975 resultados para Neoplasia vulvar intraepitelial (VIN)


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Die akute myeloische Leukämie (AML) zählt zu den aggressivsten neoplastischen Erkrankungenrnder Hämatopoese. Die Mehrheit der Patienten mit AML erreicht nach Induktions-rnChemotherapie den Zustand der kompletten Remission, jedoch erleiden mehr als die Hälfterndieser Patienten anschließend einen Rückfall und versterben an den Folgen der Erkrankungrn[1]. Die allogene hämatopoetische Stammzelltransplantation (engl.: hematopoietic stem cellrntransplantation, HSCT) stellt die einzig putativ kurative Behandlungsform für rezidierendernPatienten und solche mit schlechter Prognose dar. Jedoch birgt diese Form der Therapiernauch eine Vielzahl an Risiken. Insbesondere das Auftreten einer akuten Transplantat-gegen-rnWirt-Erkrankung (engl.: graft-versus-host disease, GvHD) stellt die Hauptursache für transplantationsassoziierternMortalität und Morbidität dar [2]. Die Depletion von alloreaktiven zytotoxischenrnT Lymphozyten (CTL) aus dem Transplantat ermöglicht zwar die Prävention derrnEntstehung einer GvH-Erkrankung, jedoch häufig unter gleichzeitigem Verlust des förderlichen,rnanti-leukämischen Transplantat-gegen-Leukämie-Effekts (engl.: graft-versus-leukemia,rnGvL) [3]. Um den GvL-Effekt unter Vermeidung einer GvH-Erkrankung zu erhalten, bietetrnsich der gezielte adoptive Transfer von Leukämie-spezifischen, nicht alloreaktiven CTL alsrnattraktive Strategie der Immuntherapie für AML-Patienten nach allogener HSCT an. In derrnvorliegenden Arbeit konnte erfolgreich ein prä-klinisches murines AML-Modell unter Einsatzrndes stark immundefizienten NOD.Cg-Prkdcscid Il2rgtm1Wjl/SzJ- (NSG-) Mausstamms und primärenrnAML-Blasten durch die Optimierung bereits publizierter Protokolle etabliert werden.rnBei zehn von 17 transplantierten primären AML-Proben konnte ein erfolgreiches Engraftmentrnder humanen Zellen und eine Rekonstitution der humanen Neoplasie in den NSG-Mäusenrnerzielt werden. Die Engraftment-Rate betrug somit 58,82% und lag etwas unter dem aus derrnLiteratur bekannten Wert von 65-70% [4, 5]. Es ließen sich gut, intermediär und schlecht anwachsendernAML-Proben anhand der Engraftment-Stärke und -Reproduzierbarkeit voneinanderrnunterscheiden. Anhand der Analyse von für das Engraftment kritischer Parameter konnternein Zusammenhang zwischen Engraftment-Rate in der Maus und Flt3-Mutationsstatus sowiernFAB-Klassifikation des Patienten hergestellt und somit Angaben aus der Literatur bestätigtrnwerden. Für zwei Patienten-spezifische AML-Modelle, MZ580 und MZ308, konnten in vitrornerfolgreich AML-reaktive, über einzelne bzw. duale HLA-Diskrepanzen restringierte CTLPopulationenrngeneriert und über einen Zeitraum von bis zu 70 Tagen expandiert werden.rnDeren adoptiver Transfer in zuvor mit humanen AML-Blasten inokulierte NSG-Mäuse führternzu einer nahezu vollständigen Eradikation der AML-Blasten und Remission der Versuchstiere.rnAnhand unterschiedlich langer in vitro Kultur-Zeiträume konnte ein für die in vivo ausgeübtenrnEffektor-Funktionen optimaler Reifungszustand der CTL-Populationen von maximalrn28 Tagen bestimmt werden. Die kinetische Analyse der lytischen Aktivität in vivo deutete auf eine relativ schnelle Ausübung der Effektor-Funktionen durch die CTL-Populationen innerhalbrnvon zwei bis 24 Stunden nach adoptivem Transfer hin. Durch die Verwendung von inrnvitro generierten EBV-reaktiven CTL aus einem irrelevanten Spender konnte zudem die Spezifitätrnder in vivo ausgeübten Effektor-Funktionen nachgewiesen werden. Die ex vivo Re-rnIsolation adoptiv transferierter CTL und deren in vitro Analyse in einem IFNγ ELISpot wiesrneine konstante Reaktivität der Zellen ohne Induktion einer Xeno-Reaktivität nach. Die zurrnVerbesserung der Persistenz humaner CTL-Populationen eingesetzten autologen CD4+ TrnZellen zeigten nur im AML MZ308-System eine positive Wirkung. Generell konnte die Persistenzrnin vivo jedoch trotz initialer Substitution mit den Zytokinen IL-2 und IL-7 nicht über einenrnZeitraum von sieben Tagen hinaus aufrechterhalten werden.rnZur Untersuchung des Extravasations-Mechanismus humaner T Zellen über murines Endothelrnwurden sowohl Flusskammer- als auch Transwell-Studien durchgeführt, um die molekularenrnGrundlagen des Adhäsions- und Transmigrationsprozesses aufzuklären. Durch denrnparallelen Einsatz humaner und muriner T Zellen auf murinen Endothelzellen unter Zusatzrnfunktionsblockierender monoklonaler Antikörper konnte gezeigt werden, dass derrnExtravasations-Mechanismus beider Spezies auf Interaktionen homologer Adhäsionsmolekül-rnPaare, nämlich VLA-4–VCAM-1 und LFA-1–ICAM-1, beruht. Für einzelne Moleküle konntenrnin Abhängigkeit der eingesetzten Endothelzellen Unterschiede in der Funktionalität zwischenrnden Spezies identifiziert werden. Der Adhäsionsprozess war durch die Blockade derrnVLA-4–VCAM-1-Interaktion stärker inhibierbar als durch die Blockade von LFA-1–ICAM-1.rnDie Transmigration hingegen war durch die Blockade beider Adhäsionsmolekül-Paare vergleichbarrnstark inhibierbar.

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Numerose ricerche indicano i modelli di cure integrate come la migliore soluzione per costruire un sistema più efficace ed efficiente nella risposta ai bisogni del paziente con tumore, spesso, però, l’integrazione è considerata da una prospettiva principalmente clinica, come l’adozione di linee guida nei percorsi della diagnosi e del trattamento assistenziale o la promozione di gruppi di lavoro per specifiche patologie, trascurando la prospettiva del paziente e la valutazione della sua esperienza nei servizi. Il presente lavoro si propone di esaminare la relazione tra l’integrazione delle cure oncologiche e l’esperienza del paziente; com'è rappresentato il suo coinvolgimento e quali siano i campi di partecipazione nel percorso oncologico, infine se sia possibile misurare l’esperienza vissuta. L’indagine è stata svolta sia attraverso la revisione e l’analisi della letteratura sia attraverso un caso di studio, condotto all'interno della Rete Oncologica di Area Vasta Romagna, tramite la somministrazione di un questionario a 310 pazienti con neoplasia al colon retto o alla mammella. Dai risultati, emerge un quadro generale positivo della relazione tra l’organizzazione a rete dei servizi oncologici e l’esperienza del paziente. In particolare, è stato possibile evidenziare quattro principali nodi organizzativi che introducono la prospettiva del paziente: “individual care provider”,“team care provider”,“mixed approach”,“continuity and quality of care”. Inoltre, è stato possibile delineare un campo semantico coerente del concetto di coinvolgimento del paziente in oncologia e individuare quattro campi di applicazione, lungo tutte le fasi del percorso: “prevenzione”, “trattamento”,“cura”,“ricerca”. Infine, è stato possibile identificare nel concetto di continuità di cura il modo in cui i singoli pazienti sperimentano l’integrazione o il coordinamento delle cure e analizzare differenti aspetti del vissuto della persona e dell’organizzazione.

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Introduzione. Il rapido e globale incremento dell’utilizzo dei telefoni cellulari da parte degli adolescenti e dei bambini ha generato un considerevole interesse circa i possibili effetti sulla salute dell’esposizione a campi elettromagnetici a radiofrequenza. Perciò è stato avviato lo studio internazionale caso-controllo Mobi-kids, all’interno del quale si colloca quello italiano condotto in 4 Regioni (Piemonte, Lombardia, Toscana, Emilia-Romagna). Obiettivi. Lo studio ha come obiettivo quello di valutare la stima del rischio degli effetti potenzialmente avversi di queste esposizioni sul sistema nervoso centrale nei bambini e negli adolescenti. Materiali e Metodi. La popolazione include tutte le persone di età compresa tra 10 e 24 anni residenti nelle 4 Regioni, con una diagnosi confermata di neoplasia cerebrale primitiva, diagnosticata durante il periodo di studio (3 anni). Sono stati selezionati due controlli - ospedalizzati per appendicite acuta - per ciascun caso. I controlli sono stati appaiati individualmente a ciascun caso per età, sesso e residenza del caso. Risultati. In Italia sono stati intervistati a Giugno 2014, 106 casi e 191 controlli. In Emilia-Romagna i casi reclutati sono stati fino ad ora 21 e i controlli 20, con una rispondenza del’81% e dell’65% rispettivamente. Dei 41 soggetti totali, il 61% era di sesso maschile con un’età media generale pari a 16,5 (±4,5) anni. Inoltre il 44% degli intervistati proveniva dalla classe di età più giovane (10-14). In merito allo stato di appaiamento, nella nostra Regione sono state effettuate 7 triplette (33%) - 1 caso e 2 controlli - e 6 doppiette (29%) - 1 caso ed 1 controllo. Conclusioni. Nonostante le varie difficoltà affrontate data la natura del progetto, l’esperienza maturata fin ad ora ha comunque portato alla fattibilità dello studio e porterà probabilmente a risultati che contribuiranno alla comprensione dei potenziali rischi di neoplasie cerebrali associati all'uso di telefoni cellulari tra i giovani.

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CD99, glicoproteina di membrana codificata dal gene MIC2, è coinvolta in numerosi processi cellulari, inclusi adesione, migrazione, apoptosi, differenziamento e regolazione del trafficking intracellulare di proteine, in condizioni fisiologiche e patologiche. Nell’osteosarcoma risulta scarsamente espressa ed ha ruolo oncosoppressivo. L’isoforma completa (CD99wt) e l’isoforma tronca (CD99sh), deleta di una porzione del dominio intracellulare, influenzano in modo opposto la malignità tumorale. In questo studio, comparando cellule di osteosarcoma caratterizzate da differenti capacità metastatiche e diversa espressione di CD99, abbiamo valutato la modulazione dei contatti cellula-cellula, la riorganizzazione del citoscheletro di actina e la modulazione delle vie di segnalazione a valle del CD99, al fine di identificare i meccanismi molecolari regolati da questa molecola e responsabili del comportamento migratorio e invasivo delle cellule di osteosarcoma. L'espressione forzata di CD99wt induce il reclutamento di N-caderina e β-catenina a livello delle giunzioni aderenti ed inibisce l'espressione di molecole cruciali nel processo di rimodellamento del citoscheletro di actina, come ACTR2, ARPC1A, Rho-associated, coiled–coil-containing protein kinase 2 (ROCK2), nonché di ezrina, membro della famiglia ezrin/radixin/moesin e chiaramente associata con la progressione tumorale e la metastatizzazione dell’OS. Gli studi funzionali identificano ROCK2 come mediatore fondamentale nella regolazione della migrazione e della diffusione metastatica dell’osteosarcoma. Mantenendo cSRC in una conformazione inattiva, CD99wt inibisce la segnalazione mediata da ROCK2 inducendo una diminuzione dell’ezrina a livello della membrana accompagnata dalla traslocazione in membrana di N-caderina e β-catenina, principali ponti molecolari per il citoscheletro di actina. La ri-espressione di CD99wt, generalmente presente negli osteoblasti, ma perso nelle cellule di osteosarcoma, attraverso l'inibizione dell'attività di cSrc e ROCK2, aumenta la forza di contatto e riattiva i segnali anti-migratori ostacolando l’azione pro-migratoria, altrimenti dominante, dell’ezrina nell’osteosarcoma. Abbiamo infine valutato la funzione di ROCK2 nel sarcoma di Ewing: nonostante il ruolo oncogenico esercitato da CD99, ROCK2 guida la migrazione cellulare anche in questa neoplasia.

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Oggetto della tesi e' l'approfondimento su tecniche e metodiche di preservazione del polmone isolato per lo studio ecografico. E' discussa l'appropriatezza sull'uso degli ultrasuoni in corso di chirurgia mini invasiva polmonare, obiettivo di una ricerca sperimentale. Il razionale dello studio si fonda sull'indicazione all'exeresi chirurgica di noduli polmonari di diametro inferiore al centometro, ovvero di diametro superiore ma localizzati in aree centrali del polmone. Queste lesioni sono sempre piu' frequentente diagnosticate per mezzo di avanzate tecniche di imaging. L'atto chirurgico ha scopo terapeutico quando sia stata posta la diagnosi di neoplasia maligna, diagnostico-terapeutico quando non sia ancora ottenuta la tipizzazione istologica della lesione. La tecnica toracoscopica offre numerosi vantaggi rispetto alle tecniche chirurgiche tradizionali ma presenta il grave limite di non permettere la palpazione diretta del tessuto polmonare e la localizzazione della formazione tumorale quando essa non sia visibile macroscopicamente. Gli ultrasuoni sono stati utilizzati con successo per indirizzare la localizzazione del nodulo polmonare. Scopo dello studio sperimentale e' quello di confrontare tecniche diverse di preservazione del polmone isolato in un modello animale, comparando catatteristiche e prestazioni di sonde ecografiche differenti per tipologia. Del tutto recentemente, in ambito trapiantologico, sono state proposte tecniche di preservazione organica utili ai fini di uno studio anatomico sperimentale particolareggiato (EVLP) e moderna e' da considerarsi la concezione di mezzi tecnici specifici per la localizzazione di bersagli intrapolmonari. La tecnica clinica applicata allo studio del particolare ecografico, nel modello animale, ha reso comprensibile e meglio definito il ruolo delle sonde ecografiche nell'individuazione di forme tumorali suscettibili di exeresi definitiva.

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Il carcinoma a cellule basali (BCC) costituisce l'80 peercento dei tumori cutanei non-melanoma, rappresentando dunque il tumore maligno della cute più frequente nella popolazione generale. Tuttavia, non esistono ad oggi studi epidemiologici ampi ed approfonditi condotti su scala nazionale su questo tipo di neoplasia, poichè i tumori cutanei non-melanoma sono esclusi dal registro statistico dei tumori. A tale scopo presso la Dermatologia dell'Università di Bologna sono stati raccolti di tutti i casi di carcinoma basocellulare osservati dal 1 gennaio 1990 sino al 31 dicembre 2014, e sono stati rielaborati statisticamente. Il criterio di inclusione adottato è stato la positività per BCC all’esame istologico, sia in caso di biopsia semplice, sia in caso di asportazione radicale. Il progetto è stato svolto presso l’ambulatorio di chirurgia oncologica della nostra UO, così come il follow-up dei pazienti nei casi di recidività multiple o di comparsa di nuovi tumori cutanei. Ad oggi, tale neoplasia è risultata essere quella di più frequente osservazione nella Unità Operativa di Dermatologia dell’Università di Bologna. Non solo, la nostra casistica rimane quella più numerosa fino ad ora riportata in tutta Italia negli ultimi 24 anni.

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L’approccio chirurgico agli adenomi ipofisari ACTH secernenti è la terapia d’elezione nell’uomo. L’ipofisectomia transfenoidale è invece una tecnica poco diffusa in ambito veterinario. La terapia più diffusa nel cane con ipercortisolismo ipofisi dipendente (PDH) è di tipo medico e prevede la somministrazione di farmaci inibitori della sintesi del cortisolo. Gli adenomi ipofisari possono aumentare di volume e determinare una conseguente sintomatologia neurologica; in questi casi le uniche opzioni terapeutiche sono rappresentate dall’asportazione chirurgica della neoplasia e dalla radioterapia. Nella presente tesi vengono descritti 8 interventi di ipofisectomia transfenoidale effettuati su 7 cani con macroadenoma ipofisario presso il Dipartimento di Scienze Mediche Veterinarie dell’Università di Bologna. La difficoltà maggiore per il chirurgo è rappresentata dalla localizzazione della fossa ipofisaria rispetto ai punti di repere visibile in tomografia computerizzata o in risonanza magnetica nucleare, oltre ai problemi di sanguinamento durante la rimozione della neoplasia. Nel periodo post-operatorio maggiori complicazioni si riscontrano in soggetti con adenomi ipofisari di maggiori dimensioni. Al contrario, in presenza di adenomi di dimensioni più contenute, la ripresa post-operatoria risulta più rapida e il tasso di successo maggiore. Al fine di poter eseguire nel cane l’exeresi mirata della sola neoplasia ipofisaria, al pari di quanto avviene nell’uomo, è stato condotto uno studio sulla tomografia computerizzata (TC) in 86 cani con PDH. Il protocollo TC non ha tuttavia permesso di individuare con precisione la posizione della neoplasia per guidare il chirurgo nella sua rimozione. In due casi riportati nel presente lavoro si è verificata una recidiva della neoplasia ipofisaria. In un soggetto si è optato per il reintervento, mentre nell’altro caso per la radioterapia. Entrambe le opzioni hanno garantito una buona qualità di vita per più di un anno dall’intervento terapeutico. Questi casi clinici dimostrano come il reintervento e la radioterapia possano essere considerate valide opzioni in caso di recidiva.

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Die vorliegende Arbeit widmet sich der Spektraltheorie von Differentialoperatoren auf metrischen Graphen und von indefiniten Differentialoperatoren auf beschränkten Gebieten. Sie besteht aus zwei Teilen. Im Ersten werden endliche, nicht notwendigerweise kompakte, metrische Graphen und die Hilberträume von quadratintegrierbaren Funktionen auf diesen betrachtet. Alle quasi-m-akkretiven Laplaceoperatoren auf solchen Graphen werden charakterisiert, und Abschätzungen an die negativen Eigenwerte selbstadjungierter Laplaceoperatoren werden hergeleitet. Weiterhin wird die Wohlgestelltheit eines gemischten Diffusions- und Transportproblems auf kompakten Graphen durch die Anwendung von Halbgruppenmethoden untersucht. Eine Verallgemeinerung des indefiniten Operators $-tfrac{d}{dx}sgn(x)tfrac{d}{dx}$ von Intervallen auf metrische Graphen wird eingeführt. Die Spektral- und Streutheorie der selbstadjungierten Realisierungen wird detailliert besprochen. Im zweiten Teil der Arbeit werden Operatoren untersucht, die mit indefiniten Formen der Art $langlegrad v, A(cdot)grad urangle$ mit $u,vin H_0^1(Omega)subset L^2(Omega)$ und $OmegasubsetR^d$ beschränkt, assoziiert sind. Das Eigenwertverhalten entspricht in Dimension $d=1$ einer verallgemeinerten Weylschen Asymptotik und für $dgeq 2$ werden Abschätzungen an die Eigenwerte bewiesen. Die Frage, wann indefinite Formmethoden für Dimensionen $dgeq 2$ anwendbar sind, bleibt offen und wird diskutiert.

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I tumori, detti anche ''la malattia del secolo'', portano ogni anno alla morte di oltre 7 milioni di persone al mondo. Attualmente è una malattia molto diffusa che colpisce soprattutto persone anziane e non solo; tuttavia ancora non esiste una cura ''esatta'' che riesca a guarire la totalità delle persone: anzi si è ben lontani da questo risultato. La difficoltà nel curare queste malattie sta nel fatto che, oltre ad esservi una grande varietà di tipologie (è quindi difficile trovare una cura unica), spesse volte la malattie viene diagnosticata molto tempo dopo la comparsa per via dei sintomi che compaiono in ritardo: si intende quindi che si parla di una malattia molto subdola che spesse volte lascia poche speranze di vita. Uno strumento, utilizzato assieme alla terapie mediche, è quello della modellizzazione matematica: essa cerca di descrivere e prevedere, tramite equazioni, lo sviluppo di questo processo e, come ben si intenderà, poter conoscere in anticipo quel che accadrà al paziente è sicuramente un fattore molto rilevante per la sua cura. E' interessante vedere come una materia spesso definita come "noiosa" ed ''inutile'', la matematica, possa essere utilizzata per i più svariati, come -nel caso specifico- quello nobile della cura di un malato: questo è un aspetto di tale materia che mi ha sempre affascinato ed è anche una delle ragioni che mi ha spinto a scrivere questo elaborato. La tesi, dopo una descrizione delle basi oncologiche, si proporrà di descrivere le neoplasie da un punto di vista matematico e di trovare un algoritmo che possa prevedere l'effetto di una determinata cura. La descrizione verrà fatta secondo vari step, in modo da poter rendere la trattazione più semplice ed esaustiva per il lettore, sia egli esperto o meno dell'argomento trattato. Inizialmente si terrano distinti i modelli di dinamica tumorale da quelli di cinetica farmacologica, ma poi verrano uniti ed utilizzati assieme ad un algoritmo che permetta di determinare l'effetto della cura e i suoi effetti collaterali. Infine, nella lettura dell'elaborato il lettore deve tenere sempre a mente che si parla di modelli matematici ovvero di descrizioni che, per quanto possano essere precise, sono pur sempre delle approssimazioni della realtà: non per questo però bisogna disdegnare uno strumento così bello ed interessante -la matematica- che la natura ci ha donato.

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Der Fokus dieser Dissertation ist die populationsgenetische Analyse der neolithischen Bevölkerungswechsel in den 6.-5. Jahrtausende vor Christus, die im westlichen Karpatenbecken stattfanden. Die Zielsetzung der Studie war, mittels der Analyse von mitochondrialer und Y-chromosomaler aDNA, den Genpool der sechs neolithischen und kupferzeitlichen Populationen zu untersuchen und die daraus resultierenden Ergebnisse mit anderen prähistorischen und modernen genetischen Daten zu vergleichen.rnInsgesamt wurden 323 Individuen aus 32 ungarischen, kroatischen und slowakischen Fundplätzen beprobt und bearbeitet in den archäogenetischen Laboren der Johannes Gutenberg-Universität in Mainz. Die DNA Ergebnisse wurden mit verschiedenen populationsgenetischen Methoden ausgewertet. Vergleichsdaten von prähistorischen und modernen eurasiatischen Populationen wurden dazu gesammelt.rnDie HVS-I Region der mitochondrialen DNA konnten bei 256 Individuen reproduziert und authentifiziert werden (mit einer Erfolgsrate von 85.9%). Die Typisierung der HVS-II Region war in 80 Fällen erfolgreich. Testend alle gut erhaltene Proben, die Y-chromosomale Haplogruppe konnte in 33 männlichen Individuen typisiert werden.rnDie neolithischen, mitochondrialen Haplogruppen deuten auf eine hohe Variabilität des maternalen Genpools hin. Sowohl die mitochondrialen als auch die Y-chromosomalen Daten lassen Rückschlüsse auf eine nah-östliche bzw. südwestasiatische Herkunft der frühen Bauern zu. Die Starčevo- und linearbandkermaischen-Populationen in westlichem Karpatenbecken (letztere abgekürzt als LBKT) und die linearbandkermaischen-Population in Mitteleuropa (LBK) haben so starke genetische Ähnlichkeit, dass die Verbreitung der LBK nach Mitteleuropa mit vorangegangenen Wanderungsereignissen zu erklären ist. Die Transdanubische aDNA Daten zeigen hohe Affinität zu den publizierten prähistorischen aDNA Datensätzen von Mitteleuropa aus den 6.-4. Jahrtausende vor Chr. Die maternal-genetische Variabilität der Starčevo-Population konnte auch innerhalb der nachfolgenden Populationen Transdanubiens festgestellt werden. Nur kleinere Infiltrationen und Immigrationsereignissen konnten während der Vinča-, LBKT-, Sopot- und Balaton-Lasinja-Kultur in Transdanubien identifiziert werden. Zwischen den transdanubischen Regionen konnten mögliche genetische Unterschiede nur in der LBKT und in der Lengyel-Periode beobachtet werden, als sich die nördlichen Gruppen von den südlichen Populationen trennten. rnDie festgestellte Heterogenität der mtDNA in Zusammenhang mit der Y-chromosomalen Homogenität in den Starčevo- und LBK-Populationen, weisen auf patrilokale Residenzregeln und patrilineare Abstammungsregeln in den ersten Bauergemeinschaften hin. rnObwohl die hier präsentierten Daten einen großen Fortschritt in der Forschung von aDNA und Neolithikum des Karpatenbeckens und Mitteleuropas bedeuten, werfen sie auch mehrere Fragen auf, deren Beantwortung durch zukünftige Genomforschungen erbracht werden könnte.

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Oncocytomas are defined as tumors containing in excess of 50% large mitochondrion-rich cells, irrespective of histogenesis and dignity. Along the central neuraxis, oncocytomas are distinctly uncommon but relevant to the differential diagnosis of neoplasia marked by prominent cytoplasmic granularity. We describe an anaplastic ependymoma (WHO grade III) with a prevailing oncocytic component that was surgically resected from the right fronto-insular region of a 43-year-old female. Preoperative imaging showed a fairly circumscribed, partly cystic, contrast-enhancing mass of 2 cm × 2 cm × 1.7 cm. Histology revealed a biphasic neoplasm wherein conventional ependymal features coexisted with plump epithelioid cells replete with brightly eosinophilic granules. Whereas both components displayed an overtly ependymal immunophenotype, including positivity for S100 protein and GFAP, as well as "dot-like" staining for EMA, the oncocytic population also tended to intensely react with the antimitochondrial antibody 113-1. Conversely, failure to bind CD68 indicated absence of significant lysosomal storage. Negative reactions for both pan-cytokeratin (MNF 116) and low molecular weight cytokeratin (CAM 5.2), as well as synaptophysin and thyroglobulin, further assisted in ruling out metastatic carcinoma. In addition to confirming the presence of "zipper-like" intercellular junctions and microvillus-bearing cytoplasmic microlumina, electron microscopy allowed for the pervasive accumulation of mitochondria in tumor cells to be directly visualized. A previously not documented variant, oncocytic ependymoma, is felt to add a reasonably relevant novel item to the differential diagnosis of granule-bearing central nervous system neoplasia, in particular oncocytic meningioma, granular cell astrocytoma, as well as metastatic deposits by oncocytic malignancies from extracranial sites.

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Polycomb group (PcG) proteins function as multiprotein complexes and are part of a gene regulatory mechanism that determines cell fate during normal and pathogenic development. Several studies have implicated the deregulation of different PcG proteins in neoplastic progression. Pancreatic ductal adenocarcinoma is an aggressive neoplasm that follows a multistep model of progression through precursor lesions called pancreatic intraepithelial neoplasia (PanIN). Aim of this study was to investigate the role of PcG protein CBX7 in pancreatic carcinogenesis and to evaluate its possible diagnostic and prognostic significance. We analysed by immunohistochemistry the expression of CBX7 in 210 ductal pancreatic adenocarcinomas from resection specimens, combined on a tissue microarray (TMA) including additional 40 PanIN cases and 40 normal controls. The results were evaluated by using receiver operating characteristic (ROC) curve analysis for the selection of cut-off scores and correlated to the clinicopathological parameters of the tumours and the outcome of the patients. Expression of E-cadherin, a protein positively regulated by CBX7, was also assessed. A significantly differential, and progressively decreasing CBX7 protein expression was found between normal pancreatic tissue, PanINs and invasive ductal adenocarcinoma. Loss of CBX7 expression was associated with increasing malignancy grade in pancreatic adenocarcinoma, whereas the maintenance of CBX7 expression showed a trend toward a longer survival. Moreover, loss of E-cadherin expression was associated with loss of CBX7 and with a trend towards worse patient survival. These results suggest that CBX7 plays a role in pancreatic carcinogenesis and that its loss of expression correlates to a more aggressive phenotype.

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Non-melanoma skin cancers (NMSCs) are the most common malignancies after solid organ transplantation. Their incidence increases with time after transplantation. Calcineurin-inhibitors (CNIs) and azathioprine are known as skin neoplasia-initiating and -enhancing immunosuppressants. In contrast, increasing clinical experience suggests a relevant antiproliferative effect of mammalian target of rapamycin inhibitors, also named proliferation signal inhibitors (PSIs). We report the case of a cardiac allograft recipient with an impressive and consolidated reduction of recurrent NMSC, observed after conversion from CNI-therapy to a PSI-based protocol.

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Concomitant with the extensive growth and differentiation of the mammary epithelium during pregnancy and lactation, and epithelial involution after weaning, the vasculature of the mammary gland undergoes repeated cycles of expansion and regression. Vascular expansion is effected by sprouting angiogenesis, intussusception and conceivably also vasculogenesis. The capacity of the epithelial cells to stimulate vascular growth and differentiation is dependent on the constellation of systemic and local hormones and growth factors as well as the changing demands for oxygenation and nutrient supply. This results in the release of angiogenic factors which stimulate endothelial cell growth and regulate vascular architecture. In contrast to the angiogenic phase of the mammary gland cycle, little is known about the control of vascular regression although this would possibly offer new insights into therapeutic possibilities against breast cancer. In this review we summarize knowledge regarding the mechanisms regulating the vasculature of the mammary gland and delineate the importance of the vasculature in the attainment of organ function. In addition, we discuss the angiogenic mechanisms observed during mammary carcinogenesis and their consequences for breast cancer therapy.