999 resultados para Metafora,interpretazione di conferenza,comunicazione politica,Vladimir Putin
Resumo:
La Revolución Naranja de 2004 puede ser considerada un punto de inflexión en el manejo de la política exterior del gobierno de Vladímir Putin. Pues, le demostró que para recuperar el prestigio ruso en el espacio que consideraba propio (postsoviético) se debía abandonar la tendencia de definir la política exterior en términos de hard power e incluir elementos del soft power. De ahí que, el propósito de esta monografía es analizar los factores que afectan la aplicación del soft power como un instrumento de la política exterior rusa enfocada al establecimiento de la hegemonía del Kremlin en Ucrania entre el período 2004 y 2013. Para ello, a partir de la propuesta constructivista de Theodore Hopf se identifican tres elementos interconectados: la figura de Vladímir Putin, la sociedad ucraniana, y, específicamente, la identidad compartida entre Rusia y la población conformada por rusos étnicos y personas afines con la cultura rusa.
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El objetivo de esta monografía es analizar de qué manera el interés nacional ruso determina su reivindicación geopolítica en el Ártico. Adicionalmente, se profundizará sobre la posición geográficamente privilegiada en esta región y su importancia para los países miembros del Consejo Ártico a partir del deshielo del 2007. Por otra parte, se analizará la reivindicación geopolítica rusa en el Ártico a través de la aplicación del Derecho Internacional y el desplazamiento de sus fuerzas militares en esta zona. Para resolver la investigación, es pertinente explicar el interés nacional ruso bajo la Teoría de Realismo Político de Hans Morgenthau, lo que ayudará a clasificar el modelo de política exterior que Rusia aplicó en la región Ártica durante el periodo 2007 – 2013.
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Esta monografía se centra en evaluar mediante un enfoque constructivista, y a partir de una serie de hechos históricos, cómo la identidad construida por Rusia y Georgia fue el detonante de la Guerra de Osetia del Sur en 2008. Para tal objetivo, se partirá del supuesto que este conflicto fue el resultado de las diferencias entre ambos actores que desarrollaron una serie de políticas antagónicas, enmarcadas en una cultura de anarquía hobbesiana la cual se configuró tras la Revolución de las Rosas y la posterior llegada de Mijaíl Saakashvili al poder, puesto que Georgia se convertiría en el principal aliado de occidente en el Cáucaso, basado en un rol anti ruso y disidente de la influencia del Kremlin en la zona, divergiendo con el liderazgo de Rusia el cual se fundamenta en una identidad construida a raíz de su pasado imperial y hegemónico.
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“La questione di Trieste”, ovvero la questione del confine italo-yugoslavo all’indomani della seconda guerra mondiale costituisce da lungo tempo oggetto di attenzione e di esame da parte della storiografia italiana e straniera. Con alcune importanti eccezioni, la ricostruzione complessiva di quelle vicende ha visto il più delle volte il prevalere di un approccio storico-diplomatico che ha reso difficile comprendere con chiarezza i rapporti e le interdipendenze fra contesto locale, contesto nazionale e contesto internazionale. Attraverso la lettura incrociata dell’ampia documentazione proveniente dai fondi dei National Archives Records Administration (NARA) questo studio tenta una rilettura delle varie fasi di sviluppo della questione nel periodo compreso tra il giugno del 1945 e l’ottobre del 1954 secondo una duplice prospettiva: nella prima parte si concentra sulla politica americana a Trieste, guardando nello specifico a due aspetti interni tra loro strettamente correlati, la gestione dell’ordine pubblico e la “strategia” del consenso da realizzarsi mediante il controllo dell’informazione da un lato e la promozione di una politica culturale dall’altro. Sono aspetti entrambi riconducibili al modello del direct rule, che conferiva al governo militare alleato (GMA) piena ed esclusiva autorità di governo sulla zona A della Venezia Giulia, e che ci appaiono centrali anche per cogliere l’interazione fra istituzioni e soggetti sociali. Nella seconda parte, invece, il modificarsi della fonte d’archivio indica un cambiamento di priorità nella politica estera americana relativa a Trieste: a margine dei negoziati internazionali, i documenti del fondo Clare Boothe Luce nelle carte dell’Ambasciata mostrano soprattutto come la questione di Trieste venne proiettata verso l’esterno, verso l’Italia in particolare, e sfruttata – principalmente dall’ambasciatrice – nell’ottica bipolare della guerra fredda per rinforzare il sostegno interno alla politica atlantica. Il saggio, dunque, si sviluppa lungo due linee: dentro e fuori Trieste, dentro 1945-1952, fuori 1953-1954, perché dalle fonti consultate sono queste ad emergere come aree di priorità nei due periodi. Abstract - English The “Trieste question”, or the question regarding the Italian - Yugoslav border after the Second World War, has been the object of careful examination in both Italian and foreign historiography for a long time. With a few important exceptions, the overall reconstruction of these events has been based for the most part on historic and diplomatic approaches, which have sometimes made it rather difficult to understand clearly the relationships and interdependences at play between local, national and international contexts. Through a comparative analysis of a large body of documents from the National Archives and Records Administration (NARA), College Park MD, this essay attempts a second reading of the various phases in which the question developed between June 1945 and October 1954, following a twofold perspective: the first part focuses on American policy for Trieste, specifically looking at two internal and closely linked aspects, on the one hand, the management of ‘law and order’, as well as a ‘strategy’ of consent, to be achieved through the control of all the means of information , and, on the other, the promotion of a cultural policy. Both aspects can be traced back to the ‘direct rule’ model, which gave the Allied Military Government (AMG) full and exclusive governing authority over Venezia Giulia’s Zone A. These issues are also fundamental to a better understanding of the relationships between institutions and social subjects. In the second part of the essay , the change in archival sources clearly indicates a new set of priorities in American foreign policy regarding Trieste: outside any international negotiations for the settlement of the question, the Clare Boothe Luce papers held in the Embassy’s archives, show how the Trieste question was focused on external concerns, Italy in particular, and exploited – above all by the ambassador – within the bi-polar optic of the Cold War, in order to strengthen internal support for Atlantic policies. The essay therefore follows two main lines of inquiry: within and outside Trieste, within in 1945-1952, and outside 1953-1954, since, from the archival sources used, these emerge as priority areas in the two periods.
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Coordenação de Aperfeiçoamento de Pessoal de Nível Superior (CAPES)
Ecos da memória: a re-construção da identidade em A misteriosa chama da rainha Loana, de Umberto Eco
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Conselho Nacional de Desenvolvimento Científico e Tecnológico (CNPq)
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La sedimentazione clastica di mare profondo è attualmente uno dei principali argomenti della ricerca sedimentologica sia in ambito puramente accademico che in ambito petrolifero-industriale. Gli studi recenti hanno enfatizzato l'influenza fondamentale della topografia preesistente del fondo marino sulla crescita e la morfologia sui fan di mare profondo; si è visto come, in molti systemi torbiditici, l’evoluzione dei processi deposizionali sia stata da moderatamente a fortemente controllata dall’ effetto di confinamento di scarpate tettoniche, ridge strutturali e seamounts. Scopo di questo lavoro è studiare l'effetto del confinamento alla scala di bacino sui principali sistemi torbiditici del margine orientale della Sardegna che rappresenta un margine passivo articolato di bacini di intraslope confinati verso mare da seamounts. Lo studio dei sistemi deposizionali è stato eseguito attraverso l'interpretazione di dati di batimetria multibeam ad alto dettaglio acquisiti dall’ISMAR di Bologna durante la crociera Tir99. L’ interpretazione multibeam è stata integrata con l’ analisi di profili sismici a riflessione per comprendere la morfologia l’organizzazione interna e l’evoluzione nel tempo dei principali elementi deposizionali dei sistemi torbiditici. Tre bacini di intraslope (Olbia, Baronie e il settore settentrionale del bacino Ogliastra) sono stati investigati. Il bacino di Olbia è il bacino più settentrionale del margine orientale della Sardegna ed è limitato verso mare dai seamount Etruschi e Baronie. Il principale sistema torbiditico del bacino di Olbia è costituito dal Caprera, articolato in un sistema di canyon alimentatori nella piattaforma e nella scarpata continentale e da un ampio canale con argini alla base della scarpata. Il Caprera è fiancheggiato da un ampia piattaforma continentale, e questa, fungendo da “magazzino” per il materiale piu grossolando, può spiegare la peculiare architettura sedimentaria del suo fan. L'effetto di confinamento del bacino sulla forma e sull'evoluzione del fan del Caprera è evidente soprattutto sull'asimmetria dei leve e su fenomeni di avulsione che hanno coinvolto il canale. Il bacino di intraslope di Olbia appare completamente riempito, e, nel bordo orientale, è presente il canyon di intrabacino verso il bacino sottostante. Gli effetti dell'abbassamento del livello di base sono visibili nel settore distale del sistema, dove si ha lo sviluppo di canali distributari e di valli erosive a basso rilievo, che rappresentano le porzioni "upslope" dei canyon di "bypass". Il bacino di intraslope del Baronie è il bacino centrale del margine, confinato verso mare dal seamount delle Baronie, e presenta una via di fuga laterale rappresentato dal sistema di canyon di Gonone-Orosei. Il Posada è il sistema torbiditico principale, consiste di un canyon profondamente inciso nella piattaforma e nella scarpata, e sviluppa alla base della scarpata un piccolo fa radiale. La morfologia del è il risultato dell'interazione complessa tra la geoemtria del bacino ricevente ed il comportamento dei flussi sedimentari. La forma del bacino ha costretto il sistema torbiditico a cambiare la direzione di sviluppo, da est verso sud. Processi di framanento in massa a grande scala hanno inoltre contribuito alla riorganizzazione del sistema torbiditico. Il bacino dell’Ogliastra è localizzato nel settore meridionale del margine, limitato verso mare dal seamount Quirra. Il settore settentrionale della scarpata continentale del bacino Ogliastra è caratterizzato da canyon e incisioni di carattere ibrido, con tratti deposizionali ed erosivi. L'Arbatax è il principale sistema torbiditico del bacino di Ogliastra caratterizzato da un settore meridionale dominato da un canale alimentatore e da un settore settentrionale abbandonato, caratterizzato da fenomeni di smantellamento e instabilità gravitativa. In generale i risultati dello studio evidenziano l'importanza della combinazione dei fattori di controllo esterni, e della topografia preesistente, nello sviluppo dei processi sedimentari e degli elementi deposizionali dei sistemi torbiditici. In particolare, appare evidente come lo stile deposizionale dei sistemi torbiditici in ambiente confinato diverga sostanzialmente da quello previsto dai modelli di fan sottomarini usati come strumenti predittivi nella esplorazione e sfruttamento dei giacimenti di idrocarburi.
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La tesi mira ad analizzare e valutare le attuali relazioni esistenti tra le regioni e l’Unione europea, alla luce dei processi di riforma in atto sia sul versante interno sia su quello europeo. In particolare, essa prende spunto dalla riforma del Titolo V della Costituzione italiana e dalle leggi di attuazione della stessa, che hanno ridisegnato i contorni del regionalismo italiano. Nell’introduzione si analizza il contesto europeo delle relazioni dell’Unione con le entità sub-statali; in tal senso si è voluto preliminarmente chiarire il senso in cui si è utilizzato il termine “regione”: non tutti gli Stati europei infatti accolgono una tale nozione nel senso in cui essa è utilizzata nell’ordinamento italiano, né i poteri conferiti alle regioni sono i medesimi in tutti gli Stati che utilizzano ripartizioni territoriali simili alle regioni italiane. Prendendo come punto di riferimento per la prima parte della ricerca le entità territoriali dotate di competenze legislative, trascurando le relazioni dell’UE con i soggetti sub-statali con attribuzioni meramente amministrative. La ricerca prende dunque le mosse dal concetto di “regionalismo comunitario”. La questione regionale ha sempre costituito un problema aperto per le istituzioni comunitarie (legato alla problematica del “deficit democratico” dei processi legislativi comunitari). Le istituzioni, soprattutto agli inizi del cammino di integrazione europea, risentivano infatti delle origini internazionali delle Comunità, e consideravano quale unici interlocutori possibili i governi centrali degli Stati membri. Si è quindi voluta mettere in luce la rapida evoluzione dell’attitudine regionale dell’Unione, provocata da una nuova coscienza comunitaria legata alla prima fase di attuazione della politica dei fondi strutturali, ma soprattutto all’ingresso sulla scena europea del principio di sussidiarietà, e degli effetti che esso è stato in grado di produrre sull’intero sistema di relazioni Stati/Regioni/Unione europea: l’Unione è giunta di recente ad accogliere una nozione più ampia di Stato, comprensiva – anche se in modo limitato e solo per alcuni fini – delle entità sub-statali. Lo studio si concentra poi sull’ordinamento italiano, presentando lo stato attuale della legislazione nazionale relativa alla partecipazione delle regioni al sistema del diritto comunitario. All’inizio del capitolo si precisa la fondamentale distinzione tra fase ascendente, cioè partecipazione di rappresentanti regionali alle procedure legislative dell’Unione, e fase discendente, cioè relativa al ruolo delle regioni nell’attuazione del diritto comunitario; tale distinzione appare necessaria al fine di chiarire le diverse modalità che può assumere il ruolo delle regioni nel sistema comunitario, e sarà ripresa durante tutta la ricerca. Il secondo capitolo esamina la riforma costituzionale del 2001, complessivamente orientata verso una ridefinizione del nostro sistema delle autonomie e delle loro relazioni con l’Unione europea. Nel nuovo testo costituzionale le prerogative regionali risultano ormai “costituzionalizzate”, trovano ora definitiva collocazione nell’art. 117 Cost. La riforma del 2001 comporta alcuni elementi innovativi circa la complessiva strutturazione del rapporto tra l’ordinamento nazionale e quello comunitario, in particolare prevedendo che “le regioni, nelle materie di loro competenza, partecipano alle decisioni dirette alla formazione degli atti normativi comunitari, nel rispetto delle norme di procedura stabilite con legge dello Stato”. Grazie a questa previsione il coinvolgimento delle regioni assume rango costituzionale e si impone al legislatore ordinario, il quale può continuare a determinarne le modalità procedurali ma non cancellarlo o pregiudicarlo in modo sostanziale. In secondo luogo l’art. 117 Cost. propone, all’interno del nostro ordinamento, una definizione complessiva del rapporto tra le fonti statali e quelle regionali, rimodulando le sfere e le modalità di “interferenza” tra lo Stato e le autonomie regionali. Con riferimento alla ripartizione di competenze, l’evoluzione è evidente: da un sistema in cui la competenza generale era statale, e veniva fornita un’elencazione di dettaglio delle materie che facevano eccezione, si è giunti oggi ad un sistema capovolto, in cui per ogni materia non contenuta nell’elencazione dell’articolo 117 la competenza può essere regionale; in tale sistema può leggersi una forma di “sussidiarietà legislativa”, come messo in luce dalla ricerca. Lo studio passa poi ad analizzare le concrete modalità di partecipazione regionale nelle disposizioni delle leggi primarie che hanno dato attuazione alla novella costituzionale, con riferimento tanto alla fase ascendete quanto a quella discendente. La fase ascendente, osservata nel secondo capitolo della tesi, può verificarsi tramite la partecipazione diretta di rappresentanti regionali alle riunioni del Consiglio, così come previsto da una disposizione della legge n. 131/2003 (“La Loggia”), i cui risultati si sono rivelati però piuttosto modesti e privi, in assenza di una radicale revisione dei Trattati, di serie prospettive di sviluppo. Ma esiste altresì un'altra tipologia di relazioni sviluppabili in fase ascendente, relazioni “indirette”, cioè svolte tramite l’intermediazione dello Stato, che si fa portavoce delle istanze regionali a Bruxelles. In tale prospettiva, la ricerca si concentra sulle disposizioni della legge n. 11/2005 (“Buttiglione”), che riformano il sistema delle conferenze, prevedono precisi obblighi informativi per il Governo nei confronti delle regioni in relazione all’adozione di atti comunitari ed introducono nel panorama legislativo italiano l’istituto della riserva d’esame, al fine di dare maggior peso alle istituzioni regionali al momento dell’adozione di atti comunitari. La tesi passa poi all’analisi della fase discendente. Le funzioni regionali in materia di attuazione del diritto comunitario risultano altresì ampliate non soltanto alla luce della nuova formulazione dell’art. 117 Cost., ma anche e soprattutto grazie ad una disposizione della legge “Buttiglione”, che introduce la possibilità di adottare “leggi comunitarie regionali”, da adottarsi sul modello di legge comunitaria nazionale vigente nel nostro ordinamento fin dal 1989. Tale disposizione ha dato il via ad una serie di processi di riforma all’interno degli ordinamenti giuridici regionali, volti a predisporre tutti gli strumenti legislativi utili all’adozione delle leggi comunitarie regionali, di gran lunga la novità più importante contenuta nella disciplina della legge “Buttiglione”. Perciò, dopo un’analisi approfondita relativa al nuovo riparto di competenze tra Stato e regioni, oggetto della prima parte del capitolo terzo, ed uno studio relativo al locus standi delle regioni nel sistema giurisdizionale europeo, svolto nella seconda parte dello stesso capitolo, l’ultima parte della tesi è rivolta ad individuare gli atti regionali di maggior interesse nella prospettiva dell’attuazione del diritto comunitario realizzata tramite leggi comunitarie regionali. In quest’ambito particolare attenzione è stata rivolta alla legislazione della regione Emilia-Romagna, che si è dimostrata una delle regioni più attente e capaci di cogliere le potenzialità presenti nel “nuovo” sistema di relazioni delle regioni con il sistema comunitario.
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Per quanto riguarda le costruzioni in conglomerato cementizio armato gettato in opera, i sistemi strutturali più comunemente utilizzati sono quelli a telaio (con trasmissione di momento flettente), a setti portanti o una combinazione di entrambi. A partire dagli anni ’60, numerosissimi sono stati gli studi relativamente al comportamento sismico di strutture in c.a. a telaio. Lo stesso si può affermare per le costruzioni costituite da pareti miste a telai. In particolare, l’argomento della progettazione sismica di tali tipologie di edifici ha sempre riguardato soprattutto gli edifici alti nei quali, evidentemente, l’impiego delle pareti avveniva allo scopo di limitarne la elevata deformabilità. Il comportamento sismico di strutture realizzate interamente a pareti portanti in c.a. è stato meno studiato negli anni, nonostante si sia osservato che edifici realizzati mediante tali sistemi strutturali abbiano mostrato, in generale, pregevoli risorse di resistenza nei confronti di terremoti anche di elevata intensità. Negli ultimi 10 anni, l’ingegneria sismica si sta incentrando sull’approfondimento delle risorse di tipologie costruttive di cui si è sempre fatto largo uso in passato (tipicamente nei paesi dell’Europa continentale, in America latina, negli USA e anche in Italia), ma delle quali mancavano adeguate conoscenze scientifiche relativamente al loro comportamento in zona sismica. Tali tipologie riguardano sostanzialmente sistemi strutturali interamente costituiti da pareti portanti in c.a. per edifici di modesta altezza, usualmente utilizzati in un’edilizia caratterizzata da ridotti costi di realizzazione (fabbricati per abitazioni civili e/o uffici). Obiettivo “generale” del lavoro di ricerca qui presentato è lo studio del comportamento sismico di strutture realizzate interamente a setti portanti in c.a. e di modesta altezza (edilizia caratterizzata da ridotti costi di realizzazione). In particolare, le pareti che si intendono qui studiare sono caratterizzate da basse percentuali geometriche di armatura e sono realizzate secondo la tecnologia del cassero a perdere. A conoscenza dello scrivente, non sono mai stati realizzati, fino ad oggi, studi sperimentali ed analitici allo scopo di determinare il comportamento sismico di tali sistemi strutturali, mentre è ben noto il loro comportamento statico. In dettaglio, questo lavoro di ricerca ha il duplice scopo di: • ottenere un sistema strutturale caratterizzato da elevate prestazioni sismiche; • mettere a punto strumenti applicativi (congruenti e compatibili con le vigenti normative e dunque immediatamente utilizzabili dai progettisti) per la progettazione sismica dei pannelli portanti in c.a. oggetto del presente studio. Al fine di studiare il comportamento sismico e di individuare gli strumenti pratici per la progettazione, la ricerca è stata organizzata come segue: • identificazione delle caratteristiche delle strutture studiate, mediante lo sviluppo/specializzazione di opportune formulazioni analitiche; • progettazione, supervisione, ed interpretazione di una estesa campagna di prove sperimentali eseguita su pareti portanti in c.a. in vera grandezza, al fine di verificarne l’efficace comportamento sotto carico ciclico; • sviluppo di semplici indicazioni (regole) progettuali relativamente alle strutture a pareti in c.a. studiate, al fine di ottenere le caratteristiche prestazionali desiderate. I risultati delle prove sperimentali hanno mostrato di essere in accordo con le previsioni analitiche, a conferma della validità degli strumenti di predizione del comportamento di tali pannelli. Le elevatissime prestazioni riscontrate sia in termini di resistenza che in termini di duttilità hanno evidenziato come le strutture studiate, così messe a punto, abbiano manifestato un comportamento sismico più che soddisfacente.
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Il concetto fondante e le motivazioni alla base di questo lavoro di tesi sono costituiti dalla volontà di analizzare a fondo la problematica energetica ed ambientale, focalizzando l‟indagine sul ruolo delle Fonti Energetiche Rinnovabili e contestualizzandola nel contesto “locale” relativo alla Regione Emilia Romagna: questo lavoro di tesi, infatti, è stato sviluppato nell‟ambito di un progetto di collaborazione stipulato tra Università e Regione Emilia Romagna e si è svolto all‟interno dell‟Assessorato alle Attività Produttive della Regione, lavorando con il “Servizio Politiche Energetiche” emiliano-romagnolo. La crisi energetica (e, contestualmente, la crisi ambientale) rappresenta una problematica al centro del dibattito globale da oltre mezzo secolo, affrontata finora in maniera non organica e realmente efficace dalle nazioni e dagli organismi sovranazionali coinvolti in tale dibattito. Tale tematica è divenuta ancora più pregnante (e la ricerca di una “soluzione” al riguardo, ancora più pressante) negli ultimi anni, in seguito alla deflagrazione di una crisi globale –economica e sociale- che ha intaccato i modelli di crescita e sviluppo (anche tecnologico) conosciuti finora, ponendo di fronte agli occhi dell‟umanità la necessità impellente di ridefinire politiche economiche, ambientali e, conseguentemente, energetiche, caratterizzate da una maggiore sostenibilità globale. La continua crescita della popolazione e il progressivo incremento generalizzato (e disomogeneo) degli standard di vita alimentano con ritmi esponenziali la domanda –e la conseguente produzione- di energia, inevitabilmente correlata (proprio a causa dei modelli di sviluppo seguiti finora) ad un drammatico incremento delle emissioni climalteranti, che continuano a nuocere irreversibilmente alla salubrità del nostro fragile ecosistema. Oltre alla problematica ambientale si aggiunge, con impellenza sempre più marcata, quella relativa alla disponibilità delle principali fonti energetiche (quelle fossili), che si profilano in esaurimento entro lassi temporali che potrebbero divenire drammaticamente prossimi: il “rischio reale” connesso alla prosecuzione di politiche energetiche poggiate sullo sfruttamento intensivo di tali fonti non è tanto connesso all‟eventuale esaurimento assoluto delle risorse stesse, quanto ad una loro progressiva riduzione, tale da renderle viepiù costose e sempre meno convenienti economicamente. Uno scenario di questo tipo si tradurrebbe inevitabilmente in una condizione per la quale solamente i Paesi più ricchi potrebbero usufruire di tali risorse, estremamente costose, mentre i Paesi meno evoluti economicamente rischierebbero di trovarsi nell‟impossibilità di approvvigionarsi, andando incontro a condizioni di deficit energetico: uno scenario inquietante, che però non appare così “ipotetico”, se si tiene conto di come –già ora- siano in aumento segnali di allarme e di conflitto, attivati da localizzate insufficienze energetiche. In un quadro globale di questo tipo le strade risolutive finora riconosciute e percorse dal mondo scientifico, politico ed economico sono sostanzialmente due: - L‟implementazione del risparmio energetico, in un‟ottica di drastica riduzione dei consumi globali; - La “conversione” della produzione energetica (attualmente fondata sulle fonti convenzionali, ossia quelle fossili) verso le cosiddette “Fonti Energetiche Alternative”. Questa seconda direttrice di marcia sembra poter essere quella in grado di reindirizzare verso un orizzonte di maggiore sostenibilità l‟attuale sistema energetico globale, e in quest‟ottica assumono quindi enorme importanza strategica le tecnologie alternative e, prime tra tutte, le Fonti Energetiche Rinnovabili (FER). Queste consentirebbero infatti sia di ridurre l‟impatto ambientale connesso alla produzione energetica da fonti convenzionali, che di implementare politiche di autosufficienza energetica per quei Paesi che attualmente, dal punto di vista del bilancio energetico interno, dipendono in misura marcata dall‟importazione di combustibili fossili dall‟estero. La crisi energetica e il conseguente ruolo chiave delle Fonti Energetiche Rinnovabili è quindi il punto di partenza di questa tesi, che ha voluto confrontarsi con tale problematica globale, misurandosi con le azioni e con i provvedimenti intrapresi al riguardo a livello locale, focalizzando l‟attenzione sulla realtà e sugli sviluppi delle Fonti Energetiche Rinnovabili nella Regione Emilia Romagna. Per sviluppare il lavoro si è proceduto definendo prima di tutto un quadro complessivo della situazione, in termini di problematica energetica e di stato attuale delle Fonti Energetiche Rinnovabili, scendendo progressivamente nel dettaglio: partendo da una fotografia a livello mondiale, quindi europeo, successivamente italiano (basandosi sui dati di pubblicazioni italiane ed estere, di enti competenti in materia come Terna, il GSE o l‟Enea per l‟Italia, e l‟IEA, l‟EIA, l‟UE per l‟Europa e il resto del mondo). Nella terza parte della tesi si è scesi al dettaglio di questo stato attuale delle Fonti Energetiche Rinnovabili a livello Regionale (Emiliano-Romagnolo) e Provinciale (le nove Province della Regione): per procedere alla definizione di questo quadro la “tecnica operativa” è consistita in una raccolta dati effettuata in collaborazione con il ”Servizio Politiche Energetiche” della Regione Emilia Romagna, estesa alle 9 Province e ai 348 Comuni del territorio emiliano-romagnolo. La richiesta di dati avanzata è stata relativa agli impianti alimentati da fonte energetica rinnovabile in esercizio e a quelli in fase di valutazione sul territorio afferente all‟Ente considerato. Il passo successivo è consistito nell‟aggregazione di questi dati, nella loro analisi e nella definizione di un quadro organico e coerente, relativo allo stato attuale (Ottobre 2010) delle Fonti Energetiche Rinnovabili sul territorio emiliano-romagnolo, tale da permettere di realizzare un confronto con gli obiettivi definiti per le FER all‟interno dell‟ultimo Piano Energetico Regionale e con lo stato delle FER nelle altre Regioni italiane. Sono stati inoltre realizzati due “Scenari”, relativi all‟evoluzione stimata del parco “rinnovabile” emiliano-romagnolo, definiti al 2012 (“Breve Termine”) e al 2015 (“Medio Termine”). I risultati ottenuti hanno consentito di verificare come, nell‟orizzonte “locale” emiliano-romagnolo, il sistema globale connesso alle Fonti Energetiche Rinnovabili abbia attecchito e si sia sviluppato in misura marcata: gli obiettivi relativi alle FER definiti nel precedente Piano Energetico Regionale sono infatti stati sostanzialmente raggiunti in toto. Dalla definizione degli “Scenari” previsionali è stato possibile stimare l‟evoluzione futura del parco “rinnovabile” emilianoromagnolo, verificando come questo risulti essere in continua crescita e risulti “puntare” su due fonti rinnovabili in maniera particolare: la fonte fotovoltaica e la fonte a biocombustibili. Sempre dall‟analisi degli “Scenari” previsionali è stato possibile stimare l‟evoluzione delle singole tecnologie e dei singoli mercati rinnovabili, verificando limiti allo sviluppo (come nel caso della fonte idroelettrica) o potenziali “espansioni” molto rilevanti (come nel caso della fonte eolica). Il risultato finale di questo lavoro di tesi è consistito nel poter definire dei nuovi obiettivi, relativi alle differenti Fonti Energetiche, da potersi inserire all‟interno del prossimo Piano Energetico Regionale: l‟obiettivo “complessivo” individua –avendo il 2015 come orizzonte temporale- una crescita incrementale delle installazioni alimentate da FER pari a 310 MWe circa. Questo lavoro di tesi è stato ovviamente organizzato in più “Parti”, ciascuna ulteriormente suddivisa in “Capitoli”. Nella “Prima Parte”, costituita dai primi 4 Capitoli, si è proceduto ad introdurre la problematica energetica e il contesto in cui si muovono le decisioni e le politiche (comunitarie, nazionali e sovra-nazionali) destinate a trovare soluzioni e risposte: Il Primo Capitolo, introduttivo, definisce prima di tutto gli “strumenti” e i concetti che verranno successivamente richiamati più volte nel resto della Tesi, partendo dal concetto di “energia”, definito sia “concettualmente” che attraverso le unità di misura utilizzate per quantificarlo. Il passo successivo è stato quello di contestualizzare l‟evoluzione dello sfruttamento di questa “risorsa”, in relazione allo sviluppo delle tecnologie e delle stesse condizioni di vita umane, così da definire un background storico per le considerazioni introdotte nel Capitolo successivo. Il Secondo Capitolo, infatti, introduce la problematica attuale (ma mutuata dal background storico evidenziato in precedenza) della “crisi energetica” e della “crisi ambientale” ad essa correlata, considerandone gli aspetti prima di tutto globali, connessi a considerazioni di natura sociale, demografica e –conseguentemente economica e sociale: all‟interno di questa analisi, vengono citati anche gli scenari previsionali elaborati da numerosi enti di ricerca e istituzioni, coinvolti su più livelli nell‟ottica di riuscire ad individuare una “risposta” alle problematiche sollevate dallo sfruttamento intensivo della risorsa energetica per vie convenzionali. Tale risposta è rappresentata dalle normative sovranazionali, europee e italiane varate nell‟ottica di attuare una “transizione etica” in materia di sviluppo sostenibile, impatto ambientale e sfruttamento energetico: un presupposto imprescindibile per la transizione energetica sostenibile è proprio l‟impegno a livello locale (quindi anche e prima di tutto di istituzioni quali, in Italia, le Regioni, le Province e i Comuni), senza il quale difficilmente si potranno raggiungere traguardi avanzati, che implicano anche un sostanziale cambio di mentalità. Nell‟ottica di approfondire ulteriormente il contesto all‟interno del quale vengono adottate azioni e intrapresi provvedimenti utili a concretizzare risposte a livello italiano –nazionale e locale- il Terzo Capitolo introduce il tema delle “politiche energetiche sostenibili”, partendo dalla definizione dell‟attuale condizione Italiana (in termini di inquinamento atmosferico e di sfruttamento intensivo della risorsa energetica, nonché di scenari previsionali), per definire successivamente le politiche nazionali per le fonti rinnovabili, per il settore dei trasporti, del riscaldamento e del raffreddamento, della pianificazione energetica e della generazione distribuita. Il Capitolo introduce anche il tema degli interventi in ambito di fiscalità energetica (“Certificati Verdi”, “Certificati Bianchi” e il “Conto Energia”). Proprio per definire al meglio i meccanismi di incentivazione, il Quarto Capitolo esplicita (facendo riferimento alla documentazione pubblicata da enti quali GSE, Terna, GRTN) il meccanismo del cosiddetto “mercato elettrico” e degli scambi che vi avvengono, in modo tale da comprendere come i metodi di incentivazione alle fonti alternative che si appoggiano su interventi di fiscalità energetica, riescano ad avere –o meno- presa sul sistema. La “Seconda Parte” (costituita dai Capitoli dal 5° al 13°) è invece dedicata al necessario approfondimento sullo stato delle Fonti Energetiche Rinnovabili (FER): in ogni capitolo è stato infatti approfondita la condizione attuale delle principali FER (fonte a Biocombustibili, Eolica, Geotermica, Idraulica, Solare Fotovoltaica, Solare Termica, Solare Termodinamica). Tale approfondimento è stato condotto in termini di sviluppo della tecnologia, incidenza e contributo della singola FER sui bilanci elettrici (considerando prima il quadro mondiale, quindi quello europeo, per scendere infine al dettaglio italiano). Nella parte finale di ogni capitolo sono state riportate anche le principali criticità riscontrate per ogni fonte presa in considerazione, oltre che gli scenari previsionali stimati considerandone i potenziali sviluppi, in un‟ottica di medio termine e di lungo termine. La “Terza Parte” (comprendente i Capitoli dal 14° al 22°) di questa Tesi raccoglie invece il lavoro svolto e i risultati ottenuti e permette di definire lo stato attuale e gli scenari previsionali (a breve termine e a medio termine) per le Fonti Energetiche Rinnovabili nella Regione Emilia Romagna, con un livello di dettaglio sia Regionale che Provinciale. Il lavoro, come detto, è consistito nella raccolta dati effettuata presso gli enti di “governo territoriale” emiliano-romagnoli (la Regione, le 9 Province e i 348 Comuni) e nella successiva aggregazione, elaborazione e interpretazione di questi stessi dati. I Capitoli dal 15° al 19° definiscono lo stato attuale (all‟Ottobre 2010) e gli scenari previsionali (a breve termine e medio termine) per le differenti FER (rispettivamente, Biocombustibili, Eolica, Fotovoltaica, Geotermica e Idroelettrica), prima a livello Provinciale, quindi a livello Regionale. Nella conclusione di ogni Capitolo è contenuto un confronto con lo stato della FER presa in considerazione relativo agli anni precedenti, oltre che il confronto con gli obiettivi definiti per la tecnologia al 2010 dal precedente Piano Energetico Regionale. Questi Capitoli si chiudono con l‟analisi del trend storico della Fonte Energetica Rinnovabile considerata e con la conseguente individuazione dei potenziali obiettivi al 2012 e al 2015 da inserire nel prossimo Piano Energetico Regionale. E‟ presente anche l‟evoluzione stimata del “mercato” della singola FER presa in considerazione, oltre che della “tipologia tecnologica” sulla quale gli installatori e gli investitori tenderanno ad orientarsi sia nel breve che nel medio termine. I Capitoli 20°, 21° e 22° contengono invece lo stato “riassuntivo” delle Fonti Energetiche Rinnovabili, definite per il panorama emiliano-romagnolo (anche in questo caso, prima a livello Provinciale, successivamente a livello regionale) sotto un‟ottica temporale differente: il Capitolo 20° riassume lo stato attuale del parco “rinnovabile” complessivo emiliano-romagnolo, definendone l‟evoluzione storica e confrontandolo con gli obiettivi fissati al 2010 dal precedente Piano Energetico regionale, permettendo così di verificare –nel complesso- se le stime del 2004 erano state corrette. Il Capitolo 21° definisce l‟evoluzione del parco “rinnovabile” complessivo emiliano-romagnolo al 2012, sia a livello Provinciale che Regionale, definendone in questo modo un trend stimato di crescita e dei conseguenti obiettivi di breve termine, riferiti alle singole FER. Il Capitolo 22° definisce infine l‟evoluzione del parco “rinnovabile” complessivo emiliano-romagnolo al 2015 (ancora una volta, sia a livello Provinciale che Regionale) permettendo così di ricavare un trend stimato di crescita e, soprattutto, gli obiettivi di medio termine -riferiti alle singole FER- da inserire all‟interno del prossimo Piano Energetico Regionale. La conclusione permette di chiudere sinteticamente il lavoro svolto in precedenza, traendo le indicazioni più rilevanti dai dati e dalle considerazioni pregresse: come si evincerà, l‟Emilia Romagna risulta una Regione in cui gli obiettivi rinnovabili (e di “conversione energetica”) sono stati sostanzialmente raggiunti e, in alcuni casi, perfino superati. Il mercato rinnovabile è in crescita e le politiche locali e sovra locali evidenziano una marcata volontà di puntare prevalentemente su settori e tecnologie quali quella della biomassa e quella solare fotovoltaica. Nonostante questo, si evidenzia anche la necessità di lavorare a livello di enti regionali e provinciali, per omogeneizzare ulteriormente la distribuzione energetica “rinnovabile” sul territorio (implementando lo sviluppo di determinate fonti su distretti territoriali al momento non ancora raggiunti da tali mercati) e per provvedere ad una riduzione dei consumi energetici che consenta alle FER di avere una maggiore incidenza sui bilanci energetici ed elettrici, locali e regionali. Si ricorda che la “costruzione” di questa tesi è stata sviluppata parallelamente ad un‟attività di stage presso il settore Politiche energetiche dell‟Assessorato alle Attività Produttive della Regione Emilia – Romagna, che in questa fase sta procedendo alla definizione del nuovo Piano Energetico Regionale, e alla conseguente individuazione d
Resumo:
Il campo d’interesse della ricerca è stato l’attuale processo di ricentralizzazione del Social Housing nelle periferie urbane in una parte del contesto internazionale, che sembra stia portando le città a ricrearsi e ripensarsi grazie alla presa di coscienza delle differenze esistenti, rispetto al passato, nei nuovi processi di trasformazione nei quali la città è intesa sia come spazio costruito ma anche sociale. In virtù di quest’ultimi due aspetti complementari della città, oggi, il ruolo della periferia contemporanea sembra essere diversamente interpretato, così come gli interventi di riqualificazione di tipo assistenziale - migliorativo tenderebbero a trasformarne i suoi caratteri alla ricerca del “modello di città”. L’interesse alla tematica è inoltre scaturito dalla constatazione che alla base della crisi dei modelli d’intervento pubblico starebbero sia l’insostenibilità economica ma soprattutto l’errata lettura dei bisogni delle famiglie nella loro specificità e diversità e che in tal senso l’eventuale partecipazione della cittadinanza costituirebbe effettivamente una proposta valida, anche per risolvere la crescente domanda abitativa che si pone a livello mondiale. L’obiettivo della ricerca è stato quello d’analizzare, nel contesto internazionale del Social Housing, le caratteristiche di partecipazione e sussidiarietà che connotano particolarmente gli interventi di riqualificazione destinati a famiglie economicamente carenti, nello specifico analizzando i metodi e gli strumenti atti alla comunicazione partecipativa del progetto in aree urbane periferiche italiane e brasiliane. Nella prima e seconda fase della ricerca è stato svolto, rispettivamente, un lavoro di analisi bibliografica sul tema dell’emergenza casa e sulle nuove politiche abitative di sviluppo urbano ed uno specifico sulla tematica della riqualificazione partecipata del Social Housing in aree della periferia urbana, infine nella terza fase sono stati analizzati i casi di studio prescelti dando rilievo all’analisi delle caratteristiche e requisiti prestazionali delle tecniche partecipative di rappresentazione - comunicazione, più idonee ad influenzare positivamente il suddetto processo.
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Throughout the alpine domain, shallow landslides represent a serious geologic hazard, often causing severe damages to infrastructures, private properties, natural resources and in the most catastrophic events, threatening human lives. Landslides are a major factor of landscape evolution in mountainous and hilly regions and represent a critical issue for mountainous land management, since they cause loss of pastoral lands. In several alpine contexts, shallow landsliding distribution is strictly connected to the presence and condition of vegetation on the slopes. With the aid of high-resolution satellite images, it's possible to divide automatically the mountainous territory in land cover classes, which contribute with different magnitude to the stability of the slopes. The aim of this research is to combine EO (Earth Observation) land cover maps with ground-based measurements of the land cover properties. In order to achieve this goal, a new procedure has been developed to automatically detect grass mantle degradation patterns from satellite images. Moreover, innovative surveying techniques and instruments are tested to measure in situ the shear strength of grass mantle and the geomechanical and geotechnical properties of these alpine soils. Shallow landsliding distribution is assessed with the aid of physically based models, which use the EO-based map to distribute the resistance parameters across the landscape.
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L’autore ricostruisce ed esamina la storia dei rapporti italo-tedeschi negli anni immediatamente precedenti la riapertura ufficiale delle relazioni diplomatiche tra Italia e Repubblica federale tedesca. Un riavvicinamento economico e politico progressivo, ma che suscitò forti contrasti tra i principali attori della diplomazia italiana. Il saggio si basa su una documentazione conservata presso l’Archivio storico del ministero degli Esteri, l’Archivio centrale dello Stato, l’Archivio storico della Banca d’Italia e l’Archivio Politico del ministero degli Esteri della Repubblica federale. L’autore sostiene che le relazioni economiche italo-tedesche assunsero un ruolo centrale nel processo di elaborazione della politica estera italiana sulla questione tedesca nel corso di questi anni. Prima dell’istituzione della Repubblica federale tedesca, l’Italia divenne un partner economico fondamentale per la Germania occidentale. Tra il 1945 e il 1949 l'Italia fu il primo paese europeo favorevole alla rinascita di un nuovo stato tedesco non sottoposto alla diretta influenza dell’Unione Sovietica. Il presidente del Consiglio De Gasperi e il ministro degli Esteri Sforza per sostenere la nuova Germania attuarono una precisa azione diplomatica di riavvicinamento politico, promuovendo diversi scambi di visite e di incontri con i rappresentanti tedeschi.
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La tesi si propone come obiettivo di dimostrare nel quadro di un’indagine comparatistica l’importanza della tematica del finanziamento della politica, del rapporto tra denaro e politica, nelle democrazie contemporanee. In questo senso ci si propone di sviluppare i nessi esistenti nell’ambito del tema del finanziamento fra disciplina dei partiti, disciplina delle campagne elettorali e, più in generale, disciplina del sistema elettorale in senso stretto e della forma di governo; di descrivere il complesso quadro giuridico in materia di diritto della finanza politica, oggetto di frequenti aggiornamenti e in continua evoluzione, in alcuni casi anche in via giurisprudenziale, quale risulta emergere dallo studio di ciascun ordinamento considerato; e di definire in conclusione i precisi contorni dei due distinti modelli di «finanziamento della politica» ricostruiti dalla ricerca politologica come modello statalista o pubblico, da una parte, e modello liberale o volontario, dall’altra, pur nelle specificità di ogni contesto istituzionale
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Negli anni Ottanta si assiste tanto nel vecchio quanto nel nuovo continente alla rinascita del movimento antinucleare. Mentre in Europa l’origine di questa ondata di proteste antinucleari è collegata alla “doppia decisione” NATO del 1979, negli Stati Uniti la genesi si colloca nel contesto dalla mobilitazione dei gruppi ambientalisti in seguito all’incidente alla centrale nucleare di Three Mile Island. Dopo l’elezione di Ronald Reagan, alle proteste contro le applicazioni pacifiche dell’atomo si affiancarono quelle contro la politica nucleare del Paese. La retorica di Reagan, il massiccio piano di riarmo, unitamente al rinnovato deteriorarsi delle relazioni tra USA e URSS contribuirono a diffondere nell’opinione pubblica la sensazione che l’amministrazione Reagan, almeno da un punto di vista teorico, non avesse escluso dalle sue opzioni il ricorso alle armi nucleari nel caso di un confronto con l’URSS. I timori legati a questa percezione produssero una nuova ondata di proteste che assunsero dimensioni di massa grazie alla mobilitazione provocata dalla Nuclear Weapons Freeze Campaign (NWFC). Il target della NWFC era l’ampio programma di riarmo nucleare sostenuto da Reagan, che secondo gli attivisti nucleari, in un quadro di crescenti tensioni internazionali, avrebbe fatto aumentare le possibilità di uno scontro atomico. Per evitare lo scenario dell’olocausto nucleare, la NWFC proponeva «un congelamento bilaterale e verificabile del collaudo, dell’installazione e della produzione di armi nucleari». L’idea del nuclear freeze, che era concepito come un passo per fermare la spirale del riarmo e tentare successivamente di negoziare riduzioni negli arsenali delle due superpotenze, riscosse un tale consenso nell’opinione pubblica americana da indurre l’amministrazione Reagan a formulare una risposta specifica. Durante la primavera del 1982 fu, infatti, creato un gruppo interdipartimentale ad hoc, l’Arms Control Information Policy Group, con il compito di arginare l’influenza della NWFC sull’opinione pubblica americana e formulare una risposta coerente alle critiche del movimento antinucleare.