998 resultados para Acer trilobatum


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Old trees growing in urban environments are often felled due to symptoms of mechanical defects that could be hazardous to people and property. The decisions concerning these removals are justified by risk assessments carried out by tree care professionals. The major motivation for this study was to determine the most common profiles of potential hazard characteristics for the three most common urban tree genera in Helsinki City: Tilia, Betula and Acer, and in this way improve management practices and protection of old amenity trees. For this research, material from approximately 250 urban trees was collected in cooperation with the City of Helsinki Public Works Department during 2001 - 2004. From the total number of trees sampled, approximately 70% were defined as hazardous. The tree species had characteristic features as potential hazard profiles. For Tilia trees, hollowed heartwood with low fungal activity and advanced decay caused by Ganoderma lipsiense were the two most common profiles. In Betula spp., the primary reason for tree removal was usually lowered amenity value in terms of decline of the crown. Internal cracks, most often due to weak fork formation, were common causes of potential failure in Acer spp. Decay caused by Rigidoporus populinus often increased the risk of stem breakage in these Acer trees. Of the decay fungi observed, G. lipsiense was most often the reason for the increased risk of stem collapse. Other fungi that also caused extensive decay were R. populinus, Inonotus obliquus, Kretzschmaria deusta and Phellinus igniarius. The most common decay fungi in terms of incidence were Pholiota spp., but decay caused by these species did not have a high potential for causing stem breakage, because it rarely extended to the cambium. The various evaluations used in the study suggested contradictions in felling decisions based on trees displaying different stages of decay. For protection of old urban trees, it is crucial to develop monitoring methods so that tree care professionals could better analyse the rate of decay progression towards the sapwood and separate those trees with decreasing amounts of sound wood from those with decay that is restricted to the heartwood area.

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Tesis (Maestría en Ciencias Biológicas con Especialidad en Entomología Médica) UANL

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Mémoire numérisé par la Division de la gestion de documents et des archives de l'Université de Montréal

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Resumen tomado de la publicación

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Els autors participants en el projecte d???innovaci?? educativa ???1:1 un ordinador un alumne???, entre l???empresa Acer i l???European Schoolnet, cerquen interpretacions a les correlacions trobades entre els resultats de l???Informe PISA i les enquestes inicials, que es varen fer al professorat participant, a l???inici del projecte esmentat. En aquestes enquestes el professorat express?? els nivells de confian??a a l???hora d???emprar els ordinadors en educaci??.

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This study examines the food-chain transfer of Zn from two plant species, Urtica dioica (stinging nettle) and Acer pseudoplatanus (sycamore maple), into their corresponding aphid species, Microlophium carnosum and Drepanosiphum platanoidis. The plants were grown in a hydroponic system using solutions with increasing concentrations of Zn from 0.02 to 41.9 mg Zn/l. Above-ground tissue concentrations in U. dioica and M. carnosum increased with increasing Zn exposure (p < 0.001). Zn concentrations in A. pseudoplatanus also increased with solution concentration from the control to the 9.8 mg Zn/l solution, above which concentrations remained constant. Zn concentrations in both D. platanoidis and the phloem tissue of A. pseudoplatanus were not affected by the Zn concentration in the watering solution. It appears that A. pseudoplatanus was able to limit Zn transport in the phloem, resulting in constant Zn exposure to the aphids. Zn concentrations in D. platanoidis were around three times those in M. carnosum. Concentrations of Zn in two aphid species are dependant on species and exposure.

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The effect of increasing salinity on a range of chlorophyll fluorescence parameters in foliar tissue of 30 Acer genotypes was examined. The magnitude of the fluorescence responses differed among genotypes ranging from minor effects to substantial leaf tissue damage. Interpretation of the fluorescence expressions provided an insight into mechanisms of salt damage and resilience among genotypes. Based on reductions in a performance index (PIp) following salinity, genotypes were ranked in order from tolerant to sensitive. Based on this ranking criterion, marked differences in salt tolerance among genotypes were distinguished. It is concluded that chlorophyll fluorescence offers a rapid screening technique for assessing the foliar salinity tolerance of urban trees.

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La tesi individua alcune strategie di rigenerazione urbana e di riqualificazione edilizia, al fine di ottenere una serie di linee guida per l’intervento sul patrimonio di edilizia abitativa situata nelle periferie urbane. Tali principi sono stati poi applicati ad un edificio ACER collocato nella prima periferia di Forlì, per sperimentare l’efficacia delle strategie individuate. Dalla ricerca svolta sulle strategie di intervento volte alla riqualificazione sociale delle periferie, in particolare la teoria del “Defencible space” di Jacobs, si evidenzia l’importanza di accentuare nei residenti il sentimento di territorialità, ovvero la consapevolezza di far parte di una comunità specifica insediata in un particolare spazio, alimentata attraverso la frequentazione e l’appropriazione percettivo-funzionale degli spazi pubblici. Si è deciso quindi di allargare il campo di intervento alla rigenerazione dell’interno comparto, attraverso la riorganizzazione degli spazi verdi e la dotazione di attrezzature sportive e ricreative, in modo da offrire spazi specifici per le diverse utenze (anziani, giovani, bambini) e la definizione di un programma funzionale di servizi ricreativi e spazi destinati a piccolo commercio per integrare le dotazioni carenti dell’area. Dall’analisi approfondita dell’edificio sono emerse le criticità maggiori su cui intervenire: - l’intersezione dei percorsi di accesso all’edificio - la struttura portante rigida, non modificabile - la scarsa varietà tipologica degli alloggi - l’elevato fabbisogno energetico. La riqualificazione dell’edificio ha toccato quindi differenti campi: tecnologico, funzionale, energetico e sociale; il progetto è stato strutturato come una serie di fasi successive di intervento, eventualmente realizzabili in tempi diversi, in modo da consentire il raggiungimento di diversi obiettivi di qualità, in funzione della priorità data alle diverse esigenze. Secondo quest’ottica, il primo grado di intervento, la fase 1 - riqualificazione energetica, si limita all’adeguamento dello stato attuale alle prestazioni energetiche richieste dalla normativa vigente, in assenza di adeguamenti tipologici e spaziali. La fase 2 propone la sostituzione degli impianti di riscaldamento a caldaie autonome presenti attualmente con un impianto centralizzato con pompa di calore, un intervento invasivo che rende necessaria la realizzazione di un “involucro polifunzionale” che avvolge completamente l’edificio. Questo intervento nasce da tre necessità fondamentali : - architettonica: poter ampliare verso l’esterno le superfici degli alloggi, così da intervenire sulle unità abitative rendendole più rispondenti alle necessità odierne; - statica: non dover gravare in ciò sull’edificio esistente apportando ulteriori carichi, difficilmente sopportabili dalla struttura esistente, assicurando il rispetto della normativa antisismica in vigore; - impiantistica/tecnologica: alloggiare i condotti del nuovo impianto centralizzato per il riscaldamento, raffrescamento e acs; La fase 3 è invece incentrata sull’ampliamento dell’offerta abitativa, in modo da rispondere anche a necessità legate ad utenze speciali, come utenti disabili o anziani. L’addizione di nuovi volumi si sviluppa in tre direzioni: - un volume parassita, che aderisce all’edificio nel fronte sud/est, indipendente dal punto di vista strutturale, ruotato per sfruttare al meglio l’orientamento ottimale. - un volume satellite, indipendente, connesso all’edificio esistente tramite un elemento di raccordo, e nel quale sono collocati alcuni alloggi speciali. - un’addizione in copertura, che non appoggia direttamente sul solaio di copertura esistente, ma grava sull’elemento di chiusura del’involucro realizzato nella fase 2 Completano il progetto le addizioni volumetriche a piano terra, destinate a servizi quali un centro diurno, un micronido e un bar, i quali costituiscono la traduzione alla scala dell’edificio delle strategie applicate nel progetto di comparto. Questi interventi hanno consentito di trasformare un edificio costruito negli anni ’80 in un complesso residenziale moderno, dotato spazi accessori di grande qualità, tecnologie moderne che ne garantiscono il comfort abitativo, servizi alla persona disponibili in prossimità dell’edificio.

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Nel volume vengono proposte delle strategie di riqualificazione dell’edificio in via W. Goethe con numero civico 2-10 a Corticella zona Navile. L’edificio fa parte del quartiere PEEP realizzato a partire dagli anni ‘70 circa. L’intera area ricopre una superficie pari a 220.000 m2 di cui edificata 38.000 m2. Della superficie edificata ben 30.400 m2 è stata destinata al residenziale. A seguito delle evoluzioni economiche e sociali e alle restrizioni sempre più severe della normativa, il quartiere ha mostrato delle carenze e delle criticità: – Scarse prestazioni energetiche degli edifici con elevati costi di esercizio; – Inadeguata risposta alle azioni sismiche; – Tagli di alloggi non in grado di soddisfare l’odierna domanda; – Mancanza di efficaci spazi pubblici e di relazione; – Inefficace connessione urbana ai maggiori poli attrattivi e di circolazione. Come primo obbiettivo è stato affrontato il problema della mancanza di connessioni ciclopedonali adeguate al territorio di Corticella. Vi sono infatti alcune aree di nodale importanza che sono sprovviste di questi collegamenti rendendo difficoltoso il link tra i punti attrattivi fondamentali di Corticella e il nostro quartiere. Il progetto intende migliorare questo tipo di servizio in linea con il progetto “bike sharing & ride” promosso dalla Regione Emilia Romagna al fine di incentivare e promuovere la mobilità. Seguono poi gli interventi volti a risolvere le problematiche riscontrate nell’edificio. Interventi atti a riportare l’edificio in una condizione tale da renderlo adeguato alle necessità attuali e in grado di svolgere la sua funzione per gli anni a venire. Si tratta di strategie tecniche e parallelamente di strategie energetiche, con l’obbiettivo di definire spazi confortevoli all’interno degli alloggi. A tale fine sono state realizzate anche valutazioni sull’illuminazione naturale degli ambienti interni per valutare l’efficacia o meno del sistema utilizzato.

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Patterns of increasing leaf mass per area (LMA), area-based leaf nitrogen (Narea), and carbon isotope composition (δ13C) with increasing height in the canopy have been attributed to light gradients or hydraulic limitation in tall trees. Theoretical optimal distributions of LMA and Narea that scale with light maximize canopy photosynthesis; however, sub-optimal distributions are often observed due to hydraulic constraints on leaf development. Using observational, experimental, and modeling approaches, we investigated the response of leaf functional traits (LMA, density, thickness, and leaf nitrogen), leaf carbon isotope composition (δ13C), and cellular structure to light availability, height, and leaf water potential (Ψl) in an Acer saccharum forest to tease apart the influence of light and hydraulic limitations. LMA, leaf and palisade layer thickness, and leaf density were greater at greater light availability but similar heights, highlighting the strong control of light on leaf morphology and cellular structure. Experimental shading decreased both LMA and area-based leaf nitrogen (Narea) and revealed that LMA and Narea were more strongly correlated with height earlier in the growing season and with light later in the growing season. The supply of CO2 to leaves at higher heights appeared to be constrained by stomatal sensitivity to vapor pressure deficit (VPD) or midday leaf water potential, as indicated by increasing δ13C and VPD and decreasing midday Ψl with height. Model simulations showed that daily canopy photosynthesis was biased during the early growing season when seasonality was not accounted for, and was biased throughout the growing season when vertical gradients in LMA and Narea were not accounted for. Overall, our results suggest that leaves acclimate to light soon after leaf expansion, through an accumulation of leaf carbon, thickening of palisade layers and increased LMA, and reduction in stomatal sensitivity to Ψl or VPD. This period of light acclimation in leaves appears to optimize leaf function over time, despite height-related constraints early in the growing season. Our results imply that vertical gradients in leaf functional traits and leaf acclimation to light should be incorporated in canopy function models in order to refine estimates of canopy photosynthesis.

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BACKGROUND Hypoglycin A, found in seeds of Acer negundo, appears to cause seasonal pasture myopathy (SPM) in North America and is implicated in atypical myopathy (AM) in Europe. Acer negundo is uncommon in Europe. Thus, the potential source of hypoglycin A in Europe is unknown. HYPOTHESIS AND OBJECTIVES We hypothesized that seeds of Acer pseudoplatanus were the source of hypoglycin A in Europe. Our objective was to determine the concentration of hypoglycin A in seeds of A. pseudoplatanus trees located in pastures where previous cases of AM had occurred. ANIMALS None. METHODS University of Berne records were searched to retrospectively identify 6 farms with 10 AM cases and 11 suspected AM deaths between 2007 and 2011. During October 2012, A. pseudoplatanus seeds were collected from 2 to 6 trees per pasture on 6 AM farms (7 pastures) from trees in or close to 2 pastures on 2 control farms where AM had not been previously reported. Hypoglycin A in seeds was analyzed by GC-MS. RESULTS Acer pseudoplatanus trees were identified on all AM pastures. Hypoglycin A was detected in all A. pseudoplatanus seeds in highly variable concentrations ranging from 0.04 to 2.81 μg/mg (mean 0.69) on AM farms and 0.10 to 9.12 μg/mg (mean 1.59) on control farms. CONCLUSION AND CLINICAL IMPORTANCE Preventing horses from grazing pastures containing A. pseudoplatanus seeds during late fall and early spring might be the best means to prevent AM.