998 resultados para Divina Comedia
Resumo:
La tesi considera la trattazione del tema dell’infanzia nell’opera di Origene di Alessandria attraverso l’analisi dei testi trasmessi nell’originale greco e delle traduzioni latine di Rufino e Gerolamo. Il motivo dell’infanzia è considerato nei suoi molteplici significati, a più livelli: esegetico, antropologico, filosofico, teologico. La ricerca non si limita dunque ad un’analisi di taglio storico, ma ambisce a definire la concezione e la considerazione della prima età dal punto di vista di Origene e nel contesto più ampio della letteratura coeva. Attraverso una lettura estensiva del corpus dell’Alessandrino sono stati isolati tutti i passi che si riferiscono all’infanzia a livello letterale e metaforico. Ne emerge una trattazione complessa del tema: il bambino è per Origene, in linea con le contemporanee dottrine filosofiche, un essere eminentemente irrazionale. Il pieno sviluppo della facoltà razionale si colloca al termine di questa prima fase dell’esistenza. L’irrazionalità infantile previene nei più piccoli l’insorgere delle passioni. A questa dottrina, di matrice stoica, si ricollegano alcuni sviluppi di grande rilievo: la non-imputabilità dei minori ed il legame tra razionalità e responsabilità individuale; la riflessione sulla sofferenza dei bambini e la ricerca di una sua causa, che non intacchi il principio della giustizia divina; l’ipotesi della preesistenza delle anime. Sul piano teologico la ricerca si focalizza sulle nozioni di paternità e filiazione e sul tema, centrale nell’orizzonte origeniano, della pedagogia. Origene concepisce la pedagogia umana, sul modello di quella divina, come una rete dinamica di relazioni che ricalca i rapporti parentali. A fianco di questi ambiti d’interesse principali l’analisi considera aspetti ulteriori: risalto è concesso, in particolare, all’elemento biografico ed all’aspetto linguistico e letterario della prosa origeniana, quest'ultimo spesso trascurato dalla critica. Lo studio mostra inoltre la vitalità di alcuni modelli esegetici origeniani nella tradizione successiva.
Resumo:
La presente ricerca, L’architettura religiosa di Luis Moya Blanco. La costruzione come principio compositivo, tratta i temi inerenti l’edificazione di spazi per il culto della religione cristiana che l’architetto spagnolo progetta e realizza a Madrid dal 1945 al 1970. La tesi è volta ad indagare quali siano i principi alla base della composizione architettonica che si possano considerare immutati, nel lungo arco temporale in cui l’autore si trova ad operare. Tale indagine, partendo da una prima analisi riguardante gli anni della formazione e gli scritti da lui prodotti, verte in particolare sullo studio dei progetti più recenti e ancora poco trattati dalla critica. L’obbiettivo della presente tesi è dunque quello di apportare un contributo originale sull’aspetto compositivo della sua architettura. Ma analizzare la composizione significa, in Moya, analizzare la costruzione che, a dispetto del susseguirsi dei linguaggi, rimarrà l’aspetto principale delle sue opere. Lo studio dei manufatti mediante categorie estrapolate dai suoi stessi scritti – la matematica, il numero, la geometria e i tracciati regolatori - permette di evidenziare punti di contatto e di continuità tra le prime chiese, fortemente caratterizzate da un impianto barocco, e gli ultimi progetti che sembrano cercare invece un confronto con forme decisamente moderne. Queste riflessioni, parallelamente contestualizzate nell’ambito della sua consistente produzione saggistica, andranno a confluire nell’idea finale per cui la costruzione diventi per Luis Moya Blanco il principio compositivo da cui non si può prescindere, la regola che sostanzia nella materia il numero e la geometria. Se la costruzione è dunque la pietrificazione di leggi geometrico-matematiche che sottendono schemi planimetrici; il ricorso allo spazio di origine centrale non risponde all’intenzione di migliorare la liturgia, ma a questioni di tipo filosofico-idealista, che fanno corrispondere alla somma naturalezza della perfezione divina, la somma perfezione della forma circolare o di uno dei suoi derivati come l’ellisse.
Resumo:
La diffusione di Internet negli ultimi anni e lo sviluppo sempre crescente nell'ambito delle reti di telecomunicazione, hanno portato oggi ad una vera e propria esplosione della diffusione di nuove tecnologie di trasmissione. Inizialmente il protocollo di trasporto dati, TCP, non era stato pensata per operare in scenari diversi da quello della rete fissa. Con l'introduzione di nuovi scenari, come quello wireless, wimax e satellitare, si è notato come le prestazioni peggiorino in questi ambienti. Proprio per questo, il protocollo TCP ha subito parecchie modifiche negli anni e sono state realizzate alternative atte a migliorare l'inefficienza del protocollo. Le modifiche, a cui il TCP è stato sottoposto, sono basate su alcuni criteri di valutazione e l'introduzione di meccanismi come il controllo del flusso o il controllo di congestione in modo da migliorare le performance in ambienti “ostili”. Molti ricercatori si sono concentrati nello studio e modifica di questi nuovi meccanismi cercando di adattare al meglio il TCP secondo diversi scenari di rete, trascurando così altri criteri un pò meno noti. Dopo aver introdotto lo scenario con la descrizione del protocollo TCP, andremo a descrivere e illustrare questi “nuovi criteri” presentando alcuni recenti studi effettuati, in seguito andremo a presentare un nuova versione del protocollo chiamata Early Warning TCP e nell'ultimo capitolo andremo a presentare delle conclusioni degli studi presentati.
Resumo:
In this thesis, I have chosen to translate from Italian into Arabic Canto I of the Inferno, from Dante Alighieri’s epic poem the Divine Comedy (La Divina Commedia) because it’s a masterpiece in both Italian and world literature. Also I have selected it for its artistic value and the universal themes that it depicts. In fact, my purpose in translating this great work into Arabic is to extol the cultural and universal aspects that can be common to human beings everywhere. My paper is written in Arabic and has six sections: A brief introduction on Dante’s life, an introduction to the Divine Comedy, a summary of Canto 1 of the Inferno and its analysis, Canto I of the Inferno in Italian, its translation into Arabic and finally a comment on the translation. The first part -a summary of Dante’s life was presented. The second part of my paper is an introduction to the Divine Comedy, the allegorical epic poem, consisting of three parts: The Inferno (Hell), Purgatorio (Purgatory), and Paradiso (Paradise). The third part is a summary and analysis of Canto 1 of the Inferno, Dante’s most renowned verses. The analysis of Canto highlights the everlasting conflict of man– sinning and giving in to temptation but then trying to repent and search for his soul’s salvation. He reflects on sin, existence, truth, God, love and salvation in his struggle through the dark and gloomy forest which symbolizes conflict and temptations man may succumb to. The influence of Christianity and the Middle ages here shows his commitment to religion and faith. Moreover, his meeting of Virgil, who guides him to the mountain during his journey to salvation, reflects the positive impact of Virgil’s philosophy on Dante. The fourth part presents the Italian version of Canto 1 of the Inferno. The fifth section of my paper is the translation of Canto 1 of the Inferno from Italian to Arabic. Translating an excerpt of Dante’s masterpiece was not an easy task: I had to consult several critique texts besides the Italian source text with explanations, and also some English versions to overcome any translation difficulties. As a student of translation, my goal was to be faithful in relaying to the Arabic audience the authenticity of Dante’s work, his themes, passions and aesthetic style. Finally, I present a conclusion including a comment on the translation and the bibliography of the sources I have consulted.
Resumo:
Questa ricerca è un’indagine semasiologica del lessico agostiniano della provvidenza divina, costituito dalle parole-chiave prouidentia, prouideo, prouidens, prouidus, prouisio, prouisor, prouisus, e dai lessemi in relazione logico-sintattica diretta con esse. La prospettiva è sia sincronica (si considerano tutte le attestazioni delle parole-chiave presenti nel corpus agostiniano), sia diacronica: si soppesano di volta in volta analogie e differenze agostiniane rispetto agli antecedenti, nell’intento di arricchire il panorama dei possibili modelli lessicali latini (pagani, biblici, patristici) di Agostino. I dati lessicali sono stati raccolti in una banca dati appositamente costituita, selezionati secondo i criteri di frequenza e pregnanza semantica, e analizzati per nuclei tematici, coincidenti in parte con i capitoli della tesi. Si studiano dapprima i lessemi che esprimono il governo della provvidenza (le famiglie lessicali di administro, guberno e rego, e altri lessemi che designano l’azione della provvidenza); sono poi analizzati lessemi e iuncturae in cui prevale l’idea del mistero della provvidenza. Gli ultimi due capitoli sono dedicati al tema della cura divina, e a quello della cosiddetta “pedagogia divina”: attraverso i segni esteriori, la provvidenza ‘richiama’ l’uomo a rientrare in se stesso. Un’appendice approfondisce infine l’uso agostiniano di Sap 6,16 e Sap 8,1. L’apporto di Agostino al lessico filosofico latino va individuato a livello semantico più che nell’innovazione lessicale. Accanto a suffissazione, composizione, calco, la metafora svolge un ruolo essenziale nella formazione del lessico dell’Ipponate, e proviene spesso da altre lingue tecniche oppure è radicata nel patrimonio di immagini tradizionali della religione pagana. Il debito di Agostino è indubbiamente verso Cicerone, ma anche verso Seneca, per l’uso in ambito esistenziale-biografico di alcuni lessemi. Agostino li trasferisce però dal piano umano a quello divino, come nel caso del concetto di admonitio: parte integrante del programma filosofico senecano; ‘richiamo’ della provvidenza per Agostino, concetto che risente anche dell’apporto di retorica ed esegesi.
Resumo:
Im vorliegenden Heft finden sich zwei Beiträge, die auf Vorlesungen des Berner Mittelalterzentrums im Herbstsemester 2011 zurückgehen. Unter dem Motto „Traum und Vision im Mittelalter“ behandelte die Ringvorlesung Erscheinungsformen von Gesichten, die dem Menschen im Schlaf oder in einem mitunter tranceartigen Wachzustand zukommen. Für das Mittelalter einflussreich war die Traumtheorie, die der spätantike Gelehrte Macrobius in seinem Kommentar zu Ciceros ‹Somnium Scipionis› entwarf und in der er verschiedene Traumarten aufführte. In Verbindung mit frühchristlichen Lehren, wie sie etwa Tertullian entwickelte, wurde dabei die grundlegende Unterscheidung zwischen dem menschlich bestimmten Traum (somnium) und der göttlichen Traumbotschaft (visio) wichtig. Traumgesichte konnten auf diese Weise als göttliche Offenbarungen erfahren werden und boten zugleich Raum für den Einbruch des Imaginären, zu dem auch außerchristliche Inhalte gehörten. In dieser Spannung, welche beispielsweise Dantes ‹Divina Commedia› zugrunde liegt, konnten Träume und Visionen einen Realitätsanspruch eigenen Rechts entfalten und oblagen meist der Problematik einer angemessenen Deutung. Für die historischen Wissenschaften einschließlich der Kunst- und Literaturgeschichte können Träume und Visionen als Bestandteile einer (mentalitäts)geschichtlichen Wirklichkeit gelten. Von Belang sind die narrativen Potentiale der in historischen Zeugnissen fassbaren Verarbeitung von Träumen und Visionen. Zwei Beiträge der Vorlesungsreihe werden in dem vorliegenden Heft stellvertretend abgedruckt: Klaus Speckenbach (ehemals Universität Münster i.W.) zieht eine Synthese aus seinen umfangreichen Forschungen zu mittelalterlichen Traumbüchern, dies mit besonderer Berücksichtigung des Spannungsverhältnisses von Traum und Traumdeutung. Philippe Walter (Universität Grenoble) vertritt mit seinem französischen Beitrag eine im deutschen Sprachraum weniger bekannte, gelegentlich kritisch rezipierte Richtung der Mentalitätsforschung, die nach historischen Schichten des mythisch besetzten Imaginären fragt.
Resumo:
A partir de la común afición de Roberto Arlt y Leopoldo Marechal por el género dramático, se analizan los elementos teatralizadores presentes en sus novelas, en orden a señalar la importancia que adquieren en la configuración total de la obra y también el diverso fundamento ideológico que en cada uno de los escritores es dable advertir. En efecto, así como ambos mantienen la convicción de que hay una escisión entre el ser y la apariencia, Marechal entiende que Dios es el Espectador de una vistosa comedia interpretada por los hombres. De ahí que Sujeto y Objeto de la representación se distingan nítidamente. En Arlt, por el contrario, la actuación reúne dentro de un mismo personaje al Actor y al Espectador, que así se debate alocadamente en un juego sin fin.
Resumo:
Junto a las magistrales creaciones barrocas del genial dramaturgo don Pedro Calderón de la Barca, encontramos una rica producción de piezas cortas, cuya primera publicación data de 1645, en Entremeses Nuevos, momento en que el género entremés ofrecía ya un corpus considerable de obras, motivos, tipos y argumentos a los cuales, se dice, Calderón hace avanzar en algunos casos con genialidad hasta su plena madurez. El arte de Calderón, como cima de la creación dramática barroca, se hace presente también en las piezas de su teatro breve, tanto en los aspectos del estilo como en los de la concepción y elaboración de la pieza dramática. Las Carnestolendas es un excelente ejemplo de ese arte. El análisis de este entremés intenta demostrar que la riqueza y la complejidad que posee es una síntesis apretada del arte barroco calderoniano. Ello se ejemplifica con los distintos aspectos propios del entremés aunque presentes también en las comedias: la unidad dramática, la cohesión de los distintos momentos, la tensión, los temas, el teatro dentro del teatro, el desfile de personajes, la comicidad verbal. Puede apreciarse, así, que Las carnestolendas son como el "mundo abreviado" de la comedia calderoniana.