942 resultados para La Clemenza di Tito November 14, 1987


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Signatur des Originals: S 36/F11521

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Vol. [3] lacking.

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Vol. 16 includes general index (p. [361]-366)

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The German Fach system is a tool to classify voices in classical singing. This dissertation comprises three different programs that reflect my search for identity as a mezzo-soprano and my desire to transcend the limitations of Fach. The three programs, all presented at The Clarice Performing Arts Center, contain repertoire written for male and female voices thus allowing me to explore areas outside of the mezzo-soprano Fach, gain a better understanding of the Fach system and guide me as I strive to become a more mature performer. In my first program, I sang the role of Sesto, a role that was composed originally for a castrate, in the opera La Clemenza di Tito by W.A. Mozart. The Maryland Opera Studio production took place April 30, May 2,4&6,2003. Performing this gender-bending role provided an experience of physical behavior from the male view point along with the demands of coloratura singing. Program two (November 30,2004) contained the song cycle Dichterliebe by Robert Schumann and songs by Ludwig van Beethoven, Franz Schubert and Felix Mendelssohn, which are usually sung by male voices. This program experimented with extended range, tessitura and a gender-bending performance in the art song arena. 8 In program three (April 21 &23,2005), I sang the contralto role of Cornelia from Giulio Cesare in Egitto by George Frederic Handel. The role of Cornelia is psychologically complex, expressing emotions such as love, melancholy, rage, malice, joy and fear. To convey these emotions a voice needs warmth and darkness of quality. Although the range is close to that of the mezzo-soprano, Handel wrote Cornelia for contralto voice because he wanted a dark timbre and this role allowed me to develop my lower register and manage suitable ornamentations. The programs are documented in a digital format available on compact disc and are accompanied by the oral presentation at the defense of this dissertation.

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v.1. I. Didone abbandonata. Intermezzi. Varianti. II. Siroe. III. Catone in Utica. Varianti. IV. Ezio. V. Alessandro nell'Indie. Varianti.- v.2. VI. Semiramide. Varianti. VII. Artaserse. VIII. Adriano in Siria. Varianti. IX. Demetrio. X. Issipile.- v.3. XI. Olimpiade. XII. Demofoonte. XIII. La clemenza di Tito. XIV. Achille in Sciro. XV. Ciro riconosciuto.- v.4. XVI. Temistocle. XVII. Zenobia. XVIII. Attilio Regolo. XIX. Antigono. XX. Ipermestra. XXI. Il re pastore.

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Le acque di vegetazione (AV) costituiscono un serio problema di carattere ambientale, sia a causa della loro elevata produzione sia per l’ elevato contenuto di COD che oscilla fra 50 e 150 g/l. Le AV sono considerate un refluo a tasso inquinante fra i più elevati nell’ambito dell’industria agroalimentare e la loro tossicità è determinata in massima parte dalla componente fenolica. Il presente lavoro si propone di studiare e ottimizzare un processo non solo di smaltimento di tale refluo ma anche di una sua valorizzazione, utlizzandolo come materia prima per la produzione di acidi grassi e quindi di PHA, polimeri biodegradabili utilizzabili in varie applicazioni. A tale scopo sono stati utilizzati due bioreattori anaerobici a biomassa adesa, di identica configurazione, con cui si sono condotti due esperimenti in continuo a diverse temperature e carichi organici al fine di studiare l’influenza di tali parametri sul processo. Il primo esperimento è stato condotto a 35°C e carico organico pari a 12,39 g/Ld, il secondo a 25°C e carico organico pari a 8,40 g/Ld. Si è scelto di allestire e mettere in opera un processo a cellule immobilizzate in quanto questa tecnologia si è rivelata vantaggiosa nel trattamento continuo di reflui ad alto contenuto di COD e carichi variabili. Inoltre si è scelto di lavorare in continuo poiché tale condizione, per debiti tempi di ritenzione idraulica, consente di minimizzare la metanogenesi, mediata da microrganismi con basse velocità specifiche di crescita. Per costituire il letto fisso dei due reattori si sono utilizzati due diversi tipi di supporto, in modo da poter studiare anche l’influenza di tale parametro, in particolare si è fatto uso di carbone attivo granulare (GAC) e filtri ceramici Vukopor S10 (VS). Confrontando i risultati si è visto che la massima quantità di VFA prodotta nell’ambito del presente studio si ha nel VS mantenuto a 25°C: in tale condizione si arriva infatti ad un valore di VFA prodotti pari a 524,668 mgCOD/L. Inoltre l’effluente in uscita risulta più concentrato in termini di VFA rispetto a quello in entrata: nell’alimentazione la percentuale di materiale organico presente sottoforma di acidi grassi volatili era del 54 % e tale percentuale, in uscita dai reattori, ha raggiunto il 59 %. Il VS25 rappresenta anche la condizione in cui il COD degradato si è trasformato in percentuale minore a metano (2,35 %) e questo a prova del fatto che l’acidogenesi ha prevalso sulla metanogenesi. Anche nella condizione più favorevole alla produzione di VFA però, si è riusciti ad ottenere una loro concentrazione in uscita (3,43 g/L) inferiore rispetto a quella di tentativo (8,5 g/L di VFA) per il processo di produzione di PHA, sviluppato da un gruppo di ricerca dell’università “La Sapienza” di Roma, relativa ad un medium sintetico. Si può constatare che la modesta produzione di VFA non è dovuta all’eccessiva degradazione del COD, essendo questa nel VS25 appena pari al 6,23%, ma piuttosto è dovuta a una scarsa concentrazione di VFA in uscita. Questo è di buon auspicio nell’ottica di ottimizzare il processo migliorandone le prestazioni, poiché è possibile aumentare tale concentrazione aumentando la conversione di COD in VFA che nel VS25 è pari a solo 5,87%. Per aumentare tale valore si può agire su vari parametri, quali la temperatura e il carico organico. Si è visto che il processo di acidogenesi è favorito, per il VS, per basse temperature e alti carichi organici. Per quanto riguarda il reattore impaccato con carbone attivo la produzione di VFA è molto ridotta per tutti i valori di temperatura e carichi organici utilizzati. Si può quindi pensare a un’applicazione diversa di tale tipo di reattore, ad esempio per la produzione di metano e quindi di energia.

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We observed a stellar occultation by Titan on 2003 November 14 from La Palma Observatory using ULTRACAM with three Sloan filters: u, g, and i (358, 487, and 758 nm, respectively). The occultation probed latitudes 2°?S and 1°?N during immersion and emersion, respectively. A prominent central flash was present in only the i filter, indicating wavelength-dependent atmospheric extinction. We inverted the light curves to obtain six lower-limit temperature profiles between 335 and 485 km (0.04 and 0.003 mb) altitude. The i profiles agreed with the temperature measured by the Huygens Atmospheric Structure Instrument [Fulchignoni, M., and 43 colleagues, 2005. Nature 438, 785 791] above 415 km (0.01 mb). The profiles obtained from different wavelength filters systematically diverge as altitude decreases, which implies significant extinction in the light curves. Applying an extinction model [Elliot, J.L., Young, L.A., 1992. Astron. J. 103, 991 1015] gave the altitudes of line of sight optical depth equal to unity: 396±7 and 401±20 km (u immersion and emersion); 354±7 and 387±7 km (g immersion and emersion); and 336±5 and 318±4 km (i immersion and emersion). Further analysis showed that the optical depth follows a power law in wavelength with index 1.3±0.2. We present a new method for determining temperature from scintillation spikes in the occulting body's atmosphere. Temperatures derived with this method are equal to or warmer than those measured by the Huygens Atmospheric Structure Instrument. Using the highly structured, three-peaked central flash, we confirmed the shape of Titan's middle atmosphere using a model originally derived for a previous Titan occultation [Hubbard, W.B., and 45 colleagues, 1993. Astron. Astrophys. 269, 541 563].

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Polycrystalline La(0.86)Sr(0.14)Mn(1-x)Cu(x)O(3+delta) (x = 0, 0.05, 0.10, 0.15, 0.20) manganites were investigated by means of magnetic measurements and zero-field (139)La and (55)Mn nuclear magnetic resonance (NMR) spectroscopy. Magnetization versus temperature measurements revealed a paramagnetic to ferromagnetic transition in most samples, with lower Curie temperatures and broader transitions for samples with higher Cu contents. The details of the magnetization measurements suggested a phase-separated scenario, with ferromagnetic clusters embedded in an antiferromagnetic matrix, especially for the samples with large Cu contents (x = 0.15 and 0.20). Zero-field (139)La NMR measurements confirmed this finding, since the spectral features remained almost unchanged for all Cu-doped samples, whereas the bulk magnetization was drastically reduced with increasing Cu content. (55)Mn NMR spectra were again typical of ferromagnetic regions, with a broadening of the resonance line caused by the disorder introduced by the Cu doping. The results indicate a coexistence of different magnetic phases in the manganites studied, with the addition of Cu contributing to the weakening of the double-exchange interaction in most parts of the material.