175 resultados para BPA, suoli, lombrichi
Resumo:
Il BPA è un composto aromatico precursore di materiali plastici e additivi chimici, ed è entrato a far parte della categoria dei contaminanti che alterano il sistema endocrino con molteplici effetti negativi sulla salute umana (azione di mimesi estrogenica, alterazioni della funzione tiroidea e dei sistemi riproduttivo, nervoso ed immunitario). Nella fase produttiva industriale si hanno emissioni accidentali di BPA durante il trattamento e la lavorazione dei monomeri plastici. Piccole frazioni di BPA possono essere ingerite dall’uomo poiché la sostanza migra nel tempo dal contenitore alimentare al contenuto (es. bevanda in lattina o contenitore per microonde) soprattutto se esposto ad alte temperature. Anche il contatto con composti acidi o basici, la presenza di elevati livelli di cloruro di sodio o di oli vegetali, è in grado di provocare un incremento del rilascio di BPA dai materiali polimerici. Il BPA viene rilasciato dai biberon in policarbonato, che in molti Paesi sono stati ritirati dal commercio nel 2011, e da bottiglie di acqua riutilizzabili. Infine, la carta termica degli scontrini e delle fotocopie rilasciano BPA. Nell’adulto la tossicità del BPA sembra modesta, tuttavia l'esposizione nel feto e nel neonato può risultare deleteria. Al di là della tossicità, l'aspetto che al momento preoccupa maggiormente è l'effetto che il BPA ha anche a basse dosi sul metabolismo: diversi studi in tutto il mondo correlano questa sostanza all'incidenza di diabete, ipertensione, obesità e problemi cardiaci. L’attenzione per il BPA è piuttosto recente a livello umano, mentre è assai ridotta per la salute dell’ecosistema. Tuttavia è noto che il BPA è presente anche come contaminante dei suoli, e pur essendo stato documentato il suo bioaccumulo negli organismi vegetali, non sono disponibili informazioni precedenti relativi agli effetti del BPA sugli organismi animali del suolo, in linea con il fatto che il suolo è stato una matrice ambientale molto trascurata. Il presente lavoro di tesi quindi si pone come uno studio pilota per valutare la possibile tossicità del BPA su organismi modello che vivono in questa matrice. In questo studio è stato scelto come bioindicatore “sentinella” il lombrico Eisenia andrei, il comune verme rosso, come suggeriscono le linee guida internazionali (OECD, OCSE). I possibili effetti biologici del Bisfenolo A nei lombrichi sono stati indagati sia attraverso endpoint del ciclo vitale (accrescimento, riproduzione e mortalità), sia attraverso una batteria di biomarker (generali e specifici). Data la mancanza di osservazioni precedenti si è scelto un approccio integrato tra i parametri del ciclo vitale, in genere meno sensibili ma ecologicamente più rilevanti, e i biomarker, risposte più sensibili che possono rappresentare segnali precoci di allarme inerenti l’esposizione a contaminanti ambientali o l’effetto di questi ultimi sugli organismi indagati, ma non necessariamente predittivi sulla salute della comunità. Al momento non esistono batterie di biomarker specifiche per questa sostanza, quindi un ulteriore scopo della ricerca è stato quello di evidenziare biomarker utili ad indagare eventuali alterazioni biochimiche e funzionali nei lombrichi in risposta all’esposizione a dosi crescenti di bisfenolo A. Le risposte biologiche indagate sono: - la diminuzione della stabilità delle membrane lisosomiali, che indica una riduzione dello stato di salute generale degli organismi; - l’alterazione dell’attività degli enzimi catalasi e glutatione-S-trasferasi, indice di stress ossidativo o induzione di meccanismi di detossificazione; - la diminuzione dell’attività dell’enzima acetilcolinesterasi, la quale indica neurotossicità; - l’accumulo di lipofuscine o lipidi neutri, che è sintomo rispettivamente di stress ossidativo o alterazioni del metabolismo; - la variazione della malondialdeide, composto intermedio della perossidazione lipidica, indica un stress ossidativo in corso. Sulla base dei dati ottenuti possiamo dire che il BPA, alle concentrazioni ambientali, non costituisce un elemento di rischio ecologico per gli organismi sentinella Eisenia andrei. Alle concentrazioni più elevate (che superano quelle ambientali di almeno 10 volte) si osservano delle alterazioni sui livelli di lipidi neutri e lipofuscine che pur non essendo preoccupanti dal punto di vista ecologico sono indice di vulnerabilità, dato che si tratta di alterazioni del metabolismo in conseguenza delle quali gli animali accumulano residui normalmente degradati a livello lisosomiale. Questo accumulo nei lisosomi delle cellule del tessuto cloragogeno dei vermi, che rivestono il tubo digerente, sembrano indicare una esposizione attraverso la dieta a seguito della ingestione del terreno. E’interessante il fatto che l’accumulo di lipidi è in linea con le caratteristiche obesogene del BPA, ben manifestate nei mammiferi, uomo compreso. Tuttavia non ci sono ancora conoscenze sufficienti per stabilire se questo accumulo nei vermi sia dovuto ad una specifica alterazione degli enzimi di sintesi dei lipidi oppure più genericamente ad un aumento dello stress ossidativo. Molti studi stanno valutando la capacità del BPA di alterare la sintesi e il rilascio di lipidi in cellule umane e di ratto, ma non ci sono ancora studi di questo tipo per gli organismi edafici. E’ auspicabile che questo aspetto venga approfondito, ed eventualmente venga identificato un nuovo biomarker specifico dell’azione del BPA sull’accumulo di lipidi. Un altro aspetto che sarà interessante approfondire è il bioaccumulo: la valutazione del rischio ecotossicologico di una sostanza si basa anche sul potenziale di BCF che può essere pericoloso per il biota (incluso l’uomo) per trasferimento nella catena trofica. Considerando che non esistono ancora studi specifici del bioaccumulo del BPA in organismi del suolo, ed avendo messo in luce che l’assunzione della sostanza è avvenuta (probabilmente per via alimentare) ci si pone l’obiettivo futuro di valutare questo parametro nei lombrichi, in modo da avere un quadro più ampio degli effetti associati a questo interferente endocrino nei suoli.
Resumo:
En este estudio se realizó un diagnóstico sobre la implementación de las buenas prácticas avícolas (BPA) en pequeños y medianos productores de huevos de consumo, en los departamentos de Masaya, Managua y Chinandega, en el periodo comprendido de febrero del 2011 a Febrero del 2012. Se seleccionó la muestra de acuerdo a los siguientes criterios: Ubicación de las granjas avícolas, anuencia de la gerencia para participar en el estudio, avicultores líderes en su zona, productores con diez años de ser productores de huevos de consumo. Se encuestaron 20 granjas que corresponden al 33.89% del total de granjas en los tres departamentos. El tipo de preguntas en la encuesta fue de tipo cerrada con 7 componentes de BPA (personal; instalaciones; bioseguridad; suministro de agua y alimento; control de plagas; registros; medio ambiente). Los datos se procesaron y analizaron en Excel ® 2007. El nivel de cumplimiento se expresó a través de gráficos de barras verticales comparativos porcentualmente, con la finalidad de determinar las BPA de mayor y menor aplicación en los departamentos bajo estudio. Respecto a las BPA de mayor y menor aplicación en los tres departamentos, los componentes de mayor aplicación fueron: instalaciones; bioseguridad; registros; suministro de agua y alimentos. Los registros obtuvieron el mayor valor de cumplimiento con 93.75%. En cuanto al Porcentaje de aplicación de BPA por departamento, Chinandega presentó las más altas aplicaciones en los componentes: Personal (87.50%), Instalaciones (100%), Bioseguridad (100%), Control de plagas (64.29%), Medio Ambiente (75%) y Suministro de agua y alimento (94.44%), por su parte de manera global, Masaya mostró la mayor aplicación en el componente Registros con 96.15%.
Resumo:
Con la finalidad de conocer el estado de la aplicación de Buenas Prácticas Agrícolas (BPA) y obtener información básica para diseñar un Manual de BPAs en el cultivo de la fresa, se realizó un diagnóstico en 3 fincas productoras de fresa de uso industrial del departamento de Jinotega, Nicaragua. Dicho diagnóstico se llevó a cabo el 1 de noviembre de 2005. Las 3 fincas en estudio fueron Sta Carmela, San Carlos y Jardines Las Pilas. Para realizar el diagnóstico se uso la metodología que emplea el departamento de inspección a fincas y trazabilidad del Ministerio Agropecuario y Forestal. Los resultados del estudio indican que ninguna de las tres fincas alcanzó el puntaje mínimo (85%) requerido para alcanzar la certificación BPA, dentro del marco de los requisitos exigidos por el MAG-FOR. La finca que obtuvo mayor puntaje fue La finca San Carlos (201; 50 %); la finca Jardines Las Pilas obtuvo el segundo lugar en puntaje (181; 45 %) y la finca Santa Carmela obtuvo el puntaje mas bajo (161;40%). Entre los aspectos con una calificación de menor puntaje figuran: 1. Estiércol y biosólidos, 2. Producto, 3. Almacenamiento y 4. Organismos genéticamente modificados, este ultimo no aplica para las tres fincas en su totalidad. Estos aspectos deberán ser los prioritarios en un plan de trabajo para corregir inconformidades a fin de alcanzar la certificación de BPA. Después de concluido el diagnóstico, se realizó un manual de BPA para este cultivo, para el cual se empleo el contenido mínimo recomendado por el MAG-FOR. El contenido del manual fue de 10 puntos que se detallan a continuación: 1. Buenas prácticas agrícolas para el manejo del agua, 2. buenas prácticas agrícolas para el manejo de suelos, 3. Buenas prácticas agrícolas para la fertilización de cultivos, 4. Buenas prácticas agrícolas para la protección de cultivos, 5. Buenas prácticas agrícolas para la recolección y el manejo postcosecha, 6. Buenas practicas agrícolas en los elementos de apoyo para las labores productivas, 7. Buenas prácticas agrícolas en la salud, seguridad y bienestar de los trabajadores, 8. Buenas practicas agrícolas para la trazabilidad y los registros, 9. Glosario y 10 bibliografía.
Resumo:
El presente estudio se realizó en la finca el plantel propiedad de la universidad nacional agraria, está ubicada en el km.30 carretera Tipitapa- Masaya en junio del 2014. El estudio consistió en la. Comparación del efecto de manejo convencional versus manejo con buenas prácticas agrícolas (BPA) sobre la entomofauna, desarrollo, rendimiento, rentabilidad del cultivo de maíz(Zea mayz L). Los tratamientos a evaluar fueron manejo convencional y manejo con buenas prácticas agrícolas. Se realizaron muestreos dos veces por semana iniciando de la segunda semana después de la germinación, donde se seleccionaron cinco puntos para un total de 50 plantas muestreadas para cada uno de los sistemas de manejo, se contabilizaba el número de larvas por plantas encontrados y el % de plantas dañadas por el gusano cogollero (Spodoptera frugiperda Smith).También se identificaron 31 familias y 11 órdenes de insectos en el manejo con (BPA) y 26 familias y 9 órdenes en el manejo convencional. Las larvas por plantas de gusano cogollero y su daño al cultivo de maíz se presentó más en el sistema de manejo convencional con un 84 % de daño a los 35 dds, también se encontró un nivel alto poblacional de larvas de cogollero a los 65 dds, mientras que en manejo con buenas prácticas agrícolas el % de plantas dañadas y el porcentaje de plantas con larva de gusano cogollero fue menor. Según los resultados obtenidos de los dos tratamientos en estudio sobre las variables agronómicas, altura, área foliar, numero de hojas y diámetro del tallo, indican que no se encontraron diferencias significativas entre ellas, pero que sí se mostró que en el manejo convencional las plantas tendieron a crecer un poco más que el sistema de manejo de (BPA). Con respecto al rendimiento el tratamiento que presentó el mejor rendimiento fue el sistema de manejo con buenas prácticas agrícolas con 6,134. 40 kg/h, y con un menor rendimiento el tratamiento de manejo convencional con 3,855.28 kg/h. logrando obtener un beneficio neto mayor en el sistema de manejo con buenas prácticas agrícolas, $ 1,285.86.
Resumo:
[EN] Combination of polycarboxylate anions and dipyridyl ligands is an effective strategy to produce solid coordination frameworks (SCF) which are crystalline materials based on connections between metal ions through organic ligands. In this sense, combination of polycarboxylate anions and dipyridyl ligands is an effective strategy to produce extended structures. In this context, this work is focused on two novel CuII-based SCFs exhibiting PDC (2,5-pyridinedicarboxylate) and bpa (1,2-di(4-pyridyl)ethane), being the first structures reported in literature containing both ligands. Chemical formula are [Cu2[(PDC)2(bpa)(H2O)2]•3H2O•DMF (1), and [Cu2(PDC)2(bpa)(H2O)2]•7H2O (2), where DMF is dimethylformamide. Compounds 1 and 2 have been characterized by means of XRD, IR, TG/DTG, and DTA analysis.
Resumo:
In order to clarify the effects of phenols on properties of polyesters, the blends of poly[(3-hydroxybutyrate)-co-(3-hydroxyvalerate)] (PHBV) with 4,4'-dihydroxydiphenylpropane (BPA) and p-tert-butylphenol (TBP) were studied. The FTIR spectra revealed that there was strong hydrogen-bond (H-bond) interaction between PHBV and both phenols. By evaluating the fraction of H-bonded C = O in the blend, it was concluded that BPA showed a stronger tendency than TBP to form H-bonds with PHBV. Accordingly, BPA formed a stronger suppression than TBP on the crystallization of PHBV. When 30 wt% BPA or 50 wt% TBP were added into PHBV, the crystallization of PHBV was completely suppressed in the DSC cooling scan. As the phenol content was increased, the T-g of PHBV/TBP blend decreased while the T-g of PHBV/BPA blend increased. This difference indicated that TBP and BPA acted as plasticizer and physical crosslinking agent, respectively.
Resumo:
Coordenação de Aperfeiçoamento de Pessoal de Nível Superior (CAPES)
Resumo:
Oggetto di studio del dottorato sono stati i suoli forestali in ambiente litoraneo della Regione Emilia-Romagna. In particolare sono state considerate quattro zone di studio in Provincia di Ravenna: Pineta di San Vitale, aree boscate di Bellocchio, Pineta di Classe e Pineta di Pinarella di Cervia. Lo studio in una prima fase si è articolato nella definizione dello stato del sistema suolo, mediante la caratterizzazione pedologica delle zone di studio. A tale scopo è stata messa a punto un’adeguata metodologia d’indagine costituita da un’indagine ambientale e successivamente da un’indagine pedologica. L’indagine ambientale, mediante fotointerpretazione ed elaborazione di livelli informativi in ambito GIS, ha permesso di individuare ambiti pedogenetici omogenei. L’indagine pedologica in campo ha messo in luce l’elevata variabilità spaziale di alcuni fattori della pedogenesi, in particolar modo l’andamento microtopografico tipico dei sistemi dunali costieri e la profondità della falda freatica del piano campagna. Complessivamente sono stati aperti descritti e campionati 40 profili pedologici. Sugli orizzonti diagnostici di questi sono state eseguite le seguenti analisi: tessitura, pH, calcare totale, carbonio organico, azoto kjeldahl, conduttività elettrica (CE), capacità di scambio cationico (CSC) e calcare attivo. I suoli presentano, ad eccezione della tessitura (generalmente grossolana), un’elevata variabilità delle proprietà chimico fisiche in funzione della morfologia, della profondità e della vicinanza della falda freatica. Sono state riscontrate diverse correlazioni, tra le più significative quelle tra carbonio organico e calcare totale (coeff. di correlazione R = -0.805 per Pineta di Classe) e tra calcare totale e pH (R = 0.736), dalle quali si è compreso in che misura l’effetto della decarbonatazione agisce nei diversi ambiti pedogenetici e tra suoli con diversa età di formazione. Il calcare totale varia da 0 a oltre 400 g.kg-1 e aumenta dalla superficie in profondità, dall’entroterra verso la costa e da nord verso sud. Il carbonio organico, estremamente variabile (0.1 - 107 g.kg-1), è concentrato soprattutto nel primo orizzonte superficiale. Il rapporto C/N (>10 in superficie e molto variabile in profondità) evidenzia una efficienza di umificazione non sempre ottimale specialmente negli orizzonti prossimi alla falda freatica. I tipi di suoli presenti, classificati secondo la Soil Taxonomy, sono risultati essere Mollic/Sodic/Typic Psammaquents nelle zone interdunali, Typic Ustipsamments sulle sommità dunali e Oxiaquic/Aquic Ustipsamments negli ambienti morfologici intermedi. Come sintesi della caratterizzazione pedologica sono state prodotte due carte dei suoli, rispettivamente per Pineta di San Vitale (scala 1:20000) e per le aree boscate di Bellocchio (scala 1:10000), rappresentanti la distribuzione dei pedotipi osservati. In una seconda fase si è focalizzata l’attenzione sugli impatti che le principali pressioni naturali ed antropiche, possono esercitare sul suolo, condizionandone la qualità in virtù delle esigenze del soprasuolo forestale. Si è scelta la zona sud di Pineta San Vitale come area campione per monitorarne mensilmente, su quattro siti rappresentativi, le principali caratteristiche chimico-fisiche dei suoli e delle acque di falda, onde evidenziare possibili correlazioni. Le principali determinazioni svolte sia nel suolo in pasta satura che nelle acque di falda hanno riguardato CE, Ca2+, Mg2+, K+, Na+, Cl-, SO4 2-, HCO3 - e SAR (Sodium Adsorption Ratio). Per ogni sito indagato sono emersi andamenti diversi dei vari parametri lungo i profili, correlabili in diversa misura tra di loro. Si sono osservati forti trend di aumento di CE e degli ioni solubili verso gli orizzonti profondi in profili con acqua di falda più salina (19 – 28 dS.m-1) e profonda (1 – 1.6 m dalla superficie), mentre molto significativi sono apparsi gli accumuli di sali in superficie nei mesi estivi (CE in pasta satura da 17.6 a 28.2 dS.m-1) nei profili con falda a meno di 50 cm dalla superficie. Si è messo successivamente in relazione la CE nel suolo con diversi parametri ambientali più facilmente monitorabili quali profondità e CE di falda, temperatura e precipitazioni, onde trovarne una relazione statistica. Dai dati di tre dei quattro siti monitorati è stato possibile definire tali relazioni con equazioni di regressione lineare a più variabili. Si è cercato poi di estendere l’estrapolabilità della CE del suolo per tutte le altre casistiche possibili di Pineta San Vitale mediante la formulazione di un modello empirico. I dati relativi alla CE nel suolo sia reali che estrapolati dal modello, sono stati messi in relazione con le esigenze di alcune specie forestali presenti nelle zone di studio e con diverso grado di tolleranza alla salinità ed al livello di umidità nel suolo. Da tali confronti è emerso che per alcune specie moderatamente tolleranti la salinità (Pinus pinea, Pinus pinaster e Juniperus communis) le condizioni critiche allo sviluppo e alla sopravvivenza sono da ricondursi, per la maggior parte dei casi, alla falda non abbastanza profonda e non tanto alla salinità che essa trasmette sull’intero profilo del suolo. Per altre specie quali Quercus robur, Populus alba, Fraxinus oxycarpa e Ulmus minor moderatamente sensibili alla salinità, ma abituate a vivere in suoli più umidi, la salinità di una falda troppo prossima alla superficie può ripercuotersi su tutto il profilo e generare condizioni critiche di sviluppo. Nei suoli di Pineta San Vitale sono stati inoltre studiati gli aspetti relativi all’inquinamento da accumulo di alcuni microtossici nei suoli quali Ag, Cd, Ni e Pb. In alcuni punti di rilievo sono stati osservati moderati fattori di arricchimento superficiale per Pb e Cd riconducibili all’attività antropica, mentre le aliquote biodisponibili risultano maggiori in superficie, ma all’interno dei valori medi dei suoli italiani. Lo studio svolto ha permesso di meglio conoscere gli impatti sul suolo, causati dalle principali pressioni esistenti, in un contesto dinamico. In particolare, si è constatato come i suoli delle zone studiate abbiano un effetto tampone piuttosto ridotto sulla mitigazione degli effetti indotti dalle pressioni esterne prese in esame (salinizzazione, sodicizzazione e innalzamento della falda freatica). Questo è dovuto principalmente alla ridotta presenza di scambiatori sulla matrice solida atti a mantenere un equilibrio dinamico con le frazioni solubili. Infine le variabili ambientali considerate sono state inserite in un modello concettuale DPSIR (Driving forces, Pressures, States, Impacts, Responces) dove sono stati prospettati, in via qualitativa, alcuni scenari in funzione di possibili risposte gestionali verosimilmente attuabili, al fine di modificare le pressioni che insistono sul sistema suolo-vegetazione delle pinete ravennati.
Resumo:
Enzyveba, a partially characterized complex consortium of not-adapted microorganisms developed through prolonged stabilization of organic wastes, was found to markedly intensify the aerobic remediation of aged PAH- and PCB-contaminated soil by acting as a source of exogenous specialized microorganisms and nutrients. Thus, Enzyveba was tested in the bioremediation of Diesel (G1) and HiQ Diesel (G2) contaminated soils under aerobic slurry-phase conditions by means of a chemical, microbiological, ecotoxicological integrated analytical procedure. The addition of Enzyveba resulted in a higher availability of cultivable specialized bacteria and fungi but this resulted in a slight intensification of soil remediation, probably because of the high content of nutrients and specialized microorganisms of the soil. In many cases, the biotreatability of soils impacted by diesel fuel is limited by their poor content of autochthonous pollutant-degrading microorganisms. Thus, bioaugmentation with stable and reproducible cultures with the required broad substrate specificity might be the solution for a successful remediation. Two microbial consortia, ENZ-G1 and ENZ-G2, were enriched from Enzyveba on G1 and G2. Both consortia consist of a similar composition of bacterial and fungal species. They exhibited a comparable and significant biodegradation capability by removing about 90% of 1 g/l of diesel fuel under liquid culture conditions. Given their remarkable biodegradation potential, richness of quite diverse microbes, stability and resistance after cryopreservation at -20 °C for several months, both consortia appear very interesting candidates for bioaugmentation on site. The mycoflora of a soil historically contaminated by high concentration of PCBs was characterised before, at the beginning and at the end of the biotreatment mentioned above. Several mitosporic fungi isolated from soil grew in presence of a mixture of three PCBs congeners when also glucose was provided. This is the first study in which 5 strains of mitosporic species able to biodegrade PCB are reported in the literature.
Resumo:
Lo scopo di questa tesi è quello di valutare l'effetto della salinizzazione dei suoli sugli invertebrati edafici. Nell'ambito di questo obiettivo generale sono state effettuate due distinte attività di ricerca: una indagine sul campo e una serie di esperimenti di laboratorio. Lo studio sul campo è stato condotto nella Pineta di San Vitale (Ravenna, Italia). L'obiettivo specifico è stato quello di valutare la qualità biologica dei suoli attraverso l'analisi del popolamento dei microartropodi edafici, in relazione alla diversità del suolo e in particolare alla salinizzazione. La qualità biologica dei suoli è stata valutata mediante l'indice QBS-ar. La Pineta è stata campionata nella zona Est, più colpita da intrusione salina e nella zona Ovest dove questo fenomeno è meno evidente. I campionamenti sono stati effettuati in primavera ed estate. I risultati confermano che le caratteristiche chimico-fisiche si modificano in base al gradiente sommità dunali-depressioni interdunali. Per quanto riguarda il popolamento dei microartropodi alcune caratteristiche sono comuni alla maggior parte delle stazioni con lo stesso pedotipo. Non è stato evidenziato alcuno stress sui popolamenti attribuibule alla salinizzazione. Nel complesso, i valori di QBS-ar sono piuttosto elevati. Gli esperimenti di laboratorio sono stati finalizzata alla valutazione degli effetti combinati della salinità del suolo e della contaminazione da pesticidi (chlorpyrifos) sul lombrico Eisenia andrei. Nel complesso, i risultati indicano che effetti avversi sui lombrichi sono possibili a livelli di salinizzazione dei suoli ancora compatibili a concentrazioni di chlorpyrifos che sono piuttosto alte in confronto con i tipici risultati di campo, ma ancora compatibili con l'uso consigliato.
Resumo:
La carbamazepina fu commercializzata a partire dagli anni Sessanta; è un analgesico anticonvulsivante e specifico per la nevralgia del trigemino ed è uno dei principali farmaci usati nel trattamento dell’epilessia. La sua azione più nota a livello del sistema nervoso è quella di rallentare il recupero dei canali al sodio, sebbene abbia anche effetti metabolici importanti interferendo con il ciclo degli inositoli e con la GSK-3 (glicogeno sintasi-chinasi 3). Tale sostanza è sotto la lente d’ingrandimento sia per le sue caratteristiche chimico-fisiche (vedi la sua alta persistenza in ambiente) sia per la sua alta tossicità per la salute umana. Le sue proprietà terapeutiche spesso sono accompagnate da effetti collaterali sia nei pazienti che assumono direttamente il medicinale, sia negli organismi non-bersaglio che vengono a contatto con i residui ed i metaboliti del farmaco in ambiente. Le principali fonti di contaminazione dell’ambiente sono rappresentate dagli scarichi domestici, urbani, ospedalieri ed industriali e dagli effluenti di impianti di depurazione. Inoltre, l’uso irriguo di acque contenenti residui del farmaco oppure fenomeni di esondazione di corpi idrici contaminati contribuiscono ampiamente alla distribuzione di questo composto nei suoli. La matrice suolo ha avuto relativamente poca attenzione per quanto riguarda gli effetti dell’inquinamento sugli organismi in generale, ed in particolare non vi sono studi sui farmaci. Il presupposto di questo studio dunque è stato quello di mettere a punto una metodologia volta a valutare gli effetti all’esposizione del farmaco carbamazepina su organismi bioindicatori, i lombrichi della specie Eisenia andrei. Il seguente progetto è durato da Maggio 2012 a Febbraio 2013, periodo in cui sono stati effettuati saggi sub cronici per valutare l’effetto di suoli sperimentalmente contaminati con il farmaco sui parametri del ciclo vitale del lombrico (accrescimento, mortalità e riproduzione) e su una serie di biomarker cellulari (neutral red retention assay, accumulo lisosomiale di lipofuscine, accumulo lisosomiale di lipidi neutri insaturi, attività dell’enzima acetilcolinsterasi, attività dell’enzima catalasi, attività dell’ enzima glutatione-S-transferasi e concentrazione di malondialdeide). I risultati ottenuti mostrano che la carbamazepina non ha effetti sui parametri del ciclo vitale. Per quanto riguarda i parametri fisiologici si notano tuttavia dei risultati diversi. L’accumulo lisosomiale di lipofuscine e lipidi neutri indica che il metabolismo dei vermi risulta in qualche modo alterato dall’esposizione alla carbamazepina alle concentrazioni saggiate. Queste alterazioni potrebbero essere spiegate da un effetto di tipo ossidante; infatti i due biomarker oltre a rappresentare un segnale di alterazione metabolica rappresentano anche un indicazione di perossidazione lipidica. Queste osservazioni meritano di essere approfondite studiando il bioaccumulo e la degradazione della carbamazepina nei suoli, che potrebbero essere alla base della diversità di risultati rispetto alla tossicità evidenziata negli organismi acquatici. A fronte della consapevolezza dei rischi potenziali dovuti alla presenza di farmaci nelle acque e nel suolo, molto resta da fare per ampliare le conoscenze su questa tipologia di contaminazione, in particolare nei campi del monitoraggio e del comportamento ambientale, degli studi ecotossicologici e delle procedure e tecnologie idonee a limitare la loro immissione nell’ambiente.