999 resultados para DUNE,SiPM,fotorivelazione,neutrini,test di SiPM
Resumo:
La tesi tratta del metodo PEA per la misura della carica di spazio. Viene fatta una valutazione sull'applicazione del metodo e sul significato dei risultati per le prove sui cavi modello. Utilizzando quanto ottenuto dalle prove si fa poi una riflessione su come sia più sensato calcolare il campo elettrico, partendo dalla distribuzione di carica ottenuta. Infine verra mostrata una prova su un cavo full size (progetto IFA2) per avere un riscontro degli studi fatti in laboratorio su un test di fabbrica. Le conclusioni si concentreranno sui problemi attuali relativi al sistema di misura e sulle possibili migliorie future.
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La riflessione ondosa è uno degli effetti idrodinamici che scaturiscono dall'interazione tra la massa d'acqua libera in movimento e la struttura in cui si imbatte, sia essa in un lago, mare od oceano. Studiare un fenomeno aleatorio e dissipativo come questo in maniera solo analitica, non è sufficiente a raggiungere il grado di precisione che ad oggi si richiede alle opere ingegneristiche, pertanto, una buona prassi sperimentale prevede che la teoria venga integrata e sostenuta da test di laboratorio che, grazie alla condizioni al contorno note e controllate, consentono di circoscrivere il problema reale dando modo all'analisi matematica di interpretarlo correttamente, per poi essere in grado di prevenirlo in maniera efficace. Il presente elaborato nasce dal tema attuale dell' "emergenza plastica" nei mari, e lo applica al problema pratico ingegneristico di assorbimento dell'energia ondosa, ovverosia la necessità di ridurre l'altezza d'onda in corrispondenza di bacini portuali, con lo scopo di prevenire la sovrapposizione di onde riflesse più volte dai corpi immersi a distanza ravvicinata, eventualità che, nell'immediato, renderebbe gli attracchi e in genere le operazioni portuali difficilmente praticabili, e, come sarà descritto in maniera più esaustiva nel terzo capitolo, nel lungo termine potrebbe provocare gravi fenomeni di instabilità alle strutture coinvolte. I test di generazione e analisi di riflessione ondosa oggetto di questo studio, sono stati eseguiti nel laboratorio di Ingegneria Idraulica LIDR del Dipartimento di Ingegneria Civile, Ambientale e dei Materiali, DICAM, dell'Università Alma Mater Studiorum di Bologna, utilizzando il canale a sviluppo longitudinale, il quale, grazie alle sue caratteristiche fisico-geometriche, consente di studiare il moto dei fluidi trascurando l'attrito, e, nel caso specifico delle onde, di applicare al moto ondoso le ipotesi di linearità, presentate nel secondo capitolo.
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Grazie agli sviluppi delle nanotecnologie biomedicali nell’ambito del rilascio controllato di farmaci e dell’ingegneria tissutale, sta diventando sempre più concreta la possibilità di superare i principali limiti della medicina tradizionale, basata nel primo caso su somministrazioni ripetute e a livello sistemico di principio attivo, e nel secondo caso sul trapianto (con relativi problemi di rigetto e carenza di donatori) e su trattamenti farmacologici non risolutivi. Tramite lo studio dei biomateriali e delle loro proprietà è invece possibile realizzare soluzioni ad hoc per l’ingegneria tissutale e per il rilascio controllato e mirato di farmaco. Nel presente studio, sono stati realizzati, mediante elettrofilatura, scaffolds a partire da blend fisiche di poli(butilene succinato) (PBS) e cheratina, a diversa composizione. Il primo è un polimero sintetico biocompatibile e approvato dalla Food and Drug Administration, con buone resistenza meccanica e lavorabilità, ma tempi di degradazione piuttosto lenti, a differenza della cheratina, polimero naturale, che risulta troppo rigido e difficile da processare, ma con buoni tempi di degradazione ed un’ottima biocompatibilità. Le blend sono state sottoposte a studi di miscibilità, mentre sui tappetini elettrofilati è stata effettuata una caratterizzazione morfologica, termica e meccanica. Inoltre, in vista di possibili applicazioni nell’ambito dell’ingegneria tissutale e del rilascio controllato di farmaco, si sono svolti anche test di biodegradazione in ambiente enzimatico e prove di biocompatibilità in vitro, nel primo caso, e studi di rilascio di diclofenac, comune antinfiammatorio, e test di adesione alla pelle, nel secondo caso. In conclusione, ogni tipo di indagine, seppur preliminare, ha comprovato che l’unione tra il PBS e la cheratina ha dato vita a nuove miscele facilmente processabili per potenziali utilizzi in due ambiti biomedicali di particolare interesse applicativo.
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Lo studio rappresenta uno screening primario di vari adsorbenti riguardo la loro capacità di rimuovere e recuperare l'ammonio dalle acque reflue urbane in base alla capacità e alla selettività. Sono state analizzate le prestazioni di diverse resine polimeriche e zeoliti e l'effetto di variabili come la temperatura, il pH, la concentrazione del mezzo adsorbente e la concentrazione iniziale di ammonio sull'efficienza di rimozione dell‘ammonio da acque sintetiche e da acque reflue urbane. Si tratta di uno dei primi tentativi di collocare un processo basato sull'adsorbimento all'interno di un impianto di trattamento delle acque reflue esistente per rimuovere e recuperare l'ammonio (NH4) dalle acque reflue urbane di scarico secondarie (MWW). Il processo proposto è stato caratterizzato da 4 aspetti importanti: I) Impiego di una resina a scambio ionico disponibile in commercio; II) Impiego di una zeolite naturale a basso costo e selettiva per il recupero dell'ammonio. III) Studio approfondito sulla selettività e la capacità di adsorbimento dei materiali adsorbenti in esame. IV) Realizzazione di un test di breakthrough completo per la rimozione dell'ammonio in modo continuo. V) Rigenerazione del materiale adsorbente e recupero dell'ammonio tramite test di desorbimento. I test su scala di laboratorio, che includevano due colonne in PVC per la rimozione di N-NH4 impaccate con la resine polimerica Amberlyst 15WET (disponibile in commercio) e la zeolite naturale (Cabasite-Phillipsite), sono andati con successo dopo 1 ciclo di adsorbimento/desorbimento trattando 40L di MWW effettivi (concentrazione media in ingresso di 45±1 mgNH4-N/L). La concentrazione di ammonio alla fine del desorbimento per la zeolite naturale era il doppio di quella di Amberlyst 15wet dimostrando che questa resina è una resina promettente nel processo di recupero dell'ammonio e sono necessari ulteriori sviluppi e ottimizzazioni.
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Il presente elaborato si inserisce in un progetto di ricerca volto alla sostituzione del polistirene (PS) con il polietilene-tereftalato (PET) per la realizzazione di vasetti per yogurt, in formato singolo e multiplo, con l’obiettivo di ridurre l’impatto ambientale e allo stesso tempo aumentare le percentuali di riciclo del materiale utilizzato. La tenacità, caratteristica del PET, rende problematica l’incisione di quest’ultimo attraverso i classici sistemi meccanici utilizzati per il PS, per l’ottenimento di una rottura di tipo fragile in formati multipack. Al fine di ottenere una corretta incisione e una conseguente rottura fragile, per la separazione di due vasetti per yogurt adiacenti è stata focalizzata l’attenzione su tecnologie di taglio e incisione alternative a quella meccanica, più in particolare verso i sistemi efficienti, di taglio e incisione laser. In questo contesto, il progetto di tirocinio ha riguardato la caratterizzazione del processo di taglio e incisione laser di lastre di PET. In particolare, sono state effettuate analisi dinamometriche al fine di studiare il comportamento meccanico del PET e di confrontarlo con quello del PS, sono state condotte analisi di viscosità intrinseca e di spettroscopia infrarossa ATR-IR per verificare la presenza di un processo degradativo, in seguito al passaggio del laser sul materiale. Infine, sono stati caratterizzati alcuni prodotti di degradazione, appartenenti alla frazione pesante, mediante analisi NMR e ESI-MS, e sono stati eseguiti dei test di migrazione globale.
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Durante lo studio riportato in questo elaborato finale sono state valutate le informazioni disponibili in letteratura relative alla caratterizzazione fisico-chimica e alle proprietà fisico-meccaniche di due prodotti da forno a confronto: tortillas e piadine. Per quanto riguarda le tortillas, sono state esaminate le informazioni relative alle proprietà fisico-meccaniche di tortillas attraverso diverse tecniche di arrotolabilità (soggettiva ed oggettiva) e di estensibilità. La misurazione oggettiva della arrotolabilità è stata condotta utilizzando un TA.XT2 Texture Analyzer equipaggiato di un dispositivo di arrotolamento personalizzato. L'apparecchiatura è composta da un tassello cilindrico in acrilico (Ø 1,9 cm) e da una catena metallica che collega il tassello del cilindro al braccio dell'analizzatore di texture (3.5). Per quanto riguarda le piadine, è stato riportato uno studio sulle caratteristiche chimico-fisiche, condotto su 12 piadine , in ci sono stai esaminati parametri quali Il pH, il contenuto di umidità, l'attività dell’acqua, Il test di estensibilità e il test di flessione a tre punti al fine di valutare le proprietà fisico-chimiche e meccaniche oggettive dei campioni . Le analisi fisico-chimiche hanno dimostrato valori costanti durante i primi 30 giorni di conservazione mentre la arrotolabilità soggettiva è risultata significativamente influenzata dal tempo di conservazione con punteggi ridotti osservati durante la conservazione . Infine, è stato fatto uno studio comparativo tra piadina e tortillas anche in relazione alle farcire e le caratteristiche strutturali relative. In conclusione si può affermare che potranno essere utilizzate le procedure di valutazione delle caratteristiche delle tortillas, maggiormente presenti nella letteratura internazionale, per lo studio delle proprietà fisico-meccaniche delle piadine anche al fine di creare prodotti innovativi a base del popolare prodotto da forno della Romagna.
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In questo elaborato vengono presentati i risultati di una attività sperimentale incentrata sulla ricerca di membrane a matrice mista per la separazione di gas da miscele. In questo lavoro viene descritta la preparazione di membrane in polisulfone e membrane a matrice mista polisulfone con ZIF-8 a quattro diversi caricamenti percentuali, PSf+ZIF-8 2%, 4%, 8% e 16%. Vengono anche esposti i risultati delle prove di caratterizzazione di tali membrane. E' stato condotto un esame attraverso microscopia elettronica a scansione (SEM) sulla sezione e sulla superficie delle cinque membrane. Sono esposti i risultati dei test di permeazione condotti attraverso un permeometro a volume costante. Le prove sono state fatte per tutte le membrane con sei diversi gas penetranti (H2, He, O2, CO2, CH4 e N2) a tre diverse temperature (35°C, 50°C e 65°C) ottenendo i valori dei coefficienti di permeabilità, solubilità e diffusività. Sono state calcolate le selettività ideali per ogni coppia di gas per tutte le membrane e le energie di attivazione. Sono stati fatti paragoni con i risultati di letteratura e ricercate correlazioni predittive per le proprietà di trasporto delle membrane in funzione di diversi parametri.
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Il fosforo è una risorsa fondamentale per il mondo agricolo le cui riserve si stanno esaurendo. Ciò implica l’urgenza di modificarne la sua gestione, caratterizzata attualmente da un eccessivo uso, seguito da perdite sostanziali, in particolare verso i corpi idrici superficiali, alimentando la problematica dell’eutrofizzazione. L’obiettivo della tesi è quello di valutare l’efficacia di rimozione di fosfato da acque, sia sintetiche che reali, mediante tre materiali filtranti a base di biochar. Il primo è un biochar utilizzato tal quale prodotto dall’azienda Romagna Carbone, gli altri due sono biochar prodotti in muffola a 850 °C costituiti da un 60% di biomassa di legno e il 40% costituito da due differenti tipologie di materiale carbonatico. I test di adsorbimento dei fosfati sono stati svolti su acque sintetiche prodotte in laboratorio caratterizzate da concentrazione nota di fosfato: 10, 100 e 1000 mg/l. Gli stessi test sono stati ripetuti anche su acque reflue reali provenienti dalla bioraffineria Caviro Extra. I test sono stati condotti ponendo i differenti compositi in contatto con l’acqua da trattare in rapporto solido-liquido di 1:1000 per differenti tempi di contatto: 15, 30 e 60 minuti. L’acqua poi viene filtrata e analizzata in cromatografia ionica con colonna anionica. I risultati sono ottenuti confrontando la concentrazione di fosfati presenti nell’acqua prima e dopo il trattamento. Il biochar modificato con materiale carbonatico si è dimostrato essere un materiale efficace per il trattamento di acque reflue prima del loro smaltimento con percentuali di fosfato rimosso fino al 99%, risultano invece inefficaci i trattamenti con il solo biochar di Romagna Carbone. Determinante è stata l’addizione di materiale carbonatico al biochar che ne ha modificato la carica superficiale – solitamente negativa - trasformandola in positiva e quindi capace di avere interazione con gli anioni del fosfato comportandone una rimozione dall’acqua.
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Lo scopo di questa tesi è la caratterizzazione di prodotti EPDM CLCB a confronto con i corrispondenti polimeri lineari di riferimento tramite tecnica GPC al fine di valutarne le differenze strutturali e determinare, tramite test di processabilità e fisico-meccanici, l’effetto che la diversa struttura provoca sul comportamento finale delle mescole, dove per mescole si intende l’insieme del polimero e di tutti gli additivi necessari che vengono miscelati formando il materiale finale.
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La conservabilità dello snack tipico della panetteria italiana "Tarallini" dipende dalla ricetta e dalle condizioni di cottura e conservazione. In questo lavoro di tesi si è studiata la stabilità ossidativa di taralli formulati con miscele lipidiche diverse durante un periodo di shelf life di circa due mesi e mezzo. I campioni sono stati formulati con olio EVO, con una miscela di olio EVO e olio di riso e il terzo campione è costituito da olio di girasole alto oleico e olio di cocco. Per poter valutare come la diversa frazione lipidica e come anche le interazioni con gli ingredienti propri del campione possano influenzare la conservabilità di taralli, sono state svolte analisi sull'ossidazione lipidica degli olii. In particolare è stata svolta la determinazione dei prodotti primari dell'ossidazione, determinazione dei perossidi; poi sono stati quantificati i prodotti secondari, ovvero i composti volatili, in particolare Esanale che è il composto target per valutare l'ossidazione dell'alimento; ed infine i campioni sono stati sottoposti ad OXITEST, un test di ossidazione accelerata. Dallo studio effettuato emerge che il campione formulato con EVO nonostante sia più suscettibile all'ossidazione è quello che presenta caratteristiche organolettiche e nutritive migliori, a differenza degli altri due campioni che resistono meglio all'ossidazione lipidica, in particolare il campione formulato con olio di girasole altro oleico e olio di cocco.
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Con il termine "crowdsensing" si intende una tecnica in cui un folto gruppo di individui aventi dispositivi mobili acquisiscono e condividono dati di natura diversa in maniera collettiva, al fine di estrarre informazioni utili. Il concetto di Mobile Crowdsensing è molto recente e derivante dalle ultime innovazioni tecnologiche in materia di connettività online e cattura di dati di vario genere; pertanto non si trova attualmente una vera e propria applicazione in campo reale, la modellazione solo teorica e fin troppo specifica pone un limite alla conoscenza di un ambito che può rivelarsi molto utile ai fini di ricerca. YouCrowd è un piattaforma web che va ad implementare un sistema di crowdsourcing completo, in grado di leggere dati dai numerosi sensori di uno smartphone e condividerli, al fine di ottenere una remunerazione per gli utenti che completano una campagna. La web application vede la sua implementazione di base supportata da NodeJS e si configura come una piattaforma dinamica che varia la propria interfaccia con l'utente in base alle richieste di dati da parte degli administrators. Il test di YouCrowd ha coinvolto un buon numero di partecipanti più o meno esperti nell'utilizzo degli strumenti informatici, rivelando delle buone prestazioni in relazione alla difficoltà del task e alle prestazioni del device in test.
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Il carcinoma squamocellulare è il tumore maligno orale più frequente nel gatto e si caratterizza per diagnosi spesso tardiva e prognosi infausta. Il progetto riguarda la ricerca di marker di rilevanza dia-gnostica nel carcinoma squamocellulare orale felino (FOSCC), al fine di sviluppare un test di scree-ning non invasivo. È stata condotta un’analisi retrospettiva delle disregolazioni del gene oncosoppres-sore TP53 in campioni istologici di FOSCC e di una popolazione di controllo (lesioni infiammatorie croniche orali e mucose orali normali feline). Tramite next-generation sequencing (NGS) sono state rilevate mutazioni di TP53 nel 69% dei FOSCC, ed anche l’espressione immunoistochimica della pro-teina p53 era presente nel 69% dei tumori, con una concordanza discreta (77%) fra le due alterazioni. Nella popolazione di controllo erano presenti disregolazioni di p53 solo in due lesioni infiammatorie (3%). Successivamente è stata effettuata un’analisi prospettica con NGS della metilazione del DNA di 17 geni, noti per essere disregolati nel carcinoma squamocellulare orale umano o felino, insieme all’analisi mutazionale di TP53, in campioni istologici di FOSCC e in un gruppo di controllo. Le stesse indagini molecolari sono state svolte in parallelo su campioni di cellule prelevate mediante brushing orale. Utilizzando 6 dei geni indagati differenzialmente metilati nei FOSCC (FLI1, MiR124-1, KIF1A, MAGEC2, ZAP70, MiR363) e lo stato mutazionale diTP53, è stato impostato un algoritmo diagnostico per differenziare i FOSCC dalla mucosa orale non neoplastica. Applicato ai brushing, l’algoritmo è risultato positivo (indicativo di carcinoma) in 24/35 (69%) gatti con FOSCC, contro 2/60 (3%) controlli (sensibilità: 69%; specifici-tà: 97%). La quota di FOSCC identificati era significativamente maggiore nei gatti sottoposti a prelievo in anestesia generale rispetto ai gatti svegli. Questi risultati sono incoraggianti per il riconoscimento precoce del FOSCC tramite brushing orale. Saranno necessari ulteriori studi su casistiche più ampie per validare questa metodica e migliorarne la sensibilità.
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La tesi indaga l’applicazione del principio di autonomia del diritto UE nella giurisprudenza della Corte di giustizia. In particolare, il lavoro mira ad analizzare le modalità attraverso cui il principio viene adoperato come parametro di compatibilità, ai fini dello scrutinio della Corte, in quei casi riguardanti il rapporto tra giurisdizioni di diritto internazionale e diritto dell’Unione. Una volta delineato il contesto teorico di partenza, concernente il significato dell’autonomia del diritto UE all’interno del “quadro costituzionale” dell’Unione, si passa all’analisi, caso per caso, della prassi giurisprudenziale, al fine di individuare ed estrapolare gli elementi costanti nei casi. La disamina svolta parte da pronunce celebri, tra cui il parere 1/91, Kadi e il parere 2/13, in cui il principio nasce e si sviluppa. Successivamente, si passa alle pronunce più recenti, componenti la c.d. saga Achmea, riguardante la compatibilità con il principio di autonomia dei meccanismi ISDS. I risultati raccolti nell’analisi vengono sintetizzati in modo da ricostruire un test di compatibilità unitario e astratto, composto da tre elementi. Si arriva così, per via induttiva, all’elaborazione di un modello idoneo a spiegare le modalità di applicazione del principio di autonomia come parametro di compatibilità. Sulla scorta di ciò vengono formulate considerazioni e riflessioni concernenti le principali implicazioni per l’ordinamento UE e per i suoi attori, che derivano dal principio di autonomia e dal suo utilizzo giurisprudenziale. Infine, si prende in considerazione una visione del principio di autonomia alternativa a quella emersa nel corso della trattazione e se ne valuta il potenziale impatto sulla concezione e sull’applicazione del principio stesso.
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Oggigiorno l'individuazione diagnostica precoce della SARS-CoV-2 attraverso tamponi molecolari è fondamentale per interrompere la trasmissione del virus. Tuttavia, il monitoraggio della diffusione virale attraverso il test standard di RT-qPCR individuale comporta un elevato costo per ciascun tampone nasofaringeo analizzato e i reagenti chimici per l’estrazione dell’RNA virale sono sempre meno disponibili. Per ovviare a tali ostacoli, è stata ripresa la tecnica di group testing, sviluppata per la prima volta da Dorfman nel 1943 per individuare i soggetti affetti da sifilide prima del loro arruolamento. Questa strategia minimizza il numero di test condotti su un insieme di campioni: se un gruppo di n campioni risulta negativo, allora la condizione di ciascuno di essi è stata determinata mediante un solo test invece che con n test individuali. Negli ultimi due anni sono state sviluppate strategie in grado di migliorare le prestazioni del test di gruppo: per scenari a bassa prevalenza l’algoritmo dell’ipercubo rileva un singolo campione positivo in pool con dimensioni fino a 100 campioni attraverso due o più turni di test; invece, il P-BEST utilizza un solo turno di analisi, ma le dimensioni massime dei pool sono più ridotte. Per scenari ad alta prevalenza (10%) il team italiano dell’Università di Bologna ha progettato un metodo che identifica e rileva i membri infetti con un solo turno di test. Tuttavia, affinché il group testing sia efficace come l’analisi individuale dei tamponi molecolari, è necessario minimizzare l’effetto di diluizione, correlato alla dimensione del pool e causa di insorgenza di falsi negativi, nonché di un calo nella sensibilità nei test. I dati ottenuti da questi studi hanno dimostrato che questa strategia offre grandi potenzialità. Essa è essenziale per le indagini di routine della popolazione e concede vantaggi amplificati soprattutto se vengono testati soggetti quotidianamente in contatto tra loro, come famiglie o colleghi di lavoro.
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Lo scopo del presente elaborato è ottenere dati grezzi dai maggiori offerwalls affinché si renda possibile elaborarli ed analizzarli per metterli a disposizione delle figure che si occupano di account management di un potenziale Ad Network quale è MyAppFree. Il primo Ad Network competitor a venire integrato nel presente tool di Business Intelligence è OfferToro, seguito da AdGem, il quale è attualmente in fase di integrazione. Prima di presentare i risultati del tool, a cui è stato dedicato l’ultimo capitolo dell’elaborato, sono stati approfonditi ed analizzati ampiamente i concetti fondamentali per la comprensione del progetto insieme agli strumenti utilizzati per la costituzione dell’architettura software. Successivamente, viene presentata l'architettura dei singoli microservizi oltre a quella sistemistica generale, la quale tratta come le parti che compongono iBiT, interagiscono tra loro. Infine, l’ultima parte della trattazione è dedicata al funzionamento del Front End Side per la figura account manager, che rappresenta l’utente finale del progetto. Unita alle analisi dei risultati ottenuti tramite una fase di benchmark testing, metrica che misura un insieme ripetibile di risultati quantificabili che serve come punto di riferimento perché prodotti e servizi possano essere confrontati. Lo scopo dei risultati dei test di benchmark è quello di confrontare le versioni presenti e future del software tramite i rispettivi benchmark.