130 resultados para Impatti antropici
Resumo:
I materiali plastici trovano ampie applicazioni in ogni aspetto della vita e delle attività industriali. La maggior parte delle plastiche convenzionali non sono biodegradabili e il loro accumulo è una minaccia per il pianeta. I biopolimeri presentano vantaggi quali: la riduzione del consumo delle risorse e la riduzione delle emissioni CO2, offrendo un importante contributo allo sviluppo sostenibile. Tra i biopolimeri più interessanti troviamo il poliidrossibutirrato (PHB), l’oggetto di questo studio, che è il più noto dei poliidrossialcanoati. Questo polimero biodegradabile mostra molte somiglianze con il polipropilene. La tesi consiste nell’applicazione del Life Cycle Assessment a processi di estrazione del PHB da colture batteriche. In essa sono valutate le prestazioni ambientali di 4 possibili processi alternativi, sviluppati dal CIRI EA, che utilizzano il dimetilcarbonato (DMC) e di 3 processi che utilizzano solventi alogenati (cloroformio, diclorometano, dicloroetano). Per quanto riguarda i processi che utilizzano come solvente di estrazione il DMC, due sono gli aspetti indagati e per i quali differiscono le alternative: la biomassa di partenza (secca o umida), e il metodo di separazione del polimero dal solvente (per evaporazione del DMC oppure per precipitazione). I dati primari di tutti gli scenari sono di laboratorio per cui è stato necessario realizzare un up scaling industriale di tutti i processi. L’up scaling è stato realizzato in collaborazione con il Dipartimento di Ingegneria Civile Chimica Ambientale e dei Materiali. La valutazione delle prestazioni ambientali è stata fatta rispetto a tutte le categorie d’impatto raccomandate dall’Handbook della Commissione Europea, di queste solo alcune sono state analizzate nel dettaglio. Tutti i risultati mostrano un andamento simile, in cui gli impatti dei processi che utilizzano DMC sono inferiori a quelli dei solventi alogenati. Fra i processi che impiegano DMC, l’alternativa più interessante appare quella che impiega biomassa di partenza secca e raccolta del PHB per precipitazione.
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Nel campo dell’industria chimica la ricerca si è mossa in direzione di rendere i processi più sostenibili. Ciò viene effettuato considerando le linee guida della green chemistry. In questo contesto si colloca la metodologia LCA che valuta l’impatto ambientale associato ad un processo o un prodotto, comprendendo tutto il suo ciclo di vita. Nel presente lavoro di tesi si studia l’applicazione della LCA alla sintesi industriale di anidride maleica (AM), che viene ottenuta tramite reazione di ossidazione del benzene o dell’n-butano. Nello studio si sono modellate tre diverse vie di sintesi dell’AM considerando il processo di produzione che parte da benzene e il processo di produzione da butano con due diversi tipi di reattore: il letto fisso e il letto fluido (processo ALMA). Negli scenari si considerano le fasi di produzione dei reagenti e si è modellata la fase della reazione di ossidazione e l’incenerimento dei sottoprodotti e del reagente non convertito. Confrontando i tre processi, emerge che al processo che parte da benzene sono associati gli impatti globali maggiori mentre il processo ALMA ha un minore carico ambientale. Il processo da benzene risulta avere maggiori impatti per le categorie Cambiamento climatico, Formazione di particolato e Consumo dei metalli. Il processo da butano a tecnologia a letto fisso presenta invece maggiori impatti per le categorie Tossicità umana e Consumo di combustibili fossili, dovuti alla maggiore richiesta energetica effettuata dal processo di ossidazione del butano con tecnologia a letto fisso e alla richiesta di combustibile ausiliario per la fase di incenerimento. Tale risultato emerge anche dall’analisi effettuata con il Cumulative Energy Demand. Al processo ALMA sono associati gli impatti inferiori in assoluto, nonostante abbia una resa inferiore al processo che utilizza il letto fisso. I risultati dell’analisi LCA sono stati confermati dall’analisi delle incertezze, realizzata con il metodo statistico Monte Carlo.
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Il materiale composito è entrato nell’ambiente industriale rivoluzionando il concetto di progettazione delle strutture e permettendo il raggiungimento di prestazioni molto più elevate, rispetto ai materiali tradizionali. Infatti, i compositi sono in grado di garantire elevata resistenza e leggerezza, proprietà molto richieste in svariati ambiti industriali. Un suo notevole impiego è riscontrabile nell’industria aeronautica, dove le principali case produttrici di aeromobili hanno investito un apprezzabile quantitativo di risorse economiche nella realizzazione di velivoli con una sempre maggiore percentuale di questo materiale. Il composito, nonostante ci siano testimonianze del suo utilizzo già durante la seconda guerra mondiale, viene tutt’ora ritenuto “nuovo”; questo poiché molte delle sue caratteristiche non sono state ancora esaurientemente analizzate. Le conoscenze ad esso relative presentano ancora, infatti delle lacune, come il loro comportamento a seguito di un impatto. L’obiettivo della presente tesi è quello di indagare, attraverso una campagna sperimentale innovativa, il comportamento del CFRP di fronte a tale problematica, prestando particolare attenzione alla casistica dell’impatto sul bordo. Su tale argomento infatti, non si hanno esempi in letteratura né normative a cui fare riferimento. I campioni, impiegati nel presente studio, sono stati realizzati scegliendo una configurazione cross-ply, che ben si adatta alle successive fasi della campagna. Sui provini ottenuti sono stati eseguiti gli impatti, con l’utilizzo di un pendolo di Charpy, alcuni centrali e altri laterali, con due differenti energie. Questa prima parte della campagna sperimentale è stata svolta presso i laboratori hangar di Forlì, della Scuola di Ingegneria e Architettura dell’Università di Bologna. La caratterizzazione del materiale è avvenuta mediante prove a compressione. Il processo è stato eseguito per verificare l’influenza che l’impatto genera sulle proprietà meccaniche a compressione. Per poter eseguire una campagna di test ottimale, si è vista necessaria un’attenta analisi delle varie attrezzature utilizzabili per le prove a compressione. La scelta è ricaduta sull’attrezzatura CLC (Combined Loading Compression), la quale è risultata essere la più affidabile e maneggevole per le prove oggetto di studio. La fase relativa allo svolgimento delle prove a compressione è stata eseguita presso i laboratori ENEA di Faenza –Unità Tecnica Tecnologie dei Materiali Faenza (UTTMATF).
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Nel seguente lavoro è stata sviluppata una analisi ambientale ed economica del ciclo di vita del pellet, realizzato con scarti agricoli dalle potature degli uliveti. L’obiettivo di tale lavoro è dimostrare se effettivamente l’utilizzo del pellet apporti vantaggi sia dal punto di vista ambientale sia da quello economico. In tale progetto si sviluppano quindi un LCA, Life cycle analysis, e un LCC, Life Cycle Cost, secondo gli steps standard suggeriti da tali metodologie. Per effettuare l’analisi del ciclo di vita è stato utilizzato il software Simapro che ha permesso di valutare gli impatti ambientali sulle varie categorie di impatto incluse. In particolare sono stati considerati due metodologie, una midpoint ed una endpoint, ossia l’Ecoindicator 99 e il CML2 baseline 2000. Per le valutazioni finali è stata poi utilizzata la normativa spagnola sugli impatti ambientali, BOE 21/2013 del 9 dicembre, che ci ha permesso di caraterizzare le varie categorie d’impatto facendo emergere quelle più impattate e quelle meno impattate. I risultati finali hanno mostrato che la maggior parte degli impatti sono di tipo compatibile e moderato; pochi, invece, sono gli impatti severi e compatibili, che si riscontrano soprattutto nella categoria d’impatto “Fossil Fuels”. Per quanto riguarda invece l’analisi economica, si è proceduto effettuando una valutazione iniziale fatta su tutto il processo produttivo considerato, poi una valutazione dal punto di vista del produttore attraverso una valutazione dell’investimento ed infine, una valutazione dal punto di vista del cliente finale. Da queste valutazioni è emerso che ciò risulta conveniente dal punto di vista economico non solo per il produttore ma anche per l’utente finale. Per il primo perché dopo i primi due anni di esercizio recupera l’investimento iniziale iniziando ad avere un guadagno; e per il secondo, poiché il prezzo del pellet è inferiore a quello del metano. Quindi, in conclusione, salvo cambiamenti in ambito normativo ed economico, l’utilizzo del pellet realizzato da scarti di potature di uliveti risulta essere una buona soluzione per realizzare energia termica sia dal punto di vista ambientale, essendo il pellet una biomassa il cui ciclo produttivo non impatta severamente sull’ambiente; sia dal punto di vista economico permettendo al produttore introiti nell’arco del breve tempo e favorendo al cliente finale un risparmio di denaro sulla bolletta.
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Obiettivo della tesi è riconoscere i fattori di successo e i principali limiti legati all’implementazione dei progetti di recupero degli oli domestici sul territorio italiano. Il problema nasce dall’ esigenza di gestire in modo efficiente la raccolta differenziata di questo rifiuto che, se gettato nello scarico di casa o nel lavandino, provoca impatti ambientali rilevanti rendendo particolarmente difficoltoso e dispendioso il trattamento delle acque reflue e causa gravi danni agli ecosistemi naturali. La questione è da tempo inquadrata e disciplinata dalle direttive comunitarie in materia di rifiuti e dalla strategia “Europa2020” che ha come obiettivo principale una crescita intelligente, sostenibile ed inclusiva. A livello nazionale, invece, il Testo Unico Ambientale assolve alla funzione principale di riordino e coordinamento della disciplina, dando attuazione ai principi comunitari in materia e conformando l’ordinamento nazionale agli obiettivi e alle priorità individuate dal legislatore europeo. Gli oli esausti domestici sono un rifiuto scomodo e complesso da gestire ma la valorizzazione energetica può essere una valida alternativa ai sistemi di smaltimento classici. Infatti, attraverso un semplice processo chimico l’olio da cucina usato può essere trasformato in biodiesel. Questo particolare biocombustibile rispetta tutti i criteri di sostenibilità imposti dalla Comunità Europea e riduce, inoltre, l’impatto della produzione di biocarburanti sull’agricoltura.
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Questa tesi muove dal Piano di Adattamento ai Cambiamenti Climatici che il Comune di Bologna sta costruendo insieme ad altri tre partners attraverso il progetto life + BLUEAP. L’obiettivo della tesi è quello di presentare le evidenze attuali dei cambiamenti climatici nella situazione locale bolognese e vedere come la pianificazione urbanistica possa avere un ruolo importante nel prevenire e rallentare questi effetti e limitarne gli impatti a qualunque scala si intervenga; sia a livello di progetto urbano sia di politiche integrate ai piani urbanistici, si può tendere verso scelte “clima consapevoli”. Presenterò anche, quindi, una soluzione progettuale con comparazione del grado di resilienza dell’area prima e dopo l’intervento. L’ambito di studio e di progetto scelto è quello del fiume Reno, nel suo tratto di attraversamento urbano, perché mostra una serie di criticità legate al cambiamento climatico, rendendo evidenti i punti deboli e il livello di resilienza del sistema.
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In questo lavoro di Tesi Magistrale si sono esaminate le problematiche relative agli impatti ambientali delle materie plastiche, tenendo in considerazione il loro ambito di applicazione. Per quanto riguarda le materie plastiche destinate al packaging alimentare si è visto che uno smaltimento tramite discarica, incenerimento o riciclo non può essere sostenibile sul lungo periodo. Una soluzione può essere lo sviluppo di un materiale che al termine del ciclo di vita possa essere biodegradato tramite compostaggio. Al fine di eliminare la dipendenza di questo materiale plastico dalle risorse fossili, esso deve poter essere ricavato da fonti rinnovabili. Il poli(butilene furanoato) è un buon candidato come materiale plastico per il packaging alimentare, ma possiede scarse caratteristiche di biodegradabilità. Si è quindi realizzato un sistema copolimerico in cui il poli(butilene furanoato) viene statisticamente copolimerizzato con il poli(butilene diglicolato), anche quest'ultimo interamente ottenibile da fonti rinnovabili. I materiali sintetizzati sono stati sottoposti a diversi tipi di analisi, al fine di determinarne le proprietà in funzione di una possibile applicazione nel packaging alimentare: analisi strutturale, caratterizzazione termica, studio delle proprietà meccaniche e di permeabilità a diversi tipi di gas e infine valutazione della compostabilità.
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Negli ultimi quindici anni il traffico aereo passeggeri in Italia è stato interessato da un cospicuo incremento: si è passati dai 91 milioni di passeggeri nel 2000 ai 150 milioni nel 2014. Le previsioni di crescita per il Paese indicano il possibile raddoppio del traffico entro il 2030, quando si dovrebbe raggiungere la soglia dei 300 milioni di passeggeri, con un aumento soprattutto della quota parte internazionale. Non vi può essere sviluppo economico di uno Stato senza crescita del traffico aereo, la quale si può realizzare solo con un adeguamento e un potenziamento delle capacità delle infrastrutture aeroportuali compatibile con le condizioni ambientali e un’efficace interconnessione degli scali con gli altri modi di trasporto. Infatti la pianificazione e la progettazione degli aeroporti non può prescindere da un’analisi approfondita sugli impatti ambientali prodotti dalle attività svolte all’interno degli scali. Inoltre l’incremento del numero medio di passeggeri per movimento (dal 75 pax/mov nel 2000 a 106 pax/mov nel 2011, dato riferito al traffico nazionale) rappresenta un dato positivo dal punto di vista ambientale: nei cieli vola un minor numero di aeromobili, ma in grado di trasportare un maggior numero di passeggeri, con conseguente diminuzione del numero dei movimenti, quindi del rumore, delle emissioni e dell’inquinamento ambientale provocato dalle operazioni necessarie a garantire l’operatività di ciascun volo. La salvaguardia dell’ambiente per un aeroporto è un compito difficile e oneroso, poiché può creare problemi ambientali come inquinamento acustico, dell’aria, delle acque fondiarie e trattamento dei rifiuti. In particolare, scopo di questo elaborato è studiare l’impatto che le operazioni svolte in air-side provocano sulla qualità delle acque di dilavamento, osservando e analizzando le attività che avvengono presso l’Aeroporto G. Marconi di Bologna. Si intende svolgere un censimento delle operazioni che influenzano la qualità delle acque (sia direttamente sia a seguito del dilavamento delle pavimentazioni aeroportuali), indagando quali siano i soggetti coinvolti, le procedure da eseguire, la frequenza e gli eventuali mezzi impiegati. Poi si vogliono eseguire analisi chimiche e granulometriche con un duplice obiettivo: conoscere la qualità delle acque raccolte dalle caditoie presenti nel piazzale e a bordo pista e verificare l’efficacia delle operazioni eseguite anche per ridurre il build up, cioè il tasso di accumulo in tempo secco e, di conseguenza, l’apporto di inquinanti riversato nelle acque di dilavamento. Infine si propongono interventi volti a incrementare la sostenibilità ambientale dell’infrastruttura aeroportuale, con particolare attenzione alla riduzione dell’inquinamento idrico.
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Gli eventi sismici del 2012 in Emilia-Romagna hanno provocato una rinnovata attenzione su alcuni fenomeni di carattere geologico superficiale. Sono stati in particolare riferiti dalla stampa locale e osservati dagli abitanti gorgogliamenti di gas naturale nelle acque dei pozzi, nelle acque dei canali di bonifica ed emissioni di gas libero, in prevalenza metano. In questa tesi si è voluto mettere in luce tutto lo sviluppo storico del metano Padano, facendo un particolare riferimento al metano più superficiale, ossia al metano denominato biogenico, illustrando le sue origini, le sue prime manifestazioni, la sua scoperta, la sua derivazione dalla torba, le sue prime produzioni, considerando gli impatti ambientali possibili e verificati, arrivando fino all’attuale periodo in cui esso si è affermato diventando una delle fonti principali di energia ed una delle materie prime più preziose. La Tesi ha lo scopo di meglio chiarire l’origine e la modalità di occorrenza del metano biogenico Padano. Viene inoltre sviluppata una indagine orientata a identificare gli orizzonti geologici più “produttivi” di metano biogenico della regione Emilia-Romagna originato da torbe. Le aree effettivamente più produttive sono una parte di quelle ricche in torba e sono caratterizzate da buone capacità di conservazione nel tempo delle caratteristiche chimico fisiche favorevoli alla degradazione batterica della sostanza organica. Ciò avviene quando vengono mantenute particolari condizioni di isolamento tramite argille ecc. Il metano biogenico Padano viene costantemente espulso dai sedimenti e naturalmente disperso in atmosfera. Eventuali attività di captazione del metano dalle aree maggiormente produttive potranno contribuire alla diminuzione dell’effetto serra e alla contestuale produzione a piccola o piccolissima scala di energia nei limiti delle normative in vigore soggette ad eventuali possibili revisioni in analogia a quanto disposto per altre forme di generazione di metano come biogas, discariche ecc.
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La tesi tratta l’analisi preliminare dell’Organization Environmental Footprint (OEF) dell’ente gestore dell’aeroporto Falcone - Borsellino di Palermo (GES.A.P.). Viene inoltre sviluppato un nuovo metodo per la classificazione degli aspetti ambientali utilizzabile all’interno del Sistema di Gestione Ambientale (SGA) attualmente utilizzato dall’ente GES.A.P. Dopo un'introduzione sulle ragioni che hanno portato allo sviluppo di questi strumenti, vengono approfondite le fasi necessarie per la loro applicazione, specificate nella guida metodologica sull’OEF e nella norma ISO 14001. I dati raccolti per il calcolo dell’OEF sono stati inseriti in un modello dell’organizzazione creato con il software GaBi7 al fine di stimare gli impatti ambientali dell’organizzazione negli anni analizzati. In questo lavoro viene effettuata un’analisi del metodo EMRG (Environmental Management Research Group) utilizzato per l’individuazione e la classificazione degli aspetti ambientali nell’ambito del SGA (certificato ISO 14001:2004) di GESAP e delle innovazioni introdotte nella versione 2015 della norma ISO 14001. Viene suggerito un metodo alternativo basato sull’integrazione dei risultati di un'analisi Life Cicle Assessment (LCA), svolta tramite l’OEF, con la metodologia EMRG, attualmente impiegata, al fine di avviare il processo di transizione del SGA verso l’aggiornamento-consegna richiesto dalla ISO14001:2015. Dall’applicazione del metodo viene ricavata una nuova gerarchia degli aspetti ambientali di GESAP utilizzabile per l’implementazione del suo SGA.
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Il cambiamento climatico è un fenomeno in atto a livello globale, oggi scientificamente dimostrato, irreversibile nel breve periodo, i cui effetti hanno già provocato nel Mondo ingenti perdite sociali, economiche ed ecosistemiche. Il fattore di incertezza che permane riguarda il modo in cui evolverà il clima nel futuro, che a sua volta dipende dalle quantità di gas climalteranti che continueranno ad essere immesse in atmosfera, e di conseguenza la tipologia e la dimensione degli impatti che potranno verificarsi. Di fronte all’inevitabilità del problema e dei rischi che ne derivano, l’uomo può adattarsi, come per sua natura ha sempre fatto di fronte a condizioni esterne – anche climatiche – avverse. Le strategie di adattamento al cambiamento climatico, secondo un approccio bottom-up, mirano a ridurre la vulnerabilità dei sistemi esposti alle variazioni del clima, rendendoli più preparati ad affrontare il futuro. Oltre ai fattori climatici vi sono altri elementi che incidono in modo determinante sulla vulnerabilità: sono tutte le variabili interne e specifiche di un sistema che ne definiscono il grado di sensibilità verso un potenziale danno. Lo studio ha focalizzato l’attenzione su tre Comuni dell’Appennino Faentino al fine di capire come il cambiamento climatico influisce sulle criticità naturali già esistenti e sulla vita dell’uomo e le sue attività e, conseguentemente, quali azioni potranno essere messe in atto per limitare il pericolo e i potenziali danni.
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L’anguilla europea, Anguilla anguilla, è una specie gravemente minacciata, sia da impatti diretti legati al sovrasfruttamento della specie a tutti gli stadi del ciclo vitale, che indiretti come l’urbanizzazione costiera e la perdita di habitat lagunari. Negli ultimi 45 anni è stata documentata una riduzione del tasso di reclutamento di anguilla europea del 90%. Lo scopo di questo studio è stato approfondire le modalità riproduttive di A. anguilla per via indiretta, attraverso un’analisi di paternità. Il Centro di ricerca universitario di Cesenatico (Laboratori di Acquacoltura ed Igiene delle Produzioni Ittiche – Università di Bologna) ha avviato le prime sperimentazioni su A. anguilla, al fine di mettere a punto un protocollo di riproduzione artificiale. Nell’estate 2015 i ricercatori hanno ottenuto sette riproduzioni spontanee in ambiente controllato, da queste sono state campionate casualmente e genotipizzate circa 40 larve per ogni mandata riproduttiva e i relativi riproduttori per condurre l’analisi di paternità. In ogni riproduzione è stata utilizzata sempre e soltanto una femmina e tre o quattro maschi; le analisi genetiche, condotte utilizzando 9 loci microsatelliti, si sono focalizzate sull’individuazione dei padri e l’assegnamento di paternità è avvenuto con un livello di confidenza medio dell’89%. Dalle analisi effettuate è emerso che: 1) i maschi di questa specie, precedentemente sottoposti a stimolazioni ormonali per indurne la riproduzione e la fertilità, sono in grado di partecipare con successo a più di una riproduzione; 2) più esemplari riescono a fecondare gli ovociti di una sola femmina e sembrano stabilirsi modelli gerarchici di dominanza in quanto si è osservato generalmente che un maschio prevale sugli altri, generando da solo più del 50% della prole. Questo studio pilota rappresenta, quindi, un punto di partenza per approfondimenti futuri sulle modalità riproduttive dell’anguilla europea.
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Il lavoro di tesi è stato svolto presso l’azienda Ecosurvey® - 3000 Srl, con sede a Bologna. Ecosurvey® fornisce servizi e consulenze nel campo della geologia e delle scienze ambientali e opera in diversi ambiti, tra cui le bonifiche del suolo, del sottosuolo e delle acque sotterranee. L’inquinamento del suolo e del sottosuolo è, infatti, il contesto dello studio di questa tesi. Tale inquinamento è persistente: con riferimento ai fenomeni di contaminazione, il sottosuolo registra la storia industriale di un sito. L’approccio che tenta di coniugare i bisogni dell’uomo nella società con il rispetto dell’ambiente è lo sviluppo sostenibile, ovvero, secondo la World Commission on Environment and Development, uno sviluppo che soddisfa i bisogni del presente senza compromettere la possibilità delle generazioni future di soddisfare i propri. Tra i molti ambiti in cui si applica il concetto di sostenibilità, è da ricordare quello delle bonifiche dei siti contaminati. A tal proposito, l’United States Environmental Protection Agency nel 2008 ha introdotto il concetto di “green remediation” come la pratica del considerare tutti gli effetti ambientali di un’azione di bonifica, includendo nel processo opzioni in grado di minimizzarne l’impronta ambientale. Nel 2013 la società Battelle, con i servizi tecnici ambientali di U.S. Navy, e U.S. Army Corps of Engineers ha sviluppato un applicativo denominato SiteWiseTM per la valutazione degli impatti ambientali associati alle tecnologie di bonifica delle acque sotterranee. Nell’ambito di questa tesi, in riferimento ad un intervento di bonifica presso un impianto di produzione di bitumi in attività, contaminato da idrocarburi, idrocarburi aromatici e composti organo-clorurati, con l’applicativo sono stati esaminati i principali indicatori dell’impronta ecologica (emissioni di gas serra, di ossidi di azoto, di zolfo e di polveri sottili; consumi di acqua, suolo ed energia) per tre diverse opzioni di bonifica, effettuandone poi il confronto.
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Dati climatici ad alta risoluzione sono attualmente molto richiesti essendo indispensabili per la valutazione degli impatti dei cambiamenti climatici alla scala locale in svariati campi d'applicazione. Per aumentare l'offerta di tali dati per il territorio italiano viene presentata in questo studio la realizzazione di un data-set con risoluzione di trenta secondi d'arco, per le temperature massime e minime giornaliere per il Trentino Alto Adige, per il periodo che va dal 1951 al 2014. La metodologia utilizzata per proiettare i dati meteorologici di un set di stazioni su di un grigliato ad alta risoluzione si basa sull'assunzione che la struttura spazio-temporale del campo di una variabile meteorologica su una determinata area possa essere descritta dalla sovrapposizione di due campi:i valori normali relativi e un periodo standard, ovvero la climatologia,e le deviazioni da questi, ovvero le anomalie. La climatologia mensile verrà interpolata sull'intero dominio tramite una regressione lineare pesata della temperatura rispetto alla quota,stimata separatamente per ogni nodo del grigliato,con pesi legati alla topografia del territorio,in modo da attribuire di volta in volta la massima importanza alle stazioni con caratteristiche più simili a quella del punto di griglia considerato. Da questa sarà possibile tramite la sovrapposizione con le anomalie mensili ricostruite sul medesimo grigliato, ottenute mediante un'interpolazione basata su una media pesata,ottenere un grigliato a 30 secondi d'arco, di serie temporali mensili in valori assoluti. Combinando poi l'interpolazione dei rapporti delle anomalie giornaliere relative alla media mensile per un set di stazioni con i campi mensili precedentemente stimati,sarà possibile costruire il data-set a risoluzione giornaliera. Prima di quest'ultima fase sarà necessario effettuare un'operazione di sincronizzazione dei dati giornalieri per assicurarsi che non vi siano sfasamenti nelle serie utilizzate. I risultati confermano l'efficacia nell'utilizzo di tale metodo su regioni orograficamente complesse, sia nel confronto diretto con i casi di studio,nei quali si nota bene la discriminazione spaziale effettuata dal modello, che nella valutazione dell'accuratezza e della precisione dei risultati. I dati ottenuti non sono affetti da errori sistematici,mentre l'errore medio assoluto risulta pari od inferiore ai $2^{\circ}$C, in linea con precedenti studi realizzati su altre aree alpine. Il metodo e i risultati risultano soddisfacenti ma ulteriormente migliorabili, sia tramite un ulteriore ottimizzazione del modello usato, che con un aumento nella qualità dei dati sui quali è stato svolto lo studio.
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La tesi è suddivisa in tre parti. Nella prima parte si descrive il sistema dei canali bolognesi che derivano acqua dal bacino montano del Fiume Reno e dal Torrente Savena, e il sistema di gestione e di monitoraggio utilizzato dal Consorzio dei canali di Reno e Savena. Nella seconda parte si illustra una proposta di sistema di visualizzazione dei dati idro-pluviometrici che si sta valutando, assieme al Presidente del Consorzio e ad Arpa, per il monitor che il Consorzio intende installare al fine di illustrare al pubblico il monitoraggio e l’evoluzione degli eventi di piena e di scarsità idrica/siccità. Nella terza parte, infine, si effettuano la stima e un’analisi della correlazione tra due diversi indici di siccità, meteorologica ed idrologica, per il bacino del Reno chiuso a Casalecchio. Il sistema dell’intero bacino del Reno e della rete dei canali cittadini risulta molto complesso. Vista tale complessità del sistema, si è proposto di distinguere uno scenario di piena e uno scenario di magra. Tra le diverse informazioni da visualizzare nel monitor si intendono anche visualizzare informazioni relative alla disponibilità idrica alla scala del bacino in esame. Per questo è stata svolta l’analisi sugli indici di siccità Standard Precipitation Index (SPI) e Streamflow Drought Index per il bacino del Reno chiuso a Casalecchio . Tali indici hanno portato a dei risultati consistenti con le condizioni idro-metereologiche e con le informazioni sugli impatti al suolo disponibili per alcuni degli eventi più significativi presi in esame. In base ai risultati ottenuti è possibile affermare che gli indici SPI e SDI a scala di bacino hanno una buona correlazione che permette di poter considerare anche la sola caratterizzazione pluviometrica per identificare la situazione della disponibilità idrica del fiume a monte dell’opera di presa del Canale di Reno.