52 resultados para Lessico
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Analisi di alcuni termini svedesi presenti nelle lettere di Lorenzo Adami, inviato nel 1665 a Stoccolma dalla regina Cristina di Svezia.
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Il presente studio si è posto come obiettivo quello di redigere un lessico dei termini d’amore nella poesia di Orazio, e, specificamente, dei lemmi presenti nei primi tre libri delle Odi. L’interesse per la lirica del Venosino ci ha indotti ad affrontarne la lettura non solo considerando quelle che sono le tematiche diremo topiche della sua poetica ( modus, angulus, mors, tempus, cura, solo per citare quelle più significative ), ma anche quelle meno note, quale appunto il tema dell’amore, oggetto di questo lavoro. Si è proceduto così all’analisi di ogni singolo libro di ogni ode, catalogandone ed analizzandone rispettivamente tutte le occorrenze di quei termini che abbiamo ritenuto essere propri del lessico amoroso. Il commento ad ogni libro è stato supportato dagli studi di Nisbet-Hubbard per il primo ed il secondo libro delle Odi ( cfr. R.G.M. Nisbet-M. Hubbard, A commentary on Horace: Odes Book 1, Oxford 1970; R.G.M. Nisbet-M. Hubbard, A commentary on Horace: Odes Book 2, Oxford 1978 ) e Nisbet-Rudd per il terzo ( cfr. R.G.M. Nisbet-Rudd, A commentary on Horace: Odes Book 3, Oxford, 2003 ). Trattandosi di un lessico è stato altresì fondamentale il contributo dell’ Index uerborum amatorium ( Cfr. R. Pichon, De sermone amatorio apud Latinos elegiarum scriptores, Paris 1902 ) e del ThLL. Si è infine proceduto ad individuare quei termini maggiormente significativi nell’ambito della poesia d’amore in generale, il cui riflesso è presente anche nella poesia oraziana, con una particolare attenzione al rapporto che intercorre tra Orazio e la tradizione neoterica ed elegiaca e al lessico dei colori, che vanta numerose occorrenze nella poesia d’amore, soprattutto in riferimento alla bellezza muliebre e maschile e che quindi appare di rilevante importanza per comprendere l’estetica della poesia oraziana nel ritrarre la forma degli amanti che popolano i suoi più celebri versi d’amore.
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Este trabajo se concentra sobre el papel que los anglicismos desempeñan en la lengua italiana. Se compara el uso de anglicismos en la lengua italiana con su uso en la lengua española, y se reflexiona sobre las razones de una presencia mayor en italiano de anglicismos no adaptados, y una tendencia en español a traducir los préstamos a la hora de importarlos, produciendo calcos. Se utilizarán los informativos televisivos como fuentes, en cuanto, por un lado, son espejo de la lengua hablada, y, por otro, influencian el proceso de interferencia, o sea, la manera en la que los anglicismos entran en la lengua de llegada. Se proponen ejemplos de palabras que los telediarios italianos utilizan en forma no adaptada, acompañados de su equivalente en español y un ejemplo práctico de su uso en informativos españoles. El objetivo de este trabajo es observar la proliferación de anglicismos en italiano, analizando el campo de la economía en informativos destinados a un público no especializado, comparando esta tendencia de la lengua italiana con la del español y reflexionar sobre la necesidad de uso de los anglicismos recogidos en el corpus del trabajo y/o su posible sustitución por equivalentes de las lenguas analizadas.
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Questa ricerca è un’indagine semasiologica del lessico agostiniano della provvidenza divina, costituito dalle parole-chiave prouidentia, prouideo, prouidens, prouidus, prouisio, prouisor, prouisus, e dai lessemi in relazione logico-sintattica diretta con esse. La prospettiva è sia sincronica (si considerano tutte le attestazioni delle parole-chiave presenti nel corpus agostiniano), sia diacronica: si soppesano di volta in volta analogie e differenze agostiniane rispetto agli antecedenti, nell’intento di arricchire il panorama dei possibili modelli lessicali latini (pagani, biblici, patristici) di Agostino. I dati lessicali sono stati raccolti in una banca dati appositamente costituita, selezionati secondo i criteri di frequenza e pregnanza semantica, e analizzati per nuclei tematici, coincidenti in parte con i capitoli della tesi. Si studiano dapprima i lessemi che esprimono il governo della provvidenza (le famiglie lessicali di administro, guberno e rego, e altri lessemi che designano l’azione della provvidenza); sono poi analizzati lessemi e iuncturae in cui prevale l’idea del mistero della provvidenza. Gli ultimi due capitoli sono dedicati al tema della cura divina, e a quello della cosiddetta “pedagogia divina”: attraverso i segni esteriori, la provvidenza ‘richiama’ l’uomo a rientrare in se stesso. Un’appendice approfondisce infine l’uso agostiniano di Sap 6,16 e Sap 8,1. L’apporto di Agostino al lessico filosofico latino va individuato a livello semantico più che nell’innovazione lessicale. Accanto a suffissazione, composizione, calco, la metafora svolge un ruolo essenziale nella formazione del lessico dell’Ipponate, e proviene spesso da altre lingue tecniche oppure è radicata nel patrimonio di immagini tradizionali della religione pagana. Il debito di Agostino è indubbiamente verso Cicerone, ma anche verso Seneca, per l’uso in ambito esistenziale-biografico di alcuni lessemi. Agostino li trasferisce però dal piano umano a quello divino, come nel caso del concetto di admonitio: parte integrante del programma filosofico senecano; ‘richiamo’ della provvidenza per Agostino, concetto che risente anche dell’apporto di retorica ed esegesi.
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del Rabb. M. Lattes
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Le but de cette étude est d’expliquer les différences entre le lexique enregistré par les dictionnaires et le lexique potentiel. On estime que le nombre des mots du vocabulaire de la langue maternelle varie de 20.000 à 150.000; la plupart des estimations oscillant autour de 50.000. Puisque le rôle du contexte, dans lequel les mots acquièrent de nouvelles significations, semble fondamental, l'auteure se propose d’observer les relations entre le lexique et l’univers extralinguistique.
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Riassunto: Dedicato «alle scuole e agli amatori della lingua», ai lettori interessati e preoccupati delle sorti della lingua nazionale, il periodico semestrale La Crusca per voi esce per la prima volta nell’ottobre 1990 con una Giustificazione e Un po’ di storia, in cui il fondatore Giovanni Nencioni spiega le ragioni dell’istituzione di un vero e proprio «consultorio linguistico», destinato ad accogliere le richieste, i dubbi, le perplessità sul corretto impiego della lingua italiana proveniente da persone di ogni livello sociale e culturale. Scopo di questo lavoro è studiare la tipologia dei quesiti posti agli accademici della Crusca, con particolare attenzione a fenomeni di carattere lessicale, negli ultimi diciotto numeri del periodico (dal 2005 al 2013, con qualche prelievo da uscite precedenti). Conclude il lavoro una breve indagine a campione sulla diffusione e la traducibilità di alcuni termini stranieri in italiano.
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Coordenação de Aperfeiçoamento de Pessoal de Nível Superior (CAPES)
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Questa tesi di dottorato ha per suo oggetto la ricognizione degli elementi teorici, di linguaggio politico e di influenza concettuale che le scienze sociali tra Ottocento e Novecento hanno avuto nell’opera di Antonio Gramsci. La ricerca si articola in cinque capitoli, ciascuno dei quali intende ricostruire, da una parte, la ricezione gramsciana dei testi classici della sociologia e della scienza politica del suo tempo, dall’altra, far emergere quelle filiazioni concettuali che permettano di valutare la portata dell’influenza delle scienze sociali sugli scritti gramsciani. Il lungo processo di sedimentazione concettuale del lessico delle scienze sociali inizia in Gramsci già negli anni della formazione politica, sullo sfondo di una Torino positivista che esprime le punte più avanzate del “progetto grande borghese” per lo studio scientifico della società e per la sua “organizzazione disciplinata”; di questa tradizione culturale Gramsci incrocia a più riprese il percorso. La sua formazione più propriamente politica si svolge però all’interno del Partito socialista, ancora imbevuto del lessico positivista ed evoluzionista. Questi due grandi filoni culturali costituiscono il brodo di coltura, rifiutato politicamente ma al tempo stesso assunto concettualmente, per quelle suggestioni sociologiche che Gramsci metterà a frutto in modo più organico nei Quaderni. La ricerca e la fissazione di una specifica antropologia politica implicita al discorso gramsciano è il secondo stadio della ricerca, nella direzione di un’articolazione complessiva delle suggestioni sociologiche che i Quaderni assumono come elementi di analisi politica. L’analisi si sposta sulla storia intellettuale della Francia della Terza Repubblica, più precisamente sulla nascita del paradigma sociologico durkheimiano come espressione diretta delle necessità di integrazione sociale. Vengono così messe in risalto alcune assonanze lessicali e concettuali tra il discorso di Durkheim, di Sorel e quello di Gramsci. Con il terzo capitolo si entra più in profondità nella struttura concettuale che caratterizza il laboratorio dei Quaderni. Si ricostruisce la genesi di concetti come «blocco storico», «ideologia» ed «egemonia» per farne risaltare quelle componenti che rimandano direttamente alle funzioni di integrazione di un sistema sociale. La declinazione gramsciana di questo problema prende le forme di un discorso sull’«organicità» che rende più che mai esplicito il suo debito teorico nei confronti dell’orizzonte concettuale delle scienze sociali. Il nucleo di problemi connessi a questa trattazione fa anche emergere l’assunzione di un vero e proprio lessico sociologico, come per i concetti di «conformismo» e «coercizione», comunque molto distante dallo spazio semantico proprio del marxismo contemporaneo a Gramsci. Nel quarto capitolo si affronta un caso paradigmatico per quanto riguarda l’assunzione non solo del lessico e dei concetti delle scienze sociali, ma anche dei temi e delle modalità della ricerca sociale. Il quaderno 22 intitolato Americanismo e fordismo è il termine di paragone rispetto alla realtà che Gramsci si prefigge di indagare. Le consonanze delle analisi gramsciane con quelle weberiane dei saggi su Selezione e adattamento forniscono poi gli spunti necessari per valutare le novità emerse negli Stati Uniti con la razionalizzazione produttiva taylorista, specialmente in quella sua parte che riguarda la pervasività delle tecniche di controllo della vita extra-lavorativa degli operai. L’ultimo capitolo affronta direttamente la questione delle aporie che la ricezione della teoria sociologica di Weber e la scienza politica italiana rappresentata dagli elitisti Mosca, Pareto e Michels, sollevano per la riformulazione dei concetti politici gramsciani. L’orizzonte problematico in cui si inserisce questa ricerca è l’individuazione di una possibile “sociologia del politico” gramsciana che metta a tema quel rapporto, che è sempre stato di difficile composizione, tra marxismo e scienze sociali.
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La ricerca di Roberta Frigeni, svolta ad ampio spettro diacronico, è condotta su di una campionatura di specula principum - editi ed inediti - elaborati tra XII e XV secolo, e ne indaga il linguaggio quale referente privilegiato, rilevandone persistenze terminologiche e nuclei sintagmatici ricorrenti, al fine di individuare concetti utili a delineare un lessico politico proprio di questa testualità, in corrispondenza al sorgere dell’entità statale europea nel XIII secolo (con particolare riguardo all’area francese, ai regni di Luigi IX e Filippo il Bello). A partire da un’analisi critica delle tesi di Quentin Skinner circa la ‘ridefinizione paradiastolica’ del sistema delle virtù classiche entro il trattato De principatibus, lo studio innesca un percorso di indagine à rebours che - sondando il linguaggio - rintraccia nella trattatistica delle institutiones regum del XV secolo (Pontano, Patrizi, Carafa, Platina) e degli specula principum medievali (Elinando di Froidmont, Gilberto di Tournai, Vincenzo di Beauvais, Guglielmo Peraldo, Egidio Romano, Guido Vernani) una consonanza di motivi nella sintassi e nell’immaginario preposti ad illustrare le potenzialità semantiche del nome di prudentia, individuata quale unica virtù sopravvissuta alla ‘ridescrizione’ del codice etico operata da Machiavelli. Indagando i progressivi ampliamenti del campo semantico sorto attorno al nome della virtù di prudenza entro la letteratura speculare, la ricerca mostra come il dialettico rapporto con i lessemi di sapientia, astutia, fides ed experientia abbia avuto un ruolo determinante per il sorgere di un’immagine del principe emancipata dalla figura biblica del “rex sapiens”, e per la formazione di un lessico ospitale delle manifestazioni concrete del vivere politico ed economico. I processi di dilatazione e rarefazione del bacino semantico di prudentia sono, infatti, funzionali ad illustrare come il linguaggio della testualità speculare registri l’acquisizione di nuove strumentazioni teoriche grazie al rinnovamento delle fonti a disposizione lungo il secolo XIII, che - sostituendo progressivamente il più recente dossier aristotelico al solo apparato veterotestamentario - permettono di integrare la concezione delle virtù in senso operativo, adattandola alle esigenze politico-economiche dei nuovi contesti istituzionali monarchici.
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Affrontare l’analisi critica delle traduzioni italiane di Un amour de Swann di Marcel Proust implica necessariamente un attento esame dello stile esemplare di un autore, che ha modificato, in larga misura, la concezione del romanzo e della scrittura stessa; in secondo luogo significa considerare l’altrettanto complesso lavorio intellettuale rappresentato dalla traduzione, in qualità di atto critico fondamentale. Prenderemo in esame nel capitolo primo la genesi del TP, le sue specificità narratologiche e la ricezione critica francese e italiana, per comprendere appieno l’originalità di Proust rispetto al panorama letterario dell’epoca. Nella seconda parte del primo capitolo delineeremo un excursus lungo la storia di tutte le traduzioni italiane del romanzo, accordando particolare attenzione alla figura di ogni traduttore: Natalia Ginzburg (1946), Bruno Schacherl (1946), Armando Landini (1946), Oreste Del Buono (1965), Giovanni Raboni (1978), Maria Teresa Nessi Somaini (1981), Gianna Tornabuoni (1988), Eurialo De Michelis (1990) e il traduttore, rimasto anonimo, della casa editrice La Spiga Languages (1995). Nel secondo capitolo analizzeremo la peculiarità stilistica più nota dell’autore, la sintassi. I lunghi periodi complicati da un intreccio di subordinate e sciolti solo con il ricorso a vari nessi sintattici contribuiscono a rendere la sintassi proustiana una delle sfide maggiori in sede traduttiva. Nel capitolo successivo accorderemo attenzione all’eteroglossia enunciativa, espressa nei diversi idioletti del romanzo. In sede contrastiva affronteremo la questione della trasposizione dei niveaux de langue, per poter valutare le scelte intraprese dai traduttori in un ambito altamente complesso, a causa della diversità diafasica intrinseca dei due codici. All’interno del medesimo capitolo apriremo una parentesi sulla specificità di una traduzione, quella di Giacomo Debenedetti, effettuata seguendo una personale esegesi dello stile musicale e armonico di Proust. Riserveremo al capitolo quarto lo studio del linguaggio figurato, soffermandoci sull’analisi delle espressioni idiomatiche, che vengono impiegate frequentemente da alcuni personaggi. Rivolgeremo uno sguardo d’insieme alle strategie messe in atto dai traduttori, per cercare un equivalente idiomatico o per ricreare il medesimo impatto nel lettore, qualora vi siano casi di anisomorfismo. Analizzeremo nel quinto capitolo la terminologia della moda, confrontando il lessico impiegato nel TP con le soluzioni adottate nei TA, e aprendo, inevitabilmente, una parentesi sulla terminologia storica del settore. A compimento del lavoro presenteremo la nostra proposta traduttiva di un capitolo tratto dal saggio Proust et le style di Jean Milly, per mettere in luce, tramite la sua parola autorevole, la genialità e la complessità della scrittura proustiana e, conseguentemente, il compito ardimentoso e ammirevole che è stato richiesto ai traduttori italiani.