954 resultados para Causa de incendio
Resumo:
Para la realización de este estudio se ha dividido la España Peninsular en tres grandes regiones (agrupaciones de provincias): Noroeste (NW), Litoral Mediterráneo (LM) e Interior Peninsular (IP), con objeto de dilucidar si sus regímenes actuales (década 1986-95) de incendios son diferentes. Estas regiones difieren en sus condiciones meteorológicas, densidad demográfica y usos del territorio. Hemos calculado el índice de frecuencia (IF = número de incendios por cada 10000 ha forestales) y el índice de gravedad (IG = superficie quemada ( 100 / superficie forestal). Este último se ha desglosado también para la superficie quemada arbolada y la no arbolada. La región Noroeste es la que presenta más siniestros por hectárea forestal (IF = 27,9). Aunque los índices de frecuencias de las regiones Litoral Mediterráneo (6,1) e Interior (4,1) sean menores, el ratio superficie recorrida por el fuego respecto a la superficie forestal total no es diferente a la afectada en la región Noroeste. Esta región se diferencia de las otras dos por la importante extensión de superficie desarbolada que se quema (IG de superficies desarbolada es 2,0 en NW, frente a 0,4 y 0,8 para IP y LM respectivamente). La caracterización de las regiones en cuanto a factores meteorológicos y sociales puede ayudar a explicar dichas diferencias, muy especialmente el estudio de las causas de incendio.
Resumo:
Numerosi incidenti verificatisi negli ultimi dieci anni in campo chimico e petrolchimico sono dovuti all’innesco di sostanze infiammabili rilasciate accidentalmente: per questo motivo gli scenari incidentali legati ad incendi esterni rivestono oggigiorno un interesse crescente, in particolar modo nell’industria di processo, in quanto possono essere causa di ingenti danni sia ai lavoratori ed alla popolazione, sia alle strutture. Gli incendi, come mostrato da alcuni studi, sono uno dei più frequenti scenari incidentali nell’industria di processo, secondi solo alla perdita di contenimento di sostanze pericolose. Questi eventi primari possono, a loro volta, determinare eventi secondari, con conseguenze catastrofiche dovute alla propagazione delle fiamme ad apparecchiature e tubazioni non direttamente coinvolte nell’incidente primario; tale fenomeno prende il nome di effetto domino. La necessità di ridurre le probabilità di effetto domino rende la mitigazione delle conseguenze un aspetto fondamentale nella progettazione dell’impianto. A questo scopo si impiegano i materiali per la protezione passiva da fuoco (Passive Fire Protection o PFP); essi sono sistemi isolanti impiegati per proteggere efficacemente apparecchiature e tubazioni industriali da scenari di incendio esterno. L’applicazione dei materiali per PFP limita l’incremento di temperatura degli elementi protetti; questo scopo viene raggiunto tramite l’impiego di differenti tipologie di prodotti e materiali. Tuttavia l’applicazione dei suddetti materiali fireproofing non può prescindere da una caratterizzazione delle proprietà termiche, in particolar modo della conducibilità termica, in condizioni che simulino l’esposizione a fuoco. Nel presente elaborato di tesi si è scelto di analizzare tre materiali coibenti, tutti appartenenti, pur con diversità di composizione e struttura, alla classe dei materiali inorganici fibrosi: Fibercon Silica Needled Blanket 1200, Pyrogel®XT, Rockwool Marine Firebatt 100. I tre materiali sono costituiti da una fase solida inorganica, differente per ciascuno di essi e da una fase gassosa, preponderante come frazione volumetrica. I materiali inorganici fibrosi rivestono una notevole importanza rispetto ad altri materiali fireproofing in quanto possono resistere a temperature estremamente elevate, talvolta superiori a 1000 °C, senza particolari modifiche chimico-fisiche. Questo vantaggio, unito alla versatilità ed alla semplicità di applicazione, li rende leader a livello europeo nei materiali isolanti, con una fetta di mercato pari circa al 60%. Nonostante l’impiego dei suddetti materiali sia ormai una realtà consolidata nell’industria di processo, allo stato attuale sono disponibili pochi studi relativi alle loro proprietà termiche, in particolare in condizioni di fuoco. L’analisi sperimentale svolta ha consentito di identificare e modellare il comportamento termico di tali materiali in caso di esposizione a fuoco, impiegando nei test, a pressione atmosferica, un campo di temperatura compreso tra 20°C e 700°C, di interesse per applicazioni fireproofing. Per lo studio delle caratteristiche e la valutazione delle proprietà termiche dei tre materiali è stata impiegata principalmente la tecnica Transient Plane Source (TPS), che ha consentito la determinazione non solo della conducibilità termica, ma anche della diffusività termica e della capacità termica volumetrica, seppure con un grado di accuratezza inferiore. I test sono stati svolti su scala di laboratorio, creando un set-up sperimentale che integrasse opportunamente lo strumento Hot Disk Thermal Constants Analyzer TPS 1500 con una fornace a camera ed un sistema di acquisizione dati. Sono state realizzate alcune prove preliminari a temperatura ambiente sui tre materiali in esame, per individuare i parametri operativi (dimensione sensori, tempi di acquisizione, etc.) maggiormente idonei alla misura della conducibilità termica. Le informazioni acquisite sono state utilizzate per lo sviluppo di adeguati protocolli sperimentali e per effettuare prove ad alta temperatura. Ulteriori significative informazioni circa la morfologia, la porosità e la densità dei tre materiali sono state ottenute attraverso stereo-microscopia e picnometria a liquido. La porosità, o grado di vuoto, assume nei tre materiali un ruolo fondamentale, in quanto presenta valori compresi tra 85% e 95%, mentre la frazione solida ne costituisce la restante parte. Inoltre i risultati sperimentali hanno consentito di valutare, con prove a temperatura ambiente, l’isotropia rispetto alla trasmissione del calore per la classe di materiali coibenti analizzati, l’effetto della temperatura e della variazione del grado di vuoto (nel caso di materiali che durante l’applicazione possano essere soggetti a fenomeni di “schiacciamento”, ovvero riduzione del grado di vuoto) sulla conducibilità termica effettiva dei tre materiali analizzati. Analoghi risultati, seppure con grado di accuratezza lievemente inferiore, sono stati ottenuti per la diffusività termica e la capacità termica volumetrica. Poiché è nota la densità apparente di ciascun materiale si è scelto di calcolarne anche il calore specifico in funzione della temperatura, di cui si è proposto una correlazione empirica. I risultati sperimentali, concordi per i tre materiali in esame, hanno mostrato un incremento della conducibilità termica con la temperatura, da valori largamente inferiori a 0,1 W/(m∙K) a temperatura ambiente, fino a 0,3÷0,4 W/(m∙K) a 700°C. La sostanziale similitudine delle proprietà termiche tra i tre materiali, appartenenti alla medesima categoria di materiali isolanti, è stata riscontrata anche per la diffusività termica, la capacità termica volumetrica ed il calore specifico. Queste considerazioni hanno giustificato l’applicazione a tutti i tre materiali in esame dei medesimi modelli per descrivere la conducibilità termica effettiva, ritenuta, tra le proprietà fisiche determinate sperimentalmente, la più significativa nel caso di esposizione a fuoco. Lo sviluppo di un modello per la conducibilità termica effettiva si è reso necessario in quanto i risultati sperimentali ottenuti tramite la tecnica Transient Plane Source non forniscono alcuna informazione sui contributi offerti da ciascun meccanismo di scambio termico al termine complessivo e, pertanto, non consentono una facile generalizzazione della proprietà in funzione delle condizioni di impiego del materiale. La conducibilità termica dei materiali coibenti fibrosi e in generale dei materiali bi-fasici tiene infatti conto in un unico valore di vari contributi dipendenti dai diversi meccanismi di scambio termico presenti: conduzione nella fase gassosa e nel solido, irraggiamento nelle superfici delle cavità del solido e, talvolta, convezione; inoltre essa dipende fortemente dalla temperatura e dalla porosità. Pertanto, a partire dal confronto con i risultati sperimentali, tra cui densità e grado di vuoto, l’obiettivo centrale della seconda fase del progetto è stata la scelta, tra i numerosi modelli a disposizione in letteratura per materiali bi-fasici, di cui si è presentata una rassegna, dei più adatti a descrivere la conducibilità termica effettiva nei materiali in esame e nell’intervallo di temperatura di interesse, fornendo al contempo un significato fisico ai contributi apportati al termine complessivo. Inizialmente la scelta è ricaduta su cinque modelli, chiamati comunemente “modelli strutturali di base” (Serie, Parallelo, Maxwell-Eucken 1, Maxwell-Eucken 2, Effective Medium Theory) [1] per la loro semplicità e versatilità di applicazione. Tali modelli, puramente teorici, hanno mostrato al raffronto con i risultati sperimentali numerosi limiti, in particolar modo nella previsione del termine di irraggiamento, ovvero per temperature superiori a 400°C. Pertanto si è deciso di adottare un approccio semi-empirico: è stato applicato il modello di Krischer [2], ovvero una media pesata su un parametro empirico (f, da determinare) dei modelli Serie e Parallelo, precedentemente applicati. Anch’esso si è rivelato non idoneo alla descrizione dei materiali isolanti fibrosi in esame, per ragioni analoghe. Cercando di impiegare modelli caratterizzati da forte fondamento fisico e grado di complessità limitato, la scelta è caduta sui due recenti modelli, proposti rispettivamente da Karamanos, Papadopoulos, Anastasellos [3] e Daryabeigi, Cunnington, Knutson [4] [5]. Entrambi presentavano il vantaggio di essere stati utilizzati con successo per materiali isolanti fibrosi. Inizialmente i due modelli sono stati applicati con i valori dei parametri e le correlazioni proposte dagli Autori. Visti gli incoraggianti risultati, a questo primo approccio è seguita l’ottimizzazione dei parametri e l’applicazione di correlazioni maggiormente idonee ai materiali in esame, che ha mostrato l’efficacia dei modelli proposti da Karamanos, Papadopoulos, Anastasellos e Daryabeigi, Cunnington, Knutson per i tre materiali analizzati. Pertanto l’obiettivo finale del lavoro è stato raggiunto con successo in quanto sono stati applicati modelli di conducibilità termica con forte fondamento fisico e grado di complessità limitato che, con buon accordo ai risultati sperimentali ottenuti, consentono di ricavare equazioni predittive per la stima del comportamento, durante l’esposizione a fuoco, dei materiali fireproofing in esame. Bologna, Luglio 2013 Riferimenti bibliografici: [1] Wang J., Carson J.K., North M.F., Cleland D.J., A new approach to modelling the effective thermal conductivity of heterogeneous materials. International Journal of Heat and Mass Transfer 49 (2006) 3075-3083. [2] Krischer O., Die wissenschaftlichen Grundlagen der Trocknungstechnik (The Scientific Fundamentals of Drying Technology), Springer-Verlag, Berlino, 1963. [3] Karamanos A., Papadopoulos A., Anastasellos D., Heat Transfer phenomena in fibrous insulating materials. (2004) Geolan.gr http://www.geolan.gr/sappek/docs/publications/article_6.pdf Ultimo accesso: 1 Luglio 2013. [4] Daryabeigi K., Cunnington G. R., and Knutson J. R., Combined Heat Transfer in High-Porosity High-Temperature Fibrous Insulation: Theory and Experimental Validation. Journal of Thermophysics and Heat Transfer 25 (2011) 536-546. [5] Daryabeigi K., Cunnington G.R., Knutson J.R., Heat Transfer Modeling for Rigid High-Temperature Fibrous Insulation. Journal of Thermophysics and Heat Transfer. AIAA Early Edition/1 (2012).
Resumo:
Lo sviluppo di un incendio all’interno di depositi di liquidi infiammabili costituisce uno scenario particolarmente critico a causa della rilevanza delle conseguenze che ne possono scaturire. L’incendio causato dalla formazione di grandi pozze sviluppatesi a seguito di forature dei contenitori e il rapido coinvolgimento di tutto lo stoccaggio rappresentano uno scenario di incendio tipico di queste realtà. Si ha quindi la necessità di adottare provvedimenti atti a garantire specifici obiettivi di sicurezza tramite l’introduzione di misure antincendio. La prevenzione incendi, sino al 2007, era basata esclusivamente su norme di tipo prescrittivo, in base alle quali si definivano le misure di sicurezza secondo un criterio qualitativo. Successivamente l’ingegneria antincendio si è sempre più caratterizzata da approcci basati su analisi di tipo prestazionale, in grado di dimostrare il raggiungimento dell’obiettivo di sicurezza sulla base del comportamento reale d’incendio ottenuto mediante un’accurata simulazione del fuoco che ragionevolmente può prodursi nell'attività. La modellazione degli incendi è divenuta possibile grazie allo sviluppo di codici di fluidodinamica computazionale (CFD), in grado di descrivere accuratamente l’evoluzione delle fiamme. Il presente studio si inserisce proprio nell’ambito della modellazione CFD degli incendi, eseguita mediante il software Fire Dynamics Simulator (FDS). L’obiettivo dell’elaborato è studiare l’azione dell’impianto di spegnimento a schiuma sullo sviluppo di un incendio di pozza in un deposito di liquidi infiammabili, in termini di riduzione della potenza termica rilasciata dal fuoco, al fine di determinare le temperature massime raggiunte, in corrispondenza delle quali valutare il comportamento di resistenza strutturale degli edifici. Il presente lavoro è articolato in 6 capitoli. Dopo il Capitolo 1, avente carattere introduttivo, vengono richiamati nel Capitolo 2 i principali concetti della chimica e fisica degli incendi. Nel Capitolo 3 vengono esaminate le normative intese ad unificare l’approccio ingegneristico alla sicurezza antincendio. Il Capitolo 4 fornisce una dettagliata descrizione del software di calcolo, FDS - Fire Dynamics Simulator, adoperato per la modellazione dell’incendio. Nel Capitolo 5 si procede alla progettazione prestazionale che conduce alla determinazione della curva naturale d'incendio in presenza degli impianti di spegnimento automatici. Infine nel Capitolo 6 si riportano le considerazioni conclusive.
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Ai nostri giorni le aree costiere risultano particolarmente sensibili perché sottoposte ad alcune fonti di stress, quali la salinizzazione degli acquiferi e la naturale ed antropica modificazione del territorio costiero. Questo lavoro indaga gli effetti dell’incendio del 2012 nella Pineta costiera di Lido di Dante (Ravenna) sull’acquifero costiero superficiale. Sono stati effettuati i rilievi in campo della tavola d’acqua, della conduttitivà elettrica e del pH nei mesi di novembre 2014 e luglio 2015. I campioni di acqua sono stati prelevati grazie alla tecnologia dei minifiltri, un sistema di campionamento multilivello molto preciso e rapido. Il campionamento comprende 3 transetti di minifiltri ubicati nella zona bruciata della pineta e un transetto di controllo nella zona verde della pineta, dove la vegetazione è intatta. Dall’elaborazione grafica di questi valori sono state ottenute delle isolinee rappresentative di valori soglia per le acque dolci, salmastre, salate, a pH 7.5 tipico delle acque meteoriche e a pH 8 tipico dell’acqua di mare. I valori di conduttività elettrica rapportati alla topografia e alla tavola d’acqua mostrano la formazione di lenti di acqua dolce nella zona dove la vegetazione è scomparsa a causa dell’incendio. Acque dolci assenti nella zona verde a causa della vegetazione e della sua attività evapotraspirativa. Le isolinee ottenute dal pH spiegano invece l’effetto delle ceneri dell’incendio dilavate dalle acque meteoriche e le differenze con la zona ancora ricoperta da vegetazione. I parametri analizzati risultano determinanti nella valutazione dello stato di salute della risorsa acquifera della costiera romagnola minacciata dalla salinizzazione e dalla modificazione del pH.
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INTRODUÇÃO: A intussuscepção ocorre quando um segmento proximal do intestino invagina para dentro do lúmen do segmento distal adjacente. Esta patologia é relativamente comum em crianças, sendo geralmente idiopática, diferentemente do que é evidenciado em adolescentes e adultos, os quais apresentam uma causa orgânica comprovada na maioria dos casos. O linfoma intestinal como etiologia desta patologia é extremamente raro. RELATO DE CASO: Um paciente de 16 anos, masculino, referindo dor abdominal em quadrante inferior direito há 36 horas associada a vômitos e fezes com sangue vivo compareceu em nosso serviço. O exame físico se apresentava dentro da normalidade exceto por uma massa palpável no quadrante inferior direito. A ultra-sonografia abdominal revelou intussuscepção ileocecal. A colonoscopia demonstrou uma massa protuberante proveniente do orifício da válvula ileocecal que foi reduzida, tendo o paciente um alívio completo dos sintomas. Três semanas após, o paciente retornou ao nosso hospital com recorrência dos sintomas. Uma laparotomia exploradora foi realizada evidenciando uma massa polipóide no íleo terminal com intussuscepção para dentro do ceco. Uma colectomia direita ampliada foi realizada. Após exame patológico da peça e estadiamento tumoral, um linfoma de Burkitt primário foi diagnosticado. A recuperação pós-operatória não apresentou intercorrências e o paciente foi encaminhado para quimioterapia adjuvante.
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A análise da mortalidade tem sido muito usada em saúde pública, e a causa básica da morte é uma variável bastante estudada. Na maioria dos países, há obrigatoriedade de o médico preencher a declaração de óbito (DO), informando às autoridades a ocorrência do evento, características do falecido e causas da morte. Quando há dois ou mais diagnósticos na declaração das causas da morte, surge a questão da seleção da causa básica. As normas para o preenchimento das causas de morte pelos médicos nas DO e as regras para a seleção da causa básica, quando mais de uma causa é declarada, estão definidas pela OMS, visando à comparabilidade internacional. O objetivo deste trabalho é avaliar se a aplicação das Regras Internacionais de Classificação da causa básica permite a seleção da real causa básica, mesmo se declarada incorretamente pelo médico. O material pertence ao "Estudo sobre a mortalidade de mulheres em idade fértil", sendo que 1.315 casos satisfizeram os requisitos de inclusão. Para cada morte foi realizada uma investigação através de entrevistas domiciliárias, consultas aos prontuários hospitalares e assemelhados. Médicos treinados e calibrados preenchiam uma DO nova, após a leitura de toda a informação, e selecionavam a "verdadeira" causa básica da morte. Esta era comparada com a causa básica da DO original, obtida por meio das Regras Internacionais. Entre as DO, em 1.192 (90,6%) houve concordância com a verdadeira causa básica obtida após a investigação. Concluiu-se que as Regras Internacionais permitem selecionar a real causa básica, mesmo quando o médico preenche inadequadamente a DO
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Zumbido é uma das queixas otológicas mais comuns com que o otorrinolaringologista se depara. O "hum" venoso é descrito como uma causa pouco comum de zumbido vascular, pouco lembrado ou reconhecido como entidade clínica. OBJETIVO: O objetivo do estudo é identificar os casos de "hum" venoso dentre os pacientes com zumbido pulsátil atendidos no Ambulatório de Zumbido da Disciplina de Otorrinolaringologia da UNIFESP-EPM e compará-los com a literatura. MATERIAL E MÉTODO: Estudo retrospectivo dos pacientes com "hum" venoso realizado na UNIFESP-EPM de abril de 1997 a abril de 2003, analisando-se os parâmetros: idade de aparecimento, freqüência, lado acometido, presença de perda auditiva e tontura associadas, fatores de piora e melhora, resultados de audiometria, exame vestibular e tomografia computadorizada de ossos temporais, evolução e tratamento realizados. Foi utilizado um protocolo de exames e tratamento e os resultados foram comparados com os da literatura. RESULTADOS: O zumbido pulsátil ocorreu em 7,5% e o "hum" venoso em 3% do total de pacientes com zumbido, todos no sexo feminino, sem prevalência por época de aparecimento, acometendo mais a orelha esquerda. Em todos os pacientes houve melhora com tratamento clínico, não sendo necessária intervenção cirúrgica em nenhum caso. CONCLUSÃO: O "hum" venoso não é uma causa incomum de zumbido (39% dos zumbidos pulsáteis) como citado na literatura. O tratamento deve ser realizado atuando-se sobre os fatores responsáveis pelo zumbido e decorrentes do mesmo. Em grande número de casos o mesmo desaparece espontaneamente, não necessitando de tratamento. O tratamento cirúrgico raramente é necessário, devendo ser reservado apenas aos casos em que não haja melhora com o tratamento clínico.
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A Surdez Súbita (SS) é um sintoma causado por mais de 60 doenças diferentes, dentre elas, o Schwanoma Vestibular (SV). Shaia & Sheehy (1976) apresentaram uma incidência de 1% de SV em 1220 casos de SS. Não há características específicas para o diagnóstico do SV, sendo a ressonância magnética (RM) o exame de escolha. OBJETIVO: Verificar a real incidência de SV em casuísticas de SS com a realização de RM. FORMA DE ESTUDO: Coorte transversal. MATERIAL E MÉTODO: Estudo prospectivo com a realização de RM com contraste de gadolínio em todos os pacientes com SS do serviço de urgência em Otorrinolaringologia do Hospital São Paulo no período de abril de 2001 a maio de 2003. RESULTADOS: Foram realizados exames de RM em 49 pacientes que apresentaram SS, sendo diagnosticados 3 (6,1%) casos de SV. CONCLUSÃO: A incidência real de SV em casuísticas de SS pode ser maior do que o classicamente descrito na literatura, devido ao subdiagnóstico pela não-utilização da RM de rotina nestes casos.
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A Rinolitíase é uma doença na qual ocorre a deposição de compostos orgânicos e inorgânicos em torno de um núcleo na cavidade nasal, causando rinorréia, obstrução nasal unilateral, odor fétido, epistaxe, podendo haver complicações. Os autores apresentam um caso de rinolitíase com fístula oronasal e revisão de literatura.
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Os pacientes com diabetes mellitus freqüentemente apresentam sintomas como tontura, zumbidos e hipoacusia. Via de regra, a perda auditiva é do tipo sensorioneural, confundindo-se, por vezes, com presbiacusia, principalmente por ocorrer em pacientes acima dos 40 anos de idade. A angiopatia e a neuropatia causadas pelo diabetes mellitus têm sido considerados importantes fatores responsáveis pelas manifestações vestibulococleares nesses pacientes. Porém, existe controvérsia no que se refere à etiopatogênese da perda auditiva, sendo que parte dos autores advoga que ela ocorre devido à neuropatia, outra parte à angiopatia, e outra, ainda, à associação das duas. Porém há também os que entendem que o diabetes mellitus e a perda auditiva poderiam ser partes integrantes de uma síndrome genética e não dependentes entre si. Realizamos uma extensa revisão bibliográfica procurando analisar se há relação "causa e efeito" entre o diabetes mellitus e a perda auditiva. Pudemos observar que, apesar do grande número de estudos realizados, a controvérsia ainda é grande, sendo que novas perspectivas, como no campo da genética, estão sendo estudadas, mostrando que novos rumos podem ser tomados para se chegar à conclusão do tema.
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Laringoceles são dilatações anormais do sáculo do ventrículo de Morgani da laringe, localizando-se entre a falsa prega vocal e a face interna da cartilagem tireóide. Relevância clínica é rara, sendo o achado de laringoceles assintomáticas em necropsia muito alto. Algumas vezes, pode se apresentar já como uma grande massa cervical, levando à obstrução de vias aéreas e necessitando de intervenção de urgência. Neste trabalho, os autores relatam um caso de laringocele levando à obstrução de vias aéreas superiores, necessitando de traqueostomia de urgência e fazem uma revisão da literatura sobre o tema. Complicações de laringocele incluem infecção (formação de piocele), aspiração de patógenos e subseqüente bronquite e pneumonia, infecção do espaço lateral da faringe (depois de ruptura) e obstrução de vias aéreas superiores, como no caso apresentado. A laringocele, apesar de ser uma doença benigna, é uma causa potencial de obstrução respiratória que pode ameaçar a vida do paciente. O correto diagnóstico e manejo adequado precoce podem evitar que situações de emergência, como a do paciente do caso relatado, levem à morte.
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Diz o art. 53º da Constituição: “É garantida aos trabalhadores a segurança no emprego, sendo proibidos os despedimentos sem justa causa ou por motivos políticos ou ideológicos.”. O direito fundamental da “Segurança no emprego” é uma das principais conquistas da social-democracia e/ou do socialismo democrático europeus, entre outras ideologias políticas e religiosas. Abstract: Says the art. 53 of the Constitution: "It is guaranteed to security workers in employment, being prohibited the unfair dismissal or for political or ideological reasons.". The fundamental right of "Job security" is one of the main achievements of social democracy and / or the European democratic socialism, among other political and religious ideologies.
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Foi feita análise dos atestados de óbito, do preenchimento dos seus itens e da declaração da causa básica da morte. Foi estudada uma amostra de óbitos ocorridos em hospitais e pronto socorros no período de 1.º de março de 1971 a 29 de fevereiro de 1972. Foram colhidas informações adicionais, para cada caso, a partir dos prontuários médicos, o que permitiu conhecer a verdadeira causa básica da morte e comparar com o que foi declarado no atestado. Verificou-se que somente 4,0% dos atestados apresentaram informações sobre o intervalo de tempo entre o início da doença e a morte e sobre o exame complementar que confirmou o diagnóstico, sendo que 65,5% não apresentaram ambas as informações. O item mais negligenciado foi o referente ao intervalo de tempo, pois em 93,5% dos atestados este item não se encontrava preenchido; 68,0% dos atestados não tinha preenchido o item sobre exame complementar que confirmou o diagnóstico. Quanto a declaração da verdadeira causa básica foi verificado que 31,4% dos atestados não a apresentavam registrada e 6,5%, ainda que a tivessem registrada, não era selecionada como a causa primária da morte para finalidades de estatística de mortalidade. Conclui-se que não é boa a qualidade dos atestados de óbitos na cidade de São Paulo, e comparando os resultados com os de estudo semelhante feito em 1962/1963, verifica-se que não houve melhora na certificação médica da causa de morte nos últimos 10 anos.
Resumo:
Foram comentados alguns aspectos das estatísticas de mortalidade por causas básicas e por causas múltiplas. Utilizando uma amostra de óbitos ocorridos em hospitais e obtendo informações adicionais através dos prontuários médicos, foram refeitos os atestados comparando-os com os originais. Foi verificado que a causa básica está declarada incorretamente em 37,7% dos casos e que existem discordâncias que se compensam. O número médio de diagnósticos por atestados de óbito foi de 1,9, elevando-se para 2,9 quando se dispõem de informações adicionais. O número médio de diagnósticos adicionais que acompanhou a causa básica aumentou quanto mais longa foi a evolução da doença básica. A codificação de causas múltiplas tem como vantagens o reconhecimento de freqüências de doenças que raramente são consideradas básicas e as estatísticas de mortalidade por causas múltiplas não são afetadas pelas mudanças das regras de seleção da causa de morte.
Resumo:
Foi estudado o comportamento das mortes violentas de residentes no município de São Paulo, nos anos 1970, 1971 e 1972. Essas causas, que representam, aproximadamente, 10% do total de óbitos ocorridos em cada ano, incluem todos os tipos de acidentes (trânsito, doméstico, do trabalho e outros), os suicídios, homicídios e todas as demais causas externas. Os tipos de morte foram analisados segundo sexo e grupo etário, sendo os resultados apresentados através de mortalidade proporcional e do risco de morrer por essas causas.