928 resultados para Filosofia moral


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Coordenação de Aperfeiçoamento de Pessoal de Nível Superior (CAPES)

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Este artigo trata da interelação entre justiça, razão comunicativa e emancipação social. Ao referir-se à justiça e à injustiça, retorna a um tema de fundamental importância para a história da Filosofia do Direito, sem com isto assumir os riscos das teorias metafísicas da justiça. É a partir da teoria do discurso, de Jürgen Habermas, que as condições e os pressupostos para o desenvolvimento de uma noção de justiça pós-metafísica se torna possível. Investigar a tarefa da Filosofia do Direito, e o desafio do conceito de justiça, são tarefas desdobradas nos estudos e debates envolvidos neste texto.

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A proposta deste artigo é fazer um estudo pós-moderno da relação existente entre direito e moral. Nesta análise, supera-se a visão racionalista da moralidade moderna vista como um código moral único, como um conjunto de preceitos harmoniosamente coerentes ao qual todos nós deveríamos obedecer e que legitimaria as normas jurídicas de forma racional. Através de uma perspectiva interdisciplinar, como meio de expansão da reflexão crítica, analisaremos o filme A pele que habito dirigido por Pedro Almodóvar

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L’ermeneutica filosofica di Hans-Georg Gadamer – indubbiamente uno dei capisaldi del pensiero novecentesco – rappresenta una filosofia molto composita, sfaccettata e articolata, per così dire formata da una molteplicità di dimensioni diverse che si intrecciano l’una con l’altra. Ciò risulta evidente già da un semplice sguardo alla composizione interna della sua opera principale, Wahrheit und Methode (1960), nella quale si presenta una teoria del comprendere che prende in esame tre differenti dimensioni dell’esperienza umana – arte, storia e linguaggio – ovviamente concepite come fondamentalmente correlate tra loro. Ma questo quadro d’insieme si complica notevolmente non appena si prendano in esame perlomeno alcuni dei numerosi contributi che Gadamer ha scritto e pubblicato prima e dopo il suo opus magnum: contributi che testimoniano l’importante presenza nel suo pensiero di altre tematiche. Di tale complessità, però, non sempre gli interpreti di Gadamer hanno tenuto pienamente conto, visto che una gran parte dei contributi esegetici sul suo pensiero risultano essenzialmente incentrati sul capolavoro del 1960 (ed in particolare sui problemi della legittimazione delle Geisteswissenschaften), dedicando invece minore attenzione agli altri percorsi che egli ha seguito e, in particolare, alla dimensione propriamente etica e politica della sua filosofia ermeneutica. Inoltre, mi sembra che non sempre si sia prestata la giusta attenzione alla fondamentale unitarietà – da non confondere con una presunta “sistematicità”, da Gadamer esplicitamente respinta – che a dispetto dell’indubbia molteplicità ed eterogeneità del pensiero gadameriano comunque vige al suo interno. La mia tesi, dunque, è che estetica e scienze umane, filosofia del linguaggio e filosofia morale, dialogo con i Greci e confronto critico col pensiero moderno, considerazioni su problematiche antropologiche e riflessioni sulla nostra attualità sociopolitica e tecnoscientifica, rappresentino le diverse dimensioni di un solo pensiero, le quali in qualche modo vengono a convergere verso un unico centro. Un centro “unificante” che, a mio avviso, va individuato in quello che potremmo chiamare il disagio della modernità. In altre parole, mi sembra cioè che tutta la riflessione filosofica di Gadamer, in fondo, scaturisca dalla presa d’atto di una situazione di crisi o disagio nella quale si troverebbero oggi il nostro mondo e la nostra civiltà. Una crisi che, data la sua profondità e complessità, si è per così dire “ramificata” in molteplici direzioni, andando ad investire svariati ambiti dell’esistenza umana. Ambiti che pertanto vengono analizzati e indagati da Gadamer con occhio critico, cercando di far emergere i principali nodi problematici e, alla luce di ciò, di avanzare proposte alternative, rimedi, “correttivi” e possibili soluzioni. A partire da una tale comprensione di fondo, la mia ricerca si articola allora in tre grandi sezioni dedicate rispettivamente alla pars destruens dell’ermeneutica gadameriana (prima e seconda sezione) ed alla sua pars costruens (terza sezione). Nella prima sezione – intitolata Una fenomenologia della modernità: i molteplici sintomi della crisi – dopo aver evidenziato come buona parte della filosofia del Novecento sia stata dominata dall’idea di una crisi in cui verserebbe attualmente la civiltà occidentale, e come anche l’ermeneutica di Gadamer possa essere fatta rientrare in questo discorso filosofico di fondo, cerco di illustrare uno per volta quelli che, agli occhi del filosofo di Verità e metodo, rappresentano i principali sintomi della crisi attuale. Tali sintomi includono: le patologie socioeconomiche del nostro mondo “amministrato” e burocratizzato; l’indiscriminata espansione planetaria dello stile di vita occidentale a danno di altre culture; la crisi dei valori e delle certezze, con la concomitante diffusione di relativismo, scetticismo e nichilismo; la crescente incapacità a relazionarsi in maniera adeguata e significativa all’arte, alla poesia e alla cultura, sempre più degradate a mero entertainment; infine, le problematiche legate alla diffusione di armi di distruzione di massa, alla concreta possibilità di una catastrofe ecologica ed alle inquietanti prospettive dischiuse da alcune recenti scoperte scientifiche (soprattutto nell’ambito della genetica). Una volta delineato il profilo generale che Gadamer fornisce della nostra epoca, nella seconda sezione – intitolata Una diagnosi del disagio della modernità: il dilagare della razionalità strumentale tecnico-scientifica – cerco di mostrare come alla base di tutti questi fenomeni egli scorga fondamentalmente un’unica radice, coincidente peraltro a suo giudizio con l’origine stessa della modernità. Ossia, la nascita della scienza moderna ed il suo intrinseco legame con la tecnica e con una specifica forma di razionalità che Gadamer – facendo evidentemente riferimento a categorie interpretative elaborate da Max Weber, Martin Heidegger e dalla Scuola di Francoforte – definisce anche «razionalità strumentale» o «pensiero calcolante». A partire da una tale visione di fondo, cerco quindi di fornire un’analisi della concezione gadameriana della tecnoscienza, evidenziando al contempo alcuni aspetti, e cioè: primo, come l’ermeneutica filosofica di Gadamer non vada interpretata come una filosofia unilateralmente antiscientifica, bensì piuttosto come una filosofia antiscientista (il che naturalmente è qualcosa di ben diverso); secondo, come la sua ricostruzione della crisi della modernità non sfoci mai in una critica “totalizzante” della ragione, né in una filosofia della storia pessimistico-negativa incentrata sull’idea di un corso ineluttabile degli eventi guidato da una razionalità “irrazionale” e contaminata dalla brama di potere e di dominio; terzo, infine, come la filosofia di Gadamer – a dispetto delle inveterate interpretazioni che sono solite scorgervi un pensiero tradizionalista, autoritario e radicalmente anti-illuminista – non intenda affatto respingere l’illuminismo scientifico moderno tout court, né rinnegarne le più importanti conquiste, ma più semplicemente “correggerne” alcune tendenze e recuperare una nozione più ampia e comprensiva di ragione, in grado di render conto anche di quegli aspetti dell’esperienza umana che, agli occhi di una razionalità “limitata” come quella scientista, non possono che apparire come meri residui di irrazionalità. Dopo aver così esaminato nelle prime due sezioni quella che possiamo definire la pars destruens della filosofia di Gadamer, nella terza ed ultima sezione – intitolata Una terapia per la crisi della modernità: la riscoperta dell’esperienza e del sapere pratico – passo quindi ad esaminare la sua pars costruens, consistente a mio giudizio in un recupero critico di quello che egli chiama «un altro tipo di sapere». Ossia, in un tentativo di riabilitazione di tutte quelle forme pre- ed extra-scientifiche di sapere e di esperienza che Gadamer considera costitutive della «dimensione ermeneutica» dell’esistenza umana. La mia analisi della concezione gadameriana del Verstehen e dell’Erfahrung – in quanto forme di un «sapere pratico (praktisches Wissen)» differente in linea di principio da quello teorico e tecnico – conduce quindi ad un’interpretazione complessiva dell’ermeneutica filosofica come vera e propria filosofia pratica. Cioè, come uno sforzo di chiarificazione filosofica di quel sapere prescientifico, intersoggettivo e “di senso comune” effettivamente vigente nella sfera della nostra Lebenswelt e della nostra esistenza pratica. Ciò, infine, conduce anche inevitabilmente ad un’accentuazione dei risvolti etico-politici dell’ermeneutica di Gadamer. In particolare, cerco di esaminare la concezione gadameriana dell’etica – tenendo conto dei suoi rapporti con le dottrine morali di Platone, Aristotele, Kant e Hegel – e di delineare alla fine un profilo della sua ermeneutica filosofica come filosofia del dialogo, della solidarietà e della libertà.

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La ricerca ha preso le mosse da tre ipotesi fondamentali: 1) Esiste un legame tra processi cognitivi di basso ed alto livello; 2) Lo spazio senso-motorio è una percezione soggettiva; 3) Lo spazio senso-motorio varia in funzione delle diverse modalità di interazione sociale. La tesi sostiene che lo spazio senso-motorio si lascia modulare dalla semplice co-presenza di un altro agente umano e da interazioni cooperative e non cooperative. I capitoli I, II, III, hanno lo scopo di scomporre e spiegare il significato della prima, seconda e terza ipotesi; giungendo a formulare la tesi centrale che sarà poi dimostrata sperimentalmente nel capitolo IV. Il capitolo V introduce future linee di ricerca nell’ambito dell’etica proponendo una nuova ipotesi sul legame che potrebbe sussistere tra la percezione dello spazio durante l’interazione sociale e i giudizi morali. Il lavoro svolto chiama ad operare insieme diverse discipline che concorrono a formare le scienze cognitive: la storia della filosofia, la filosofia della mente contemporanea, la neuropsicologia sperimentale ed alcuni temi della psicologia sociale.

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Port. con grab. xil.

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The scope of this study was to investigate to what extent the feeling of compassion is important for the moral reasons. Thus, we will build on the analysis of moral reasoning of the philosopher Arthur Schopenhauer, in his essay “On The Basis of Morality”, who was a supporter of the feeling of compassion in their ethical reasoning. In order to deepen the discussion on the dichotomy of the human being, that the split between reason and sensibility in the moral field, also investigate Schopenhauer's criticism of the Kantian moral, which is fundamentally rational. We believe that analyzing both its moral foundation, as his critique of Kantian morality, we can understand the true import of the feeling of compassion in the moral field. Thus, we believe that one must take into account the value of this feeling on ethical grounds. As proposed will try an approach with regard to reason and sensitivity in the moral field.

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The research examines the problem lie in the thought of Immanuel Kant. This field of law, of the history of political morality, we seek to investigate the Kantian rejection of falsehood and unconditional obligation to be truthful. Defends the thesis of the exception to lie and not be objectionable in two cases, namely: the torture and before the murderer. Thus, it is demonstrated that it is possible the exception to lie under the law, politics and history, considering the perspective of harmony of external freedoms and the idea of moral progress. In this sense, it is argued that the source of law is established to guarantee the external freedoms. From the point of view of morality, reaffirmed the absoluteness is that for Kant the duty of veracity, but it points to the possibility of a practical rule that allows the lie based on human dignity, weighting values as political equality, respect for rational agents, as well as the principle of humanity which teaches always treat the other as an end in itself.

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The main concern of this work is to offer an analysis of the possibility of an ethical approach to the interaction between human beings and animals. As far as possible we seek an approach which rely neither on utilitarian considerations nor on indirect reasons to explain the attribution of dignity or moral rights to animals. We take for granted that some of them (if not all) do possess it. And then we try to show that a deontological ethical theory (one which centers in the human as the agent but is not restricted to humans as the objects of the moral action) can afford us a good theoretical basis for the grounding of the attribution of rights or dignity to animals. Analyzing the main features of Kantian ethics, as well as some of its alternatives, it will be possible to show that an ethical theory which does not presuppose reciprocity nor depends solely upon particular human concerns is not only possible but also reveals itself as the most sensible and adequate to the nature of our values and of the case at hand.

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The main concern of this work is to offer an analysis of the possibility of an ethical approach to the interaction between human beings and animals. As far as possible we seek an approach which rely neither on utilitarian considerations nor on indirect reasons to explain the attribution of dignity or moral rights to animals. We take for granted that some of them (if not all) do possess it. And then we try to show that a deontological ethical theory (one which centers in the human as the agent but is not restricted to humans as the objects of the moral action) can afford us a good theoretical basis for the grounding of the attribution of rights or dignity to animals. Analyzing the main features of Kantian ethics, as well as some of its alternatives, it will be possible to show that an ethical theory which does not presuppose reciprocity nor depends solely upon particular human concerns is not only possible but also reveals itself as the most sensible and adequate to the nature of our values and of the case at hand.