944 resultados para Manuscript tradition


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Go príomha, is tráchtas é seo a dhéanann staidéar ar ghné de litríocht iar-chlasaiceach na Gaeilge. Baineann sé go háirithe leis an sraith chaointe nó marbhnaí i bhfoirm véarsaíochta a cumadh do Shéamas Óg Mac Coitir (1689-1720), duine uasal Caitliceach ó Charraig Tuathail, Co. Chorcaí, nuair a ciontaíodh é in éigniú Elizabeth Squibb, bean de Chumann na gCarad; nuair a cuireadh pionós an bháis air; agus nuair a crochadh é i gCathair Chorcaí an 7 Bealtaine, 1720. Ó thaobh na staire de, scrúdaítear Clann Choitir mar shampla de theaghlach nár cheil a ndílseacht do chúis pholaitiúil na Stíobhartach agus a sheas an fód go cróga faoi mar a bhí a ngreim polaitiúil á dhaingniú ag an gCinsealacht Phrotastúnach ó dheireadh an 17ú haois amach. Tagraítear do sheicteachas na sochaí comhaimseartha agus don teannas idir an pobal Caitliceach agus an pobal Protastúnach ag an am. Déantar scagadh ar an véarsaíocht mar fhoinse luachmhar do dhearcadh míshásta an mhóraimh Chaitlicigh ar struchtúr polaitiúil chontae Chorcaí (agus na hÉireann) i dtosach an 18ú haois. Is feiniméan liteartha an dlús véarsaíochta seo a bhaineann go háirithe le traidisiún liteartha Chorcaí. Tá na dánta curtha in eagar agus aistriúchán go Béarla curtha ar fáil: is é seo croí an tráchtais. Tá an t-eagrán bunaithe ar scrúdú cuimsitheach ar thraidisiún na lsí; pléitear modheolaíocht na heagarthóireachta. Déantar iarracht ar na dánta a shuíomh sa traidisiún casta liteartha sa tráchtaireacht tosaigh; sa chuid eile den bhfearas scoláiriúil, scrúdaítear ceisteanna a bhaineann le cúrsaí teanga, foclóra, meadarachta agus stíle. Tá innéacsanna agus liosta foinsí le fáil i ndeireadh an tráchtais.

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BnF fr. 95 is a late 13th century manuscript containing Arthurian romances and other fictional and didactic texts. The Estoire del saint Graal and Merlin section is the most highly illuminated, with a rich marginal iconography, an unusual feature in the illustration of lay works and in these texts’ manuscript tradition. This article shows how in Merlin and its Vulgate Sequel marginal scenes overlap with widespread subjects in courtly and chivalric vernacular romances, in contrast with Latin and religious works. The reuse of similar patterns in principal and marginal miniatures, examined in the episode of the Battle of Danablaise, where King Arthur fights the Saxon King Rion, highlights the need for a comprehensive reading of text and images, taking into account the mise en page and the different levels of illustration in the manuscript.

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Il seguente studio propone l'esame di una cronaca veneziana del XVI secolo, inedita, dalle origini al 1538/39, che parte della tradizione manoscritta attribuisce al Patriarca di Venezia Giovanni Tiepolo (1619-1631), parte ad Agostino degli Agostini, (1530-1574), un patrizio veneziano il cui nome è legato essenzialmente ad una cronaca dal 421 al 1570. Indipendentemente da chi sia il primitivo autore, la cronaca, di discreto pregio per la storia interna e il funzionamento delle istituzioni veneziane, presenta elementi di spiccata originalità dal punto di vista compositivo e formale che la pongono in una prospettiva storiografica alternativa al dualismo tra la storiografia ufficiale promossa per pubblico decreto e l'iniziativa privata dei diaria del XV-XVI. La cronaca veneziana, abbandonata per formule più sofisticate e innovative di diffusione dell'informazione pubblica, sopravvive, formalmente immutata nella sua arcaicità, rinnovandosi nella tendenza a creare compendi ricchi di documenti e di elenchi, destinati ad aiutare la nobiltà ad orientarsi nel mondo socio-politico contemporaneo. Si consuma così il divorzio fra l'informazione tecnico-politica utile al patriziato nello svolgimento del suo lavoro e la storiografia pubblica che, di fronte alle varie esigenze e ai diversi generi letterari, sceglie ideologicamente di abbracciare il genere delle laus civitatis e della storiografia laudativa ed encomiastica. In questo contesto si inserisce la Cronaca esemplata dal Patriarca Giovanni Tiepolo, chiaro esempio di un tentativo di razionalizzazione dell'informazione in cui le notizie e gli elementi non ritenuti immediatamente utili come le lunghe liste dei 41 elettori, le promissioni ducali, nonchè singoli episodi ed eventi trattati, trovano una collocazione esterna alla cronaca, in quello che Reines definisce l'ormai nascente archivio politico del XVI secolo.

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Il percorso sui Frammenti di Erodoto è cronologico. L'introduzione presenta criteri di lavoro, un esempio di studio sul Proemio delle Storie e la struttura generale. Per ogni momento è preso in considerazione un fenomeno particolare con un esempio. Il primo caso è contemporaneo ad Erodoto. Si tratta di un test che riguarda la criticità di alcuni concetti chiave tradizionali: intertestualità e riferimenti letterali. Il secondo capitolo è uno studio sulla storiografica di IV secolo a.C., periodo di fioritura e determinazione delle norme del genere. Qui si mettono in luce la criticità dei frammenti multipli aprendo in questo modo ampie possibilità di ricerca. Il capitolo successivo, sulla tradizione papiracea mostra il passaggio storico tra la tradizione indiretta a la tradizione manoscritta e permette uno sguardo all'epoca alessandrina. Include un catalogo ed alcuni aggiornamenti. Il capitolo quinto pone invece problemi tradizionali di trasmissione delle tradizioni storiche affrontando lo studio di FGrHist 104, testo che permette di osservare passaggi della storiografia di quinto e quarto secolo avanti Cristo. I due capitoli sulle immagini e sul Rinascimento, paralleli per quanto riguarda i riferimenti cronologici, offrono un ponte per passare dal discorso storiografico a quello in cui la consapevolezza di Erodoto è già maturata come parte della ”cultura”. Alto Medioevo, Umanesimo e Rinascimento offrono spazio a storie delle Storie che iniziano ad essere quasi di ricezione di Erodoto. Questo tema è l'oggetto dei due capitoli finali, studi legati alla presenza o assenza di Erodoto in discipline e pensieri moderni e contemporanei: il pensiero di genere e l’analisi conversazionale. Le appendici completano soprattutto il capitolo su Aristodemo con uno studio sul codice che lo trasmette, il papiro P.Oxy 2469 e il testo stesso, con traduzione e commento storico. Il lavoro si completa con una premessa, una bibliografia strutturata e indici di persone e passi citati.

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L'inno dedicato ai sette Amesha Spəṇta è parte della produzione avestica recenziore, e si compone in gran parte di porzioni testuali riprese da altri testi avestici a loro volta di formazione tardiva. Lo Yašt si divide in tre parti principali: le stanze 0-10; 11-14; e infine la stanza 15 che comprende la formula di chiusura tipica degli inni avestici. La prima sezione (2.0-10) è composta dalla formula di apertura, incompleta rispetto a quelle dei restanti inni, seguita dai primi sette capitoli di entrambi i Sīh-rōzag compresi i Gāh. Le stanze centrali (11-14) si caratterizzano per l'assenza di passi gemelli, un elevato numero di hapax e di arcaismi formali e inoltre, una grande variabilità nella tradizione manoscritta. Si tratta di una formula magica per esorcizzare/allontanare demoni e stregoni, che doveva essere recitata per sette volte. Tale formula probabilmente rappresentava in origine un testo autonomo che veniva recitato assieme ad altri testi avestici. La versione a noi pervenuta comprende la recitazione di parte di entrambi i Sīh-rōzag, ma è molto probabile che tale arrangement sia soltanto una sequenza recitativa che doveva coesistere assieme ad altre. Attualmente la formula magica viene recitata principalmente assieme allo Yasna Haptaŋhāiti, senza le restanti stanze dell'inno nella sua versione geldneriana. Il testo sembra nascere come formula magica la quale venne recitata assieme a diversi testi avestici come per esempio parti dello Sīh-rōzag. In un periodo impossibile da stabilire con certezza la versione viene fissata nella forma a noi pervenuta nella maggior parte dei manoscritti e per la sua affinità formale probabilmente interpretato come inno e perciò incluso nell'innario avestico.

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This paper discusses the manuscript transmission of Chrétien’s Roman de Perceval ou le Conte du Graal and Wolfram’s Parzival in terms of their textual tradition and editorial criticism. It shows that the most recent edition of the Old French Perceval (K. Busby 1993) can be viewed as a landmark of the art of conventional editing that appeared at the peak of the discussion of ‘New Philology’ and took its own position in this context. At the same time, the Perceval was subject of critical studies based on the principle of ‘unrooted trees’ that questioned the genealogical concept of traditional ‘Lachmannian’ stemmatology. Conversely, a new edition of Wolfram’s Parzival, based on all known manuscripts, remained a desideratum for decades in German studies. Specific research on the textual tradition played a rather marginal role for a long time, but has been reinforced in the recent years in the context of a new critical edition presenting the totality of manuscripts as well as different textual versions in electronic form. The concept of ‘unrooted trees’ visualizing relationships of manuscript readings can be integrated in this concept. The article gives an overview of these methods, presents examples of editorial techniques, and develops ideas on how to combine the research on the manuscript tradition of both the German text and its French counterpart.

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This article discusses the manuscript transmission of Chrétien’s Roman de Perceval ou le Conte du Graal and Wolfram’s Parzival in terms of their textual tradition and editorial criticism. It shows that the most recent edition of the Old French Perceval (K. Busby 1993) can be viewed as a landmark of the art of conventional editing that appeared at the peak of the discussion of ‘New Philology’ and took its own position in this context. At the same time, the Perceval was subject of critical studies based on the principle of ‘unrooted trees’ that questioned the genealogical concept of traditional ‘Lachmannian’ stemmatology. Conversely, a new edition of Wolfram’s Parzival, based on all known manuscripts, remained a desideratum for decades in German studies. Specific research on the textual tradition played a rather marginal role for a long time, but has been reinforced in the recent years in the context of a new critical edition presenting the totality of manuscripts as well as different textual versions in electronic form. The concept of ‘unrooted trees’ visualizing relationships of manuscript readings can be integrated in this concept. The article gives an overview of these methods, presents examples of editorial techniques, and develops ideas on how to combine the research on the manuscript tradition of both the German text and its French counterpart.

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The essay examines the print and manuscript traditions of the "Pasquillus extaticus" by Celio Secondo Curione with a particular focus on their relation with censorship. At first, the essay investigates into the redactional evolution and into the editorial history of the dialogue and of its vernacular versions, e.g. the relation between some editions of the "Pasquillus extaticus" and of the "Pasquino in estasi" (which appeared anonymously and without typographical information) and the provisions of political and ecclesiastical censorship in the 16th century. Finally, analysing the manuscript tradition, the essay discusses Carlos Gilly’s identification of «Coelii Secundi Pasquillus, emendatus impress[us]», registered in the inventory of the private library of the Basel typographer Johannes Oporinus, with the copy preserved at the Herzog August Bibibliothek Wolfenbüttel [hab: p 1811. 8º Helmst. (1)]). The author refutes Gilly’s hypothetical attribution to Curione’s handwriting of the many marginalia present in this copy.

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La obra titulada Sobre la diosa siria forma parte, en la tradición manuscrita, del corpus de Luciano de Samosata. Se ha discutido, sin embargo, su autoría: mientras algunos encuentran elementos claros no propios de Luciano, otros no ven en ellos pruebas concluyentes, dado el carácter siempre escurridizo del samosatense. Partiendo del supuesto de que se trata de una obra de Luciano -o, en cualquier caso, de un sirio helenizado de época imperial-, el análisis de lo descrito, de la propia narración, de la lengua utilizada y de la enunciación del narrador, aportan, sin duda, información valiosa a propósito del choque y de la fusión de culturas en el imperio romano.

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La obra titulada Sobre la diosa siria forma parte, en la tradición manuscrita, del corpus de Luciano de Samosata. Se ha discutido, sin embargo, su autoría: mientras algunos encuentran elementos claros no propios de Luciano, otros no ven en ellos pruebas concluyentes, dado el carácter siempre escurridizo del samosatense. Partiendo del supuesto de que se trata de una obra de Luciano -o, en cualquier caso, de un sirio helenizado de época imperial-, el análisis de lo descrito, de la propia narración, de la lengua utilizada y de la enunciación del narrador, aportan, sin duda, información valiosa a propósito del choque y de la fusión de culturas en el imperio romano.

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La obra titulada Sobre la diosa siria forma parte, en la tradición manuscrita, del corpus de Luciano de Samosata. Se ha discutido, sin embargo, su autoría: mientras algunos encuentran elementos claros no propios de Luciano, otros no ven en ellos pruebas concluyentes, dado el carácter siempre escurridizo del samosatense. Partiendo del supuesto de que se trata de una obra de Luciano -o, en cualquier caso, de un sirio helenizado de época imperial-, el análisis de lo descrito, de la propia narración, de la lengua utilizada y de la enunciación del narrador, aportan, sin duda, información valiosa a propósito del choque y de la fusión de culturas en el imperio romano.

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As cantigas da lírica galego-portuguesa são obras de um conjunto diversificado de autores e constituem-se como um rico património literário e cultural da Idade Média, produzido entre os séculos XII e XIV. Ao longo dos tempos, o seu interesse tem conduzido ao estudo de aspetos da transmissão dos textos, da biografia dos trovadores e das influências recebidas de territórios além peninsulares, bem como tem levado à concretização de diversas edições críticas. A presente tese tem como objetivo a edição crítica das cantigas de um dos trovadores da lírica galego-portuguesa, Airas Engeitado. Este autor foi editado pela última vez em 1932, por José Joaquim Nunes, juntamente com as cantigas de amor que Carolina Michaëlis considerou excluídas do cancioneiro da Ajuda. Esta edição não foi, até à data e que seja do nosso conhecimento, revista por nenhum editor. A edição de Nunes, sobre a qual o próprio Nunes manifestou dúvidas, apresenta os textos de Engeitado bastante deturpados, pelo que se procede aqui a uma nova edição crítica, com critérios de edição mais exigentes que os de Nunes na edição referida e normas de transcrição diferentes. Procede-se também ao enquadramento e explicação de uma lírica de autor com caraterísticas que podemos considerar singulares, no contexto da lírica galego-portuguesa. As quatro cantigas de amor que considero da autoria de Airas Engeitado chegaram até nós pelo Cancioneiro da Biblioteca Nacional (B), pelo Cancioneiro da Biblioteca Vaticana (V) e foram mencionadas na Tavola Colocciana, índice de B. Além do estabelecimento crítico das cantigas de Airas Engeitado, fazem-se diversos apontamentos sobre questões paleográficas, notas que abordam as divergências existentes entre as minhas leituras dos testemunhos e as leituras do editor anterior, bem como notas que remetem para peculiaridades lexicais, sintáticas ou dos esquemas de versificação das cantigas. Em breve capítulo, resume-se o pouco que se sabe sobre a biografia de Airas Engeitado e faz-se o enquadramento das cantigas editadas na tradição manuscrita. Questão de extrema relevância é a da dupla atribuição da cantiga A gran direito lazerei, que equaciono e discuto também no capítulo sobre a tradição manuscrita. É nesta reflexão que fundamento a minha decisão de incluir a cantiga na presente edição, apesar de ela ter sido, até à data, unanimemente atribuída a Afonso Eanes do Coton.

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La version intégrale de cette thèse est disponible uniquement pour consultation individuelle à la Bibliothèque de musique de l’Université de Montréal (www.bib.umontreal.ca/MU).