagine sul ruolo delle Fonti Energetiche Rinnovabili e contestualizzandola nel contesto “locale” relativo alla Regione Emilia Romagna: questo lavoro di tesi, infatti, è stato sviluppato nell‟ambito di un progetto di collaborazione stipulato tra Università e Regione Emilia Romagna e si è svolto all‟interno dell‟Assessorato alle Attività Produttive della Regione, lavorando con il “Servizio Politiche Energetiche” emiliano-romagnolo. La crisi energetica (e, contestualmente, la crisi ambientale) rappresenta una problematica al centro del dibattito globale da oltre mezzo secolo, affrontata finora in maniera non organica e realmente efficace dalle nazioni e dagli organismi sovranazionali coinvolti in tale dibattito. Tale tematica è divenuta ancora più pregnante (e la ricerca di una “soluzione” al riguardo, ancora più pressante) negli ultimi anni, in seguito alla deflagrazione di una crisi globale –economica e sociale- che ha intaccato i modelli di crescita e sviluppo (anche tecnologico) conosciuti finora, ponendo di fronte agli occhi dell‟umanità la necessità impellente di ridefinire politiche economiche, ambientali e, conseguentemente, energetiche, caratterizzate da una maggiore sostenibilità globale. La continua crescita della popolazione e il progressivo incremento generalizzato (e disomogeneo) degli standard di vita alimentano con ritmi esponenziali la domanda –e la conseguente produzione- di energia, inevitabilmente correlata (proprio a causa dei modelli di sviluppo seguiti finora) ad un drammatico incremento delle emissioni climalteranti, che continuano a nuocere irreversibilmente alla salubrità del nostro fragile ecosistema. Oltre alla problematica ambientale si aggiunge, con impellenza sempre più marcata, quella relativa alla disponibilità delle principali fonti energetiche (quelle fossili), che si profilano in esaurimento entro lassi temporali che potrebbero divenire drammaticamente prossimi: il “rischio reale” connesso alla prosecuzione di politiche energetiche poggiate sullo sfruttamento intensivo di tali fonti non è tanto connesso all‟eventuale esaurimento assoluto delle risorse stesse, quanto ad una loro progressiva riduzione, tale da renderle viepiù costose e sempre meno convenienti economicamente. Uno scenario di questo tipo si tradurrebbe inevitabilmente in una condizione per la quale solamente i Paesi più ricchi potrebbero usufruire di tali risorse, estremamente costose, mentre i Paesi meno evoluti economicamente rischierebbero di trovarsi nell‟impossibilità di approvvigionarsi, andando incontro a condizioni di deficit energetico: uno scenario inquietante, che però non appare così “ipotetico”, se si tiene conto di come –già ora- siano in aumento segnali di allarme e di conflitto, attivati da localizzate insufficienze energetiche. In un quadro globale di questo tipo le strade risolutive finora riconosciute e percorse dal mondo scientifico, politico ed economico sono sostanzialmente due: - L‟implementazione del risparmio energetico, in un‟ottica di drastica riduzione dei consumi globali; - La “conversione” della produzione energetica (attualmente fondata sulle fonti convenzionali, ossia quelle fossili) verso le cosiddette “Fonti Energetiche Alternative”. Questa seconda direttrice di marcia sembra poter essere quella in grado di reindirizzare verso un orizzonte di maggiore sostenibilità l‟attuale sistema energetico globale, e in quest‟ottica assumono quindi enorme importanza strategica le tecnologie alternative e, prime tra tutte, le Fonti Energetiche Rinnovabili (FER). Queste consentirebbero infatti sia di ridurre l‟impatto ambientale connesso alla produzione energetica da fonti convenzionali, che di implementare politiche di autosufficienza energetica per quei Paesi che attualmente, dal punto di vista del bilancio energetico interno, dipendono in misura marcata dall‟importazione di combustibili fossili dall‟estero. La crisi energetica e il conseguente ruolo chiave delle Fonti Energetiche Rinnovabili è quindi il punto di partenza di questa tesi, che ha voluto confrontarsi con tale problematica globale, misurandosi con le azioni e con i provvedimenti intrapresi al riguardo a livello locale, focalizzando l‟attenzione sulla realtà e sugli sviluppi delle Fonti Energetiche Rinnovabili nella Regione Emilia Romagna. Per sviluppare il lavoro si è proceduto definendo prima di tutto un quadro complessivo della situazione, in termini di problematica energetica e di stato attuale delle Fonti Energetiche Rinnovabili, scendendo progressivamente nel dettaglio: partendo da una fotografia a livello mondiale, quindi europeo, successivamente italiano (basandosi sui dati di pubblicazioni italiane ed estere, di enti competenti in materia come Terna, il GSE o l‟Enea per l‟Italia, e l‟IEA, l‟EIA, l‟UE per l‟Europa e il resto del mondo). Nella terza parte della tesi si è scesi al dettaglio di questo stato attuale delle Fonti Energetiche Rinnovabili a livello Regionale (Emiliano-Romagnolo) e Provinciale (le nove Province della Regione): per procedere alla definizione di questo quadro la “tecnica operativa” è consistita in una raccolta dati effettuata in collaborazione con il ”Servizio Politiche Energetiche” della Regione Emilia Romagna, estesa alle 9 Province e ai 348 Comuni del territorio emiliano-romagnolo. La richiesta di dati avanzata è stata relativa agli impianti alimentati da fonte energetica rinnovabile in esercizio e a quelli in fase di valutazione sul territorio afferente all‟Ente considerato. Il passo successivo è consistito nell‟aggregazione di questi dati, nella loro analisi e nella definizione di un quadro organico e coerente, relativo allo stato attuale (Ottobre 2010) delle Fonti Energetiche Rinnovabili sul territorio emiliano-romagnolo, tale da permettere di realizzare un confronto con gli obiettivi definiti per le FER all‟interno dell‟ultimo Piano Energetico Regionale e con lo stato delle FER nelle altre Regioni italiane. Sono stati inoltre realizzati due “Scenari”, relativi all‟evoluzione stimata del parco “rinnovabile” emiliano-romagnolo, definiti al 2012 (“Breve Termine”) e al 2015 (“Medio Termine”). I risultati ottenuti hanno consentito di verificare come, nell‟orizzonte “locale” emiliano-romagnolo, il sistema globale connesso alle Fonti Energetiche Rinnovabili abbia attecchito e si sia sviluppato in misura marcata: gli obiettivi relativi alle FER definiti nel precedente Piano Energetico Regionale sono infatti stati sostanzialmente raggiunti in toto. Dalla definizione degli “Scenari” previsionali è stato possibile stimare l‟evoluzione futura del parco “rinnovabile” emilianoromagnolo, verificando come questo risulti essere in continua crescita e risulti “puntare” su due fonti rinnovabili in maniera particolare: la fonte fotovoltaica e la fonte a biocombustibili. Sempre dall‟analisi degli “Scenari” previsionali è stato possibile stimare l‟evoluzione delle singole tecnologie e dei singoli mercati rinnovabili, verificando limiti allo sviluppo (come nel caso della fonte idroelettrica) o potenziali “espansioni” molto rilevanti (come nel caso della fonte eolica). Il risultato finale di questo lavoro di tesi è consistito nel poter definire dei nuovi obiettivi, relativi alle differenti Fonti Energetiche, da potersi inserire all‟interno del prossimo Piano Energetico Regionale: l‟obiettivo “complessivo” individua –avendo il 2015 come orizzonte temporale- una crescita incrementale delle installazioni alimentate da FER pari a 310 MWe circa. Questo lavoro di tesi è stato ovviamente organizzato in più “Parti”, ciascuna ulteriormente suddivisa in “Capitoli”. Nella “Prima Parte”, costituita dai primi 4 Capitoli, si è proceduto ad introdurre la problematica energetica e il contesto in cui si muovono le decisioni e le politiche (comunitarie, nazionali e sovra-nazionali) destinate a trovare soluzioni e risposte: Il Primo Capitolo, introduttivo, definisce prima di tutto gli “strumenti” e i concetti che verranno successivamente richiamati più volte nel resto della Tesi, partendo dal concetto di “energia”, definito sia “concettualmente” che attraverso le unità di misura utilizzate per quantificarlo. Il passo successivo è stato quello di contestualizzare l‟evoluzione dello sfruttamento di questa “risorsa”, in relazione allo sviluppo delle tecnologie e delle stesse condizioni di vita umane, così da definire un background storico per le considerazioni introdotte nel Capitolo successivo. Il Secondo Capitolo, infatti, introduce la problematica attuale (ma mutuata dal background storico evidenziato in precedenza) della “crisi energetica” e della “crisi ambientale” ad essa correlata, considerandone gli aspetti prima di tutto globali, connessi a considerazioni di natura sociale, demografica e –conseguentemente economica e sociale: all‟interno di questa analisi, vengono citati anche gli scenari previsionali elaborati da numerosi enti di ricerca e istituzioni, coinvolti su più livelli nell‟ottica di riuscire ad individuare una “risposta” alle problematiche sollevate dallo sfruttamento intensivo della risorsa energetica per vie convenzionali. Tale risposta è rappresentata dalle normative sovranazionali, europee e italiane varate nell‟ottica di attuare una “transizione etica” in materia di sviluppo sostenibile, impatto ambientale e sfruttamento energetico: un presupposto imprescindibile per la transizione energetica sostenibile è proprio l‟impegno a livello locale (quindi anche e prima di tutto di istituzioni quali, in Italia, le Regioni, le Province e i Comuni), senza il quale difficilmente si potranno raggiungere traguardi avanzati, che implicano anche un sostanziale cambio di mentalità. Nell‟ottica di approfondire ulteriormente il contesto all‟interno del quale vengono adottate azioni e intrapresi provvedimenti utili a concretizzare risposte a livello italiano –nazionale e locale- il Terzo Capitolo introduce il tema delle “politiche energetiche sostenibili”, partendo dalla definizione dell‟attuale condizione Italiana (in termini di inquinamento atmosferico e di sfruttamento intensivo della risorsa energetica, nonché di scenari previsionali), per definire successivamente le politiche nazionali per le fonti rinnovabili, per il settore dei trasporti, del riscaldamento e del raffreddamento, della pianificazione energetica e della generazione distribuita. Il Capitolo introduce anche il tema degli interventi in ambito di fiscalità energetica (“Certificati Verdi”, “Certificati Bianchi” e il “Conto Energia”). Proprio per definire al meglio i meccanismi di incentivazione, il Quarto Capitolo esplicita (facendo riferimento alla documentazione pubblicata da enti quali GSE, Terna, GRTN) il meccanismo del cosiddetto “mercato elettrico” e degli scambi che vi avvengono, in modo tale da comprendere come i metodi di incentivazione alle fonti alternative che si appoggiano su interventi di fiscalità energetica, riescano ad avere –o meno- presa sul sistema. La “Seconda Parte” (costituita dai Capitoli dal 5° al 13°) è invece dedicata al necessario approfondimento sullo stato delle Fonti Energetiche Rinnovabili (FER): in ogni capitolo è stato infatti approfondita la condizione attuale delle principali FER (fonte a Biocombustibili, Eolica, Geotermica, Idraulica, Solare Fotovoltaica, Solare Termica, Solare Termodinamica). Tale approfondimento è stato condotto in termini di sviluppo della tecnologia, incidenza e contributo della singola FER sui bilanci elettrici (considerando prima il quadro mondiale, quindi quello europeo, per scendere infine al dettaglio italiano). Nella parte finale di ogni capitolo sono state riportate anche le principali criticità riscontrate per ogni fonte presa in considerazione, oltre che gli scenari previsionali stimati considerandone i potenziali sviluppi, in un‟ottica di medio termine e di lungo termine. La “Terza Parte” (comprendente i Capitoli dal 14° al 22°) di questa Tesi raccoglie invece il lavoro svolto e i risultati ottenuti e permette di definire lo stato attuale e gli scenari previsionali (a breve termine e a medio termine) per le Fonti Energetiche Rinnovabili nella Regione Emilia Romagna, con un livello di dettaglio sia Regionale che Provinciale. Il lavoro, come detto, è consistito nella raccolta dati effettuata presso gli enti di “governo territoriale” emiliano-romagnoli (la Regione, le 9 Province e i 348 Comuni) e nella successiva aggregazione, elaborazione e interpretazione di questi stessi dati. I Capitoli dal 15° al 19° definiscono lo stato attuale (all‟Ottobre 2010) e gli scenari previsionali (a breve termine e medio termine) per le differenti FER (rispettivamente, Biocombustibili, Eolica, Fotovoltaica, Geotermica e Idroelettrica), prima a livello Provinciale, quindi a livello Regionale. Nella conclusione di ogni Capitolo è contenuto un confronto con lo stato della FER presa in considerazione relativo agli anni precedenti, oltre che il confronto con gli obiettivi definiti per la tecnologia al 2010 dal precedente Piano Energetico Regionale. Questi Capitoli si chiudono con l‟analisi del trend storico della Fonte Energetica Rinnovabile considerata e con la conseguente individuazione dei potenziali obiettivi al 2012 e al 2015 da inserire nel prossimo Piano Energetico Regionale. E‟ presente anche l‟evoluzione stimata del “mercato” della singola FER presa in considerazione, oltre che della “tipologia tecnologica” sulla quale gli installatori e gli investitori tenderanno ad orientarsi sia nel breve che nel medio termine. I Capitoli 20°, 21° e 22° contengono invece lo stato “riassuntivo” delle Fonti Energetiche Rinnovabili, definite per il panorama emiliano-romagnolo (anche in questo caso, prima a livello Provinciale, successivamente a livello regionale) sotto un‟ottica temporale differente: il Capitolo 20° riassume lo stato attuale del parco “rinnovabile” complessivo emiliano-romagnolo, definendone l‟evoluzione storica e confrontandolo con gli obiettivi fissati al 2010 dal precedente Piano Energetico regionale, permettendo così di verificare –nel complesso- se le stime del 2004 erano state corrette. Il Capitolo 21° definisce l‟evoluzione del parco “rinnovabile” complessivo emiliano-romagnolo al 2012, sia a livello Provinciale che Regionale, definendone in questo modo un trend stimato di crescita e dei conseguenti obiettivi di breve termine, riferiti alle singole FER. Il Capitolo 22° definisce infine l‟evoluzione del parco “rinnovabile” complessivo emiliano-romagnolo al 2015 (ancora una volta, sia a livello Provinciale che Regionale) permettendo così di ricavare un trend stimato di crescita e, soprattutto, gli obiettivi di medio termine -riferiti alle singole FER- da inserire all‟interno del prossimo Piano Energetico Regionale. La conclusione permette di chiudere sinteticamente il lavoro svolto in precedenza, traendo le indicazioni più rilevanti dai dati e dalle considerazioni pregresse: come si evincerà, l‟Emilia Romagna risulta una Regione in cui gli obiettivi rinnovabili (e di “conversione energetica”) sono stati sostanzialmente raggiunti e, in alcuni casi, perfino superati. Il mercato rinnovabile è in crescita e le politiche locali e sovra locali evidenziano una marcata volontà di puntare prevalentemente su settori e tecnologie quali quella della biomassa e quella solare fotovoltaica. Nonostante questo, si evidenzia anche la necessità di lavorare a livello di enti regionali e provinciali, per omogeneizzare ulteriormente la distribuzione energetica “rinnovabile” sul territorio (implementando lo sviluppo di determinate fonti su distretti territoriali al momento non ancora raggiunti da tali mercati) e per provvedere ad una riduzione dei consumi energetici che consenta alle FER di avere una maggiore incidenza sui bilanci energetici ed elettrici, locali e regionali. Si ricorda che la “costruzione” di questa tesi è stata sviluppata parallelamente ad un‟attività di stage presso il settore Politiche energetiche dell‟Assessorato alle Attività Produttive della Regione Emilia – Romagna, che in questa fase sta procedendo alla definizione del nuovo Piano Energetico Regionale, e alla conseguente individuazione d

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Intorno alla metà degli anni trenta la Spagna diventò il centro dell’attenzione del mondo e tutte le grandi potenze internazionali, vecchie e nuove, vennero coinvolte, in misura diversa, nella guerra civile. Già nell’agosto del 1936, un mese dopo l’esplosione del conflitto, tutti gli Stati più rappresentativi caldeggiavano l’ipotesi di una politica comune di “non intervento”. Il ruolo guida in tal senso venne assunto dal governo inglese, capace di dissuadere, in tempi estremamente rapidi, il governo frontista francese di Leon Blum dall’intento di sostenere economicamente e militarmente il legittimo governo repubblicano spagnolo. La preoccupazione che il conflitto potesse degenerare in uno scontro più generale fu quindi la ragione principale per la quale qualche settimana dopo nacque il “Comitato di Non Intervento”, cui aderirono ben ventisette nazioni europee tra cui Francia, Inghilterra, URSS, Italia, Germania e Portogallo. Il mio progetto di ricerca dottorale esamina il ruolo, le scelte ed i relativi dibattiti in merito all’unica grande potenza, gli Stati Uniti d’America, che, pur scegliendo di rimanere neutrale, si astenne dal partecipare al suddetto Comitato. In ambito statunitense particolare rilievo assumono due aspetti del dibattito politico sulla Spagna: il primo maturato in seno all’Amministrazione Roosevelt, il secondo elaborato dalla componente Liberal della coalizione del New Deal attraverso i settimanali, “The Nation” e “The New Republic”. Il confronto pubblico acceso dalla guerra civile spagnola fu infatti l’occasione per la società civile americana per dibattere apertamente e francamente circa l’opportunità e la capacità della nazione di assumere o meno un ruolo internazionale corrispondente al prestigio socio-economico in via di acquisizione a livello mondiale. Approfondire ed esaminare il dibattito sulla guerra civile spagnola negli USA significa dunque andare alla ricerca delle radici culturali di quello che sarà uno dei più vasti ed articolati confronti politici e teorici del ventesimo secolo: l’internazionalismo americano.

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Risolvere il problema isoperimetrico in R^2 significa determinare la figura piana avente area maggiore tra tutte le figure aventi ugual perimetro. In questo lavoro trattiamo la risoluzione del problema isoperimetrico in R^2 proposta da Hurwitz, il quale, basandosi esclusivamente sulle proprietà analitiche delle serie di Fourier, è riuscito a dimostrare che la circonferenza è l'unica curva piana, semplice, chiusa e rettificabile con l'area massima avendo fissato il perimetro.