990 resultados para Zone umide, acque dolci, stato ecologico, Punte Alberete, Valle Mandriole, Pineta San Vitale, impatto ambientale, Beyond BACI, macroinvertebrati bentonici, Procambarus clarkii


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Un discreto numero di molecole biologicamente attive contenute nei cibi vegetali si suppone esercitino un ruolo preventivo e favorevole su molteplici funzioni dell’organismo, con meccanismi d’azione spesso legati alla modulazione diretta e indiretta dello stress ossidativo. Acido ascorbico, tocoferoli, carotenoidi, polifenoli, posseggono attività antiossidante e giocano un ruolo positivo nella conservazione dello stato di salute. L’elevato contenuto di essi nei peperoni dolci (Capsicum Annuum L.) ha incrementato l’interesse nei confronti di questi vegetali da parte del settore agronomico e dell’industria alimentare. È tuttavia noto che la concentrazione di composti bioattivi può essere molto diversa anche tra cultivar della stessa specie vegetale ed è pertanto importante evidenziare il contenuto quali-quantitativo delle varie molecole nelle diverse cultivar di peperoni dolci, in modo da evidenziare le più ricche di tali componenti. Occorre però tenere conto anche della biodisponibilità e bioaccessibilità dei diversi componenti funzionali. Infatti il possibile effetto positivo di tali molecole non dipende solo dal loro contenuto nell’alimento ma soprattutto dalla quantità che viene rilasciata dalla matrice alimentare durante il processo digestivo, e che quindi risulta essere potenzialmente biodisponibile e attivo nell’organismo. Scopo della ricerca presentata è stato valutare e confrontare la digeribilità e la bioaccessibilità di alcuni composti bioattivi antiossidanti in peperoni dolci rossi e gialli appartenenti a due diverse cultivar, Lamuyo e Corno di Toro. Il contenuto fenolico totale e di vitamina C, l’attività antiossidante totale sono stati determinati nei campioni di peperone digeriti in vitro, e comparati ai prodotti freschi, evidenziando differenze significative in termini di bioaccessibilità in particolare tra i peperoni rossi delle due cultivar. Sebbene il processo di digestione in vitro sia una simulazione parziale ed incompleta di quanto accade in vivo, la valutazione di un alimento dopo averlo sottoposto a tale processo rappresenta un importante progresso nello studio delle proprietà e del valore nutrizionale degli alimenti.

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Nelle matrici ambientali sono spesso presenti xenoestrogeni, molecole sintetiche o di origine naturale ad attività estrogenica in grado di alterare il normale equilibrio ormonale di organismi esposti, incidendo negativamente su alcune funzioni vitali come la riproduzione ed il metabolismo. Diverse sostanze chimiche presenti in ambiente, tra cui alcune molecole ad attività estrogenica, sono anche potenziali composti genotossici, in grado, cioè, di interagire con il DNA ed esercitare effetti anche a lungo termine come l’insorgenza di tumori nei vertebrati, uomo compreso. L’obiettivo del presente lavoro di tesi è stato quello di mettere a punto ed utilizzare due saggi biologici, il saggio E-screen ed il test dei micronuclei, per valutare la presenza di xenoestrogeni e composti genotossici in campioni di acque prelevate prima e dopo i trattamenti di potabilizzazione, utilizzando cellule MCF-7 di adenocarcinoma mammario come modello sperimentale in vitro. Le indagini biologiche sono state condotte sulla base di una convenzione di ricerca con la Società acquedottistica Romagna Acque- Società delle fonti e hanno previsto tre campagne di monitoraggio. I campioni di acqua sperimentale, raccolti prima e dopo i trattamenti presso diversi impianti di potabilizzazione, sono stati preventivamente filtrati, estratti in fase solida, fatti evaporare sotto leggero flusso di azoto, ed infine, saggiati sulle cellule. Il test E-screen, di cui abbiamo dimostrato un elevato livello di sensibilità, ha permesso di escludere la presenza di composti ad attività estrogenica nei campioni esaminati. Allo stesso modo, i risultati del test dei micronuclei hanno dimostrato l’assenza di effetti genotossici, confermando la buona qualità delle acque analizzate. Nell’ambito delle attività di monitoraggio, le indagini biologiche risultano essenziali per la valutazione di una potenziale contaminazione ambientale, in quanto forniscono informazioni anche quando non sono state condotte analisi chimiche. Inoltre, anche quando le analisi chimiche siano state condotte, i test biologici informano della potenzialità tossica di una matrice causata eventualmente da sostanze non oggetto del saggio chimico. Infine, i test biologici permettono di identificare eventuali sinergie tra più contaminanti presenti nelle acque, affermandosi come test da condurre in maniera complementare ai saggi chimici. I test biologici come quelli impiegati nel lavoro di tesi sono molto sensibili ed informativi, ma necessitano della definizione di protocolli standardizzati per garantirne un’uniforme applicazione alle acque ad uso potabile, almeno a livello nazionale.

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L’aumento della pressione parziale di anidride carbonica in atmosfera e il conseguente aumento dell’idrolisi di CO2 nell’acqua marina, noto come “acidificazione degli oceani", consiste nella diminuzione del pH e nella riduzione dello stato di saturazione delle acque (Ω) rispetto al carbonato di calcio (CaCO3). Il Golfo di Napoli è caratterizzato da elevati livelli di CO2 dovuti alla presenza di emissioni naturali di gas (vents), è perciò considerato un laboratorio naturale per prevedere gli effetti futuri sugli organismi marini dovuti all’aumento della acidificazione degli oceani. Questo lavoro di tesi valuta, per la prima volta, l’effetto dei vents sugli pteropodi Thecosomata (gasteropodi planctonici). Data la loro necessità di ioni carbonato per produrre la conchiglia, questi sono considerati “organismi sentinella” per i cambiamenti del sistema dei carbonati nell’ambiente marino. Gli pteropodi sono stati campionati e successivamente analizzati in termini di abbondanza specifica, dimensione e stato di degradazione della conchiglia. I principali risultati hanno mostrato che dalle stazioni di controllo alle zone con presenza di emissioni gassose, vi è un gradiente di diminuzione dei livelli di pH e Ωar, nonostante in nessuna stazione siano presenti livelli di sottosaturazione carbonatica. Gli pteropodi diminuiscono in termini di abbondanza e biodiversità presentando una conchiglia con livelli di dissoluzione elevata nelle stazioni adiacenti alle emissioni gassose, mentre lo stato di preservazione della conchiglia aumenta all’aumentare della distanza dalle zone di emissione, suggerendo che la variazione dello stato di saturazione nelle diverse stazioni, influenzi i processi di calcificazione dell’organismo. Gli effetti negativi delle emissione gassose sugli pteropodi potrebbero a lungo termine risultare in uno shift di popolazioni a vantaggio di organismi planctonici non calcificanti.

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Le acque sotterranee rappresentano una risorsa fondamentale di acqua potabile; per questo motivo esse devono essere preservate, controllate, e se necessario, trattate e decontaminate. Nella presente tesi è stato analizzato, dal punto di vista idraulico, uno dei metodi di risanamento delle acque sotterranee più efficaci ed ampiamente utilizzati: il sistema Pump & Treat. Esso consiste nella costruzione di una barriera idraulica formata da pozzi che pompano acqua dal sottosuolo per consentirne il trattamento e la conseguente reimmissione nel corpo idrico. In questo contesto, sono stati approfonditi i principali criteri di progettazione ed è stato sviluppato un esempio applicativo utilizzando il codice numerico MODFLOW per la risoluzione delle equazioni di flusso e trasporto in acque sotterranee.

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Uno degli aspetti più influenti sulla qualità chimica e biologica dell’acqua di laghi e invasi, caratteristico del bacino di Ridracoli, è rappresentato dalla stratificazione termica, un processo di formazione di volumi d’acqua a diversa densità che può verificarsi allorquando, in alcune circostanze e, nello specifico, durante la stagione estiva, si instauri una condizione stabile in cui l’acqua riscaldata dalla radiazione solare sovrasta quella più fredda e densa del fondo. Una delle conseguenze di tali variazioni termiche è che esse inducono cambiamenti nei livelli di ossigeno disciolto, favorendo l’instaurarsi di processi di degradazione anaerobica della materia organica e determinando la formazione di un chimismo ostile per l’attività biologica. I cicli stagionali, redox-dipendenti, di Ferro e Manganese tra la colonna d’acqua e i sedimenti sono caratteristici di questi ambienti ed una loro risospensione in forma disciolta è stato rilevato nell’ipolimnio dell’invaso di Ridracoli, stagionalmente anossico. Questo studio, collocato all’interno di un ampio progetto finanziato da Romagna Acque Società delle Fonti S.p.A. con la Facoltà di Scienze Ambientali – Campus di Ravenna ed il CNR-ISMAR, si è posto come obiettivo l’individuazione dei fattori che controllano la distribuzione e la mobilità degli elementi chimici all’interno del sistema acqua-sedimento dell’invaso di Ridracoli ed è articolato in tre diverse fasi: • Indagine della composizione chimica del sedimento; • Analisi ed interpretazione della composizione chimica delle acque interstiziali • Stima del flussi attraverso l’interfaccia acqua-sedimento mediante l’utilizzo di una camera bentica e l’applicazione della prima legge di Fick sulla diffusione. Al termine del lavoro è stato possibile ricostruire un quadro diagenetico generale contraddistinto da una deplezione degli accettori di elettroni principali (O2 e NO3-) entro i primi millimetri di sedimento, da un consumo immediato di SO42- e da una graduale riduzione degli ossidi di Mn (IV) e Fe (III), con formazione di gradienti negativi ed il rilascio di sostanze disciolte nella colonna d’acqua.

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Il presente lavoro si riferisce alle acque delle fontane a ricircolo. Una fontana a ricircolo è un’opera monumentale le cui acque non sono erogate come potabili; inoltre le persone non vi si immergono ma potendo comunque venirne a contatto tramite schizzi o animali, vanno trattate con una disinfezione mirata ad eliminare gli agenti patogeni pericolosi per l’uomo. Dopo aver inquadrato il problema dal punto di vista normativo, nel primo capitolo, si è passati ad analizzare il problema sanitario, descrivendo microorganismi patogeni e indicatori di rischio. È stato tuttavia necessario tenere conto anche di un altro problema: quello dell’aggressività di certi prodotti disinfettanti sui materiali costituenti la fontana. A tal proposito è stato riportato l’esempio di un caso di studio, il restauro della Fontana delle Tartarughe di Roma. Infine, dopo varie considerazioni volte ad analizzare un adeguato compromesso tra problema sanitario e problema di aggressività/corrosione sui materiali, si è dimostrato come la tecnica di disinfezione a raggi UV sia preferibile per le fontane monumentali a ricircolo.

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In questo elaborato è stato discusso il tema della depurazione delle acque reflue, in particolar modo il sistema SBR. L'SBR (Sequencing Batch Reactors) è un sistema di impianti di depurazione composto da una vasca di raccolta del liquame e una o più vasche in parallelo, i reattori, che consistono nel vero e proprio cure dell'impianto. Di fatto le fasi del processo depurativo restano immutate rispetto ad un impianto tradizionale, ma l'SBR introduce come nuovo parametro dimensionale il tempo. infatti, tutti i trattamenti depurativi sono svolti sequenzialmente nel reattore. Un programma gestisce le varie fasi del trattamento esclusivamente sulla base della loro durata (stabilita relativamente alla natura del refluo e quindi ai trattamenti da svolgere in maniera più o meno intensiva). Questa caratteristica rende l'intero impianto molto versatile nel caso di variazioni dei dati in ingresso. Per questo motivo gli impianti SBR sono ottimi per la piccola media impresa, in quanto sono facilmente adattabili alle variazioni stagionali di produzione. Sono inoltre possibili realizzazioni di impianti per il trattamento di ingenti portate, o elevate concentrazioni, ponendo più reattori in parallelo alimentati dalle stessa vasca di accumulo. In questo modo è possibile svolgere un maggiore numero di cicli depurativi al giorno e quindi rispettare i valori normativi in uscita dell'impianto. In conclusione questa tipologia d'impianto presenta notevoli vantaggi fra i quali anche quello di avere bassi costi operativi. La motivazione di ciò sta nel fatto che l'impianto lavora solo se ha effettivamente una portata, per cui se non vi è presenza di refluo il reattore non lavora e quindi non comporta costi.

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Many factors affect the airflow patterns, thermal comfort, contaminant removal efficiency and indoor air quality at individual workstations in office buildings. In this study, four ventilation systems were used in a test chamber designed to represent an area of a typical office building floor and reproduce the real characteristics of a modern office space. Measurements of particle concentration and thermal parameters (temperature and velocity) were carried out for each of the following types of ventilation systems: a) conventional air distribution system with ceiling supply and return; b) conventional air distribution system with ceiling supply and return near the floor; c) underfloor air distribution system; and d) split system. The measurements aimed to analyse the particle removal efficiency in the breathing zone and the impact of particle concentration on an individual at the workstation. The efficiency of the ventilation system was analysed by measuring particle size and concentration, ventilation effectiveness and the Indoor/Outdoor ratio. Each ventilation system showed different airflow patterns and the efficiency of each ventilation system in the removal of the particles in the breathing zone showed no correlation with particle size and the various methods of analyses used.

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Although comparison phakometry has been used by a number of studies to measure posterior corneal shape, these studies have not calculated the size of the posterior corneal zones of reflection they assessed. This paper develops paraxial equations for calculating posterior corneal zones of reflection, based on standard keratometry equations and equivalent mirror theory. For targets used in previous studies, posterior corneal reflection zone sizes were calculated using paraxial equations and using exact ray tracing, assuming spherical and aspheric corneal surfaces. Paraxial methods and exact ray tracing methods give similar estimates for reflection zone sizes less than 2 mm, but for larger zone sizes ray tracing methods should be used.

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Current guidelines on clear zone selection and roadside hazard management adopt the US approach based on the likelihood of roadside encroachment by drivers. This approach is based on the available research conducted in the 1960s and 70s. Over time, questions have been raised regarding the robustness and applicability of this research in Australasia in 2010 and in the Safe System context. This paper presents a review of the fundamental research relating to selection of clear zones. Results of extensive rural highway statistical data modelling suggest that a significant proportion of run-off-road to the left casualty crashes occurs in clear zones exceeding 13 m. They also show that the risk of run-off-road to the left casualty crashes was 21% lower where clear zones exceeded 8 m when compared with clear zones in the 4 – 8 m range. The paper discusses a possible approach to selection of clear zones based on managing crash outcomes, rather than on the likelihood of roadside encroachment which is the basis for the current practice. It is expected that this approach would encourage selection of clear zones wider than 8 m when the combination of other road features suggests higher than average casualty crash risk.

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The Centre for Subtropical Design has prepared this submission to assist the Gold Coast City Council to finalise a plan and detailed design guidelines for the Urban Plaza Zone of Surfers Paradise Foreshore Redevelopment Masterplan which will create a public open space ‘alive’ with the quality appropriate to a place which is both a local centre and an international destination. This review has been informed by the two over-arching values identified as characteristics of a subtropical place and people’s connection to it:  A sense of openness and permeability, and  Engagement with the natural environment. The existing qualities of the foreshore area proposed as the Urban Plaza Zone, reflect these subtropical place values, and are integral to the Surfers Paradise identity:  Seamless visual and spatial access to the beach and sea,  Permeable interface between beach and built zones provided by beach planting and shade to sand by Pandanus,  A shade zone mediating beach and linear promenade, road and commercial zones, enabling a variety of social and visual experiences, on soft and hard finishes, and  A lively, constantly moving shared road and pedestrian way catering for events and day to day activities with visual access to beach and shaded areas. The Centre for Subtropical Design commends the Gold Coast City Council on preparing a plan for a public open space that is a contemporary departure from the adhoc basis of development that has occurred, in that it will make this area more accessible. However, the proposed plan seems to be working too hard in terms of ‘program’. While providing an identifiable interruption in the linear extent of the Foreshore, the lack of continuity of design in terms of both hardscaping (such as perpendicular paving elements) and softscaping (such as tree selections) may contribute to a lack of definition for the entire Foreshore as a place that mediates, along its length, between sea and land. Providing a hard edge to a beach character of soft and planted transitional elements needs to balance the proposed visual and physical barrier with the need for perceived and actual easy access. The Surfers Paradise identity needs strengthening through attention to planting for shade, materials, particularly selection of paving colours, and stronger delineation of the linear nature of the Foreshore. The Urban Plaza zone is an appropriate interruption to the continuous planting, however the link from the commercial zone overtakes the public and beach zone. A more seamless transition from shop to sea, better integration of the roadway and pedestrian zone and improved physical transition from concrete to sand is recommended. Built form solutions must be robust and designed with the subtropical design principles and the Surfers Paradise identity as underpinning parameters for a lasting and memorable public open space.

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Background: If chondrocytes from the superficial, middle, and deep zones of articular cartilage could maintain or regain their characteristic properties during in vitro culture, it would be feasible to create constructs comprising these distinctive zones. ----- ----- Hypothesis: Zone-specific characteristics of zonal cell populations will disappear during 2-dimensional expansion but will reappear after 3-dimensional redifferentiation, independent of the culture technique used (alginate beads versus pellet culture).----- ----- Study Design: Controlled laboratory study.----- ----- Methods: Equine articular chondrocytes from the 3 zones were expanded in monolayer culture (8 donors) and subsequently redifferentiated in pellet and alginate bead cultures for up to 4 weeks. Glycosaminoglycans and DNA were quantified, along with immunohistochemical assessment of the expression of various zonal markers, including cartilage oligomeric protein (marking cells from the deeper zones) and clusterin (specifically expressed by superficial chondrocytes).----- ----- Results: Cell yield varied between zones, but proliferation rates did not show significant differences. Expression of all evaluated zonal markers was lost during expansion. Compared to the alginate bead cultures, pellet cultures showed a higher amount of glycosaminoglycans produced per DNA after redifferentiation. In contrast to cells in pellet cultures, cells in alginate beads regained zonal differences, as evidenced by zone-specific reappearance of cartilage oligomeric protein and clusterin, as well as significantly higher glycosaminoglycans production by cells from the deep zone compared to the superficial zone.----- ----- Conclusion: Chondrocytes isolated from the 3 zones of equine cartilage can restore their zone-specific matrix expression when cultured in alginate after in vitro expansion.