1000 resultados para Milano,QT8,Triennale,Centro,Civico,Foro,Bottoni,Verde
Resumo:
Nel contesto socio-economico dei primi anni del secondo dopoguerra, caratterizzato dal bisogno di ricostruire una città profondamente danneggiata dai bombardamenti, la Triennale di Milano contribuì in modo preponderante nel tracciare le linee guida per la ricostruzione di una porzione di città. In tale contesto, l’architetto Piero Bottoni, in qualità di Commissario straordinario dell’Ente Autonomo Triennale, impostò l’”Ottava Triennale di Milano – Esposizione internazionale di arti decorative e industriali moderne e dell’architettura moderna” attorno al tema dell’abitare e concepì il Quartiere Triennale 8 come una esposizione permanente di nuovi tipi edilizi, di sistemi costruttivi e arredi innovativi, ma anche e soprattutto come un esempio sperimentale di una nuova spazialità urbana. Nel progetto del QT8 vennero messi sullo stesso piano casa, quartiere e città come tre aspetti inscindibili dello stesso problema, ma, sebbene la maggior parte del piano venne portato a termine, questa porzione di città non potè sfuggire alla realtà economica ed alle logiche speculative di quel tempo; infatti quello che si nota effettivamente arrivando nel quartiere è la mancanza del suo cuore, luogo di connessione funzionale e spaziale, di quella piazza porticata progettata, ma mai realizzata, sulla quale si sarebbero dovuti affacciare negozi, uffici pubblici, ristoranti, una casa collettiva, un cinema-teatro ed il mercato coperto. Da queste osservazioni, dalla necessità di offrire alla comunità dei residenti, e non solo, un fulcro pubblico dove instaurare relazioni sociali e nel quale poter usufruire dei servizi necessari, nasce l’idea di questo progetto di tesi.
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Lo sviluppo della forma di una città nel corso dei secoli è dettato dall’interazione tra ambiente, uomo e il soddisfacimento dei bisogni del tempo. Non sempre, però, queste tre cose si equilibrano e quelli che ne risultano sono spazi privi di caratteristiche proprie. Ne è esempio l’ingresso nord della stazione di Cesena: nonostante la sua posizione centrale all’interno della città e il numero di pendolari che tutti giorni la attraversano, non è ancora riuscito a definire una forma capace di affermarsi all’interno del tessuto urbano. Compreso tra la ferrovia e il parco novello, il progetto si propone la realizzazione di un nuovo complesso pubblico che possa al tempo stesso connettere le due parti di città e stabilire una relazione concreta con il grande corridoio verde. L’area ospiterà nuovi servizi per i viaggiatori e spazi polifunzionali aperti alla cittadinanza al fine di restituire una nuova immagine alla stazione ferroviaria capace di giocare un ruolo attivo nella dinamica urbana diventando polo attrattore del quartiere.
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A internet contribuiu para que as organizações pudessem acompanhar o ritmo moderno do mundo actual, com a sua velocidade e agilidade na troca e transmissão de informação. Facilitou muito o trabalho do profissional de Relações Publica, disponibilizando ferramentas importantes no processo de comunicação, dando oportunidades de uma relação directa com os clientes, consumidores, e, principalmente, levando o público-alvo a conhecer melhor a empresa com quem pretende ter algum tipo de relação. Entretanto, não basta proporcionar uma relação com o público se não houver uma estratégia que permita a utilização da linguagem correcta, do canal mais adequado e do momento ideal, culminando numa comunicação dirigida eficiente. Ademais a isso, as possibilidades que a rede abre passam da passividade para a gestão ativa do processo comunicacional. A comunicação eletrónica transformou grande parte da comunicação dirigida escrita impressa, em meio eletrónica, com isso abriu novos horizontes nesta area.
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A Asma ainda é considerada um problema de saúde pública no Brasil, mesmo com todos os avanços no tratamento. Por isso a Secretaria Municipal de Saúde de Belo Horizonte (SMSA/BH) criou o Programa Criança que Chia para o atendimento de crianças asmáticas até 14 anos. Por meio de diagnóstico situacional realizado no Centro de Saúde (CS) Serra Verde em 2008, constatou-se inefetividade na aplicação do protocolo de tal programa, ocorrendo muitas internações e descompensações das crianças asmáticas. Este trabalho propõe aumentar a adesão das equipes de saúde da família do CS Serra Verde e dos asmáticos e seus responsáveis ao tratamento profilático com um plano de ação local através do treinamento das equipes para a orientação dos pacientes e seus familiares a respeito da doença, do tratamento a ser seguido e a implantação de um sistema para monitoramento e captação de pacientes.
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Prima di procedere con il progetto sono state fatte sezioni storiche dell’area, in epoche indicative, per comprendere quelle che sono le invarianti e le caratteristiche di tale tessuto. Da qui si è dedotto lo schema generatore dell’insediamento che parte dall’identificazione degli assi viari (pedonali e carrabili) già presenti nell’area, che fanno diretto riferimento allo schema cardo-decumanico generatore dell’impianto angioino della città. Con il tracciamento si individuano gli isolati base, che con variazioni formali e tipologiche hanno originato gli edifici di progetto. I corpi di fabbrica generatori della planimetria, dialogano e rimangono a stretto contatto con i pochi edifici agibili, per i quali sono previsti consolidamenti e ristrutturazioni, qualora necessari. Inevitabile è stato il confronto con l’orografia, prestando particolare attenzione a non annullare con l’inserimento degli edifici il dislivello presente, ma lasciarlo percepire chiaramente: l’attacco a terra di ogni edificio avviene gradualmente, passando dai due piani fuori terra a monte ai tre, quattro a valle. Ovviamente non tutti gli assi sono stati trattati allo stesso modo, ma conseguentemente alla loro funzione e carattere di utilizzo. Analizzando la struttura viaria dell’intera area, si presentano schematicamente due anelli di circonvallazione del centro urbano: uno più esterno, di più recente costruzione, rappresentato da via XX Settembre, e uno più vecchio, che rimane rasente al centro storico, costituito dal viale Duca Degli Abruzzi, che prosegue in viale Giovanni XXIII e termina nel viadotto Belvedere. Quest’ultimo asse rappresenta sicuramente un importante collegamento cittadino, sia per la vicinanza al centro, sia per le porzioni di città messe in comunicazione; nonostante ciò il viadotto ha subito, all’altezza di viale Nicolò Persichetti, uno smottamento dopo il 6 aprile, ed essendo un elemento di scarso valore architettonico e spaziale, la sua presenza è stata ripensata. Compiendo una deviazione su via XX Settembre al termine di viale Duca Degli Abruzzi, che va a sfruttare la già presente via Fonte Preturo, non si va a rivoluzionante l’odierno assetto, che confluisce comunque, qualche centinaio di metri dopo, in via XX Settembre è si eliminano le connotazioni negative che il viadotto avrebbe sul rinnovato ingresso al centro storico. La vivibilità tende a favorire così collegamento e all’eterogeneità degli spazi più che la separazione fisica e psicologica: il concetto di città fa riferimento alla vita in comune; per favorirla è importante incentivare i luoghi di aggregazione, gli spazi aperti. Dalle testimonianze degli aquilani la vita cittadina vedeva il centro storico come principale luogo d’incontro sociale. Esso era animato dal numeroso “popolo” di studenti, che lo manteneva attivo e vitale. Per questo nelle intenzioni progettuali si pone l’accento su una visione attiva di città con un carattere unitario come sostiene Ungers3. La funzione di collegamento, che crea una struttura di luoghi complementari, può essere costituita dal sistema viario e da quello di piazze (luoghi sociali per eccellenza). Via Fontesecco ha la sua terminazione nell’omonima piazza: questo spazio urbano è sfruttato, nella conformazione attuale, come luogo di passaggio, piuttosto che di sosta, per questo motivo deve essere ricalibrato e messo in relazione ad un sistema più ampio di quello della sola via. In questo sistema di piazze rientra anche la volontà di mettere in relazione le emergenze architettoniche esistenti nell’area e nelle immediate vicinanze, quali la chiesa e convento dell’Addolorata, Palazzo Antonelli e la chiesa di San Domenico (che si attestano tutte su spazi aperti), e la chiesa di San Quinziano su via Buccio di Ranallo. In quest’ottica l’area d’intervento è intesa come appartenente al centro storico, parte del sistema grazie alla struttura di piazze, e allo stesso tempo come zona filtro tra centro e periferia. La struttura di piazze rende l’area complementare alla trama di pieni e vuoti già presente nel tessuto urbano cittadino; la densità pensata nel progetto, vi si accosta con continuità, creando un collegamento con l’esistente; allontanandosi dal centro e avvicinandosi quindi alle più recenti espansioni, il tessuto muta, concedendo più spazio ai vuoti urbani e al verde. Via Fontesecco, il percorso che delimita il lato sud dell’area, oltre ad essere individuata tra due fronti costruiti, è inclusa tra due quinte naturali: il colle dell’Addolorata (con le emergenze già citate) e il colle Belvedere sul quale s’innesta ora il viadotto. Questi due fronti naturali hanno caratteri molto diversi tra loro: il colle dell’Addolorata originariamente occupato da orti, ha un carattere urbano, mentre il secondo si presenta come una porzione di verde incolto e inutilizzato che può essere sfruttato come cerniera di collegamento verticale. Lo stesso declivio naturale del colle d’Addolorata che degrada verso viale Duca Degli Abruzzi, viene trattato nel progetto come una fascia verde di collegamento con il nuovo insediamento universitario. L’idea alla base del progetto dell’edilizia residenziale consiste nel ricostruire insediamenti che appartengano parte della città esistente; si tratta quindi, di una riscoperta del centro urbano e una proposta di maggior densità. Il tessuto esistente è integrato per ottenere isolati ben definiti, in modo da formare un sistema ben inserito nel contesto. Le case popolari su via Fontesecco hanno subito con il sisma notevoli danni, e dovendo essere demolite, hanno fornito l’occasione per ripensare all’assetto del fronte, in modo da integrarlo maggiormente con il tessuto urbano retrostante e antistante. Attualmente la conformazione degli edifici non permette un’integrazione ideale tra i percorsi di risalita pedonale al colle dell’Addolorata e la viabilità. Le scale terminano spesso nella parte retrostante gli edifici, senza sfociare direttamente su via Fontesecco. Si è quindi preferito frammentare il fronte, che rispecchiasse anche l’assetto originario, prima cioè dell’intervento fascista, e che consentisse comunque una percezione prospettica e tipologica unitaria, e un accesso alla grande corte retrostante. Il nuovo carattere di via Fontesecco, risultante dalle sezioni stradali e dalle destinazioni d’uso dei piani terra degli edifici progettuali, è quello di un asse commerciale e di servizio per il quartiere. L’intenzione, cercando di rafforzare l’area di progetto come nuovo possibile ingresso al centro storico, è quella di estendere l’asse commerciale fino a piazza Fontesecco, in modo da rendere tale spazio di aggregazione vitale: “I luoghi sono come monadi, come piccoli microcosmi, mondi autonomi, con tutte le loro caratteristiche, pregi e difetti, inseriti in un macrocosmo urbano più grande, che partendo da questi piccoli mondi compone una metropoli e un paesaggio”.4[...] Arretrando verso l’altura dell’Addolorata è inserita la grande corte del nuovo isolato residenziale, anch’essa con servizi (lavanderie, spazi gioco, palestra) ma con un carattere diverso, legato più agli edifici che si attestano sulla corte, anche per l’assenza di un accesso carrabile diretto; si crea così una gerarchia degli spazi urbani: pubblico sulla via e semi-pubblico nella corte pedonale. La piazza che domina l’intervento (piazza dell’Addolorata) è chiusa da un edificio lineare che funge da “quinta”, il centro civico. Molto flessibile, presenta al suo interno spazi espositivi e un auditorium a diretta disposizione del quartiere. Sempre sulla piazza sono presenti una caffetteria, accessibile anche dal parco, che regge un sistema di scale permettendo di attraversare il dislivello con la “fascia” verde del colle, e la nuova ala dell’Hotel “Duca degli Abruzzi”, ridimensionata rispetto all’originale (in parte distrutto dal terremoto), che si va a collegare in maniera organica all’edificio principale. Il sistema degli edifici pubblici è completo con la ricostruzione del distrutto “Istituto della Dottrina Cristiana”, adiacente alla chiesa di San Quinziano, che va a creare con essa un cortile di cui usufruiscono gli alunni di questa scuola materna ed elementare. Analizzando l’intorno, gran parte dell’abitato è definito da edifici a corte che, all’interno del tessuto compatto storico riescono a sopperire la mancanza di spazi aperti con corti, più o meno private, anche per consentire ai singoli alloggi una giusta illuminazione e areazione. Nel progetto si passa da due edifici a corti semi-private, chiusi in se stessi, a un sistema più grande e complesso che crea un ampio “cortile” urbano, in cui gli edifici che vi si affacciano (case a schiera e edifici in linea) vanno a caratterizzare gli spazi aperti. Vi è in questa differenziazione l’intenzione di favorire l’interazione tra le persone che abitano il luogo, il proposito di realizzare elementi di aggregazione più privati di una piazza pubblica e più pubblici di una corte privata. Le variazioni tipologiche degli alloggi poi, (dalla casa a schiera e i duplex, al monolocale nell’edilizia sociale) comportano un’altrettanta auspicabile mescolanza di utenti, di classi sociali, età e perché no, etnie diverse che permettano una flessibilità nell’utilizzo degli spazi pubblici.
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L'oggetto della tesi riguarda la riqualificazione dell'area attorno al Castello delle Rocche di Finale Emilia, attraverso l'introduzione di due nuovi edifici adibiti a biblioteca e centro civico. Il tentativo è stato quello di ricomporre questo importante nodo urbano trasformandolo in una grande piazza della cultura che fa perno attorno al castello, ridandogli il giusto ruolo all'interno della scacchiera urbana, soprattutto a seguito degli eventi sismici del 2012 che hanno portato ad un suo parziale crollo. I nuovi edifici cercano una relazione ed una definizione con la città e la sua storia, nel tentativo di inserirsi nella storia urbana di Finale in maniera più naturale possibile.
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«Apriamo il Parco dei motori. Solo così Imola e Bologna vivono» Con queste parole, perentorie, il Direttore dell’ ANCE Bologna Carmine Preziosi ha presentato alla stampa nel settembre del 2013 l’idea della quale questa tesi fa parte integrante. Mai si è riusciti davvero a sfruttare a livello continuo e deciso la nomea di “terra dei motori” che l’Emilia Romagna possiede. Quale migliore luogo di Imola, con il suo storico tracciato, per tentare di rilanciare il turismo e creare un nuovo polo attrattivo tra la costa Adriatica e le grandi città della Regione base di tante case automobilistiche? L’individuazione dell’area tramite dialoghi con interlocutori REALMENTE interessati, approfondimenti, studi sociali, del territorio, dell’ambiente, normativi hanno portato alla progettazione urbanistica e di dettaglio (parco tematico compreso in tutti i suoi aspetti fondamentali grazie al rapporto con alcune delle più grandi aziende del mondo del settore) di un lavoro che si presenta finito per essere presentato alle autorità locali per una seria e decisa discussione a riguardo della fattibilità. Tale progetto creerebbe un’area di turismo e di utilità per la collettività del luogo, presentando, oltre al parco e al suo resort, un centro commerciale, un parco verde attrezzato e una futura area di espansione ad uso del Comune, il tutto in una zona adiacente all’ autostrada e ben collegata alla città stessa nonché alle principali vie di comunicazione.
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Ao desenvolver o Diagnóstico Situacional no Centro de Saúde Serra Verde em Belo Horizonte/ MG observou-se que os principais problemas de saúde da população adulta adstrita estavam relacionados ao grande número de pessoas diabéticas, hipertensas e deprimidas, a partir do qual pôde-se perceber a problemática que envolve o paciente diabético e a depressão como decorrente dessa condição, sobretudo na Estratégia Saúde da Família. Para que se possam adotar medidas eficazes para o cuidado desses pacientes, é de extrema importância que se conheça as características dessas condições além dos fatores de riscos associados, estabelecendo um plano de intervenção que auxilie as equipes no direcionamento dos problemas para que o mesmo justifique a escolha do tema abordado. O presente trabalho tem como objetivo a identificação do perfil das pessoas com DM que tenham depressão como comorbidade cadastrados no Centro de Saúde Serra Verde, descrever e verificar a doença crônica DM e a depressão bem como seus fatores de risco, executando-as em três etapas: diagnóstico situacional, revisão bibliográfica e elaboração do plano de ação. Os estudos abordados serviram como referência para compreensão dos objetos de estudo. Pelos estudos analisados, observa-se que há uma interação psicológica e comportamental entre o diabetes e a depressão, dessa forma o controle fica mais difícil, aumentando os riscos das duas doenças. Um dos inconvenientes de não se tratar a depressão do diabético é o sintoma do desencantamento para com a vida, proporcionando assim uma baixa aderência ao tratamento do mesmo, controle inadequado dos níveis de açúcar no sangue, bebidas alcoólicas em excesso e aumento do risco de complicações da doença. Para a elaboração da proposta de intervenção foi necessário fazer uma análise capaz de identificar, entre várias causas, aquelas consideradas mais importantes na origem do problema, as que precisam ser enfrentadas e priorizadas como as mais críticos, para serem trabalhados inicialmente, uma vez que todos não serão resolvidos ao mesmo tempo, considerando as dificuldades pela falta de recursos financeiros, humanos, físicos, políticos vivenciados pelo Centro de Saúde. Para realizar essa análise, utilizou-se o conceito de nó crítico proposto pelo Planejamento Estratégico Situacional (PES) simplificado, que foi idealizado por Carlos Matus.
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Uno de los mayores desafíos de la ecología será predecir las posibles consecuencias del cambio climático sobre los organismos biológicos y proponer medidas que las suavicen. Es de esperar que los cambios climáticos provoquen la extinción de especies sensibles, a través de la disminución de su éxito reproductivo, la reducción de la cantidad y accesibilidad a hábitats adecuados, y también indirectamente por la eliminación de los recursos esenciales para su supervivencia. En un contexto de cambio climático global, el objetivo general de este proyecto es comprender los efectos de las condiciones microambientales sobre sistemas planta-herbívoro-parasitoide, en ambientes naturales y urbanos. Para ello estudiaremos las relaciones entre plantas, minadores de hojas y sus parasitoides considerando las diversas condiciones microambientales en donde el sistema se desarrolla. En ambientes nativos se prevé el estudio de dichos sistemas en tres ubicaciones del bosque (interior, bordes con orientación norte y bordes con orientación sur), analizando la identidad y abundancia de las especies, y los niveles de herbivoría y parasitismo. También se realizarán experimentos de laboratorio para analizar los niveles de herbivoría que sufran hojas obtenidas en cada una de las ubicaciones, a fin de conocer si poseen diferencias que puedan ser detectadas por los insectos, y se analizarán también posibles diferencias en la dureza de las hojas y su contenido de nitrógeno y carbono. En ambientes urbanos se estudiará la ocurrencia y grado de herbivoría de un minador de hojas asociado al “jacarandá”, árbol común en veredas de la ciudad de Córdoba, asi como la incidencia de sus parasitoides. Se relacionarán las variables biológicas con variables ambientales a nivel de sitio, tales como temperatura, tráfico vehicular, distancia al centro geográfico e “índice verde”, tomado a partir de imágenes satelitales. Los datos obtenidos a partir de los muestreos de campo en ambientes nativos serán analizados mediante modelos lineales generalizados que contemplen la dependencia de los microhábitats por localidad. Las variables obtenidas en experimentos en laboratorio serán analizadas mediante ANOVA con medidas repetidas o Test de Kruskall-Wallis. Los datos provenientes de ambientes urbanos serán analizados mediante regresiones logísticas para determinar la probabilidad de ocurrencia del minador, asi como los niveles de herbivoría y parasitismo en los diversos árboles estudiados. Se incluirán en el modelo todas las variables de urbanización anteriormente mencionadas así como la densidad de árboles en el sitio.
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Trabalho Final de Mestrado para obtenção do grau de Mestre em Engenharia Civil
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Se presenta el resultado del trabajo desarrollado en la Isla de Maio en Cabo Verde, entre los años 2008 y 2010, en torno al patrimonio cultural. La propuesta consistía en impulsar la revalorización de dicho patrimonio, principalmente entre sus habitantes, a través de la elaboración de un Inventario de Patrimonio Arquitectónico del centro de Vila do Maio, la capital de la isla. En 2010 este objetivo se extendió a la realización de un Inventario-Catálogo de Patrimonio Cultural de la Isla de Maio. El resultado más interesante ha sido la constatación de la existencia de un centro vivo cuya preservación pasa por la participación ciudadana en el conocimiento y la protección activa de los valores existentes, entre los que queremos destacar la que denominamos arquitectura habitual, esto es, la arquitectura relacionada con el hábitat, el habitar, los hábitos y los/as habitantes.
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A cidade da Ribeira Grande não resulta de uma selecção natural das populações ao longo dos tempos, atraídas por um local que apresente as várias condições favoráveis à evolução da vida comunitária. Ela é fundada por decisão administrativa num vazio populacional, de clima adverso, por razões exógenas ao território. Quando esses condicionalismos externos se alteram e a retaguarda se povoa, a cidade decai e a população ruraliza-se. A ilha de Santiago e designadamente o porto da Ribeira Grande tornaram-se, no 3º quartel do séc. XV, objecto de atenções por parte da política ultramarina da Coroa portuguesa devido à sua possível função de “fortaleza feitoria insular” da Costa da Guiné.1 Efectivamente, por razões estratégicas os portugueses inventaram um pólo de atracção tão intenso, quanto nele confluíam todas as linhas que estabeleciam a ligação entre a ilha e o extenso litoral fronteiro. O porto insular foi um litoral fabricado, para ocupação sem resistências, dispondo de uma retaguarda passiva, utilizável a qualquer momento.2
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Este centro funciona desde el curso 2002/2003 y hoy cuenta con más de 500 alumnos distribuidos en 350 en Galapagar y otros 150 en Colmenarejo. Además de los españoles, las principales nacionalidades censadas son ecuatorianos, marroquíes, colombianos, peruanos y búlgaros. En la sede de Colmenarejo hay, además de los españoles, rumanos, marroquíes, ecuatorianos y colombianos. El alumnado potencial del centro responde a tres grupos: personas de diversas nacionalidades que carecen de estudios básicos; personas que precisan aprender español u otros idiomas; y personas que necesitan adaptar sus conocimientos a las nuevas exigencias sociolaborales. Una de las características del nuevo alumnado es su diversidad. Así, aumenta el número de jóvenes procedentes del fracaso escolar y la población inmigrante. Esto conlleva el impulso de la integración y la convivencia entre jóvenes y adultos, nacionales y extranjeros. Los proyectos para el próximo curso son un taller ocupacional de cortinaje y compostura; un taller ocupacional de cuidadores de comedor y tiempo libre; Educación Básica de Personas Adultas con Tramo III de Secundaria a distancia; Miércoles de Tertulia con; y nos vamos de marcha, un programa de salidas especialmente diseñadas para conocer la Comunidad de Madrid.
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Se pretende la creación de una revista en el Centro de Educación de Personas Adultas. Los objetivos son ofrecer al centro un medio de expresión; fomentar que las personas adultas muestren y valoren su realidad circundante apoyándose en un trabajo educativo de equipo, de participación y cooperación; promover la lectura y la escritura; utilizar la publicación como instrumento para conocer el entrono natural, geográfico, histórico, artístico, productivo, deportivo, fotográfico; y recoger y difundir la programación de aquellos actos de interés general. La revista La Oreja Verde nace en diciembre de 2002 como una gacetilla de cuatro hojas; tiene una periodicidad semestral y colaboran un grupo de profesores coordinados por la profesora de lengua. Se edita coincidiendo con las vacaciones de navidad y con las de verano; se entrega junto con las notas a los alumnos.