995 resultados para scuola, retrofit, energetico, riqualificazione, Bologna, sostenibile


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Con la crescente diffusione del web e dei servizi informatici offerti via internet, è aumentato in questi anni l’utilizzo dei data center e conseguentemente, il consumo di energia elettrica degli stessi. Il problema ambientale che comporta l’alto fabbisogno energetico, porta gli operatori di data center ad utilizzare tecniche a basso consumo e sistemi efficienti. Organizzazioni ambientali hanno rilevato che nel 2011 i consumi derivanti dai data center raggiungeranno i 100 milioni di kWh, con un costo complessivo di 7,4 milioni di dollari nei soli Stati Uniti, con una proiezione simile anche a livello globale. La seguente tesi intende valutare le tecniche in uso per diminuire il consumo energetico nei data center, e quali tecniche vengono maggiormente utilizzate per questo scopo. Innanzitutto si comincerà da una panoramica sui data center, per capire il loro funzionamento e per mostrare quali sono i componenti fondamentali che lo costituiscono; successivamente si mostrerà quali sono le parti che incidono maggiormente nei consumi, e come si devono effettuare le misurazioni per avere dei valori affidabili attraverso la rilevazione del PUE, unità di misura che valuta l’efficienza di un data center. Dal terzo capitolo si elencheranno le varie tecniche esistenti e in uso per risolvere il problema dell’efficienza energetica, mostrando alla fine una breve analisi sui metodi che hanno utilizzato le maggiori imprese del settore per risolvere il problema dei consumi nei loro data center. Lo scopo di questo elaborato è quello di capire quali sono le tecniche e le strategie per poter ridurre i consumi e aumentare l’efficienza energetica dei data center.

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Questo lavoro di tesi curriculare ripercorre attraverso l’analisi di tre progetti, che ho svolto durante il mio percorso di studi, le mie esperienze nell’ambito della riqualificazione di aree al margine del centro storico. In fase di tesi ho poi svolto un lavoro fotografico a supporto degli elaborati progettuali che ho invece redatto negli anni di corso dei laboratori. Il lavoro fotografico a posteriori è da intendersi non tanto come approfondimento delle scelte progettuali effettuate, ma come un ripensamento e una riflessione sui luoghi sui quali ho precedentemente svolto i progetti. Per elaborare questo lavoro ho applicato le conoscenze che ho acquisito nel corso di Storia e Tecnica della Fotografia e nei workshop fotografici ai quali ho partecipato come studente. Dei tre progetti presi in esame, due sono stati svolti nei Laboratori di Progettazione (precisamente II e IV) e uno nel Laboratorio di Sintesi Finale. Come già detto, questi tre progetti sono stati da me scelti perché accomunati dalla prossimità delle aree ai centri storici delle città. Il carattere di queste aree di studio, composto da molteplici identità, è frammentario e le identifica come aree di margine o di confine nelle quali si rende necessario un processo di analisi e di riqualificazione. In maniera differente e con risultati altalenanti, le amministrazioni stanno provvedendo a cercare di dare a questi luoghi un carattere di maggior omogeneità .

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L’area di progetto, sulla quale convergono parti costruite in tempi e modalità diverse, si confronta con limiti importanti rispetto ai quali il progetto viene declinato in modi differenti: la via Emilia, la ferrovia, l’intervento Gregotti, sull’area dell’ex Zuccherificio, il lungo Savio e la vicinanza con lo svincolo della secante; tramite il progetto si vuole disegnare un ingresso per la città di Cesena, ridefinendone i margini e un fronte per la ferrovia e per la strada. L’intento è di lavorare a un progetto a scala urbana, capace di confrontarsi con la città e di instaurare con essa un rapporto di complementarietà e integrazione. La particolare articolazione dell’area ha comportato uno studio preciso della geometria che regolasse il disegno planimetrico, in modo da chiarire le relazioni fra i diversi edifici e fra essi e gli spazi vuoti; tentando di definire un sistema di gerarchie e allineamenti chiaro e riconoscibile. La rete dei percorsi che collega i nuovi spazi, alcuni pubblici altri privati, tenta di ristabilire quel sistema di relazioni e di riprodurre quella complessità che sono l’elemento fondante della città. L’intero progetto è trattato in modo unitario, perciò se da un lato il campus è un sistema autonomo, con funzioni proprie, allo stesso tempo si relaziona a tutto il resto grazie al parco e ai percorsi accompagnati dal sistema dei portici; si crea in tal modo uno spazio articolato che concilia al suo interno l’elemento naturale, l’urbanizzazione residenziale e gli edifici dell’università; in modo che diventi un complesso riconoscibile e allo stesso tempo integrato nella città e fruibile dai cittadini.

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Il MUV, ovvero il Museo della Vela di Ravenna vuole ripercorrere la storia della navigazione a vela dai primordi ai giorni nostri. La quantità di materiale ed il tema di enormi dimensioni richiedono la semplificazione dell’apparato museologico. La vela, come la ruota, è stata probabilmente una delle più grandi invenzioni nella storia dell’umanità considerando che la maggior parte del globo è composta da acqua, permetteva di muoversi, emigrare, esplorare, scappare, procacciare cibo, comunicare, conquistare e commerciare. In questo museo si vuole ripercorrere la storia della vela attraverso i cambiamenti significativi delle tre parti fondamentali di una imbarcazione a vela: scafo, timone e vela. Infatti, ognuno di questi componenti è stato, durante la storia dell’uomo, ottimizzato e trasformato per poter sfruttare al massimo l’energia del vento. Le sezioni espositive saranno divise per grandi periodi significativi della storia, cercando di creare un filo conduttore. Dapprima la vela era utilizzata per muoversi più velocemente e per cercare cibo, poi per il trasporto e la vendita di materie prime e successivamente per andare alla scoperta del mondo e per combattere mentre ora è anche strumento di diletto o competizione sportiva. Tutti questi casi sono accumunati dalla volontà dell’uomo di arrivare sempre per primo, a prescindere dall’epoca o dallo scopo. In fondo all’inizio si competeva per raggiungere per primi un nuovo territorio, poi arrivare primi voleva dire decidere il prezzo delle spezie sul mercato e successivamente avere una barca veloce permetteva poter sfuggire al nemico o catturarlo. Adesso si compete per sport, per diletto o , secondo le ultime necessità ecosostenibili, per riuscire a muoversi più velocemente possibile ma anche nel modo più economico e sostenibile. Il MUV cerca di raccontare la continua ed infinita “ regata ” che l’uomo nel corso dei secoli compie con se stesso e di mostrare al visitatore come sono cambiati scafi, vele e metodi di navigazione durante la storia. Il progetto nasce dall’idea di valorizzare l’area urbana in sponda sinistra del Canale Candiano nella città di Ravenna compresa tra le vie Eustachio Manfredi, Montecatini, delle Industrie e Salona oggi area a destinazione industriale in forte trasformazione con utilizzo futuro a prevalenza civica, ossia per l’istruzione , la ricerca, lo svago e cultura. I principali obiettivi sono stati il miglioramento dell’accessibilità del Canale Candiano dagli spazi circostanti, rendendo fruibile al visitatore soprattutto le rive del canale riavvicinando così la città all’acqua e la progettazione di idonei edifici museali e di ricerca per accogliere, mostrare e conservare il patrimonio e di creare un anello di congiunzione funzionale e culturale all’interno del tessuto urbano creando interconnessioni tra i vari livelli di conoscenza e di accessibilità nel mondo velico. La volontà è stata quella di non creare un’isola nella città ma di creare un anello di congiunzione funzionale e culturale all’interno del tessuto urbano creando interconnessioni tra i vari livelli di conoscenza e di accessibilità. Nell’ area potrà accedere chi si avvicina alla vela, chi la conosce e vorrebbe saperne di più, un esperto velista o chi lavora nel settore dei materiali costruttivi o nel campo universitario e di sperimentazione. Il complesso museale è stato pensato per mantenere fruibile a tutti l’attacco a terra dandogli un carattere prettamente pubblico. Il museo vero e proprio è composto da una serie di volumi che si adagiano attorno alla grande permanenza in laterizio e calcestruzzo e insieme a questa creano una corte pubblica di 35 m x 35 m. L’intero patio con i vari camminamenti perimetrali è fruibili a chiunque, anche senza biglietto così come il corpo a ovest, orientato secondo l’asse che collega l’area al Mausoleo di Teodorico, che contiene una caffetteria, il bookshop più vari servizi. Sul lato nord e sul alto est del patio un’altra caffetteria, un ristorante e una parte di esposizione temporanea concludono l’attacco a terra dandogli definitivamente un carattere pubblico. Così facendo ho cercato di aprire lo spazio del patio verso tutta l’area mentre sul lato ovest c’è stata la volontà di chiudersi rispetto all’intorno essendo vicini a una zona residenziale e si è deciso di destinare questa parte a deposito, carico-scarico e servizi del personale. La disposizione dei volumi dell’edificio museale è stata subordinata nel rispetto dell’edificio di valore documentale in laterizio che si voleva mantenere. Partendo da una griglia modulata sugli edifici con vincoli comunali presenti nell’area il museo si è sviluppato come blocchi longitudinali di pochi piani. La volontà di abbracciare il volume in laterizio è stata fin da subito una delle scelte chiave e ha dato cosi forma a una grande corte che richiama i chiostri delle basiliche del centro di Ravenna, trattando quindi quasi come un monumento la vecchia fabbrica di zolfo.

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Questo progetto, maturato in seguito a profonde riflessioni basate sull’analisi e la valutazione della situazione territoriale, è scaturito dalla volontà di fornire una risposta alle carenze funzionali e strutturali di un’area dalle molteplici potenzialità. La fascia costiera di Platamona è stata al centro di progetti di lottizzazione che, invece di tutelare l’aspetto naturalistico e unificare un sistema costiero che si estende per circa otto chilometri, hanno inserito strutture prevalentemente ricettive e turistiche in maniera piuttosto arbitraria e senza tener conto della possibilità di organizzare il progetto d’intervento tramite un apposito strumento urbanistico. Il risultato, un tessuto edilizio disomogeneo e disorganizzato, non contribuisce certo alla volontà di attribuire un carattere e un’identità al luogo; anzi, la frequenza di aree in stato di abbandono, che rischiano di diventare discariche a cielo aperto fa quasi pensare ad una situazione di stallo e di incuria sia da parte delle amministrazioni che dei privati. L’idea del progetto deriva da un approccio che ha come obiettivo il massimo sfruttamento delle risorse locali e il minor impatto possibile sul paesaggio e sul sistema attuale. La volontà è quella di riorganizzare e riqualificare gli spazi più significativi, inserendoli all’interno di un sistema di percorsi e connessioni che vogliono unificare e rendere fruibile l’intero sistema costiero fra Platamona e Marina di Sorso. Inoltre è da rivalutare l’aspetto naturalistico del SIC dello Stagno e Ginepreto di Platamona, un’oasi naturalistica che ha tutte le potenzialità per essere posta al centro di un’attività di ricerca e diventare la meta di un turismo mirato. Nel Piano di gestione dello stagno sono già stati previsti e realizzati percorsi su passerelle in legno che si snodano fra i canneti e la pineta limitrofa, con alcune torrette di avvistamento, attualmente posizionate nella zona a sud. Uno degli obiettivi è dunque quello di completare questi percorsi per gran parte del perimetro dello stagno e di stabilire un percorso ciclo-pedonale ad anello che circondi e renda fruibile l’intera area del SIC. A livello di percorsi e connessioni, oltre alla nuova pista ciclabile che correrà parallelamente alla SP 81, si cercherà di fornire nuovi collegamenti anche all’ambito della spiaggia. L’idea è di costruire una passeggiata sul fronte mare che si articoli con leggere passerelle in legno fra le dune irregolari. Si snoderebbe dalla rotonda di Platamona fino alla piazza di Marina di Sorso, per una lunghezza di circa otto chilometri. Il suo scopo è di rendere fruibile l’intera fascia di spiaggia in modo da evitare un eccessivo calpestio del sistema dunario, che purtroppo risente della forte presenza antropica dei mesi estivi. Nel ripensare questi collegamenti e percorsi, si rende necessaria la creazione di aree di sosta attrezzate che si presentano con una certa periodicità, dettata dai pettini e dalle discese a mare. Vi saranno punti di sosta ombreggiati con alberature, aiuole, sedute, fontane e giochi per bambini. Diventa dunque prioritario il fatto di rendere evidente il concetto di unitarietà del sistema costiero in questione, rendendolo riconoscibile tramite l’organizzazione di spazi, episodi e percorsi. Infine il tentativo che riguarda nello specifico il Lido Iride, è quello relativo al suo recupero. L’intento è di restaurarlo e destinarlo a nuove funzioni ricreative-culturali. La struttura principale è mantenuta invariata, soprattutto le stecche che costituivano le cabine sulla spiaggia (elementi alquanto evocativi e radicati nella memoria del luogo). Il complesso sarà riorganizzato in previsione di ospitare workshop e corsi formativi riguardanti la cultura del mare e della salvaguardia dell’ambiente. Molto attuale e sempre più emergente anche in Sardegna risulta l’archeologia subacquea, a cui sono già state dedicate apposite strutture nelle zone di Cagliari e di Orosei. Dunque si riadatteranno le cabine con lo scopo di farle divenire alloggi temporanei per coloro che seguiranno tali corsi, mentre gli altri edifici del complesso fungeranno da supporto per delle lezioni all’aperto (l’arena e la piscina) e per il ristoro o l’allestimento di spazi espositivi (l’edificio centrale del lido). A causa della posizione del complesso balneare (a ridosso della spiaggia) si presuppone che il suo utilizzo sarà prevalentemente stagionale; perciò si è pensato di fornire una struttura di supporto e d’ausilio, la cui fruizione sia auspicabile anche nei mesi invernali: il Nuovo Centro Studi di Platamona. Questo nuovo complesso consiste in una struttura dotata di laboratori, aule conferenze, alloggi e ristorante. Si attesterà sul fronte mare, seguendo la direttrice del nuovo camminamento e innalzandosi su piattaforme e palafitte per non essere eccessivamente invasivo sul sistema dunario. Consisterà in due edifici di testata alti rispettivamente tre e quattro piani, ed entrambi avranno la peculiarità di avere il basamento aperto, attraversato dall’asse della passeggiata sul mare. L’edificio a tre piani ospiterà i laboratori, l’altro il ristorante. Dietro l’edificio dei laboratori si svilupperà una corte porticata che permetterà di giungere alla sala conferenza. Nella parte retrostante i due edifici di testata saranno distribuiti delle stecche di alloggi su palafitte immerse nel verde, caratterizzate da coperture con volte a botte. Lo stile architettonico del nuovo complesso si rifà all’architettura mediterranea, che s’identifica tramite l’utilizzo di basamenti e piccole aperture in facciata, l’uso di pietre e materiali da costruzioni locali, le bianche superfici che riflettono la luce e il forte segno architettonico dei muri che marcano il terreno seguendone l’orografia fino a diventare un tutt’uno.

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Il concetto fondante e le motivazioni alla base di questo lavoro di tesi sono costituiti dalla volontà di analizzare a fondo la problematica energetica ed ambientale, focalizzando l‟indagine sul ruolo delle Fonti Energetiche Rinnovabili e contestualizzandola nel contesto “locale” relativo alla Regione Emilia Romagna: questo lavoro di tesi, infatti, è stato sviluppato nell‟ambito di un progetto di collaborazione stipulato tra Università e Regione Emilia Romagna e si è svolto all‟interno dell‟Assessorato alle Attività Produttive della Regione, lavorando con il “Servizio Politiche Energetiche” emiliano-romagnolo. La crisi energetica (e, contestualmente, la crisi ambientale) rappresenta una problematica al centro del dibattito globale da oltre mezzo secolo, affrontata finora in maniera non organica e realmente efficace dalle nazioni e dagli organismi sovranazionali coinvolti in tale dibattito. Tale tematica è divenuta ancora più pregnante (e la ricerca di una “soluzione” al riguardo, ancora più pressante) negli ultimi anni, in seguito alla deflagrazione di una crisi globale –economica e sociale- che ha intaccato i modelli di crescita e sviluppo (anche tecnologico) conosciuti finora, ponendo di fronte agli occhi dell‟umanità la necessità impellente di ridefinire politiche economiche, ambientali e, conseguentemente, energetiche, caratterizzate da una maggiore sostenibilità globale. La continua crescita della popolazione e il progressivo incremento generalizzato (e disomogeneo) degli standard di vita alimentano con ritmi esponenziali la domanda –e la conseguente produzione- di energia, inevitabilmente correlata (proprio a causa dei modelli di sviluppo seguiti finora) ad un drammatico incremento delle emissioni climalteranti, che continuano a nuocere irreversibilmente alla salubrità del nostro fragile ecosistema. Oltre alla problematica ambientale si aggiunge, con impellenza sempre più marcata, quella relativa alla disponibilità delle principali fonti energetiche (quelle fossili), che si profilano in esaurimento entro lassi temporali che potrebbero divenire drammaticamente prossimi: il “rischio reale” connesso alla prosecuzione di politiche energetiche poggiate sullo sfruttamento intensivo di tali fonti non è tanto connesso all‟eventuale esaurimento assoluto delle risorse stesse, quanto ad una loro progressiva riduzione, tale da renderle viepiù costose e sempre meno convenienti economicamente. Uno scenario di questo tipo si tradurrebbe inevitabilmente in una condizione per la quale solamente i Paesi più ricchi potrebbero usufruire di tali risorse, estremamente costose, mentre i Paesi meno evoluti economicamente rischierebbero di trovarsi nell‟impossibilità di approvvigionarsi, andando incontro a condizioni di deficit energetico: uno scenario inquietante, che però non appare così “ipotetico”, se si tiene conto di come –già ora- siano in aumento segnali di allarme e di conflitto, attivati da localizzate insufficienze energetiche. In un quadro globale di questo tipo le strade risolutive finora riconosciute e percorse dal mondo scientifico, politico ed economico sono sostanzialmente due: - L‟implementazione del risparmio energetico, in un‟ottica di drastica riduzione dei consumi globali; - La “conversione” della produzione energetica (attualmente fondata sulle fonti convenzionali, ossia quelle fossili) verso le cosiddette “Fonti Energetiche Alternative”. Questa seconda direttrice di marcia sembra poter essere quella in grado di reindirizzare verso un orizzonte di maggiore sostenibilità l‟attuale sistema energetico globale, e in quest‟ottica assumono quindi enorme importanza strategica le tecnologie alternative e, prime tra tutte, le Fonti Energetiche Rinnovabili (FER). Queste consentirebbero infatti sia di ridurre l‟impatto ambientale connesso alla produzione energetica da fonti convenzionali, che di implementare politiche di autosufficienza energetica per quei Paesi che attualmente, dal punto di vista del bilancio energetico interno, dipendono in misura marcata dall‟importazione di combustibili fossili dall‟estero. La crisi energetica e il conseguente ruolo chiave delle Fonti Energetiche Rinnovabili è quindi il punto di partenza di questa tesi, che ha voluto confrontarsi con tale problematica globale, misurandosi con le azioni e con i provvedimenti intrapresi al riguardo a livello locale, focalizzando l‟attenzione sulla realtà e sugli sviluppi delle Fonti Energetiche Rinnovabili nella Regione Emilia Romagna. Per sviluppare il lavoro si è proceduto definendo prima di tutto un quadro complessivo della situazione, in termini di problematica energetica e di stato attuale delle Fonti Energetiche Rinnovabili, scendendo progressivamente nel dettaglio: partendo da una fotografia a livello mondiale, quindi europeo, successivamente italiano (basandosi sui dati di pubblicazioni italiane ed estere, di enti competenti in materia come Terna, il GSE o l‟Enea per l‟Italia, e l‟IEA, l‟EIA, l‟UE per l‟Europa e il resto del mondo). Nella terza parte della tesi si è scesi al dettaglio di questo stato attuale delle Fonti Energetiche Rinnovabili a livello Regionale (Emiliano-Romagnolo) e Provinciale (le nove Province della Regione): per procedere alla definizione di questo quadro la “tecnica operativa” è consistita in una raccolta dati effettuata in collaborazione con il ”Servizio Politiche Energetiche” della Regione Emilia Romagna, estesa alle 9 Province e ai 348 Comuni del territorio emiliano-romagnolo. La richiesta di dati avanzata è stata relativa agli impianti alimentati da fonte energetica rinnovabile in esercizio e a quelli in fase di valutazione sul territorio afferente all‟Ente considerato. Il passo successivo è consistito nell‟aggregazione di questi dati, nella loro analisi e nella definizione di un quadro organico e coerente, relativo allo stato attuale (Ottobre 2010) delle Fonti Energetiche Rinnovabili sul territorio emiliano-romagnolo, tale da permettere di realizzare un confronto con gli obiettivi definiti per le FER all‟interno dell‟ultimo Piano Energetico Regionale e con lo stato delle FER nelle altre Regioni italiane. Sono stati inoltre realizzati due “Scenari”, relativi all‟evoluzione stimata del parco “rinnovabile” emiliano-romagnolo, definiti al 2012 (“Breve Termine”) e al 2015 (“Medio Termine”). I risultati ottenuti hanno consentito di verificare come, nell‟orizzonte “locale” emiliano-romagnolo, il sistema globale connesso alle Fonti Energetiche Rinnovabili abbia attecchito e si sia sviluppato in misura marcata: gli obiettivi relativi alle FER definiti nel precedente Piano Energetico Regionale sono infatti stati sostanzialmente raggiunti in toto. Dalla definizione degli “Scenari” previsionali è stato possibile stimare l‟evoluzione futura del parco “rinnovabile” emilianoromagnolo, verificando come questo risulti essere in continua crescita e risulti “puntare” su due fonti rinnovabili in maniera particolare: la fonte fotovoltaica e la fonte a biocombustibili. Sempre dall‟analisi degli “Scenari” previsionali è stato possibile stimare l‟evoluzione delle singole tecnologie e dei singoli mercati rinnovabili, verificando limiti allo sviluppo (come nel caso della fonte idroelettrica) o potenziali “espansioni” molto rilevanti (come nel caso della fonte eolica). Il risultato finale di questo lavoro di tesi è consistito nel poter definire dei nuovi obiettivi, relativi alle differenti Fonti Energetiche, da potersi inserire all‟interno del prossimo Piano Energetico Regionale: l‟obiettivo “complessivo” individua –avendo il 2015 come orizzonte temporale- una crescita incrementale delle installazioni alimentate da FER pari a 310 MWe circa. Questo lavoro di tesi è stato ovviamente organizzato in più “Parti”, ciascuna ulteriormente suddivisa in “Capitoli”. Nella “Prima Parte”, costituita dai primi 4 Capitoli, si è proceduto ad introdurre la problematica energetica e il contesto in cui si muovono le decisioni e le politiche (comunitarie, nazionali e sovra-nazionali) destinate a trovare soluzioni e risposte: Il Primo Capitolo, introduttivo, definisce prima di tutto gli “strumenti” e i concetti che verranno successivamente richiamati più volte nel resto della Tesi, partendo dal concetto di “energia”, definito sia “concettualmente” che attraverso le unità di misura utilizzate per quantificarlo. Il passo successivo è stato quello di contestualizzare l‟evoluzione dello sfruttamento di questa “risorsa”, in relazione allo sviluppo delle tecnologie e delle stesse condizioni di vita umane, così da definire un background storico per le considerazioni introdotte nel Capitolo successivo. Il Secondo Capitolo, infatti, introduce la problematica attuale (ma mutuata dal background storico evidenziato in precedenza) della “crisi energetica” e della “crisi ambientale” ad essa correlata, considerandone gli aspetti prima di tutto globali, connessi a considerazioni di natura sociale, demografica e –conseguentemente economica e sociale: all‟interno di questa analisi, vengono citati anche gli scenari previsionali elaborati da numerosi enti di ricerca e istituzioni, coinvolti su più livelli nell‟ottica di riuscire ad individuare una “risposta” alle problematiche sollevate dallo sfruttamento intensivo della risorsa energetica per vie convenzionali. Tale risposta è rappresentata dalle normative sovranazionali, europee e italiane varate nell‟ottica di attuare una “transizione etica” in materia di sviluppo sostenibile, impatto ambientale e sfruttamento energetico: un presupposto imprescindibile per la transizione energetica sostenibile è proprio l‟impegno a livello locale (quindi anche e prima di tutto di istituzioni quali, in Italia, le Regioni, le Province e i Comuni), senza il quale difficilmente si potranno raggiungere traguardi avanzati, che implicano anche un sostanziale cambio di mentalità. Nell‟ottica di approfondire ulteriormente il contesto all‟interno del quale vengono adottate azioni e intrapresi provvedimenti utili a concretizzare risposte a livello italiano –nazionale e locale- il Terzo Capitolo introduce il tema delle “politiche energetiche sostenibili”, partendo dalla definizione dell‟attuale condizione Italiana (in termini di inquinamento atmosferico e di sfruttamento intensivo della risorsa energetica, nonché di scenari previsionali), per definire successivamente le politiche nazionali per le fonti rinnovabili, per il settore dei trasporti, del riscaldamento e del raffreddamento, della pianificazione energetica e della generazione distribuita. Il Capitolo introduce anche il tema degli interventi in ambito di fiscalità energetica (“Certificati Verdi”, “Certificati Bianchi” e il “Conto Energia”). Proprio per definire al meglio i meccanismi di incentivazione, il Quarto Capitolo esplicita (facendo riferimento alla documentazione pubblicata da enti quali GSE, Terna, GRTN) il meccanismo del cosiddetto “mercato elettrico” e degli scambi che vi avvengono, in modo tale da comprendere come i metodi di incentivazione alle fonti alternative che si appoggiano su interventi di fiscalità energetica, riescano ad avere –o meno- presa sul sistema. La “Seconda Parte” (costituita dai Capitoli dal 5° al 13°) è invece dedicata al necessario approfondimento sullo stato delle Fonti Energetiche Rinnovabili (FER): in ogni capitolo è stato infatti approfondita la condizione attuale delle principali FER (fonte a Biocombustibili, Eolica, Geotermica, Idraulica, Solare Fotovoltaica, Solare Termica, Solare Termodinamica). Tale approfondimento è stato condotto in termini di sviluppo della tecnologia, incidenza e contributo della singola FER sui bilanci elettrici (considerando prima il quadro mondiale, quindi quello europeo, per scendere infine al dettaglio italiano). Nella parte finale di ogni capitolo sono state riportate anche le principali criticità riscontrate per ogni fonte presa in considerazione, oltre che gli scenari previsionali stimati considerandone i potenziali sviluppi, in un‟ottica di medio termine e di lungo termine. La “Terza Parte” (comprendente i Capitoli dal 14° al 22°) di questa Tesi raccoglie invece il lavoro svolto e i risultati ottenuti e permette di definire lo stato attuale e gli scenari previsionali (a breve termine e a medio termine) per le Fonti Energetiche Rinnovabili nella Regione Emilia Romagna, con un livello di dettaglio sia Regionale che Provinciale. Il lavoro, come detto, è consistito nella raccolta dati effettuata presso gli enti di “governo territoriale” emiliano-romagnoli (la Regione, le 9 Province e i 348 Comuni) e nella successiva aggregazione, elaborazione e interpretazione di questi stessi dati. I Capitoli dal 15° al 19° definiscono lo stato attuale (all‟Ottobre 2010) e gli scenari previsionali (a breve termine e medio termine) per le differenti FER (rispettivamente, Biocombustibili, Eolica, Fotovoltaica, Geotermica e Idroelettrica), prima a livello Provinciale, quindi a livello Regionale. Nella conclusione di ogni Capitolo è contenuto un confronto con lo stato della FER presa in considerazione relativo agli anni precedenti, oltre che il confronto con gli obiettivi definiti per la tecnologia al 2010 dal precedente Piano Energetico Regionale. Questi Capitoli si chiudono con l‟analisi del trend storico della Fonte Energetica Rinnovabile considerata e con la conseguente individuazione dei potenziali obiettivi al 2012 e al 2015 da inserire nel prossimo Piano Energetico Regionale. E‟ presente anche l‟evoluzione stimata del “mercato” della singola FER presa in considerazione, oltre che della “tipologia tecnologica” sulla quale gli installatori e gli investitori tenderanno ad orientarsi sia nel breve che nel medio termine. I Capitoli 20°, 21° e 22° contengono invece lo stato “riassuntivo” delle Fonti Energetiche Rinnovabili, definite per il panorama emiliano-romagnolo (anche in questo caso, prima a livello Provinciale, successivamente a livello regionale) sotto un‟ottica temporale differente: il Capitolo 20° riassume lo stato attuale del parco “rinnovabile” complessivo emiliano-romagnolo, definendone l‟evoluzione storica e confrontandolo con gli obiettivi fissati al 2010 dal precedente Piano Energetico regionale, permettendo così di verificare –nel complesso- se le stime del 2004 erano state corrette. Il Capitolo 21° definisce l‟evoluzione del parco “rinnovabile” complessivo emiliano-romagnolo al 2012, sia a livello Provinciale che Regionale, definendone in questo modo un trend stimato di crescita e dei conseguenti obiettivi di breve termine, riferiti alle singole FER. Il Capitolo 22° definisce infine l‟evoluzione del parco “rinnovabile” complessivo emiliano-romagnolo al 2015 (ancora una volta, sia a livello Provinciale che Regionale) permettendo così di ricavare un trend stimato di crescita e, soprattutto, gli obiettivi di medio termine -riferiti alle singole FER- da inserire all‟interno del prossimo Piano Energetico Regionale. La conclusione permette di chiudere sinteticamente il lavoro svolto in precedenza, traendo le indicazioni più rilevanti dai dati e dalle considerazioni pregresse: come si evincerà, l‟Emilia Romagna risulta una Regione in cui gli obiettivi rinnovabili (e di “conversione energetica”) sono stati sostanzialmente raggiunti e, in alcuni casi, perfino superati. Il mercato rinnovabile è in crescita e le politiche locali e sovra locali evidenziano una marcata volontà di puntare prevalentemente su settori e tecnologie quali quella della biomassa e quella solare fotovoltaica. Nonostante questo, si evidenzia anche la necessità di lavorare a livello di enti regionali e provinciali, per omogeneizzare ulteriormente la distribuzione energetica “rinnovabile” sul territorio (implementando lo sviluppo di determinate fonti su distretti territoriali al momento non ancora raggiunti da tali mercati) e per provvedere ad una riduzione dei consumi energetici che consenta alle FER di avere una maggiore incidenza sui bilanci energetici ed elettrici, locali e regionali. Si ricorda che la “costruzione” di questa tesi è stata sviluppata parallelamente ad un‟attività di stage presso il settore Politiche energetiche dell‟Assessorato alle Attività Produttive della Regione Emilia – Romagna, che in questa fase sta procedendo alla definizione del nuovo Piano Energetico Regionale, e alla conseguente individuazione d

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Con il termine Smart Grid si intende una rete urbana capillare che trasporta energia, informazione e controllo, composta da dispositivi e sistemi altamente distribuiti e cooperanti. Essa deve essere in grado di orchestrare in modo intelligente le azioni di tutti gli utenti e dispositivi connessi al fine di distribuire energia in modo sicuro, efficiente e sostenibile. Questo connubio fra ICT ed Energia viene comunemente identificato anche con il termine Smart Metering, o Internet of Energy. La crescente domanda di energia e l’assoluta necessità di ridurre gli impatti ambientali (pacchetto clima energia 20-20-20 [9]), ha creato una convergenza di interessi scientifici, industriali e politici sul tema di come le tecnologie ICT possano abilitare un processo di trasformazione strutturale di ogni fase del ciclo energetico: dalla generazione fino all’accumulo, al trasporto, alla distribuzione, alla vendita e, non ultimo, il consumo intelligente di energia. Tutti i dispositivi connessi, diventeranno parte attiva di un ciclo di controllo esteso alle grandi centrali di generazione così come ai comportamenti dei singoli utenti, agli elettrodomestici di casa, alle auto elettriche e ai sistemi di micro-generazione diffusa. La Smart Grid dovrà quindi appoggiarsi su una rete capillare di comunicazione che fornisca non solo la connettività fra i dispositivi, ma anche l’abilitazione di nuovi servizi energetici a valore aggiunto. In questo scenario, la strategia di comunicazione sviluppata per lo Smart Metering dell’energia elettrica, può essere estesa anche a tutte le applicazioni di telerilevamento e gestione, come nuovi contatori dell’acqua e del gas intelligenti, gestione dei rifiuti, monitoraggio dell’inquinamento dell’aria, monitoraggio del rumore acustico stradale, controllo continuo del sistema di illuminazione pubblico, sistemi di gestione dei parcheggi cittadini, monitoraggio del servizio di noleggio delle biciclette, ecc. Tutto ciò si prevede possa contribuire alla progettazione di un unico sistema connesso, dove differenti dispositivi eterogenei saranno collegati per mettere a disposizione un’adeguata struttura a basso costo e bassa potenza, chiamata Metropolitan Mesh Machine Network (M3N) o ancora meglio Smart City. Le Smart Cities dovranno a loro volta diventare reti attive, in grado di reagire agli eventi esterni e perseguire obiettivi di efficienza in modo autonomo e in tempo reale. Anche per esse è richiesta l’introduzione di smart meter, connessi ad una rete di comunicazione broadband e in grado di gestire un flusso di monitoraggio e controllo bi-direzionale esteso a tutti gli apparati connessi alla rete elettrica (ma anche del gas, acqua, ecc). La M3N, è un’estensione delle wireless mesh network (WMN). Esse rappresentano una tecnologia fortemente attesa che giocherà un ruolo molto importante nelle futura generazione di reti wireless. Una WMN è una rete di telecomunicazione basata su nodi radio in cui ci sono minimo due percorsi che mettono in comunicazione due nodi. E’ un tipo di rete robusta e che offre ridondanza. Quando un nodo non è più attivo, tutti i rimanenti possono ancora comunicare tra di loro, direttamente o passando da uno o più nodi intermedi. Le WMN rappresentano una tipologia di rete fondamentale nel continuo sviluppo delle reti radio che denota la divergenza dalle tradizionali reti wireless basate su un sistema centralizzato come le reti cellulari e le WLAN (Wireless Local Area Network). Analogamente a quanto successo per le reti di telecomunicazione fisse, in cui si è passati, dalla fine degli anni ’60 ai primi anni ’70, ad introdurre schemi di rete distribuite che si sono evolute e man mano preso campo come Internet, le M3N promettono di essere il futuro delle reti wireless “smart”. Il primo vantaggio che una WMN presenta è inerente alla tolleranza alla caduta di nodi della rete stessa. Diversamente da quanto accade per una rete cellulare, in cui la caduta di una Base Station significa la perdita di servizio per una vasta area geografica, le WMN sono provviste di un’alta tolleranza alle cadute, anche quando i nodi a cadere sono più di uno. L'obbiettivo di questa tesi è quello di valutare le prestazioni, in termini di connettività e throughput, di una M3N al variare di alcuni parametri, quali l’architettura di rete, le tecnologie utilizzabili (quindi al variare della potenza, frequenza, Building Penetration Loss…ecc) e per diverse condizioni di connettività (cioè per diversi casi di propagazione e densità abitativa). Attraverso l’uso di Matlab, è stato quindi progettato e sviluppato un simulatore, che riproduce le caratteristiche di una generica M3N e funge da strumento di valutazione delle performance della stessa. Il lavoro è stato svolto presso i laboratori del DEIS di Villa Grifone in collaborazione con la FUB (Fondazione Ugo Bordoni).

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Il lavoro valuta le prestazioni di 14 stati membri dell'Unione Europea, la quale attraverso la strategia Europa 2020 propone il raggiungimento di 8 target fondamentali per una crescita intelligente, sostenibile e inclusiva entro il 2020. I target riguardano l'occupazione, il tasso d'istruzione superiore, la percentuale di energia rinnovabile, il consumo energetico, le emissioni di gas serra, la spesa in ricerca e sviluppo, la povertà , il prematuro abbandono scolastico. A tali target corrispondono indicatori che sono annualmente censiti attraverso le autorità statistiche nazionali ed Eurostat. La misura della performance degli Stati è stata effettuata mediante il calcolo della distanza dal target di ciascun paese negli anni compresi tra il 2000 e il 2009. In particolare si è effettuato, adattandolo alle esigenze del lavoro, il calcolo della distanza euclidea e della distanza di Mahalanobis. Con le limitazioni dovute alla qualità dei dati disponibili e ad una difficoltà oggettiva di stabilire una linea di base, il lavoro ha permesso di dare un giudizio alla qualità dello sforzo compiuto da ciascun paese per raggiungere i target, fornendo un quadro analitico e articolato dei rapporti che intercorrono tra i diversi indicatori. In particolare è stato realizzato un modello relazionale basato su quattro indicatori che sono risultati essere correlati e legati da relazioni di tipo causale. I risultati possono essere sintetizzati come segue. La strategia Europa 2020 sembra partire da buone basi in quanto si è potuto osservare che in generale tutti gli stati membri osservati, Europa a 15, mostrano avere un miglioramento verso i loro rispettivi target dal 2005. Durante gli anni osservati si è notato che il range temporale 2005 e 2008 sembra essere stato il periodo dove gli stati hanno rallentato maggiormente la loro crescita di performance, con poi un buon miglioramento nell'anno finale. Questo miglioramento è stato indagato ed è risultato essere coincidente con l'anno di inizio della crisi economica. Inoltre si sono osservate buone relazioni tra il GDP e gli indicatori che hanno contribuito alla diminuzione delle performance, ma il range di riferimento non molto ampio, non ha permesso di definire la reale correlazione tra il GDP e il consumo energetico ed il GDP e l'investimento in ricerca e sviluppo.