973 resultados para Geochimica, Sedimenti, Metalli, Golfo di Tigullio, Libiola, Effetto miniera


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I metalli pesanti sono presenti in natura come costituenti della crosta terrestre associati a diversi minerali. Attività antropiche possono determinare un arricchimento del loro contenuto in ambiente: nel caso della miniera di Libiola, da cui era estratto Cu fino agli anni ‘60, le fasi di estrazione e raffinazione del minerale hanno portato all’esposizione di una maggior quantità di materiale all’azione di weathering atmosferico e delle acque dei fiumi, accumulandosi in ambiente marino. Il presente studio ha l’obiettivo di caratterizzare i sedimenti del Golfo di Tigullio antistanti Sestri Levante per acquisire informazioni sulle caratteristiche e proprietà dell’ambiente, individuando e determinando l’effetto di quanto proviene del Torrente Gromolo e da altri corpi idrici affluenti. Per raggiungere questo obiettivo i campioni di sedimento, una volta prelevati, sono stati trattati in laboratorio tramite setacciatura, essiccamento e macinatura a cui sono seguite analisi in XRF, XRD e del contenuto di materia organica tramite calcolo della LOI. I dati raccolti sono stati poi studiati tramite elaborazioni statistiche (indici, matrice di correlazione, analisi fattoriale) e grafiche (QGIS). Dallo studio dei risultati ottenuti è stato possibile verificare una diversa ripartizione degli analiti in distinte fasi granulometriche del sedimento, l’effettivo contributo di quanto è drenato dai fiumi e la presenza di una corrente idrodinamica che influisce sulla distribuzione degli elementi stessi.

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I sedimenti superficiali dei fondali circostanti l’arcipelago del Golfo di La Spezia sono stati analizzati dal punto di vista granulometrico e composizionale al fine di ottenere la mappatura delle concentrazioni di coralliti sub-fossili di Cladocora caespitosa nel sedimento. Mediante lo studio del sedimento campionato in trentacinque stazioni, sono state individuate tre zone di accumulo di coralliti: (i) in corrispondenza del capo occidentale dell’Isola Palmaria con le concentrazioni più elevate comprese tra il 25 e 55% (ii) sul lato sud-orientale della stessa isola con concentrazioni tra il 10 e 12% e (iii) una fascia contornante l’Isola del Tinetto con quantità inferiori al 3%. La concentrazione anomala di coralliti è il risultato dello scarico di materiali di dragaggio provenienti dal porto di La Spezia, scaricati al largo delle coste occidentali dell’arcipelago tra gli anni ‘50 e ’70 e progressivamente ridistribuiti verso sud-est dalla deriva litorale.

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Collectionneur : Lesouëf, Auguste (1829-1906)

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Il lavoro svolto in questa tesi s’inserisce e sviluppa soprattutto nel campo dell’analisi della vulnerabilità relativa agli tsunami ed è centrato sull’analisi della vulnerabilità di strutture ed edifici. Per la precisione si è focalizzata l’attenzione su un’area geografica specifica, cioè si è considerata l’ipotesi che un maremoto colpisca le coste orientali della Sicilia ed in particolare della città di Siracusa. Questo lavoro di tesi prenderà in considerazione due modelli distinti per la stima della vulnerabilità: il modello SCHEMA (SCenarios for Hazard-induced Emergencies MAnagement) che prende il nome dal progetto europeo in cui è stato sviluppato e il modello PTVA (Papathoma Tsunami Vulnerability Assessment) introdotto da Papathoma et al. (2003) e successivamente modificato da Dominey-Howes et al. (2007) e da Dall’Osso et al. (2009). Tali modelli sono esempi dei due possibili approcci (quantitativo e qualitativo). Nei seguenti capitoli si sono trattate le curve di fragilità e di danno, in particolare seguendo la metodologia di Koshimura et al. (2009) ed il lavoro di Valencia et al. (2011). A seguire sono stati descritti i due metodi utilizzati per lo studio della vulnerabilità (SCHEMA, PTVA) ed il lavoro che è stato condotto nell’area di Siracusa. Il lavoro di tesi si è concluso mostrando i risultati della classificazione di vulnerabilità evidenziando e discutendo differenze e similarità delle mappe risultanti dai due metodi applicati.

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Le biomasse sono attualmente una promettente alternativa ai combustibili fossili per la produzione di sostanze chimiche e fuels. Nella trasformazione delle biomasse in prodotti chimici un ruolo importante è giocato dai derivati del furfurale; il 5-idrossimetil-2-furfurale (HMF), per esempio, è un precursore chiave per la sintesi di prodotti con applicazioni nell'industria dei polimeri e in campo farmaceutico. Può essere ossidato per ottenere l’acido 2,5-furandicarbossilico (FDCA), un monomero per la sintesi di una nuova classe di polimeri, alternativi a quelli ottenuti da acido tereftalico. Per la preparazione di FDCA da HMF sono stati utilizzati vari catalizzatori e differenti condizioni di reazione; il principale svantaggio è la necessità di sali metallici e solventi organici, che rendono il processo costoso e ad elevato impatto ambientale. Recentemente sono stati trovati catalizzatori di Au supportati, attivi nell’ossidazione del HMF a FDCA; tuttavia la stabilità del catalizzatore e la produttività del processo rimangono basse. Lo scopo del lavoro è stato lo studio di sistemi attivi e stabili nella reazione di ossidazione del HMF a FDCA. In particolare è stato approfondito l’effetto della morfologia del supporto di CeO2, utilizzato per la preparazione di catalizzatori a base di Au e l’influenza della fase attiva sul meccanismo di reazione in sistemi misti Pd/Au. Il lavoro svolto ha avuto come obiettivi: -La preparazione di catalizzatori Au-CeO2 mesoporoso, ottenuto mediante “hard template” e la loro caratterizzazione mediante analisi XRD, HRTEM, BET, XRF, TPR e porosimetriche. Confrontando questi sistemi con catalizzatori di Au-CeO2 commerciale è stato possibile osservare le differenze in termini di attività catalitica e di struttura. -La sintesi di nanoparticelle Pd/Au in lega o core-shell e la loro caratterizzazione mediante analisi DLS, XRF, XRD e HRTEM per comprendere come il tipo di fase attiva formata influisce sull’attività e sul meccanismo di reazione nell’ossidazione di HMF a FDCA.

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Il Golfo di Taranto è una baia storica all’interno del Mar Ionio Settentrionale, Mar Mediterraneo Orientale. Sebbene il Mar Mediterraneo rappresenti meno dell’1% della superficie oceanica, presenta un alto livello di diversità biologica e si inserisce tra i primi 25 Biodiversity Hot Spot a livello globale. Esso purtroppo è anche uno dei bacini più antropizzati del mondo; tali pressioni mettono a serio rischio la conservazione di numerose specie, tra cui i Cetacei. Attualmente non sono presenti lavori riportanti dati di abbondanza dei Cetacei nel Golfo di Taranto: la mia ricerca vuole contribuire a colmare questo vuoto conoscitivo ed aggiungere nuove conoscenze sull’abbondanza dei Cetacei nel Mar Mediterraneo. Le aree di studio prese in esame si trovano nel Golfo di Taranto, sono contigue ed hanno la stessa superficie. Utilizzando il metodo del transetto lineare ed il software Distance 6.0 è stato possibile, raccogliere i dati di abbondanza dei delfinidi Stenella coeruleoalba e Truncatus truncatus ed analizzarli, ottenendo delle stime di abbondanza da confrontare con la serie storica disponibile (2009-2014). L’utilizzo del metodo del Distance Sampling, applicato per la prima volta nel Golfo di Taranto, è stato fondamentale perché ha permesso di colmare una lacuna conoscitiva sulla consistenza numerica associata alla nota presenza dei Cetacei nel Mar Ionio Settentrionale. I risultati ottenuti hanno reso possibile il confronto delle stime di abbondanza ottenute nel Golfo di Taranto con quelle del bacino ligure-corso-provenzale del Mediterraneo (Santuario Pelagos). Infatti è stato possibile rilevare che S. coeruleoalba presenta abbondanze generalmente inferiori ed un trend in diminuzione nel Santuario Pelagos, in netto contrasto con le maggiori abbondanze ed il trend in incremento evidenziato nel Golfo di Taranto e sintetizzato in questa tesi. Si evince, quindi la massima urgenza nell’implementare lo studio nel Golfo di Taranto, laddove la presenza di differenti specie di Cetacei e le stime di abbondanza di S. coeruleoalba e T. truncatus evidenziano la necessità di interventi di gestione finalizzati alla conservazione del patrimonio di diversità biologica del Mediterraneo.

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Le variabili ambientali e lo sfruttamento della pesca sono dei possibili fattori nel determinare la struttura della comunità demersale. L’area di studio è il Golfo di Antalya, con un area aperta ed una chiusa ad ogni attività di pesca, il periodo di studio ha coperto tre stagioni (primavera, estate, autunno). Lo scopo è quello di delineare un quadro generale sulla distribuzione spaziale e temporale delle risorse alieutiche demersali in quest’area. In questo lavoro di tesi la PCA è stata usata al fine di determinare le variabili ambientali (ossigeno, salinità, temperatura, pH, materia sospesa) che determinano maggiormente la differenza tra le stazioni, tecniche di analisi multivariata hanno invece indagato una possibile variazione su scala spaziale e temporale dei parametri abiotici. La Cluster Analysis effettuata sui dati di abbondanza ha delineato quattro raggruppamenti principali, due ad una profondità minore di 100 m e due ad una profondità maggiore (40% di similarità). Questi risultati sono confermati dall’analisi MDS. L’analisi SIMPER ha messo in evidenza le specie che maggiormente incidono sulla differenza tra strati di profondità. Gli indici di biodiversità sono stati calcolati per indagare la diversità e la variabilità temporale e spaziale della comunità demersale. Due procedure la BIO-ENV e la DistLM (Distance-based linear models) sono state effettuate per individuare le variabili abiotiche che potrebbero essere responsabili dei diversi raggruppamenti nella struttura del popolamento demersale. Le specie commerciali: Mullus barbatus, Upeneus moluccensis, Upeneus pori sono state prese come oggetto per la ricerca di possibili effetti della pesca a livello di popolazione. Per i dati di abbondanza e di biomassa di queste specie è stata eseguita l’analisi multivariata MANOVA (Multivariate Analysis of Variance) al fine di trovare eventuali variazioni dovute ai fattori profondità, stagione e transetto. Per ogni specie è stata valutata la sex ratio. Il metodo Bhattacharya ha permesso di determinare le classi di età e la loro abbondanza. In ultimo la relazione peso-lunghezza è stata ricavata separatamente per gli individui maschi e femmine al fine di determinare il tipo di crescita per ogni sesso.

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Un sistema sottoposto ad una lenta evoluzione ciclica è descritto da un'Hamiltoniana H(X_1(t),...,X_n(t)) dipendente da un insieme di parametri {X_i} che descrivono una curva chiusa nello spazio di appartenenza. Sotto le opportune ipotesi, il teorema adiabatico ci garantisce che il sistema ritornerà nel suo stato di partenza, e l'equazione di Schrödinger prevede che esso acquisirà una fase decomponibile in due termini, dei quali uno è stato trascurato per lungo tempo. Questo lavoro di tesi va ad indagare principalmente questa fase, detta fase di Berry o, più in generale, fase geometrica, che mostra della caratteristiche uniche e ricche di conseguenze da esplorare: essa risulta indipendente dai dettagli della dinamica del sistema, ed è caratterizzata unicamente dal percorso descritto nello spazio dei parametri, da cui l'attributo geometrico. A partire da essa, e dalle sue generalizzazioni, è stata resa possibile l'interpretazione di nuovi e vecchi effetti, come l'effetto Aharonov-Bohm, che pare mettere sotto una nuova luce i potenziali dell'elettromagnetismo, e affidare loro un ruolo più centrale e fisico all'interno della teoria. Il tutto trova una rigorosa formalizzazione all'interno della teoria dei fibrati e delle connessioni su di essi, che verrà esposta, seppur in superficie, nella parte iniziale.

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I neuroni in alcune regioni del nostro cervello mostrano una risposta a stimoli multisensoriali (ad es. audio-visivi) temporalmente e spazialmente coincidenti maggiore della risposta agli stessi stimoli presi singolarmente (integrazione multisensoriale). Questa abilità può essere sfruttata per compensare deficit unisensoriali, attraverso training multisensoriali che promuovano il rafforzamento sinaptico all’interno di circuiti comprendenti le regioni multisensoriali stimolate. Obiettivo della presente tesi è stato quello di studiare quali strutture e circuiti possono essere stimolate e rinforzate da un training multisensoriale audio-visivo. A tale scopo, sono stati analizzati segnali elettroencefalografici (EEG) registrati durante due diversi task di discriminazione visiva (discriminazione della direzione di movimento e discriminazione di orientazione di una griglia) eseguiti prima e dopo un training audio-visivo con stimoli temporalmente e spazialmente coincidenti, per i soggetti sperimentali, o spazialmente disparati, per i soggetti di controllo. Dai segnali EEG di ogni soggetto è stato ricavato il potenziale evento correlato (ERP) sullo scalpo, di cui si è analizzata la componente N100 (picco in 140÷180 ms post stimolo) verificandone variazioni pre/post training mediante test statistici. Inoltre, è stata ricostruita l’attivazione delle sorgenti corticali in 6239 voxel (suddivisi tra le 84 ROI coincidenti con le Aree di Brodmann) con l’ausilio del software sLORETA. Differenti attivazioni delle ROI pre/post training in 140÷180 ms sono state evidenziate mediante test statistici. I risultati suggeriscono che il training multisensoriale abbia rinforzato i collegamenti sinaptici tra il Collicolo Superiore e il Lobulo Parietale Inferiore (nell’area Area di Brodmann 7), una regione con funzioni visuo-motorie e di attenzione spaziale.

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L’aumento della pressione parziale di anidride carbonica in atmosfera e il conseguente aumento dell’idrolisi di CO2 nell’acqua marina, noto come “acidificazione degli oceani", consiste nella diminuzione del pH e nella riduzione dello stato di saturazione delle acque (Ω) rispetto al carbonato di calcio (CaCO3). Il Golfo di Napoli è caratterizzato da elevati livelli di CO2 dovuti alla presenza di emissioni naturali di gas (vents), è perciò considerato un laboratorio naturale per prevedere gli effetti futuri sugli organismi marini dovuti all’aumento della acidificazione degli oceani. Questo lavoro di tesi valuta, per la prima volta, l’effetto dei vents sugli pteropodi Thecosomata (gasteropodi planctonici). Data la loro necessità di ioni carbonato per produrre la conchiglia, questi sono considerati “organismi sentinella” per i cambiamenti del sistema dei carbonati nell’ambiente marino. Gli pteropodi sono stati campionati e successivamente analizzati in termini di abbondanza specifica, dimensione e stato di degradazione della conchiglia. I principali risultati hanno mostrato che dalle stazioni di controllo alle zone con presenza di emissioni gassose, vi è un gradiente di diminuzione dei livelli di pH e Ωar, nonostante in nessuna stazione siano presenti livelli di sottosaturazione carbonatica. Gli pteropodi diminuiscono in termini di abbondanza e biodiversità presentando una conchiglia con livelli di dissoluzione elevata nelle stazioni adiacenti alle emissioni gassose, mentre lo stato di preservazione della conchiglia aumenta all’aumentare della distanza dalle zone di emissione, suggerendo che la variazione dello stato di saturazione nelle diverse stazioni, influenzi i processi di calcificazione dell’organismo. Gli effetti negativi delle emissione gassose sugli pteropodi potrebbero a lungo termine risultare in uno shift di popolazioni a vantaggio di organismi planctonici non calcificanti.

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In questo lavoro di tesi sono stati utilizzati profili sismici a riflessione a varie scale, acquisiti nel Golfo di Corigliano (Margine Ionico della Calabria) con lo scopo di studiare la deformazione tettonica e l’organizzazione dei depositi superficiali (tardo Pleistocenici) di quest’area di transizione tra il fronte di collisione Appenninico e il retroarco della subduzione Calabra. Lo studio della Dorsale dell’Amendolara si è dimostrato essere un elemento chiave per la comprensione geologica di questo settore crostale, considerato relativamente stabile ma sede di una significativa sismicità. L’analisi dei profili sismici ha rivelato la presenza di un fronte tettonico attivo (Faglia dell’Amendolara) che corre lungo il fianco occidentale dell’omonima Dorsale e che, secondo numerose evidenze geologico-strutturali, sembrerebbe caratterizzato attualmente da una cinematica trascorrente sinistra. L’attuale regime si è probabilmente sovraimposto ai fronti compressivi Neogenico-Quaternari, legati alla convergenza Appenninica. Queste evidenze fanno ipotizzare che la genesi della depressione confinata tra la costa calabrese e la Dorsale dell’Amendolara, coincidente con il Bacino di Sibari-Corigliano, sia stata causata da flessura della litosfera in seguito all’avanzamento delle coltri compressive da NNE. I dati a disposizione mostrano che la depressione del Bacino di Sibari-Corigliano, si trova attualmente in una situazione di riempimento “passivo” da parte dei depositi provenienti dal Fiume Crati e da fenomeni di instabilità gravitativa, probabilmente innescati da terremoti localizzati soprattutto lungo il fianco occidentale della Dorsale dell’Amendolara.