1000 resultados para GEOFISICA


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Il lavoro è incentrato sull’applicazione ed integrazione di differenti tecniche di indagine geofisica in campo ambientale e ingegneristico/archeologico. Alcuni esempi sono stati descritti al fine di dimostrare l’utilità delle metodologie geofisiche nella risoluzione di svariate problematiche. Nello specifico l’attenzione è stata rivolta all’utilizzo delle tecniche del Ground Penetrating Radar e del Time Domain Reflectometry in misure condotte su un corpo sabbioso simulante una Zona Insatura. L’esperimento è stato realizzato all’interno di un’area test costruita presso l’azienda agricola dell’Università La Tuscia di Viterbo. Hanno partecipato al progetto le Università di Roma Tre, Roma La Sapienza, La Tuscia, con il supporto tecnico della Sensore&Software. Nello studio è stato condotto un approccio definito idrogeofisico al fine di ottenere informazioni da misure dei parametri fisici relativi alla Zona Insatura simulata nell’area test. Il confronto e l’integrazione delle due differenti tecniche di indagine ha offerto la possibilità di estendere la profondità di indagine all’interno del corpo sabbioso e di verificare l’utilità della tecnica GPR nello studio degli effetti legati alle variazioni del contenuto d’acqua nel suolo, oltre a determinare la posizione della superficie piezometrica per i differenti scenari di saturazione. Uno specifico studio è stato realizzato sul segnale radar al fine di stabilire i fattori di influenza sulla sua propagazione all’interno del suolo. Il comportamento dei parametri dielettrici nelle condizioni di drenaggio e di imbibizione del corpo sabbioso è stato riprodotto attraverso una modellizzazione delle proprietà dielettriche ed idrologiche sulla base della dimensione, forma e distribuzione dei granuli di roccia e pori, nonché sulla base della storia relativa alla distribuzione dei fluidi di saturazione all’interno del mezzo. La modellizzazione è stata operata sulle basi concettuali del Differential Effective Medium Approximation.

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Il lavoro di tesi si inquadra nel progetto nazionale di ricerca promosso dal Dipartimento della Protezione Civile (DPC) e dall’Istituto di Geofisica e Vulcanologia (INGV), denominato S2-2014/DPC-INGV Constraining observations into seismic hazard. Esso prevede la caratterizzazione geologica e geofisica di 77 stazioni della rete accelerometrica nazionale (RAN) al fine di correggere i dati osservati e le relazioni (leggi di attenuazione dell’accelerazione ecc.) che da essi derivano. Fino ad ora le stazioni sismiche erano state assunte come ubicate su roccia affiorante o su litotipi di altro tipo evinti da carta geologica, senza alcun tipo di verifica diretta. Le 77 stazioni sono state scelte tra quelle che presentavano una storia di operatività di almeno 25 anni. In questo lavoro è stata eseguita la caratterizzazione geologica e geofisica di 5 stazioni, collocate in Emilia-Romagna. Oltre alla caratterizzazione del sottosuolo, abbiamo prestato attenzione alla caratterizzazione dinamica delle strutture che ospitano le stazioni sismiche e alla ricerca di eventuali interazioni tra queste e i sensori accelerometrici, trasmesse attraverso il sottosuolo. Il rilevamento geologico e le prove geofisiche, sismica a stazione singola e array, eseguite nei siti hanno permesso di definire la categoria sismica di sottosuolo secondo l’approccio semplificato proposto dalle NTC (2008). Dallo studio è emerso che il segnale registrato dagli strumenti accelerometrici in quasi tutte le stazioni investigate risente in qualche modo della struttura in cui la stazione sismica è racchiusa (cabina ENEL in muratura, con sviluppo a torre di circa 7-8 m di altezza). Ne segue che i dati registrati da queste stazioni sismiche sopra 3-5 Hz (a seconda della specifica struttura) non sono immediatamente utilizzabili o interpretabili come legati all’effetto del solo sottosuolo o del solo segnale sismico. In essi si accoppia, e spesso come effetto del primo ordine, la vibrazione propria (nei modi fondamentale e superiori, flessionali e torsionali) della struttura.

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Analisi fatte su colate attive, mostrano che per loro natura i lenti movimenti della frana, possono essere accelerati e fluidificati durante estesi o intesi periodi di pioggia. Il meccanismo ampiamente proposto che produce questo tipo di comportamento fluido, è rappresentato dall’aumento della pressione dall’acqua nei pori all’interno del corpo di frana, generando così una parziale o completa liquefazione. Questa transizione solido-liquido è il risultato di una drastica riduzione, in termini di rigidezza meccanica nella zona di terreno liquefatto, il quale può essere potenzialmente rilevata dal monitoraggio della variazione nelle velocità delle onde di taglio (Vs), come dimostrato dalla studio effettuato da Mainsant et al. del 2012. Con questo presupposto in mente, è stata condotta una campagna di monitoraggio durata da maggio a settembre 2015, che attraverso la tecnica d’indagine sismica MASW con metodo attivo-passivo, si è misurato, con cadenza bimestrale, la velocità delle onde di taglio superficiali in vari punti del corpo di frana della colata di Montevecchio (Cesena). Al fine di possedere una conoscenza migliore di suddetta frana, è stato condotto uno studio morfoevolutivo preliminare al periodo di monitoraggio, identificando e definendo così i principali aspetti che caratterizzano la frana. Dai risultati ottenuti dal monitoraggio, si evince che il cambiamento reologico nei terreni fini di frana, possono essere osservato attraverso la variazione delle (Vs), identificando una correlazione diretta tra eventi di precipitazione, con conseguente riattivazione della frana e decrescita delle velocità (Vs), tanto più marcato, quanto maggiore è stato lo spostamento registrato. Il lavoro di tesi condotto conferma quanto detto nello studio di Mainsant et al. del 2012, ponendolo come un valido metodo per predire gli eventi franosi tipo colata.

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Dallo studio della sismicità storica della città di Bologna (Guidoboni e Boschi, 2003) emerge che la maggior parte dei danni causati dai terremoti è concentrata nella parte Nord e Nord-Ovest della città, a nord delle attuali vie S. Donato e S. Isaia. In questo lavoro abbiamo studiato la risposta sismica in diversi siti del centro storico di Bologna, per capirne il comportamento in caso di terremoto e verificare se i risultati fossero compatibili con i dati storici. È stata effettuata una campagna di misure geofisiche: 52 con tecnica passiva a stazione singola HVSR per misurare le frequenze di amplificazione dei sottosuoli (47 all’interno delle mura), 5 in array per misurare l’andamento delle velocità delle onde di taglio nel sottosuolo (tutte all’interno delle mura). 22 delle 47 misure H/V mostrano amplificazione nell’intervallo di frequenze tra 1 e 10 Hz, quello di interesse per le strutture del centro storico. Le cause di queste amplificazioni si ipotizzano essere un livello ghiaioso a circa 10-15 m di profondità (Fiori, 2002) in approfondimento da centro città verso est, e un livello sabbioso a circa 10 m di profondità (Amorosi, 2014). Le misure in array, invece, indicano sostanzialmente che l’estremità orientale della città storica ha rigidezze maggiori a profondità maggiori di 50 m. Il dato derivante dalla sismologia storica, in sintesi, non pare essere completamente supportato da evidenze geologiche o geofisiche: la risposta sismica all’interno delle mura di Bologna varia leggermente da punto a punto, ma senza mostrare trend applicabili ad estese macroaree. Solo l’estremo Nord-Est della città ha un comportamento amplificativo più omogeneo (amplificazione a 1-3 Hz) in linea con la geologia locale, che presenta livelli marcatamente ghiaiosi sotto i 15 m di profondità. La variabilità geologica e di risposta sismica locale è stata verificata essere molto maggiore fuori dalle mura di cinta della città.

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O manto polar antártico retêm informação paleoclimatologica por entres suas camadas de neve e gelo. O gelo antártico tem revelado a base de dados paleoclimática de maior resolução para os últimos 800 mil anos. Os padrões de transporte atmosférico refletem a composição e a fonte do particulado encontrado na neve e no gelo do continente Antártico. Estando relacionado a processos climáticos, as características desse transporte alteram em quantidade e qualidade as espécies químicas que se depositam sobre o manto de gelo. Dessa forma, o estudo dos depósitos de particulado ao longo das camadas de neve/gelo na Antártica pode sugerir mudanças nos padrões de transporte atmosférico. Atualmente a comunidade científica discute as diferenças de padrões climáticos entre o leste e o oeste antártico. Enquanto de forma geral observa-se instabilidade no setor oeste, o clima da antártica oriental demonstra relativa estabilidade climática. Neste estudo, analisamos dois testemunhos de gelo recente de duas regiões com características climáticas diferentes do continente Antártico. No Platô Detroit situado na Península Antártica (6410′S/0600′O), analisamos a variabilidade de Black Carbon (BC) ao longo de 20 metros de neve. O BC encontrado na Península Antártica apresentou baixas concentrações comparáveis as encontradas no gelo do Artico período pré-industrial. Nossos resultados sugerem que sua variabiliade corresponde à sazonalidade dos períodos de queimada nos continentes do Hemisfério Sul. No interior do continente Antártico, analisamos o particulado em geral por um processo de microanálise ao longo de um testemunho de 40 metros extraído em Mont Johns (79o55′S/09423′O). Encontramos uma tendência negativa na deposição de poeira mineral (AlSi) entre 1967 e 2007. Nossos resultados sugerem que esta tendência seja resultado de um crescente isolamento atmosférico da região central do continente antártico pelo aumento da intensidade dos ventos ao redor da Antártica. Este aumento na intensidade dos ventos reflete por sua vez o resfriamento da alta atmosfera no centro antártico causado pela depleção da camada de ozônio na região. Adicionalmente, amostras de diferentes microambientes de Patriot Hills (8018′S/08121′O) foram coletadas de maneira asséptica para análise microbiológica. As amostras foram cultivadas em meio R2 e paralelamente o DNA total extraído foi sequenciado pela técnica de pirosequenciamento. Os resultados preliminares desta analise mostram grande riqueza de espécies dos mais variados grupos. Os resultados deste trabalho caracterizam três diferentes parâmetros relacionados a deposição atmosférica em duas áreas pouco exploradas e de grande interesse científico do continente antártico.

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Os diamantes são minerais raros e de alto valor econômico. Estes minerais se formam em condições mantélicas, numa profundidade aproximada de 150 a 200 km e ascendem à superfície englobada em magmas alcalinos e carbonatíticos, nos kimberlitos e lamproitos (depósitos primários). No presente trabalho objetivou-se o estudo da geometria do Kimberlito Régis, o qual pertence à província alcalina do Brasil Meridional, localizado no estado de Minas Gerais, na cidade de Carmo do Paranaíba. Para este estudo foi realizada uma inversão gravimétrica 3D e uma modelagem utilizando dados de gravimetria e os resultados dos estudos de magnetometria (Menezes e La Terra, 2011) e CSAMT (La Terra e Menezes, 2012). As anomalias Bouguer e magnética foram então modeladas a partir de um resultado CSAMT, apresentando como resultado um conduto vulcânico com cerca de 2800 metros de profundidade e 200 metros de largura. Já o resultado da inversão mapeou um corpo com forma de cone invertido, apresentando contrastes de densidade negativos. A metodologia de integração de métodos geofísicos mostrou-se eficiente para estudos exploratórios de kimberlitos, apresentando rapidez e baixo custo quando comparados com os métodos tradicionais.

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Esta pesquisa investigou a formação de depósitos arenosos localizados na planície costeira da Baixada de Sepetiba, em Itaguaí, estado do Rio de Janeiro. A deposição sedimentar e a evolução desta área, na Baixada de Sepetiba tem sido estudada nas três últimas décadas, principalmente, porque é um ambiente de depósitos arenosos antigo de idade Holocênica a Pleistocênica que corresponde a uma linha de praia, originada com eventos transgressivos e/ou regressivos que tiveram seu ápice durante o Quaternário. A metodologia de Radar de Penetração no Solo (GPR) é usada, principalmente nos casos de trabalho em que se estuda um ambiente costeiro arenoso. Este campo da Geofísica tem sido usado para examinar características, tais como: a espessura de depósitos arenosos, a profundidade de um aqüífero, a detecção de uma rocha ou um aqüífero, e determina a direção de progradação. Esta pesquisa usa técnicas de radar de penetração no solo (GPR) para analisar as estruturas, em subsuperfície desde que o ambiente estudado seja definido como linha de costa, as margens de uma lagoa mixohalina, chamada Baía de Sepetiba. Neste trabalho realizamos um total de 11 perfis, que foram processados pelo software ReflexWin. Durante o processamento do dado aplicamos alguns filtros, tais como: subtract-mean (dewow), bandpassfrequency e ganhos. E as melhores imagens dos perfis foram realizadas usando-se uma antena de 200 MHz (canal 1) e outra antena de 80 MHz. Neste caso, obtivemos imagens de alta resolução a uma profundidade de até 25 metros.

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Na maioria das situações relacionadas aos estudos da Terra, um método geofísico não é suficiente para chegar a uma conclusão de uma questão específica, já que o mesmo é passivo de ambiguidades ou incertezas na interpretação. Para tal, se faz necessário que um ou mais métodos sejam integrados, gerando uma resposta que se aproxime do modelo real e com confiabilidade para que a mesma metodologia possa ser aplicada em outros casos similares, otimizando assim a utilização conjunta dos métodos. Partindo desse ponto o presente trabalho sugere a realização de uma Modelagem Gravimétrica 2-D, auxiliada por dados sísmicos e de poços, visando o mapeamento das estruturas profundas da bacia de Santos, já que o conhecimento sobre as mesmas é de grande importância para estudos tectônicos para reconstrução histórica da bacia que servem de parâmetro de entrada nos estudos de modelagem visando reconstruir os processos de geração, migração e acumulação de hidrocarbonetos.

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Os dados geológicos e geofísicos escolhidos para o tema de estudo pertencem a Bacia do Amazonas, na região centro-norte do Brasil. A Bacia do Amazonas é uma bacia intracratônica com cerca de 500.000 km. A mesma está limitada ao norte pelo Escudo das Guianas e ao sul pelo Escudo Brasileiro. O limite oeste com a Bacia do Solimões é marcado pelo Arco de Purus, ao passo que o Arco de Gurupá constitui seu limite leste. Possui características inerentes a uma bacia intracratônica paleozóica, com uma longa história evolutiva, marcada por discordâncias expressivas e com uma cunha sedimentar relativamente rasa se comparada às bacias cretáceas brasileiras, o que levanta controvérsia a respeito da suficiência do soterramento para a eficiência de geração de hidrocarboneto. Podem ser reconhecidas nos 5000 m do preenchimento sedimentar da Bacia do Amazonas, duas seqüências de primeira ordem: uma paleozóica, intrudida por diques e soleiras de diabásio, na passagem do Triássico para o Jurássico, e uma mesozóica-cenozóica que representam um aspecto importante na evolução térmica da matéria orgânica que ocorre na primeira seqüência. Com relação à exploração de petróleo, apesar do fomento exploratório ocorrido nos últimos anos, a bacia ainda é considerada pouco explorada sendo sua maior reserva a da província de Urucu. Um dos fatores que dificultam bastante a exploração desta bacia assim como a bacia do Solimões a oeste é o acesso restrito, pois estão situadas em áreas remotas e florestadas, de difícil acesso, com muitas reservas indígenas e florestais, o que causa restrições logísticas, operacionais e legais. O efeito térmico das intrusões ígneas é considerado como o responsável pelo acréscimo de calor necessário à maturação da matéria orgânica e conseqüente geração de hidrocarbonetos. Este trabalho contribui com a reconstrução da história térmica desta bacia a partir da modelagem das variáveis termais e da história de soterramento. Para isso, foram utilizados modelos consagrados na literatura, que permitem, de forma simples, a estimativa do fluxo térmico através do embasamento e da seqüência sedimentar. Na análise da influência de intrusões ígneas na estrutura térmica da bacia, o modelo bidimensional desenvolvido pelo método de diferenças finitas se mostrou apropriado. Utilizou-se o fluxo térmico basal calculado nas condições de contorno da modelagem da influência térmica das ígneas. Como resultado obteve-se a estruturação térmica da bacia e a historia maturação de suas rochas geradoras

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La Cuenca Amazónica es el nuevo escenario geoestratégico redefinido de Halford Mackinder: el Green Heart Land, el cual refleja los intereses geoestratégicos de diferentes potencias mundiales como Brasil, Rusia y Estados Unidos, los cuales actuan bajos sus propios intereses nacionales. Su interacción deja como consecuencia la elaboración de una nueva estructura en el Sistema Internacional bajo nuevas nociones de seguridad, las cuales dinamizan las fichas del ajedrez mundial descrito por Zbniew Brzezinski.

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During the eruption of Eyjafjallajökull in April and May 2010, the London Volcanic Ash  Advisory Centre demonstrated the importance of infrared (IR) satellite imagery for monitoring volcanic ash and validating the Met Office operational model, NAME. This model is used to forecast ash dispersion and forms much of the basis of the advice given to civil aviation. NAME requires a source term describing the properties of the eruption plume at the volcanic source. Elements of the source term are often highly uncertain and significant effort has therefore been invested into the use of satellite observations of ash clouds to constrain them. This paper presents a data insertion method, where satellite observations of downwind ash clouds are used to create effective ‘virtual sources’ far from the vent. Uncertainty in the model output is known to increase over the duration of a model run, as inaccuracies in the source term, meteorological data and the parameterizations of the   modelled processes accumulate. This new technique, where the dispersion model (DM) is ‘reinitialized’ part-­way through a run, could go some way to addressing this.

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We report a detailed rock magnetic and Thellier paleointensity study from similar to 130.5 Ma Ponta Grossa Dike Swarms in Southern Brazil. Twenty-nine samples from seven cooling units were pre-selected for paleointensity experiments based on their low viscosity index, stable remanent magnetization and close to reversible continuous thermomagnetic curves. 19 samples characterized by negative pTRM tests, Arai concave- up curves or positive pTRM tests with NRM loss uncorrelated with TRM acquisition were rejected. High quality reliable paleointensity determinations are determined from detailed evaluation criteria, with 10 samples belonging to three dikes passing the tests. The site-mean paleointensity values obtained in this study range from 25.6 +/- 4.3 to 11.3 +/- 2.1 mu T and the corresponding VDM`s range from 5.7 +/- 0.9 to 2.5 +/- 0.5 (10(22) Am(2)). These data yield a VDM mean value of 4.1 +/- 1.6 x 10(22) Am(2). Significant variability of Earth`s magnetic field strength is observed for Ponta Grossa Dikes with the mean value being significantly lower as compared to the mean VDM obtained from the nearby Parana Magmatic Province. The paleointensities for the Ponta Grossa Dikes are in agreement with absolute paleointensities retrieved from the submarine basaltic glasses from 130 to 120 Ma. It seems that a relatively low field prevailed just before the Cretaceous Normal Superchron.

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The present paper reports on 22 species collected by the Brazilian Program of Living Resources in the Exclusive Economic Zone (REVIZEE). A new genus and species of Cribrilinidae, Corbuliporina crepida n. gen. et sp., is described, along with seventeen other new species: Chaperia brasiliensis n. sp., Amastigia aviculifera n. sp., Isosecuriflustra pinniformis n. sp., Cellaria subtropicalis n. sp., Melicerita brasiliensis n. sp., Arachnopusia haywardi n. sp., Smittina migottoi n. sp., Hippomenella amaralae n. sp., Rogicka joannae n. sp., Malakosaria atlantica n. sp., Turbicellepora winstonae n. sp., Rhynchozoon coalitum n. sp., Stephanollona angusta n. sp., Stephanollona arborescens n. sp., Aulopocella americana n. sp., Conescharellina cookae n. sp. and Conescharellina bocki n. sp. Chorizopora brongniartii (Audouin, 1826) is recorded for the first time in Brazilian waters and a new combination for Rhynchozoon arborescens Canu & Bassler, 1928 is established. New illustrations and taxonomic remarks are included for two little-known species from Brazil, Rogicka scopae (Canu & Bassler, 1928) and Fenestrulina ampla Canu & Bassler, 1928. A compilation of species recorded from deeper waters of the Brazilian coast is included.

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The area between São Bento do Norte and Macau cities, located in the northern coast of the Rio Grande do Norte State is submitted to intense and constant processes of littoral and aeolian transport, causing erosion, alterations in the sediments balance and modifications in the shoreline. Beyond these natural factors, the human interference is huge in the surroundings, composed by sensitive places, due to the existence of the Guamaré Petroliferous Pole, RN, the greater terrestrial oil producing in Brazil, besides the activities of the salt companies and shrimp farms. This socioeconomic-environmental context justifies the elaboration of strategies of environmental monitoring of that coastal area. In the environmental monitoring of coastal strips, submitted to human impacts, the use of multi-sources and multitemporal data integrated through a Spatio- Temporal Database that allows the multiuser friendly access. The objective was to use the potential of the computational systems as important tools the managers of environmental monitoring. The stored data in the form of a virtual library aid in making decisions from the related results and presented in different formats. This procedure enlarges the use of the data in the preventive attendance, in the planning of future actions and in the definition of new lines of researches on the area, in a multiscale approach. Another activity of this Thesis consisted on the development of a computational system to automate the process to elaborate Oil-Spill Environmental Sensitivity Maps, based on the temporal variations that some coastal ecosystems present in the sensibility to the oil. The maps generated in this way, based on the methodology proposed by the Ministério do Meio Ambiente, supply more updated information about the behavior of the ecosystem, as a support to the operations in case of oil spill. Some parameters, such as the hydrodynamic data, the declivity of the beach face, types of resources in risk (environmental, economical, human or cultural) and use and occupation of the area are some of the essential basic information in the elaboration of the sensitivity maps, which suffer temporal alterations.In this way, the two computational systems developed are considered support systems to the decision, because they provide operational subsidies to the environmental monitoring of the coastal areas, considering the transformations in the behavior of coastal elements resulting from temporal changes related the human and/or natural interference of the environment