437 resultados para Calidris alpina


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Coordenação de Aperfeiçoamento de Pessoal de Nível Superior (CAPES)

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To evaluate the effect of breed group, slaughter weight and sex on tissue proportion of the leg and muscle, bone and fat ratio in confined kids, seventy-four goats of both sex were used and divided among breed groups: Alpine (A), ½ Nubian + ½ Alpine (½ ANA), ½ Boer + ½ Alpine (½ BA), ¾ Boer + ¼ Alpine (¾ BA) and ½ Nubian + ¼ Alpine + ¼ Boer, (Three cross - TC), at three slaughter weights (25, 30 and 35 kg). Leg represented 31.01% of half carcass, where 62.29% was total muscle, 21.45% total bone and 8.35% total fat. Alpine animals had higher bone weight than other groups. Male kids had higher muscle and bone proportion, whereas females had higher subcutaneous and intramuscular fat in leg. The percentage of total weight of the muscle, five muscles, adductor muscle, quadriceps muscle and femur were higher in the slaughter weights of 25 and 30 kg.

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Forty-three animals of three genotypes, wich 13 Alpine (8 males and 5 females), 9 ½ Boer + ½ Alpine (4 males and 5 females) e 21 ¾ Boer + ¼ Alpine (11 males and 10 females), wich 21 received rbST and 22 control.The growth hormone used was the bovine recombinant somatotropin (rbST) and the animals of treatment 1 received the hormone in the adjusted amount from 0,3 mg/kg of live weight in intervals of 14 days. Animals of treatment 2 (control) had received saline solution in the same dosage and interval. There was no influence of the recombinant bovine somatotropin in the evaluated characteristics of performance. Males had been higher to females in weight gain of application of hormone to 120 days of age, as well as in daily average weight gain of 60 to 90, 90 to 120 and of application to 120 days of age. Weight to 90 and 120 days of age of females had been smaller in relation to males.

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Conselho Nacional de Desenvolvimento Científico e Tecnológico (CNPq)

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[ES] El presente trabajo ofrece un análisis preliminar de la red fluvial con antecedencia terciaria del sureste gallego. Las observaciones geomorfológicas de campo se centran en la cartografía de terrazas erosivas, canales abandonados, meandros colgados, codos de captura y redes anómalas. Para su interpretación se confrontaron con los thalwegs de los cursos principales y las fracturas alpinas cartografiadas por otros autores. Se propone una cronología para los procesos fluviales identificados; cronología que apunta una antigüedad de la red fluvial mayor a la estimada hasta el momento. De las siete tendencias identificadas, tres presentan una entidad regional (ENE-WSW, NE-SW, N-S), y cuatro local (NW-SE, SW-NE, SE-NW, S-N). Se confirma el carácter principal de la paleorred ENE-WSW (caracterizada por el río Sil) y como hipótesis se propone, para la Sierra de Queixa-San Mamede, el carácter de paleorrelieve positivo de herencia mesozoica. Este relieve habría sufrido varios procesos de levantamiento isostático y también tectónico durante la Orogenia Alpina. Estos levantamientos habrían provocado la superposición de capturas en las estribaciones surorientales de la Sierra de Queixa-San Mamede.

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[ES] Se presenta la cartografía geomorfológica y el análisis de cuatro formaciones superficiales que recubren algunos sectores de los Llanos de Castro Caldelas, una planicie topográficamente aislada por el profundo encajamiento de la red fluvial del río Sil y por la falla de Maceda, de edad alpina. Sobre este replano erosivo se ha identificado una red fluvial fosil, parcialmente capturada por el río Sil y varios niveles de terrazas erosivas que corresponden al desmantelamiento del replano inicial R1000. La relación entre morfologías y depósitos permitió elaborar una secuencia de procesos desencadenada por un pulso tectónico que descabaló el replano R800 y produjo el levantamiento relativo de los Llanos de Castro Caldelas y otras áreas adyacentes

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Esta monografía es la publicación de la tesis doctoral de la Universidad Complutense de Madrid

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Il presente lavoro è stato avviato per caratterizzare dal punto di vista geochimico i siti di alimentazione e di riproduzione del Fenicottero ed ottenere così un dataset relativo alle concentrazioni di metalli nei sedimenti di alcune zone umide, utilizzate da questa specie per alimentarsi e riprodursi e scarsamente studiate in passato. Il lavoro di tesi qui presentato si è articolato in due differenti studi: • Un’indagine dettagliata sulla presenza e distribuzione di metalli ed elementi potenzialmente tossici nei sedimenti provenenti da alcune delle principali aree di alimentazione del Fenicottero nell’Alto Adriatico; • Un’indagine preliminare relativa ai metalli contenuti nei sedimenti provenienti da alcuni siti riproduttivi del Fenicottero nel Mediterraneo occidentale. Per quanto riguarda i siti di alimentazione sono state campionate tre zone umide dell’area deltizia del fiume Po: le Valli di Rosolina, Valle Bertuzzi e le Valli di Comacchio. Riguardo i siti riproduttivi sono state campionate cinque aree umide nel Mediterraneo occidentale: le Paludi dell’Odiel nel sud-ovest della Spagna, la Camargue in Francia, lo Stagno di Cagliari in Sardegna, le Valli di Comacchio in Emilia-Romagna e Valle Dogà in Laguna di Venezia. I 57 campioni raccolti sono stati analizzati mediante analisi XRF ed analisi termiche, presso il Dipartimento di Scienze Biologiche, Geologiche e Ambientali, dell’Università di Bologna, e mediante analisi ICP-MS, presso l’AcmeLabs di Vancouver (Canada). Il complesso deltizio del fiume Po ha registrato concentrazioni anomale di Cd, Pb, Sb e Sn mostrando un generale arricchimento nei sedimenti delle aree umide investigate rispetto al valore di riferimento. Analizzando le correlazioni di questo elemento con le frazioni dei sedimenti, si è evidenziata una buona correlazione con la componente organica del sedimento. Ciò potrebbe indicare la presenza di fenomeni di adsorbimento di questo elemento ad opera della matrice organica. L’area di studio non è apparentemente interessata da importanti attività industriali, che potrebbero in parte spiegare le elevate concentrazioni di Cd, Pb, Sb e Sn. Due potenziali sorgenti antropogeniche di contaminazione sono rappresentate da un’estensiva attività agricola nelle zone limitrofe alle valli considerate e da un elevata pressione venatoria esercitata proprio all’interno di queste zone umide. In particolare, quest’ultima attività umana, potrebbe rappresentare una spiegazione più che plausibile per l’elevata presenza di Pb, messa in evidenza dallo studio, dato che fino ad pochissimi anni venivano utilizzate munizioni al Pb con conseguente rilascio in ambiente di ingenti quantitativi di questo metallo. Il Cu e lo Zn si distribuiscono invece in modo relativamente omogeneo nelle tre zone umide investigate, con un debole arricchimento di questi due elementi nei sedimenti delle Valli di Rosolina. Per quanto riguarda l’As, la sua distribuzione nell’area di studio, confrontata con i valori di background, non sembra sollevare particolare preoccupazione, cosi come la presenza di Hg in tutti e tre i siti investigati. Le Valli di Comacchio e Valle Bertuzzi sono inoltre caratterizzate da concentrazioni elevate di Cr e Ni, dati che confermano il naturale arricchimento di questi due elementi nell’area di studio evidenziato da un ampia letteratura e riconducibile ad apporti litologici provenienti dai depositi ofiolitici delle Alpi occidentali trasportati dal fiume Po verso l’Adriatico. Tuttavia, in alcuni campioni la concentrazione di Cr è molto superiore a quella caratteristica delle ofioliti di origine alpina, soprattutto per Valle Bertuzzi. Per spiegare queste anomalie sono necessarie indagini più approfondite sulla presenza e distribuzione di Cr nell’area di Comacchio e Bertuzzi. Riguardo ai 5 siti riproduttivi del Fenicottero, la colonia di Odiel (Spagna) si distingue per essere il sito maggiormente contaminato tra quelli investigati. Si sono infatti riscontrate elevate concentrazioni di As, Cu, Hg, Pb, Sb, Sn e Zn, se confrontate con quelle degli altri siti campionati. Questo risultato non sorprende. Il sito è infatti riconosciuto in letteratura come uno dei sistemi estuarini più inquinati dell’Europa occidentale, in quanto interessato dall’attività mineraria della IPB (Iberian Pyrite Belt), uno dei più importanti siti minerari mondiali, e dall’attività del polo industriale di Huelva. La colonia francese della Camargue si distingue invece per essere il sito meno impattato dall’attività antropica, non mostrando concentrazioni anomale per nessuno degli elementi in traccia analizzati. I sito riproduttivo situato nei pressi di Cagliari, in Sardegna, ha riportato elevate concentrazioni di Cd, Hg e Pb. La contaminazione di questo sito a seguito di ingenti scarichi di rifiuti industriali contenenti Hg e Pb a partire dagli anni ’60 è ben documentata in letteratura. Sebbene negli anni ’90 siano stati realizzati progetti di bonifica del sito, le concentrazioni ottenute nel presente studio sono ancora elevate suggerendo la possibilità che il processo di rimozione di Hg e Pb messo in atto in passato possa aver avuto scarsa efficacia. La colonia riproduttiva di Comacchio ha registrato concentrazioni elevate di Cr, Ni e Pb. Come già detto riguardo ai siti di alimentazione l’abbondanza di Cr e Ni nell’area è da ricondurre a fattori naturali, mentre le elevate concentrazioni di Pb non trovano riscontri in precedenti studi. La presenza di alcuni campioni con concentrazioni anomale di Cr e il generale arricchimento di Pb nel sito suggeriscono la necessità di studi più approfonditi e specifici sulla presenza di questi elementi nell’area di Comacchio. Infine, la colonia situata in Laguna di Venezia si caratterizza per avere concentrazioni relativamente elevate di Cd e Hg riconducibili all’attività del polo industriale di Porto Marghera, come già evidenziato da numerosi studi. Tuttavia, i dati del presente studio non confermano le concentrazioni anomale di Zn messe in evidenza da molti studi effettuati nell’intera laguna veneta. Ciò può trovare una spiegazione nel fatto che il sito indagato in questo studio corrisponde ad un piccola porzione dell’intera laguna, molto raramente investigato negli studi passati. Mediante il presente studio è stato quindi possibile implementare le scarse conoscenze geochimiche relative ai sedimenti di alcune zone umide frequentate dai fenicotteri nell’Alto Adriatico e, al contempo, mettere in luce alcune importanti criticità, in particolar modo riguardo Cd, Cr, Pb, Sb e Sn, la cui presenza e distribuzione nell’area dovrebbero essere ulteriormente investigate da studi futuri.

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Hintergrund: Miniaturisierung ist ein häufig beobachtetes Phänomen bei Pflanzen in arktisch-alpinen Lebensräumen und wird als Anpassung an niedrige Jahresmitteltemperaturen und eine kurze Vegetationsperiode interpretiert. Ziele: In der vorliegenden Arbeit wird im Petasites-Clade (Petasites Mill., Endocellion Turcz. ex Herder, Homogyne Cass., Tussilago L.; Asteraceae) und in Soldanella (Primulaceae) die Evolution der Miniaturisierung arktisch-alpiner Arten untersucht. Zudem wird innerhalb von Homogyne untersucht, ob unterschiedliche edaphische Präferenz von H. alpina (variabel) und H. discolor (kalkliebend) genetisch fixiert ist. rnMethoden: Molekulare Phylogenien des Petasites-Clades und von Soldanella wurden mit nukleären und plastidären Markern erstellt, und mit den in den Alpen vorkommenden Soldanella-Arten wurde zudem eine Fingerprint-Studie (AFLPs) gemacht. Zur Datierung der Diversifizierungsereignisse im Petasites-Clade diente eine molekulare Uhr, und die Evolution von Miniaturisierung wurde rekonstruiert. Mit H. alpina und H. discolor wurde ein vergleichendes Kulturexperiment durchgeführt.rnErgebnisse: Miniaturisierung entstand mehrere Male unabhängig voneinander in den arktisch-alpinen Vertretern des Petasites-Clade, aber nicht alle arktisch-alpinen Arten sind klein. Das Alter der arktisch-alpinen Arten deutet darauf hin, dass diese Taxa ihren Ursprung in der arkto-tertiären Flora haben. In Soldanella sind reduzierte Blütenmorphologie sowie Kleinwüchsigkeit der beiden alpinen Arten zweimal parallel entstanden. Homogyne alpina und H. discolor zeigen keine edaphischen Unterschiede hinsichtlich des Keimverhaltens, aber in Kultur zeigt sich, dass die Präferenz von H. discolor für Kalk wahrscheinlich genetisch fixiert ist.rnSchlussfolgerungen: Miniaturisierung von Pflanzen in größerer Höhe und höherer geographischer Breite kann in der Regel beobachtet werden. Allerdings kann die Evolution arktisch-alpiner Arten auch durch Faktoren wie Nährstoffverfügbarkeit, Konkurrenz und Störung beeinflusst werden, die dem Effekt der Temperatur entgegenwirken, so dass nicht alle Pflanzen in arktisch-alpinen Habitaten klein sind. Blütenmorphologische Reduktion in Soldanella kann als Anpassung an einen höheren Grad an Selbstbestäubung interpretiert werden, um eine geringere Bestäuberaktivität im alpinen Lebensraum zu kompensieren.

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Il fine ultimo di questo lavoro è di analizzare ed interpretare alcuni parametri morfometrici che riguardano bacini in roccia e canali di colate detritiche nelle Dolomiti, estrapolati tramite l’analisi di un DEM derivato da rilievo LiDAR. La procedura, implementata in ambiente GIS, è basata sull’analisi di mappe raster morfometriche derivate dalla rappresentazione digitale del terreno. L’elevata risoluzione di questi modelli digitali del terreno (1m) ha permesso uno studio approfondito della morfologia delle colate detritiche nell’area alpina. L’area di studio, nel comune di Cortina D’Ampezzo, è caratterizzata da frequenti eventi di colata detritica a causa della particolare e caratteristica morfologia dolomitica che si sviluppa in altezza con imponenti testate rocciose ed alla loro base con conoidi detritici. I bacini di roccia sono di piccole dimensioni, mentre la lunghezza dei canaloni può variare in base alla pendenza e alla litologia del luogo. In questo tipo di ambiente la causa principale di innesco di tali fenomeni sono i temporali ad elevata intensità i quali trasformano il materiale di deposito in un fluido che scende, grazie alla pendenza, con velocità elevate attraverso i canali. Raggiunte pendenze basse il fluido si arresta e il materiale viene depositato. In questo studio le zone d’innesco di colata detritica sono state indagate con metodologie quali la fotointerpretazione confrontata con il DEM e la modellazione spazialmente distribuita, una procedura automatica volta ad identificare i possibili punti d’innesco e basata sulla relazione tra pendenza locale e area contribuente. Tramite i punti d’innesco individuati con fotointerpretazione sono stati estratti i relativi bacini di colata. In principio sono stati analizzati e interpretati i parametri morfologici e idrologici che caratterizzano i bacini in roccia e i loro rispettivi canali di colata tramite istogrammi di frequenza. Successivamente sono stati confrontati i parametri più significativi attraverso l’uso di grafici a dispersione. Nello studio è stata posta particolare attenzione soprattutto a quei bacini considerati attivi tramite la raccolta di fonti storiche, con l’obbiettivo di analizzare dettagliatamente i parametri morfometrici che risultano essere direttamente legati all’attività dei bacini.

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Alpine grasslands are ecosystems with a great diversity of plant species. However, little is known about other levels of biodiversity, such as landscape diversity, diversity of biological interactions of plants with herbivores or fungal pathogens, and genetic diversity. We therefore explored natural and anthropogenic determinants of grassland biodiversity at several levels of biological integration, from the genetic to the landscape level in the Swiss Alps. Differences between cultural traditions (Romanic, Germanic, and Walser) turned out to still affect land use diversity and thus landscape diversity. Increasing land use diversity, in turn, increased plant species diversity per village. However, recent land use changes have reduced this diversity. Within grassland parcels, plant species diversity was higher on unfertilized mown grasslands than on fertilized or grazed ones. Most individual plants were affected by herbivores and fungal leaf pathogens, reflecting that parcels harbored a great diversity of herbivores and pathogens. However, as plant damage by herbivores and pathogens was not severe, conserving these biological interactions among plants is hardly compromising agricultural goals. A common-garden experiment revealed genetic differentiation of the important fodder grass Poa alpina between mown and grazed sites, suggesting adaptation. Per-village genetic diversity of Poa alpina was greater in villages with higher land use diversity, analogous to the higher plant species diversity there. Overall, landscape diversity and biodiversity within grassland parcels are currently declining. As this contradicts the intention of Swiss law and international agreements, financial incentives need to be re-allocated and should focus on promoting high biodiversity at the local and the landscape level. At the same time, this will benefit landscape attractiveness for tourists and help preserve a precious cultural heritage in the Swiss Alps.

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Plant survival in alpine landscapes is constantly challenged by the harsh and often unpredictable environmental conditions. Steep environmental gradients and patchy distribution of habitats lead to small size and spatial isolation of populations and restrict gene flow. Agricultural land use has further increased the diversity of habitats below and above the treeline. We studied the consequences of the highly structured alpine landscape for evolutionary processes in four study plants: Epilobium fleischeri, Geum reptans, Campanula thyrsoides and Poa alpina. The main questions were: (1) How is genetic diversity distributed within and among populations and is it affected by altitude, population size or land use? (2) Do reproductive traits such as allocation to sexual or vegetative reproduction vary with altitude or land use? Furthermore, we studied if seed weight increases with altitude. Within-population genetic diversity of the four species was high and mostly not related to altitude and population size. Nevertheless, genetic differentiation among populations was pronounced and strongly increasing with distance. In Poa alpina genetic diversity was affected by land use. Results suggest considerable genetic drift among populations of alpine plants. Reproductive allocation was affected by altitude and land use in Poa alpina and by succession in Geum reptans. Seed weight was usually higher in alpine species than in related lowland species. We conclude that the evolutionary potential to respond to global change is mostly intact in alpine plants, even at high altitude. Phenotypic variability is shaped by adaptive as well as by random evolutionary processes; moreover plastic responses to growth conditions seem to be crucial for survival of plants in the alpine landscape.