999 resultados para DUNE,SiPM,fotorivelazione,neutrini,test di SiPM
Resumo:
Nel seguente elaborato è stato sviluppato un metodo di validazione per dispositivi di misura delle tensioni residue mediante la tecnica dell'hole drilling. Esso si basa sul confronto tra tensioni residue ottenute per via teorica e sperimentale su un provino soggetto a carico imposto. Inizialmente si è proceduto attraverso lo studio della normativa di riferimento ASTM E837-20. In essa viene definito il metodo sperimentale di esecuzione dei test di hole drilling e di calcolo delle tensioni residue. In seguito è stata progettata un'attrezzatura di prova in grado di indurre un gradiente di tensione noto nello spessore del provino sollecitato. L'attrezzatura di prova in questione è stata verificata sia mediante calcoli numerici, che mediante software di simulazione agli elementi finiti. La fase di prototipazione seguente ha consentito di realizzare l'attrezzatura necessaria per l'esecuzione dei test sperimentali. Le forature sono state effettuate prima su provini scarichi, al solo scopo di scongiurare la presenza di tensioni residue e, in seguito, su provini soggetti a momento flettente noto. Le deformazioni ottenute tramite le letture degli estensimetri sono state impiegate per il calcolo delle tensioni secondo normativa ASTM E837-20. infine è stato possibile valutare l'efficacia del metodo paragonando tali risultati con quelli teorici.
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Angiodroid The CO2 Injector è un dispositivo medico che permette il dosaggio di CO2 nelle cavità vascolari a volumi e pressioni controllate. La CO2 agisce come mezzo di contrasto durante gli esami angiografici, offrendo notevoli vantaggi e bassissimo tasso di complicazioni rispetto ai mezzi di contrasto iodati. L’oggetto di questa tesi è lo studio di due Essential Performance Requirements (EPR) di Angiodroid, definiti come le prestazioni di una funzione clinica diversa da quella relativa alla sicurezza di base, in cui la perdita o la degradazione oltre i limiti specificati dal produttore comporta un rischio inaccettabile. Gli EPR presi in considerazione sono il volume e la pressione di iniezione di CO2, in quanto l’erogazione affidabile e ripetibile del gas permette sia di garantire la sicurezza del paziente sia di standardizzare i protocolli di iniezione per i diversi distretti vascolari. Sovradosaggio e sovrapressione della somministrazione della dose di CO2 possono comportare potenziali rischi clinici per il paziente, mentre sottodosaggio e una sottopressione non sono legati a rischi clinici, piuttosto comportano una scarsa qualità dell’immagine radiologica. Lo scopo della tesi è quello di validare gli intervalli di precisione del volume e della pressione di iniezione in diversi scenari entro i quali il dispositivo è considerato conforme e sicuro. I test di validazione sono stati eseguiti su 5 iniettori al termine della loro life cycle (8 anni) attraverso un invecchiamento accelerato. I valori di volume e la pressione di iniezione sono stati esaminati sia in aria, cioè senza carico, sia su un modello di paziente simulato, quindi con carico, utilizzando introduttori e cateteri angiografici autorizzati dalla Food and Drug Administration. Tutte le analisi sono state effettuate simulando gli scenari di funzionamento dell'iniettore più critici.
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Lo scopo dell’elaborato è quello di valutare una prima applicazione di intelligenza artificiale per svolgere manutenzione predittiva sui giunti installati nella rete di distribuzione, al fine di prevenirne i guasti. L’estensione delle reti in cavo è infatti in costante aumento per supportare lo sviluppo della rete elettrica e, per l’installazione di nuove linee o nella manutenzione di cavi, si fa uso di giunti, spesso soggetti a guasti e di difficile manutenzione. Risulta quindi importante svolgere manutenzione predittiva su questi componenti, al fine di prevenirne i guasti ed ottenere un risparmio in termini di tempo e denaro. A seguito un’attenta analisi della struttura dei giunti, dei loro modi di guasto e dei parametri caratteristici, si è proceduto alla generazione sintetica di un dataset contenente misure sui giunti e, sulla base di specifici criteri applicati a questi valori, l’informazione sulla presenza o sull’assenza di un guasto. Il dataset è stato poi utilizzato per la fase di apprendimento e di test di sei algoritmi di machine learning, selezionati a partire da considerazioni sullo stato dell’arte, valutato tramite una Revisione Sistematica della Letteratura (SLR). I risultati così ottenuti sono stati analizzati tramite specifiche metriche e da questo caso di studio sono emerse le elevate potenzialità delle tecnologie di intelligenza artificiale ai fini della prevenzione dei guasti nelle reti di distribuzione, soprattutto se considerata la semplicità implementativa degli algoritmi.
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La salvaguardia ambientale, intesa come la capacità di garantire nel futuro la stabilità di un ecosistema, i processi ecologici che lo interessano e la sua biodiversità, costituiscono i pilastri fondamentali del concetto moderno di sostenibilità. Il presente lavoro di tesi ha lo scopo di fornire informazioni in merito all’utilizzo di granulato di conglomerato bituminoso e di scorie d’acciaieria, all’interno di miscele prodotte a caldo per strati di usura drenanti. Si è proceduto ad analizzare le caratteristiche meccaniche e prestazionali di due miscele di conglomerato bituminoso, confezionate una con percentuali di scorie d’acciaieria al suo interno, ed una con percentuali sia di scorie d’acciaieria sia di granulato di conglomerato bituminoso. La prima fase della sperimentazione si è concentrata nella calibrazione della quantità di materiali da inserire all’interno delle due miscele. Successivamente, la seconda fase della sperimentazione ha coinvolto i test di caratterizzazione per entrambe le miscele confrontandole con le prestazioni date della miscela di riferimento. Le due miscele di conglomerato bituminoso a ridotto impatto ambientale sono risultate paragonabili, in termini di prestazioni, alla miscela di riferimento e idonee al rispetto delle principali caratteristiche prestazionali imposte dal capitolato speciale d’appalto di Autostrade per l’Italia.
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ABSTRACT Il lavoro svolto in questa tesi è stato quello di produrre dei pani andando a sostituire nella formulazione l’acqua con delle puree vegetali di mirtilli o peperoni, utilizzate fresche o fermentate. La fermentazione è stata condotta tramite due ceppi di batteri lattici (Leuconostoc mesenteroides L223 e Lactiplantibacillus plantarum L88) e due di lieviti (Saccharomyces cerevisiae Y267 e Hanseniaspora uvarum Y309), che erano stati precedentemente isolati dalle puree di mirtilli e peperoni fermentate spontaneamente, e che presentavano le migliori performances. Gli obiettivi di questa tesi erano di arricchire il profilo sensoriale e il contenuto in sostanze funzionali (ad esempio polifenoli e vitamine, di cui le matrici utilizzate sono particolarmente ricche) del pane. I prodotti ottenuti sono stati analizzati per monitorare gli aspetti chimico-fisici (pH, lievitazione dell’impasto) e il profilo aromatico. Sui diversi pani ottenuti è stato infine eseguito un test di assaggio per valutare l’accettabilità del prodotto ed una sua possibile introduzione nel mercato. I risultati delle analisi hanno mostrato un rilevante sviluppo di sostanze volatili nelle puree vegetali fermentate e queste molecole, in parte, sono state trasferite nel pane andando a modificare il suo profilo aromatico. L’aggiunta di puree fermentate ha quindi fortemente caratterizzato gli impasti e i pani ottenuti, che presentavano un profilo aromatico più complesso rispetto ai pani ottenuti con le sole puree vegetali non fermentate. Questo aspetto positivo è stato confermato dal test di assaggio, poiché i pani addizionati di puree fermentate (soprattutto mirtillo) hanno ottenuti punteggi positivi in termini di dolcezza, acidità e fruttato. Questo conferma le grandi potenzialità di questi pani, che oltre a differenziare i prodotti presenti sul mercato, possono andare a valorizzare matrici vegetali sovra-mature, e destinate ad essere scartate, o parti di vegetali non utilizzate nelle produzioni.
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Ad oggi, l’attuale gold standard per il trattamento di amputazioni transfemorali è rappresentato dall’utilizzo di protesi con invaso (socket). Tuttavia, si rileva un elevato grado di insoddisfazione in questo tipo di protesi, dovuto a numerose complicazioni. Per questo sono state sviluppate le protesi osteointegrate. Queste protesi hanno numerosi vantaggi rispetto alla tipologia socket ma presentano anch’esse dei problemi, in particolare complicazioni meccaniche, di mobilizzazione e di infezione. Per questo, lo scopo di questo elaborato di tesi è stato quello di sviluppare ed ottimizzare un metodo per caratterizzare il comportamento biomeccanico di una protesi osteointegrata per amputati transfemorali, tramite Digital Image Correlation (DIC). In particolare, sono state valutate le condizioni e i metodi sperimentali utili a simulare una reale situazione fisiologica di distribuzione delle deformazioni sulla superficie dell’osso una volta impiantata la protesi. Per le analisi è stato utilizzato un provino di femore in composito nel quale è stata impiantata una protesi osteointegrata. È stata effettuata un’ottimizzazione dei parametri della DIC per consentire una misura precisa e affidabile. In seguito, sono state svolte due tipologie di test di presso-flessione sul provino per valutare la ripetibilità dell’esperimento e l’intensità delle deformazioni superficiali al variare del carico in range fisiologico. Il metodo sviluppato è risultato ripetibile, con un errore al di sotto della soglia stabilita. All’aumentare del carico è stato possibile osservare un aumento lineare delle deformazioni, oltre che un’espansione dell’area sottoposta a deformazioni più elevate. I valori di deformazioni ottenuti rientrano nei range fisiologici e sono confrontabili con quelli ottenuti in letteratura. L’applicazione del metodo sviluppato a provini di femore provenienti da donatore umano permetterà la generalizzazione dei risultati ottenuti in questo studio.
Semplificare i test per la misurazione dell’usabilità dei siti web: test “light” e questionari brevi
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Oggi tutti sappiamo cosa sia un sito web e, senza nemmeno accorgercene, navighiamo su decine di pagine online quotidianamente. Per farsi conoscere come brand, avere un sito web al giorno d'oggi è di fondamentale importanza. Ormai, però, non è più sufficiente solo essere presenti su Internet, ma è necessario che si approfondiscano certi aspetti che riguardano l'usabilità del sito, come il rapido apprendimento di esso, il raggiungimento di un obiettivo senza sforzi eccessivi e tutto ciò che riguarda la sua facilità di utilizzo. Per fare ciò, è necessario avvalersi di uno strumento che è molto efficace e che permette di concretizzare queste peculiarità: i test di usabilità. Il presente elaborato, infatti, ha lo scopo di analizzare la definizione di usabilità, comprendere i test di usabilità, concentrarsi maggiormente sui test “light” analizzati e esaminare diverse tipologie di test allestiti sotto forma di questionari. In particolare, verranno esaminati il SUS, l'UMUX, l'UMUX-Lite e diversi tipi di questionari con pochissime domande. Lungo il corso di questa tesi, quindi, verrà affrontata l’evoluzione dei test di usabilità: si partirà da quello generale avente dimensioni maggiori e si progredirà sempre più verso la riduzione del volume del test, arrivando fino ai questionari composti da poche e brevi domande o, addirittura, composti da un unico e semplice quesito.
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Il Parmigiano Reggiano è un formaggio a Denominazione d’Origine Protetta (DOP), a pasta dura, cotta, granulosa, a lunga stagionatura, prodotto con latte crudo, parzialmente scremato, proveniente da vacche alimentate prevalentemente con foraggi della zona d’origine. La trasformazione del latte in questo formaggio DOP è ancora basata su una tecnologia artigianale legata all’esperienza empirica dei casari e tutelata dal Consorzio del Parmigiano Reggiano. L’obiettivo della tesi è stato quello di analizzare l’attività dell’acqua e la texture di 14 punte di formaggio “Parmigiano Reggiano”, provenienti da diverse realtà casearie nelle provincie di Parma, Reggio Emilia, Modena, Bologna alla sinistra del fiume Reno e Mantova, alla destra del fiume Po aderenti al consorzio di tutela; al fine di trarre conclusioni sulla struttura di tali campioni. In dettaglio, per valutare in modo sistematico e comprensivo la texture dei campioni è stata valutata mediante i test di Taglio, Texture Profile Analysis (TPA) e Three Point Bending. Al fine di valutare l’effetto della temperatura, le medesime analisi di texture sono state anche effettuate su alcuni campioni di formaggio condizionati alle temperature di 8, 20, 25 e 30°C. I campioni di Parmigiano Reggiano provenienti da diversi caseifici hanno presentato alcune differenze significative in termini di attività dell’acqua, durezza di taglio, elasticità, coesività, gommosità, forza massima, distanza lineare e fratturabilità. Queste variabilità potrebbero essere attribuite a diversità e peculiarità nel processo produttivo e nell’esperienza dei singoli caseari. Inoltre, è stato evidenziato un ruolo significativo delle temperature dei campioni alla quale si effettuano le analisi di texture. In particolare, i campioni condizionati a 8°C rispetto alle altre temperature hanno presentato differenze significative in tutti i parametri di texture analizzati eccetto che per quelli di elasticità e gommosità determinati con il test TPA.
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La Direttiva 2000/53/CE sui veicoli fuori uso (VFU) stabilisce, entro il 2015, l’obiettivo di reimpiegare e riciclare almeno l’85% in peso del VFU e di reimpiegare e recuperare almeno il 95% in peso del VFU. Sebbene la media europea superi entrambi i target, nel 2019 l’Italia ha raggiunto l’84.2% sia per reimpiego e riciclo che per reimpiego e recupero, non essendo utilizzato il recupero energetico. Obiettivo di questa tesi, realizzata in collaborazione con un impianto di frantumazione, è stato quello di studiare nuove metodologie di gestione dei VFU in modo da diminuire la produzione di car fluff, smaltito in discarica, e incrementare i tassi di riciclo. Nello specifico, è stato chiesto a due autodemolitori di selezionare un campione di 10 VFU da sottoporre a messa in sicurezza e demolizione secondo step precisi di promozione al riciclaggio, compresa la separazione di sedili e cruscotti. Una volta eseguiti i test di frantumazione su pacchi auto, sedili e cruscotti, sono state effettuate analisi merceologiche e chimico-fisiche su alcuni flussi in uscita e sono stati calcolati i tassi di reimpiego, riciclo e smaltimento. Per entrambi i campioni è stato raggiunto l’obiettivo di reimpiego e riciclo, superando di circa un punto percentuale i valori del 2019. Il fluff ottenuto dalla frantumazione dei sedili non rispetta i parametri per poter essere classificato come CSS-combustibile; uno sviluppo futuro potrebbe essere quello di diminuire la concentrazione di cloro, antimonio, nichel e rame, per potere permettere di recuperare tale frazione e aumentare i target di riciclo.
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L'elaborato tratta dell'effetto della porosità sulle proprietà meccaniche e osteoinduttive di un biomateriale utilizzabile in ingegneria del tessuto osseo, per come questo è stato valutato nello studio "Surface porous poly-ether-ether-ketone based on three-dimensional printing for load-bearing orthopedic implant" condotto dai ricercatori Shuai Li, Tianyu Wang, Jiqiang Hu, Zhibin Li, Bing Wang, Lianchao Wang e Zhengong Zhou. In particolare, il biomateriale studiato è rappresentato dal “PEEK”, un polimero termoplastico che viene lavorato, tramite stampante 3D a filamento, in modo da presentare una struttura che include un corpo centrale solido ricoperto da strati porosi sia nello strato superiore sia in quello inferiore. Per la valutazione delle proprietà meccaniche sono state svolte una prova a trazione e una prova a flessione. I valori ottenuti sperimentalmente sono stati confrontati con quelli ottenuti da un’analisi numerica e da un modello teorico. Per la valutazione delle proprietà osteoinduttive sono stati condotti test di proliferazione cellulare e differenziamento osteogenico. I risultati ottenuti concludono che specifici valori della porosità superficiale del biomateriale presentano proprietà meccaniche e osteoinduttive che lo rendono idoneo all’utilizzo come impianto osteogenico in ingegneria tissutale.
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La pratique d’activité physique fait partie intégrante des recommandations médicales pour prévenir et traiter les maladies coronariennes. Suivant un programme d’entraînement structuré, serait-il possible d’améliorer la réponse à l’exercice tout en offrant une protection cardiaque au patient? C’est ce que semblent démontrer certaines études sur le préconditionnement ischémique (PCI) induit par un test d’effort maximal. Les mêmes mécanismes physiologiques induits par le PCI sont également observés lorsqu’un brassard est utilisé pour créer des cycles d’ischémie/reperfusion sur un muscle squelettique. Cette méthode est connue sous l’appellation : préconditionnement ischémique à distance (PCID). À l’autre extrémité du spectre de l’activité physique, des sportifs ont utilisé le PCDI durant leur échauffement afin d’améliorer leurs performances. C’est dans l’objectif d’étudier ces prémisses que se sont construits les projets de recherches suivants. La première étude porte sur les effets du PCID sur des efforts supra maximaux de courte durée. Les sujets (N=16) ont exécuté un test alactique (6 * 6 sec. supra maximales) suivi d’un test lactique (30 secondes supra maximales) sur ergocycle. Les sujets avaient été aléatoirement assignés à une intervention PCID ou à une intervention contrôle (CON) avant d’entreprendre les efforts. La procédure PCID consiste à effectuer quatre cycles d’ischémie de cinq minutes à l’aide d’un brassard insufflé à 50 mm Hg de plus que la pression artérielle systolique sur le bras. Les résultats de ce projet démontrent que l’intervention PCID n’a pas d’effets significatifs sur l’amélioration de performance provenant classiquement du « système anaérobie », malgré une légère hausse de la puissance maximal en faveur du PCID sur le test de Wingate de trente secondes (795 W vs 777 W) et sur le test de force-vitesse de six secondes (856 W vs 847 W). Le deuxième essai clinique avait pour objectif d’étudier les effets du PCID, selon la méthode élaborée dans le premier projet, lors d’un effort modéré de huit minutes (75 % du seuil ventilatoire) et un effort intense de huit minutes (115 % du seuil ventilatoire) sur les cinétiques de consommation d’oxygène. Nos résultats démontrent une accélération significative des cinétiques de consommation d’oxygène lors de l’intervention PCID par rapport au CON aux deux intensités d’effort (valeur de τ1 à effort modéré : 27,2 ± 4,6 secondes par rapport à 33,7 ± 6,2, p < 0,01 et intense : 29,9 ± 4,9 secondes par rapport à 33,5 ± 4,1, p < 0,001) chez les sportifs amateurs (N=15). Cela se traduit par une réduction du déficit d’oxygène en début d’effort et une atteinte plus rapide de l’état stable. Le troisième projet consistait à effectuer une revue systématique et une méta-analyse sur la thématique du préconditionnement ischémique (PCI) induit par un test d’effort chez les patients coronariens utilisant les variables provenant de l’électrocardiogramme et des paramètres d’un test d’effort. Notre recherche bibliographique a identifié 309 articles, dont 34 qui ont été inclus dans la méta-analyse, qui représente un lot de 1 053 patients. Nos analyses statistiques démontrent que dans un effort subséquent, les patients augmentent leur temps avant d’atteindre 1 mm de sous-décalage du segment ST de 91 secondes (p < 0,001); le sous-décalage maximal diminue de 0,38 mm (p < 0,01); le double produit à 1 mm de sous-décalage du segment ST augmente de 1,80 x 103 mm Hg (p < 0,001) et le temps total d’effort augmente de 50 secondes (p < 0,001). Nos projets de recherches ont favorisé l’avancement des connaissances en sciences de l’activité physique quant à l’utilisation d’un brassard comme stimulus au PCID avant un effort physique. Nous avons évalué l’effet du PCID sur différentes voies métaboliques à l’effort pour conclure que la méthode pourrait accélérer les cinétiques de consommation d’oxygène et ainsi réduire la plage du déficit d’oxygène. Nos découvertes apportent donc un éclaircissement quant à l’amélioration des performances de type contre-la-montre étudié par d’autres auteurs. De plus, nous avons établi des paramètres cliniques permettant d’évaluer le PCI induit par un test d’effort chez les patients coronariens.
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Esercizi su: test di McNemar; test chi-quadro di omogeneità per confrontare K>2 frequenze realtive osservate in K campioni indipendenti; test di Cochran
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Oggetto di studio in questa tesi è stato il ruolo modulatorio svolto dal neuropeptide nocicettina/orfanina FQ a carico della trasmissione nocicettiva. A scopo introduttivo, sono state illustrate le conoscenze attuali sul sistema nocicettina-NOP; sono state descritte le funzioni, la struttura e la distribuzione del recettore NOP, le azioni farmacologiche finora note e la distribuzione della nocicettina stessa al livello del S.N.C. e in periferia. Lo studio è stato condotto principalmente con due approcci differenti A) E’ stata studiata la capacità della nocicettina esogena o di suoi analoghi agonisti e antagonisti, di modificare la trasmissione nocicettiva. B) Sono state studiate le variazioni a carico del sistema endogeno nocicettina/recettore NOP in seguito a trattamenti di tipo farmacologico. A) E’ stata indagata la capacità della nocicettina e degli analoghi sintetici [Arg14, Lys15]N/OFQ e UFP-101 di modificare la soglia nocicettiva nel ratto, rilevata con il test del tail-flick, a seguito di somministrazione diretta nello spazio subaracnoideo, in confronto con la nocicettina stessa. La somministrazione intratecale del neuropeptide nocicettina (10 nmol/ratto) ha determinato un innalzamento statisticamente significativo delle latenze di risposta al test del tail-flick. L’analogo [Arg14, Lys15]N/OFQ è stato somministrato alla dose di 1 nmole/ratto i.t. provocando un innalzamento massimale delle soglie di latenza per tutto il periodo di osservazione, mentre alla dose 0,2 nmoli/ratto i.t ha provocato un effetto antinocicettivo sottomassimale pur dimostrandosi significativo rispetto ai controlli (p < 0,05 vs controlli a tutti i tempi di rilevazione). Il composto antagonista UFP-101 è risultato capace di antagonizzare l’azione sulla soglia analgesica sia della nocicettina sia dell’analogo [Arg14, Lys15]N/OFQ nel suo dosaggio minore, mentre contro la dose di 1 nmole/ratto i.t ha prodotto solamente una riduzione di effetto. Anche la somministrazione intratecale di MAP-N/OFQ si è dimostrata in grado di modificare la soglia nocicettiva determinata mediante il test del tail-flick, nel ratto, in modo dose dipendente. differentementeuna seconda somministrazione di MAP-N/OFQ dopo 24 ore, si è dimostrata totalmente inefficace nel modificare la soglia nocicettiva nei ratti precedentemente trattati, pur permanendo la loro suscettibilità all’azione analgesica della morfina, mostrando quindi il rapido sviluppo di tolerance al potente peptide nocicettinergico somministrato per via i.t.. Inoltre l’antagonista UFP-101 oltre ad essere ingrado di antagonizzare l’effetto della MAP-N/OFQ, ha mostrato la capacità di ridurre la tolerance sviluppata nei confronti del dendrimero. La somministrazione di MAP-N/OFQ per via i.c.v. ha prodotto variazione della soglia nocicettiva, producendo un innalzamento del volore soglia, dato contrastante con la maggior parte dei dati riguardanti la nocicettina in letteratura. Ha invece replicato l’effetto di antagonismo funzionale nei confronti della morfina, la quale dopo somministrazione di MAP-N/OFQ è risultata essere incapace di modificare la soglia nocicettiva nel ratto. Tale effetto perdura dopo 24 ore, quando una somministrazione di morfina produce un effetto analgesico inversamente proporzionale alla dose ricevuta di MAP-N/OFQ 24 ore prima. E’stato indagato il possibile ruolo neuromodulatorio del neuropeptide nocicettina esogeno, nell’analgesia prodotta da un farmaco di natura non oppiacea. In tal senso si è proceduto ad indagare l’eventuale capacità della nocicettina esogena, somministrata per via intracerebroventricolare e del suo analogo [Arg14, Lys15]N/OFQ, di antagonizzare l’analgesia prodotta dal farmaco paracetamolo. La nocicettina ha evidenziato la capacità di antagonizzare il potere antinocicettivo del paracetamolo fino a bloccarne completamente l’effetto al dosaggio più elevato, mostrando quindi proprietà antagonista dose-dipendente. Inoltre l’UFP-101, che di per se non altera l’analgesia indotta da paracetamolo, è ingrado di antagonizzare l’effetto della nocicettina sul paracetamolo in maniera dose-dipendente. Medesimo è risultato il comportamento dell’analogo della nocicettina, la Arg-Lys nocicettina. B) Sono state indagate le relazioni tra il sistema nocicettina/NOP e le proprietà farmacologiche di un noto farmaco oppiaceo quale la buprenorfina, le cui peculiari caratteristiche farmacodinamiche sano state recentemente collegate alla sua capacità di agire come agonista diretto al recettore NOP. In tal senso si è proceduto ad osservare l’effetto della somministrazione di buprenorfina sull’ assetto recettoriale di NOP, inseguito ad un trattamento prolungato con somministrazione sottocutanea mediante minipompe osmotiche nel ratto, rilevando successivamente, tramite uno studio di binding, le variazioni della densità recettoriale di NOP in alcune aree di interesse per la trasmissione nocicettiva. Sia nell’ippocampo che nel talamo e nella frontal cortex, la somministrazione prolungata di buprenorfina ha causato una riduzione significativa della densità recettoriale di NOP. Come ultimo aspetto indagato, al fine di determinare la presenza del neuropeptide nel liquido cerebrospinale e le sue eventuali modificazioni a seguito di manipolazioni farmacologiche e non farmacologiche, è stata messa a punto una metodica di perfusione dello spazio subaracnoideo nel ratto, che consentisse di ottenere materiale biologico su cui compiere la ricerca e quantificazione della presenza di nocicettina mediante dosaggio radioimmunologico. La perfusione di CSF artificiale arricchito di ione potassio ad una concentrazione pari a 60 mM ha evidenziato la possibilità di stimolare la liberazione della nocicettina nel liquido cerebrospinale di ratto, suggerendo quindi una sua provenienza da elementi eccitabili. E’ stato quindi possibile osservare l’andamento dei livelli di peptide a seguito della stimolazione nocicettiva prodotta da due agenti irritanti con caratteristiche differenti, la carragenina e la formalina. La somministrazione sottocutanea di carragenina (100 µl al 3 %) nella regione subplantare di entrambe le zampe posteriori del ratto non ha determinato alterazioni significative dei livelli di neuropeptide. Invece, la somministrazione di formalina (50 µl al 5 %), dopo un iniziale periodo di 30 minuti, ha causato un incremento significativo della liberazione di N/OFQ a partire dal terzo intervallo di raccolta seguente la somministrazione della sostanza. Questo rispecchia l’andamento di risposta al formalin test ottenuto anche mediante test di natura differente dagli analgesimetrici (es. comportamentale, elettrofisiologico), in quest’ottica l’aumento di nocicettina può essere interpretato come un evento dovuto alla sensibilizzazione centrale all’effetto pronocicettivo.
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La variabilità genetica è un importante strumento per lo studio e la conservazione della biodiversità in specie rare e minacciate di estinzione. Durante il mio dottorato mi sono quindi occupata di mettere a punto diverse metodologie molecolari al fine di valutare la diversità genetica in due specie rare della flora italiana che presentano problematiche diverse e specifiche. I marcatori arbitrari RAPD e i marcatori semi-arbitrari ISSR sono stati utilizzati per valutare la diversità genetica in Quercus crenata Lam. e per confermare l’ipotesi della sua origine ibridogena dalle due specie presunte parentali Quercus cerris L. e Quercus suber L., essendo Q. crenata presente in Italia settentrionale dove Q. suber è attualmente assente. I marcatori SSR o microsatelliti sono invece stati messi a punto su una specie a rischio di estinzione, endemica dell’Appennino Tosco-Emiliano, Primula apennina Widmer, applicando una metodologia specifica, basata sulla costruzione di una libreria genomica arricchita per l’isolamento di primer specifici. I marcatori RAPD e ISSR, utilizzati su un totale di 85 campioni, hanno mostrato alti livelli di diversità molecolare entro le specie studiate, eccetto per Q. suber le cui popolazioni rappresentano il margine orientale di distribuzione della specie, per questo più sottoposte ad impoverimento genetico. Oltre alla cluster analysis (UPGMA) e alla Analisi delle Componenti Principali effettuate per entrambi i marcatori, che confermano l’ipotesi dell’origine ibrida degli individui di Q. crenata diffusi in Italia Settentrionale, sono stati calcolati l’indice di ibridità basato sul maximum likelihood, che dimostra una introgressione asimmetrica di Q. crenata verso il parentale caratterizzato da superiorità demografica (Q. cerris) e il test di Mantel. Quest’ultimo ha permesso di confrontare i due marcatori RAPD e ISSR utilizzati ottenendo una bassa correlazione, a conferma del fatto che, amplificando tratti differenti del DNA nucleare, i dati non sono sovrapponibili, sebbene forniscano risultati analoghi. Per l’isolamento di loci microsatelliti ipervariabili ho utilizzato il protocolllo FIASCO (Fast isolation by AFLP of sequences containing repeats- Zane et al. 2002) che permette di costruire una libreria genomica arricchita partendo dal DNA estratto da P. apennina. Tale procedura ha previsto la digestione del DNA genomico per la produzione di una miscela di frammenti di DNA. Tramite ibridazione con opportune sonde sono stati isolati i frammenti contenenti i microsatelliti. Sequenziando i cloni ricombinanti, ho ottenuto sequenze contenenti repeats sulle cui regioni fiancheggianti sono stati costruiti 15 coppie di primer che potranno, in seguito, essere utilizzate per definire la quota di riproduzione clonale in P. apennina e per valutare la diversità genetica delle popolazioni che coprono l’areale di distribuzione della specie. Data la loro natura altamente variabile e la loro abbondanza nel DNA, gli SSR saranno, come i marcatori RAPD e gli ISSR, ugualmente validi per lo studio della variabilità genetica e per l’analisi di problematiche specifiche legate alle specie rare.
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La tesi verte sulle procedure di verifica delle prestazioni di potenza degli aerogeneratori. Si è realizzato un test di verifica su una centrale eolica in esercizio, sito nella provincia di Salerno, utilizzando diverse metodologie di verifica, delineate dai più importanti centri di ricerca internazionali, al fine di valutare l'affidabilità di ognuna di esse.