262 resultados para EMPLAZAMIENTO FRONTERIZO
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Los asuntos “intermésticos”, como el comercio, la migración y el narcotráfico, tienen un gran peso en las relaciones contemporáneas entre Estados Unidos y América Latina y son de suma importancia para los estados latinoamericanos y del Caribe. Pero, pese a su trascendencia para los líderes y las sociedades de Latinoamérica, el éxito que han tenido los diplomáticos del continente en influir sobre la política estadounidense en estos temas ha sido aún menor que en otras esferas. Esto se debe, al menos en parte, a las dinámicas que los asuntos intermésticos generan en el proceso de la política exterior de Estados Unidos. Si bien dichas dinámicas han sido ampliamente estudiadas, se ha prestado menos atención a cómo inciden en la política exterior de América Latina y el Caribe hacia Estados Unidos. A partir de los trabajos de Putnam, Milner y Tsebelis, entre otros, este artículo sostiene que los asuntos intermésticos enfrentan más actores con capacidad de veto y tienen menos “conjuntos ganadores” (win-sets) que los asuntos de política exterior tradicionales, lo que dificulta aún más los intentos por influir en las políticas estadounidenses. Esta tesis se examina tomando como ejemplo el caso de la disputa entre Estados Unidos y México por el cruce fronterizo de camiones y los veinte años que el gobierno mexicano tuvo que luchar contra funcionarios y grupos de interés estadounidenses para lograr que aquel país cumpliera con lo dispuesto en el TLCAN. Luego de examinar brevemente otros asuntos similares, el artículo concluye que los asuntos intermésticos exigen estrategias diplomáticas diferentes por parte de los legisladores latinoamericanos.
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Máster Universitario en Gestión Costera
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[ES] La erupción submarina de 2011-12 en El Hierro se ha ajustado a las previsiones científicas basadas en el conocimiento detallado de la geología de El Hierro, en particular, y de Canarias, en general. Ha ocurrido en la isla más joven del archipiélago, en los flancos submarinos de su edificio insular y en uno de los rifts (el S), en el que se concentra la mayor parte de volcanismo reciente de la isla. El registro de la sismicidad y deformación del terreno llevado a cabo por el Instituto Geográfico Nacional (IGN) permitió la detección temprana de la erupción volcánica y determinar su emplazamiento submarino. Sin embargo, la interpretación de estos datos por el Comité Científico Asesor (CECES), el carácter excluyente de su composición y ausencia de un buque oceanográfico en los primeros 10 días del inciio de la actividad, condujeron a la toma de medidas de Protección Civil contradictorias que generaron gran inquietud entre la población. Esta conferencia se plantea, previa explicación geológica de Canarias, El Hierro y la erupción de La restinga, como un foro donde debatir el análisis del seguimiento (ceintífico, mediático y administrativo) de esta erupción.
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[ES] En el año 1853 comienza su andadura la Escuela de Magisterio y, con ella, su Biblioteca. Hasta 1958, año en que la Escuela se ubica en su emplazamiento actual, la Biblioteca no va a disponer de lugar apropiado para instalarse. Al igual que la Escuela, conocerá siete u ocho lugares diferentes. Es a finales de los sesenta y principios de los setenta cuando comienza la contratación de personal que atienda el préstamo y la consulta, bajo las directrices del profesor encargado del servicio, hasta que en 1987 toma posesión la primera Bibliotecaria de la Escuela, pasando ésta a dirigir todos los servicios.
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[ES] Thirty six years have happened since A. Beltrán carried the first study out in depth of the archaeological area of the Massif of Balos. A study that adheres strictly to this emplacement, without never one alludes to the cultural context of these representations or to the existence of other sets in the same space. The recent studies have made clear not only that the Lomo de los Letreros is not the only rock existing station in this territory but in the same one there is located a nourished representation of places that award to this place an unusual interest to realize an approach to the meaning of this pre-hispanic engravings.
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La mostra è diventata un nuovo paradigma della cultura contemporanea. Sostenuta da proprie regole e da una grammatica complessa produce storie e narrazioni. La presente ricerca di dottorato si struttura come un ragionamento critico sulle strategie del display contemporaneo, tentando di dimostrare, con strumenti investigativi eterogenei, assumendo fonti eclettiche e molteplici approcci disciplinari - dall'arte contemporanea, alla critica d'arte, la museologia, la sociologia, l'architettura e gli studi curatoriali - come il display sia un modello discorsivo di produzione culturale con cui il curatore si esprime. La storia delle esposizioni del XX secolo è piena di tentativi di cambiamento del rapporto tra lo sviluppo di pratiche artistiche e la sperimentazione di un nuovo concetto di mostra. Nei tardi anni Sessanta l’ingresso, nella scena dell’arte, dell’area del concettuale, demolisce, con un azzeramento radicale, tutte le convenzioni della rappresentazione artistica del dopoguerra, ‘teatralizzando’ il medium della mostra come strumento di potere e introducendo un nuovo “stile di presentazione” dei lavori, un display ‘dematerializzato” che rovescia le classiche relazioni tra opera, artista, spazio e istituzione, tra un curatore che sparisce (Siegelaub) e un curatore super-artista (Szeemann), nel superamento del concetto tradizionale di mostra stessa, in cui il lavoro del curatore, in quanto autore creativo, assumeva una propria autonomia strutturale all’interno del sistema dell’arte. Lo studio delle radici di questo cambiamento, ossia l’emergere di due tipi di autorialità: il curatore indipendente e l’artista che produce installazioni, tra il 1968 e il 1972 (le mostre di Siegelaub e Szeemann, la mimesi delle pratiche artistiche e curatoriali di Broodthaers e la tensione tra i due ruoli generata dalla Critica Istituzionale) permette di inquadrare teoricamente il fenomeno. Uno degli obbiettivi della ricerca è stato anche affrontare la letteratura critica attraverso una revisione/costruzione storiografica sul display e la storia delle teorie e pratiche curatoriali - formalizzata in modo non sistematico all'inizio degli anni Novanta, a partire da una rilettura retrospettiva della esperienze delle neoavanguardie – assumendo materiali e metodologie provenienti, come già dichiarato, da ambiti differenti, come richiedeva la composizione sfaccettata e non fissata dell’oggetto di studio, con un atteggiamento che si può definire comparato e post-disciplinare. Il primo capitolo affronta gli anni Sessanta, con la successione sistematica dei primi episodi sperimentali attraverso tre direzioni: l’emergere e l’affermarsi del curatore come autore, la proliferazione di mostre alternative che sovvertivano il formato tradizionale e le innovazioni prodotte dagli artisti organizzatori di mostre della Critica Istituzionale. Esponendo la smaterializzazione concettuale, Seth Siegelaub, gallerista, critico e impresario del concettuale, ha realizzato una serie di mostre innovative; Harald Szeemann crea la posizione indipendente di exhibition maker a partire When attitudes become forms fino al display anarchico di Documenta V; gli artisti organizzatori di mostre della Critica Istituzionale, soprattutto Marcel Broodhthears col suo Musée d’Art Moderne, Départment des Aigles, analizzano la struttura della logica espositiva come opera d’arte. Nel secondo capitolo l’indagine si sposta verso la scena attivista e alternativa americana degli anni Ottanta: Martha Rosler, le pratiche community-based di Group Material, Border Art Workshop/Taller de Arte Fronterizo, Guerrilla Girls, ACT UP, Art Workers' Coalition che, con proposte diverse elaborano un nuovo modello educativo e/o partecipativo di mostra, che diventa anche terreno del confronto sociale. La mostra era uno svincolo cruciale tra l’arte e le opere rese accessibili al pubblico, in particolare le narrazioni, le idee, le storie attivate, attraverso un originale ragionamento sulle implicazioni sociali del ruolo del curatore che suggeriva punti di vista alternativi usando un forum istituzionale. Ogni modalità di display stabiliva relazioni nuove tra artisti, istituzioni e audience generando abitudini e rituali diversi per guardare la mostra. Il potere assegnato all’esposizione, creava contesti e situazioni da agire, che rovesciavano i metodi e i formati culturali tradizionali. Per Group Material, così come nelle reading-room di Martha Rosler, la mostra temporanea era un medium con cui si ‘postulavano’ le strutture di rappresentazione e i modelli sociali attraverso cui, regole, situazioni e luoghi erano spesso sovvertiti. Si propongono come artisti che stanno ridefinendo il ruolo della curatela (significativamente scartano la parola ‘curatori’ e si propongono come ‘organizzatori’). La situazione cambia nel 1989 con la caduta del muro di Berlino. Oltre agli sconvolgimenti geopolitici, la fine della guerra fredda e dell’ideologia, l’apertura ai flussi e gli scambi conseguenti al crollo delle frontiere, i profondi e drammatici cambiamenti politici che coinvolgono l’Europa, corrispondono al parallelo mutamento degli scenari culturali e delle pratiche espositive. Nel terzo capitolo si parte dall’analisi del rapporto tra esposizioni e Late Capitalist Museum - secondo la definizione di Rosalind Krauss - con due mostre cruciali: Le Magiciens de la Terre, alle origini del dibattito postcoloniale e attraverso il soggetto ineffabile di un’esposizione: Les Immatériaux, entrambe al Pompidou. Proseguendo nell’analisi dell’ampio corpus di saggi, articoli, approfondimenti dedicati alle grandi manifestazioni internazionali, e allo studio dell’espansione globale delle Biennali, avviene un cambiamento cruciale a partire da Documenta X del 1997: l’inclusione di lavori di natura interdisciplinare e la persistente integrazione di elementi discorsivi (100 days/100 guests). Nella maggior parte degli interventi in materia di esposizioni su scala globale oggi, quello che viene implicitamente o esplicitamente messo in discussione è il limite del concetto e della forma tradizionale di mostra. La sfida delle pratiche contemporanee è non essere più conformi alle tre unità classiche della modernità: unità di tempo, di spazio e di narrazione. L’episodio più emblematico viene quindi indagato nel terzo capitolo: la Documenta X di Catherine David, il cui merito maggiore è stato quello di dichiarare la mostra come format ormai insufficiente a rappresentare le nuove istanze contemporanee. Le quali avrebbero richiesto - altrimenti - una pluralità di modelli, di spazi e di tempi eterogenei per poter divenire un dispositivo culturale all’altezza dei tempi. La David decostruisce lo spazio museale come luogo esclusivo dell’estetico: dalla mostra laboratorio alla mostra come archivio, l’evento si svolge nel museo ma anche nella città, con sottili interventi di dissimulazione urbana, nel catalogo e nella piattaforma dei 100 giorni di dibattito. Il quarto capitolo affronta l’ultima declinazione di questa sperimentazione espositiva: il fenomeno della proliferazione delle Biennali nei processi di globalizzazione culturale. Dalla prima mostra postcoloniale, la Documenta 11 di Okwui Enwezor e il modello delle Platforms trans-disciplinari, al dissolvimento dei ruoli in uno scenario post-szeemanniano con gli esperimenti curatoriali su larga scala di Sogni e conflitti, alla 50° Biennale di Venezia. Sono analizzati diversi modelli espositivi (la mostra-arcipelago di Edouard Glissant; il display in crescita di Zone of Urgency come estetizzazione del disordine metropolitano; il format relazionale e performativo di Utopia Station; il modello del bric à brac; la “Scuola” di Manifesta 6). Alcune Biennali sono state sorprendentemente autoriflessive e hanno consentito un coinvolgimento più analitico con questa particolare forma espressiva. Qual è l'impatto sulla storia e il dibattito dei sistemi espositivi? Conclusioni: Cos’è la mostra oggi? Uno spazio sotto controllo, uno spazio del conflitto e del dissenso, un modello educativo e/o partecipativo? Una piattaforma, un dispositivo, un archivio? Uno spazio di negoziazione col mercato o uno spazio di riflessione e trasformazione? L’arte del display: ipotesi critiche, prospettive e sviluppi recenti.
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Teniendo en cuenta los datos procedentes de la encuesta que configuró el Mapa Semiótico para la Alfabetización Intercultural en Misiones (Camblong 2005) y las interpretaciones propuestas a partir de la lectura de estos, consideramos pertinente circunscribir nuestro trabajo de campo a una red de escuelas rurales ubicada en el Departamento de San Javier. Situado al sureste de la Provincia, este Departamento limita (a través del río Uruguay) con Brasil, y posee un amplio horizonte familiar intercultural1, producto del intercambio fronterizo continuo y los avatares históricos de la región (las corrientes inmigratorias del siglo pasado, la cultura guaranítica y la intervención jesuítica, entre otros). Al mismo tiempo, la historia de intervenciones centrales sobre el territorio misionero puede observarse en la ciudad cabecera del Departamento, en la presencia de fuerzas de seguridad y la burocracia administrativa nacional. En esta porción del territorio provincial, hallamos una microcartografía de la dinámica intercultural presente en la vida cotidiana misionera, dinámica que mixtura lenguas (español, portugués, guaraní, alemán, polaco, ucraniano, etc.), hábitos, creencias, propias de la vida cotidiana liminal, donde la continuidad semiótica excede los límites geopolíticos. De este modo, nuestra observación estuvo delimitada al universo semiótico constituido por la red de escuelas rurales “Armando redes para crecer”, conformada por ocho instituciones de nivel primario, ubicadas en la zona rural de esta región de la Provincia. Dichas instituciones poseen una población con un horizonte familiar intercultural que debe ser tenido en cuenta al iniciar los procesos alfabetizadores de los niños en situación de umbralidad. En ese contexto, observamos durante un año escolar los hábitos y protocolos semióticos que configuran la vida en la institución (actos escolares, rituales de entrada y salida, almuerzos en el comedor, recreos, etc.) como también las estrategias de desarrollo de la narración y el relato sobre la vida cotidiana que se presentan en los procesos de enseñanza para, finalmente, elaborar un acervo de narraciones realizadas por los actores de esas semiosferas escolares, especialmente los niños en situación de umbralidad.
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En el primer punto de este informe final se realizó un estado del arte y un análisis monográfico del problema que abordamos al que denominamos La Ciudad como Objeto de Estudio, es decir un marco conceptual que nos permita situar el problema abordado además de señalar los avances en cuanto a la gestión de la ciudad. Al tratarse de un análisis teórico abordamos largamente diversos aspectos que se vinculan a la construcción epistemológica del tema. Algunos de los temas tratados son: el futuro de las ciudades en el proceso globalizador, la relación entre campo-ciudad, ciudad y estado nacional, Nación y fronteras nacionales, las teorías del desarrollo y la exclusión social, entre otras cuestiones. En el segundo punto tratamos y profundizamos la descripción de el Proyecto Yacyretá y las Obras Civiles en la Ciudad teniendo en cuenta que este proyecto modifico sustancialmente la urbanización de Posadas, la gestión municipal y la estructura social local. En este sentido se hace referencia a los proyectos del ente público que directamente se desarrollan en el área urbana, denominado en el proyecto como Obras Complementarias, se describe y evalúa ahí las diferentes proyecciones elaboradas por los diferentes momentos de los diferentes gerenciamientos que se sucedieron en el tiempo, a la vez se trata de explicitar las condiciones históricas en que se proyectaron y realizaron las obras. En el tercer punto "El entorno regional y los involucrados" se describe el entorno social del emplazamiento de las obras de análisis a la vez de los actores directa e indirectamente involucrados. Entre otras cuestiones se analizan los indicadores económicos, las características y cambios de la pobreza urbana y rural, el mercado inmobiliario, la infraestructura y los servicios, los sistemas de transporte: terrestre, fluvial y ferroviario, Actores Sociales, entre otros temas. En el punto cuarto se pone el foco de trabajo en la Ciudad de Posadas. Se vincula esta con la dinámica de frontera con su "gemela" ciudad de Encarnación, República del Paraguay que también es modificada por el mismo proyecto y en análogas dimensiones, tanto por su vinculación histórico-geográfico como por sus transformaciones a la luz de las obras del Proyecto Yacyretá. Se realiza una historización de la división y uso del suelo en Posadas, el proyecto Yacyretá y sus efectos en la dinamización del mercado inmobiliario, las políticas municipales y el problema de la vivienda. El punto quinto hace referencia a cual es la percepción de los actores y ciudadanos de Posadas con respecto a la ciudad, la gestión local, lo servicios públicos, etc. Se han adoptado diferentes técnicas en un diseño técnico metodológico que permita triangular técnicas cualitativas y cuantitativas. En tal sentido se ha trabajado diferentes técnicas que a la vez nos permita muestrear y elaborar tipos actores y condiciones de la población en relación al asentamiento en el que se sitúan. Primero exponemos los resultados de una encuesta realizada en la ciudad de Posadas sobre la visión de los ciudadanos respecto a los problemas de la ciudad y las responsabilidades institucionales. Segundo se hace referencia a información cualitativa recogida en lo que denominamos el primer cordón o conglomerado urbano, conformado por una heterogeneidad de barrios de NES medio y bajo. Las técnicas utilizadas en este punto fueron tres grupos focalizados. Tercero, se trata del procesamiento de una encuesta realizada en barrios de construcción pública en Posadas y Garupá, ambos conforman el gran conglomerado metropolitano de Posadas aunque se trate de dos municipios diferentes. Cuarto se analizar allí talleres realizados con población vulnerable de barrios de construcción pública. En las conclusiones se realiza una interpretación de los datos construidos. Durante todo el proceso de investigación el equipo de trabajo colaboró en todos los momentos y fases de investigación, desde el diseño y elaboración del proyecto, la construcción del objeto (problemas, estado del arte y elaboración de hipótesis), el diseño técnico metodológico en el que se fijaron a las estrategias o combinación de técnicas de recolección de información, (información secundaria, encuestas, entrevistas, grupos focales y talleres) procesamiento e interpretación. En las conclusiones se elaboran interpretaciones mediante técnicas del planeamiento estratégico como matriz DAFO, análisis de Juego de Actores, Árbol de Problemas y análisis prospectivo. Pero fundamentalmente se realiza una evaluación territorial de clases sociales. Se incluyen ilustraciones fotográficas y mapas temáticos en algunos puntos del informe.
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La historia de las fronteras nacionales que se configuran alrededor de la provincia de Misiones posee un complejo devenir de tensi ones ideológicas y políticas. Desde la colonización española y la instalación de la orden jesuita hasta la actual etapa de “integración regional”, pasando por la constitución del Estado Nacional, la llegada de los colonos europeos y la doctrina de segurida d nacional, la frontera que la provincia mantiene con Paraguay y Brasil se ha constituido como un espacio de tensiones político - ideológicas permanentes. Simultáneamente, la frontera ha sido un tópico continuo en los relatos sustentados por diversas instit uciones, entre las que se destacan la educación, la historiografía oficial y los medios masivos de comunicación. La narración sobre la frontera se desplegó en diversos campos del saber que interrelacionados privilegiaron un relato oficial que justificó la intervención central sobre los devenires fronterizos: la escuela, la academia, los medios de comunicación dispusieron una narrativa de héroes y épicas donde el conflicto de las mixturas quedaba, la mayoría de las veces, solapado por una ética de la armoní a y el crisol de razas o melting pot. El proceso histórico de configuración de la frontera dispone un relato sobre su construcción y su necesidad como también una genealogía del territorio cartografiado, pero también otro tipo de relato, más sutil, que ins erta la necesidad del límite en los imaginarios cotidianos de los sujetos que viven en esta semiosfera . Sin embargo, mientras las políticas del Estado promovieron la fijación de identidades en ciertos objetos y prácticas culturales, en especial en la educa ción, en la vida cotidiana las pertenencias se inscriben en imaginarios heterogéneos y paradójicos: las narraciones de la vida cotidiana en la frontera desarticulan los paradigmas fundantes del relato oficial y los lugares comunes de la cultura massmediáti ca para establecer continuidades entre las vidas de los habitantes del borde político, cultural y semiótico. El locus ubi de los relatos es la frontera, esa estancia desde la cual pensamos la vida cotidiana con extrema paradoja. La narración articula ese universo fronterizo de conexiones heterogéneas donde nada está definido de antemano como explica el relato oficial y donde surgen las aporías de un proyecto político e ideológico, el Estado - Nación, que nunca se puede sentirse seguro y acabado. Ante la asep sia homogénea de las narraciones oficiales, el narrar fronterizo es un contar entre lenguas (Daviña, 2003; Bhabha, 2002), una escenificación de la vida cotidiana - porque ese entre lenguas significa entre mundos : hábitos, creencias, rituales, etc. - , que art icula los sentidos y revitaliza un dialecto de la supervivencia. Por estas circunstancias, nos interesa el multiacentuado relato de la vida cotidiana en la frontera, narración que enfatiza un modo de vivir en el límite, plagado de pasajes y comercios semi óticos y lingüísticos. En este sentido, destacamos dos dimensiones de nuestro problema: la representación de la frontera a través de la producción discursiva de la práctica narrativa y la propia fronteridad de los relatos de la vida cotidiana en el límite. ¿Cómo se configura la fronteridad en esos relatos? ¿Qué procedimientos retóricos o estrategias narrativas características del discurso entre lenguas circulan en esas narraciones? ¿Qué estereotipos de la vida en la frontera se establecen en los relatos o s on explotados por los discursos que los citan e interpretan? ¿Cuáles son los valores semióticos con respecto a la concepción del tiempo, el espacio y los hábitos culturales que circulan en esas narrativas? Estos interrogantes dan cuenta de un dispositivo c omplejo que circula con extrema fluidez en la semiosfera fronteriza misionera y que instala en los umbrales escolares posibles rupturas o continuidades entre los universos semióticos de los niños, caracterizados por mestizajes culturales y lingüísticos, y la dinámica de la vida escolar que propone la enseñanza de una lengua estandarizada y una serie de hábitos culturales en ocasiones reñidos con los procesos semióticos de la vida cotidiana de los sujetos en situación de umbralidad. Teniendo en cuenta las c aracterísticas de esta semiosfera fronteriza y las tensiones que atraviesan su relación con las políticas y los discurso del centro del Estado nacional, nos interesa explorar las narrativas de la vida cotidiana en la frontera y analizar su importancia en el umbral de la alfabetización escolar, espacio de fricción entre una política educativa e institucional que dispone un relato homogéneo y una práctica cultural que despliega una serie heterogénea de narraciones donde el mestizaje semiótico se presenta com o una marca fundacional. Emprender la investigación nos permitirá resaltar que el relato, mediante sus tópicos y recursos retóricos y narrativos constituye un dispositivo (semiótico y cultural) que estructura y semiotiza nuestra cotidianeidad fronteriza . C onsideramos que el juego tensionante entre memoria y olvido produce narraciones que permiten establecer relaciones dialógicas, heterogéneas y políticas en las que emergen representaciones de la identidad y la otredad en la frontera. Existirían múltiples y contradictorios relatos de la experiencia cotidiana de la frontera que destacarían el carácter complejo y paradójico de la vida en el borde . Por otra parte, no podemos soslayar la tensión constante entre los discursos y relatos mediáticos y las redes semió ticas del universo local misionero caracterizado, en muchos casos, por el despliegue de prácticas, hábitos, creencias y modos de relacionarse propios de la ruralidad. En la semiosfera escolar emergen las fricciones entre los discursos mediáticos globales y las experiencias cotidianas de los niños. En las múltiples semiosferas locales - entre ellas la educativa - se presentaría una compleja y tensa fricción entre un modelo narrativo hegemónico, articulado por el discurso mediático, y la heterogeneidad de relat os que los propios protagonistas de la comunidad despliegan. De esta forma, en el umbral escolar alfabetizador, los niños desplegarían relatos de la experiencia cotidiana donde la presencia de lo ficcional, lo mítico y lo fantástico no funcionaría como neg adora del carácter empírico de la experiencia, sino que potenciaría simbólicamente su propia vida.
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El propósito que perseguimos es el de interpretar un método de trabajo propio de mujeres de origen paraguayo cuyo desempeño laboral adquiere en la jerga fronteriza la denominación de “paseras”. La perspectiva por la que optamos es centrarnos en el transmigrar de mujeres-paseras cuya ocupación y destreza son las de transportar mercancías diversas para la venta -entre las ciudades de Encarnación (Paraguay) y Posadas (Argentina)-; utilizando sus cuerpos como receptáculo de las mismas. La presentación del problema es el resultado de una prolongada observación etnográfica que nos permitió ligar el modo sociocultural del trabajo como condicionante de la percepción del cuerpo vivido como objeto de in corporación de esas mercancías. Por tal motivo nos interesa adoptar la idea de que el cuerpo físico expuesto representa y da lugar a un modo de ser en su ampliado mundo de relaciones y transacciones
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Potrerillos, es uno de los centros turísticos de mayor importancia de área de alta montaña mendocina, y ha comenzado un nuevo período de su historia a partir del momento en que se toma la decisión de comenzar a construir la Presa. No obstante, las ventajas que se esperan, es innegable los enormes cambios para los habitantes permanentes del valle de Potrerillos, especialmente los de la villa cabecera, quienes deben abandonar sus viviendas y en algunos casos su actividad, su medio de vida, para ser reubicados en otro emplazamiento cercano, pero de características muy diferentes a las que eran habituales para estos montañeses, quienes en muchos casos han vivido por generaciones en la zona. Para dar afirmación social y cultural a los lugareños es indispensable poner en juego valores de complementariedad y solidaridad, de respeto por los saberes del pasado y por el sentir estético de dichas personas. Debería pensarse en nuevas técnicas para ayudarles a emprender nuevas actividades económicas acordes con sus gustos y no necesariamente orientadas a la elaboración de pan o empanadas para los turistas que se acercan al nuevo barrio. Debemos integrarlos a todo el proceso de cambio, no sólo apartarlos para obtener el espacio.